giovedì 14 dicembre 2017

L'astronauta Paolo Nespoli torna dalla missione sulla sonda spaziale internazionale

Il ritorno dallo spazio dopo una lunga permanenza sulla stazione spaziale Iss rappresenta una sfida per l’organismo, una condizione di crisi fisica dalla quale devono riprendersi e che richiede alcuni mesi. Nel primo periodo viene ritirata anche la patente, non possono guidare l’automobile.
Stare nello spazio diversi mesi significa accelerare l’invecchiamento. I cambiamenti incominciano dalla perdita di calcio nelle ossa (osteoporosi) che diventano deboli e fragili. E’ per questo che quando escono dalla Soyuz gli assistenti adagiano con delicatezza gli astronauti sulle poltrone. La ripresa completa richiede alcuni mesi. Il sistema vestibolare, che ha sede nell’orecchio e si occupa dell’equilibrio, si era regolato senza la gravità provocando nei primi giorni in orbita pure qualche fastidio, ha bisogno di qualche settimana per garantire il perfetto funzionamento. Tra l’altro i recettori della pianta dei piedi inviano segnali errati al cervello che traggono in inganno nella deambulazione.

Altrettanto gli occhi devono riconquistare la normalità: il 60 per cento degli astronauti in orbita ha problemi alla vista. Il sistema cardiocircolatorio ha bisogno di riprendere le precedenti condizioni: in orbita il sangue fluisce facilmente alla testa a causa dell’assenza di gravità e per questo i volti degli astronauti appaiono gonfi e più rosei. Tornati a terra il cuore, che lassù faceva meno fatica a pompare, deve di nuovo forzare il flusso proprio per vincere la gravità e anche questo richiede un po’ di tempo. Tra l’altro il cuore proprio perché fa meno fatica riduce la sua massa in alcuni casi anche di un terzo ma poi deve riprendere le sue condizioni e dimensioni iniziali. Come il muscolo del cuore anche gli altri muscoli del corpo si indeboliscono ed è necessario per i primi mesi una intensa riabilitazione. Non basta che in orbita gli astronauti facciano circa due ore al giorno di ginnastica. Insomma tutto il corpo viene alterato nelle lunghe permanenze di 5-6 mesi che ora sono la norma, in maniera profonda. A cominciare dal sistema di difesa immunitario che si abbassa nelle sue capacità rendendo gli astronauti più vulnerabili alle malattie e anche questo aspetto fondamentale richiede un riassetto totale. Insomma in media sono necessari cinque-sei mesi a seconda del soggetto per stabilire il ritorno completo alla normalità.

giovedì 9 novembre 2017

Energia dal sole e dalle onde

Ricercatori di tutto il mondo sono impegnati a trovare soluzioni per diminuire l’impatto dell’uomo sulla Natura. L’ultima frontiera dell’energia alternativa sono degli speciali pannelli solari da piazzare sulla superficie del mare.
Questi ingegnosi Marine Solar Cells, a differenza di quelli fotovoltaici tradizionali, hanno forma leggermente arrotondata per riuscire catturare anche i raggi solari riflessi dalla superficie dell’acqua ottimizzando così le prestazioni. Questa curvatura, infatti, riesce a fornire ben il 20% in più dell’energia solare rispetto ai pannelli “da terra”.
L’asso nella manica di questi innovativi pannelli marini è però la loro capacità di sfruttare il moto ondoso per catturare ulteriore energia. Non sarebbe sbagliato, quindi, definirli generatori ibridi di energia solare e cinetica. È un dettaglio tecnico decisamente innovativo e funzionale perché di solito è possibile sfruttare solo una forma di energia alla volta, e non dueinsieme come nel caso dei Marine Solar Cells.

mercoledì 8 novembre 2017

Decalogo Basta Bufale

La presidente della camera, Laura Boldrini e la ministra dell'Istruzione, Valeria Fedeli, provano a spiegare come la circolazione di notizie non verificate possa "creare rischi per la società o diventare pericolosa per le persone". Possa "spaventare, diffamare, umiliare, istigare all'odio e alla violenza, creare angoscia inutile". E possa - storia recente negli Stati Uniti - influire su un esito elettorale.
Le tre leggi fondanti del Decalogo Boldrini sono:

  1. condividi solo le notizie che hai verificato
  2. usa gli strumenti di internet per verificare le notizie
  3. chiedi le fonti e chiedi le prove

Il decalogo no-fake, in verità, per ora ha otto punti all'attivo: gli ultimi due arriveranno dopo le discussioni con gli studenti e i suggerimenti che potranno salire dal basso attraverso una piattaforma online di prossima apertura.
Alla voce "Condividi solo notizie che hai verificato" si legge: "Chi mette in giro storie false, e magari trae guadagno dalla loro circolazione, conta sul nostro istinto a condividerle, senza rifletterci troppo. O sul fatto che siamo portati a credere che una notizia sia vera solo perché ci arriva da qualcuno che conosciamo. Non contribuite alla circolazione incontrollata di informazioni scorrette. Resistete alle catene e non fatevi imbrogliare".
Si devono usare gli strumenti che la stessa rete offre per fare le verifiche opportune: cercare informazioni su chi pubblica, per esempio, verificare se si tratta di una fonte autorevole o no. "Guarda bene il nome del sito, magari è la parodia di un altro più famoso". Si possono controllare l'autenticità e la data delle foto usando i motori di ricerca. "Cerca un nome citato su siti autorevoli, giornali e tv di qualità". E poi, punto tre, "chiedi le fonti e le prove". Concretamente: "Guarda se la notizia indica le date e i luoghi precisi in cui avvengono i fatti. Se non lo fa, forse è sbagliata".
La ministra Fedeli dice: "Gli studenti non devono essere consumatori passivi di tecnologia, ma diventare produttori consapevoli di informazione e conoscenza. 

martedì 7 novembre 2017

Clima, 47 paesi sotto l'accusa dei bambini del Portogallo

Nel loro salvadanaio sul web ci sono 22mila euro ma a questi ragazzini non bastano. Il mucchio di soldi raccolti online in appena un mese da sette bambini portoghesi sarebbero sufficienti per comprare molte cose ma non sono abbastanza per il loro ambizioso motivo: salvare la Terra.
Gli incendi dei giorni scorsi nei boschi di Piemonte e Lombardia, in Portogallo sono andati avanti per gran parte dell'estate e fino a pochi giorni fa, con un bilancio di oltre cento morti ed enormi danni all'ambiente. Secondo gli esperti, le temperature sopra i 40 gradi e la siccità dell'estate - legate alle emissioni di gas serra e al surriscaldamento globale - hanno favorito le fiamme. A essere colpita in particolare è la regione della Leiria, nel centro del Portogallo, da dove vengono anche alcuni bambini che sono stati coinvolti in prima persona negli incendi. Sette di loro, dai cinque ai 18 anni, hanno quindi deciso insieme ai genitori di portare in tribunale 47 governi europei, colpevoli di non aver fatto nulla per salvaguardare il clima e l'ambiente e per aver messo a repentaglio il futuro dei più piccoli.
Le misure adottate da molti dei Paesi che hanno firmato la Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo non si stanno rivelando efficaci e i bambini chiedono che gli Stati si impegnino di più e lascino perdere i combustibili fossili per sfruttare invece le energie rinnovabili. Per arrivare alla Corte Europea dei Diritti Umani (l'unica che può obbligare i Paesi membri a rispettare i patti) i bambini hanno chiesto aiuto all'organizzazione non governativa Global Legal Action e a una squadra di avvocati britannici esperti di cambiamento climatico. Raccogliere le prove necessarie e preparare il caso costerà una cifra molto, una cifra che i ragazzi hanno intenzione di raccogliere. Quasi seicento persone hanno già donato piccole somme ma ne servono di più.

venerdì 3 novembre 2017

Un mare di plastica

I mari e gli oceani sono sempre più pieni di plastica. In futuro un batterio potrebbe risolvere il problema. Un batterio mangia-plastica, capace di degradare il PET (polietilene tereftalato), il materiale con cui sono costruite le bottiglie, ma anche il PE (Polietilene) ancora più resistente e diffusa. I ricercatori vi stanno lavorando.
Ogni anno finiscono nei mari circa 10 tonnellate di plastica. Non sempre sono visibili. Possono finire sui fondali ma soprattutto vengono lentamente degradate dal sole e si sminuzzano in frammenti delle dimensioni di pochi millimetri fino a millesimi di millimetro, trasformando i nostri mari in una grande "zuppa" di plastiche.
Il Mediterraneo naturalmente è particolarmente soggetto a questo fenomeno perchè è un mare chiuso, densamente popolato sulle coste, con molti fiumi che vi confluiscono.
Quali sono le conseguenze? Sono a rischio pesci e uccelli che sono avvelenati o vengono soffocati dalle buste di plastica. I microframmenti si depositano nel loro apparato digerente e li vi rimangono.
Ma non siamo ancora sicuri che non finiscano anche sulle nostre tavole.

lunedì 30 ottobre 2017

Pannelli solari che producono ... ACQUA

I pannelli solari che producono acqua calda ed energia elettrica non sono certo una novità. Ciò che non avevamo ancora visto sono i pannelli solari che producono…. acqua.

Sì avete capito bene: si chiamano Source e trasformano in acqua potabile il vapore acqueo sospeso nell’aria. Li ha realizzati Zero Mass Water, una start-up americana nata un anno e mezzo fa.

Cuore del dispositivo è uno speciale materiale realizzato dall’azienda in grado di assorbire l’umidità dell’aria in maniera particolarmente efficiente.

L’energia prodotta dal pannello solare viene utilizzata per far evaporare  l’acqua assorbita, eliminare le sostanze inquinanti e riportarla allo stato liquido. L’acqua così ottenuta è molto simile all’acqua distillata: il sistema la filtra quindi attraverso diversi strati di minerali tra cui calcio e magnesio per renderla potabile e gradevole al palato.

Questo sistema potrebbe essere la risposta ai problemi idrici dei paesi in via di sviluppo: ogni pannello può garantire fino a 10 litri di acqua al giorno, sufficienti per il fabbisogno di 4 persone.

giovedì 19 ottobre 2017

Come sono nati i mattoncini LEGO?

Ole Kirk Christiansen, nacque a Filskov, vicino a Billund in Danimarca, dove nel 1916 aprì la sua officina di falegnameria e carpenteria. Per far fronte ai costi di progettazione cominciò a realizzare versioni in miniatura dei suoi prodotti, in modo da avere piccoli prototipi funzionanti da mostrare ai clienti. Ben presto, però quei giocattoli di dimensioni ridotte divennero la sua specialità, tanto che nel 1934 Christiansen cambiò il nome della ditta in Lego, che deriva dalle parole danesi Ieg godt, "gioca bene". Uno dei giocattoli di maggior successo furono dei mattoncini di legno componibili con cui i bambini potevano liberare la fantasia costruendo palazzi, castelli, o anche oggetti immaginari.
Nel 1942 entrò a lavorare in azienda il figlio Godtfred Kirk, il quale cominciò a pensare che quei mattoncini potevano comporre un sistema integrato. Ma c'era molto lavoro da fare: gli elementi non aderivano perfettamente fra loro e spesso, quando si realizzavano costruzioni complesse, bastava un soffio per far crollare tutto.
Dopo la Seconda guerra mondiale avvennero le due svolte che segnarono l'azienda. La prima nel 1947, quando Christiansen decise di comprare - primo in Danimarca - una macchina per iniettare la plastica fusa negli stampi. La seconda, nel 1949, quando la Lego migliorò le caratteristiche di incastro e iniziò a vendere i primi mattoncini in legno ad attacco automatico, chiamati Automatic Binding Bricks. Ebbero un buon successo, ma mancava ancora qualcosa.
Qualche anno più tardi comparvero i mattoncini di plastica, che debuttarono nel 1955 con la messa in vendita di 28 diversi tipi di costruzioni e 8 modellini di macchina. L'uso della plastica per produrre giocattoli fu all'epoca una rivoluzione e inizialmente non incontrò il favore del pubblico e dei rivenditori.
Finalmente nel 1958 fu presentato il mattoncino nella forma usata ancora oggi, e vennero migliorate le possibilità di collegamento e la stabilità. Il successo fu inarrestabile: nel 1967 comparvero i Duplo, per i bambini più piccoli, e nel 1977 i Technic, costruzioni rivolte agli adulti. Nel 2000 la rivista «Fortune» ha insignito il sistema Lego del premio come Miglior Giocattolo del Secolo. Premio meritato: a partire dalla sua nascita, l'azienda ha prodotto l'incredibile numero di 350 miliardi di mattoncini colorati, oltre 50 mattoncini per ogni abitante del Pianeta.

martedì 17 ottobre 2017

E' vero che la pioggia può uccidere le piante?

In un certo senso è proprio così, per lo meno in alcuni Paesi. Si tratta del fenomeno delle piogge acide, precipitazioni cariche di sostanze tossiche che provocano gravi danni all'ambiente.
Quando queste cadono su una zona ricca di foreste, per esempio, modificano la composizione chimica del terreno e, di conseguenza, tolgono i nutrienti alle piante che finiscono per ammalarsi. Le foglie ingialliscono oppure, nelle conifere, gli aghi si staccano. Gli alberi diventano anche più vulnerabili agli insetti e ai parassiti e, spesso, muoiono. Negli anni Ottanta la Foresta Nera, nel sud della Germania, ha visto sparire in questo modo circa metà dei suoi boschi di abete bianco.
All'origine dell'acidificazione delle piogge c'è soprattutto l'uomo. Le sue centrali elettriche, le sue industrie e le sue automobili rilasciano nell'atmosfera grandi quantità di ossidi di zolfo e ossidi di azoto che entrano in contatto con l'acqua presente nelle nubi e generano una serie di acidi che la fanno diventare corrosiva. Poi sono i venti a decidere dove finiranno le nubi. Si tratta del classico esempio di inquinamento senza frontiere in cui spesso i danni provocati da uno Stato vengono pagati altrove. Le emissioni dell'Inghilterra e di altri Paesi dell'Europa Occidentale, per esempio, sono la causa delle piogge acide sulla Scandinavia che hanno provocato l'acidificazione di  migliaia di laghi e la loro trasformazione in specchi d'acqua quasi senza vita.
Il problema non interessa, quindi, solo le foreste ma anche i corsi d'acqua, le falde, i campi coltivati, le strutture metalliche, come quelle dei ponti, che temono la corrosione degli acidi, e persino le cattedrali e i monumenti che vengono seriamente danneggiati perché l'anidride solforosa contenuta nelle piogge acide rende il marmo friabile.

mercoledì 11 ottobre 2017

Le stampanti 3D

La stampa in 3D è l'evoluzione della stampa tradizionale.
Tramite una stampante 3D è possibile stampare oggetti reali, ricreando fedelmente un qualsiasi modello tridimensionale grazie ad un programma di modellazione 3D.
Con la stampa in 3D è possibile dunque realizzare oggetti tridimensionali dalle forme complesse utilizzando moltissimi materiali differenti (come resine plastiche, ceramica, ec.., persino cioccolato) che, strato su strato, vengono applicati fino a modellare la forma desiderata.
Generalmente le stampanti 3D sono veloci, ed estremamente affidabili.
Lavorano prendendo un file (o modello) tridimensionale da un computer, dopodiché crea una serie di porzioni in sezione trasversale (fette dell’oggetto) e le stampa una sopra l’altra per creare una figura solida tridimensionale.

sabato 7 ottobre 2017

Uccisi dalle proprie invenzioni: l'ala che non si apri


Franz Reichelt era un sarto con la passione del volo. Originario dell'attuale Repubblica Ceca.
A fine Ottocento si trasferì a Parigi. Qui progettò una tuta-paracadute da indossare per buttarsi da altezze non eccessive (3-4 metri). Per testarla, mise a punto dei manichini con ampie ali pieghevoli che lasciò planare dai palazzi; poi sostituì le ali con tute indossabili.
Un giorno ottenne il permesso di condurre un test dal primo livello della Torre Eiffel (57 m di altezza). Era il 4 febbraio del 1912. Quando arrivò, annunciò che a buttarsi sarebbe stato lui stesso invece dei manichini.
Le cose non andarono come sperato: Reichelt indossò la tuta e si lanciò, ma il bizzarro paracadute non si aprì bene e lui si schiantò al suolo.

mercoledì 4 ottobre 2017

L'Airbag compie 30 anni

L’airbag auto, definito anche cuscino salvavita, è essenzialmente una camera d’aria inserita in determinati punti strategici della macchina e serve per attutire gli urti pericolosi.
In caso di incidente, o di un urto con forte impatto, avviene una microesplosione che aziona dell’aria compressa. Gonfiandosi ad alta velocità permette agli automobilisti e ai passeggeri di non sbattere la testa sul volante o su altri oggetti, spingendo la persona all’indietro, contro il sedile.
E' fondamentale che sia il guidatore che il passeggero seduto a fianco, indossino la cintura di sicurezza, perché la velocità con cui esce l’aria compressa è così forte da rischiare di essere proiettati fuori dal veicolo.
Una data che vale la pena di ricordare, per le vite umane salvate. Trent'anni fa, nel settembre dei 1987, sulle auto Mercedes-Benz venne istallato di serie il primo airbag per il passeggero. Arrivava sei anni dopo l'airbag per il guidatore, montato di serie nel 1981 per la prima volta, sempre da Mercedes-Benz, integrato con le cinture di sicurezza dotate di pre-tensionatore . Per installare il secondo cuscino gonfiabile, i tecnici dovettero risolvere un problema tecnico. Le dimensioni dell'airbag sul lato passeggero dovevano essere maggiori di quelle dell'airbag lato guidatore, ma non invasive: 5 kg di peso contro 3, 170 litri di volume contro 60.

giovedì 20 luglio 2017

L'impianto fotovoltaico a forma di panda in Cina

E' stato connesso alle rete elettrica della provincia cinese dello Shanxi il parco fotovoltaico a forma di panda di Datong. Si tratta dei primi 50 MW su 100 MW totali, che stupiscono più per la creatività che per le soluzioni tecniche adottate.

Non si tratta, infatti, dell'impianto fotovoltaico più grande del mondo ma, sicuramente, del più originale e simpatico. Che porta con sé anche un bel messaggio.

L'idea, infatti, è quella di lanciare un messaggio ai giovanissimi in un paese, la Cina, che è fondamentale per il futuro dell'intero pianeta. E' noto, infatti, che le scelte che faranno i cinesi nei prossimi 20-30 anni influiranno pesantemente sullo sviluppo economico e sociale del resto del mondo.
Il parco di Datong è stato costruito da Panda Green Energy. La storia del parco solare a forma di panda è iniziata a maggio 2016.

Al di là del forte impatto comunicativo, specialmente nei confronti dei più giovani, quando l'impianto fotovoltaico a forma di panda di Datong sarà ultimato potrà produrre 3,2 miliardi di kWh di energia elettrica pulita, nel corso dei 25 anni di operatività prevista dal progetto. Ciò comporterà un risparmio di emissioni di CO2 pari a 2,74 miliardi di tonnellate, che sarebbero state prodotte se l'energia elettrica fosse stata generata da 1.065 milioni di tonnellate di carbone.

Panda Green Energy prevede di costruire, nei prossimi cinque anni, altri parchi fotovoltaici dalle forme insolite (come anche centrali elettriche con altre tecnologie pulite) lungo la via della seta con il progetto "Panda 100 Program".

giovedì 6 luglio 2017

Come funziona Google Translate?

Lo usiamo un po’ tutti, ma pochi lo ammettono. E i traduttori, quelli in carne e ossa, inorridiscono. 
«Google Translate non vuole competere con i traduttori di professione», spiegano da Google. «Il nostro obiettivo è sviluppare il prodotto più utile per le persone comuni nella vita di tutti i giorni, aiutando per esempio gli utenti dei Paesi in via di sviluppo che usano Internet per la prima volta a rompere le barriere linguistiche, o semplicemente facilitando la comunicazione durante una vacanza. È un uso diverso dalla traduzione professionale».

Eppure se si entra dentro il traduttore di Google, si scopre che gli ingranaggi che lo compongono sono tutt’altro che codici e rotelle virtuali. Le traduzioni che appaiono sul lato destro dello schermo sono il risultato di un sistema incrociato di testi già scritti e tradotti. Dai traduttori professionisti, appunto. Translate usa una combinazione di sistemi di apprendimento automatico e intelligenze artificiali. Alla base c’è la Machine Translation, che analizza milioni di documenti sul Web già tradotti, come libri o trascrizioni che arrivano da fonti istituzionali come l’Onu, dove per i testi ufficiali vengono prodotti in lingue diverse. I computer di Google scansionano i testi e individuano i campioni statistici più significativi che collegano la traduzione con il testo originale. Questi milioni e milioni di campioni vengono poi usati dagli algoritmi per creare schemi per tradurre testi simili in futuro.

Alcune lingue, come l’inglese, funzionano meglio delle altre. Soprattutto quando l’inglese è la lingua tradotta e la lingua di partenza è una delle lingue dell’Unione europea, grazie all’uso dei numerosi testi dell’Unione europea tradotti nelle diverse lingue comunitarie. Il problema sorge quando per alcune lingue non ci sono abbastanza documenti tradotti sul web che si possono usare per sviluppare campioni e istruire il sistema. La difficoltà esiste soprattutto con lingue come il greco, il cirillico, il cinese o l’arabo, che hanno alfabeti diversi da quello latino: in questo caso i testi possono essere traslitterati automaticamente dagli equivalenti fonetici, ma esistono anche le opzioni di scrittura a mano sullo schermo e la traduzione vocale.

Anche gli utenti, comunque, possono contribuire a educare il sistema fornendo un giudizio sulla traduzione che hanno ottenuto. E in molti casi l’intervento degli utenti è stato risolutivo. Ci sono persone che chiedevano come potevano contribuire a a rendere migliore Google Translate nella loro lingua, così è stata creata una Translate Community. Una storia di successo è quella della lingua kazaka. Il governo ha invitato le comunità di lingua inglese e kazaka a contribuire al progetto di sviluppo di Google Translate in kazako. E oggi anche in Kazakistan possono usare il traduttore automatico.

Al momento Google Translate è disponibile per 90 lingue, compresi zulu, yiddish e swahili. C’è anche il latino per le versioni. Si lavora per introdurre anche lingue come il cantonese, il curdo, il tibetano e il samoano. Per gli smartphone e tablet che supportano Android, si può scaricare un linguaggio di riferimento prima del viaggio, in modo che si possa usare Translate anche senza connessione quando si è all’estero.


Una delle ultime novità lanciate è Word Lens, il sistema che permette di tradurre cartelli e segnali stradali puntando la videocamera dello smartphone. Funzionalità che al momento esiste solo per alcune lingue.

sabato 1 luglio 2017

Come funziona il Bluetooth

Ci sono molteplici modi per far comunicare due o più dispositivi elettronici. Il più comune è sicuramente quello di utilizzare un cavo. Utilizziamo cavi per connettere il PC con la stampante, il televisore allo stereo, Il decoder al videoregistratore, il cellulare ad una cassa audio, il portatile alla rete.
Quante volte avete litigato con il groviglio di cavi nascosti dietro al vostro PC o dietro al vostro televisore? Quante volte avete pensato alla comodità di una connessione senza fili ?
Tutto questo è possibile grazie al Bluetooth, una tecnologia abbastanza recente che permette di eliminare il problema dei cavi e dei protocolli di comunicazione tra i differenti dispositivi. Il Bluetooth è uno standard creato affinché una vasta gamma di prodotti possano comunicare tra loro utilizzando le onde radio a corto raggio. Il nome deriva da Harald Bluetooth, un re Vichingo vissuto in Danimarca nel X Secolo che unificò i regni di Danimarca e Norvegia.
Le caratteristiche principali della comunicazione BlueTooth sono tre: l'assenza completa di cavi e fili, il costo limitato derivato dall'uso di una tecnologia semplice ed economica e la completa automazione.
I dispositivi Bluetooth stabiliscono in modo automatico una connessione tra loro, senza che l'utente faccia nulla e conosca nulla del loro funzionamento. Lo standard Bluetooth prevede l'utilizzo di una banda radio a 2.45Ghz con una velocità di trasferimento fino a 1 -3 e 24 Mbit al secondo nell'ultima versione.
Il raggio di azione del Bluetooth varia a seconda della potenza dell'antenna radio installata ma la maggior parte dei dispositivi sono di bassa potenza quindi con raggio max di 10 m.
Il dispositivo può usare fino a 79 frequenze in modo casuale, cambiandole secondo un certo ordine fino a 1600 volte al secondo: è molto improbabile che due dispositivi riescano a trasmettere sulla stessa frequenza allo stesso tempo e quindi disturbarsi. Nel caso piuttosto raro che questo avvenga, l'interferenza è comunque limitata ad una piccola frazione millesimale di secondo.

Una delle applicazioni più in uso riguarda il collegamento del cellulare al kit vivavoce della nostra auto o ad una cassa audio.

venerdì 30 giugno 2017

Noi ciclisti salveremo il mondo

Perché gli automobilisti (a oggi la maggioranza sulle strade di tutti i Paesi industrializzati) dovrebbero fare spazio ad una maggior numero di biciclette? Proviamo a immaginare che cosa accadrebbe se premendo un magico pulsante potessimo aumentare gli spostamenti in biciletta oggi al 2% di tutti gli spostamenti ai livelli olandesi, diciamo al 25%. In un istante, milioni di abitanti malati di sedentarietà cronica sarebbero coinvolti in un’attività fisica di tutto rispetto. La spesa per la sanità pubblica causata dall’inattività, si tradurrebbe in circa 15.000 morti in meno ogni anno.
Moltiplicando la cifra per gli abitanti del pianeta, l’abbandono dell’automobile a favore della bicicletta per tragitti urbani anche brevi potrebbe salvare milioni di vite umane ogni anno. Forse sembrerà esagerato, per un semplice cambiamento delle abitudini di trasporto. Questo perché pochi sono consapevoli della pandemia mondiale rappresentata dalle patologie provocate dalla sedentarietà, che minaccia di portare al collasso i servizi sanitari di tutto il mondo.
Basterebbe questo motivo per dare via libera ai bulldozer e costruire subito piste ciclabili, ma ce ne sono altri, tra cui la riduzione dell’inquinamento e la lotta ai cambiamenti climatici. Inoltre, un minore uso dell’automobile significa meno vittime della strada, e questo riguarda soprattutto le persone più vulnerabili, come i bambini e gli anziani.

Ma soprattutto, dopo avere premuto quel pulsante magico, ci troveremmo all’improvviso a vivere in città più accoglienti e a misura d’uomo, non più costruite per accogliere una massa di scatole di metallo veloci, anonime e pesanti, che sovente trasportano un unico essere umano per una distanza ridicola.
Tratto e adattato
da Peter Walker, Noi ciclisti salveremo il mondo

giovedì 29 giugno 2017

Il Wi-Fi fa male?

Da qualche tempo ci si interroga sui rischi per la salute legati all'utilizzo di apparecchiature che emettono onde elettromagnetiche quali telefoni cellulari e cordless, reti Wi-Fi, forni a microonde.
La medicina ha bisogno di tempo per indagare e capire quanto, effettivamente, certi apparati elettromagnetici possano influire sulla salute umana. Venticinque anni fa non esistevano dispositivi mobili che necessitavano di connessione 3G, Wi-Fi o Bluetooth. Tutto ciò che veniva utilizzato dall'uomo nella quotidianità era legato indissolubilmente ad un filo, eccezion fatta per le radio e le televisioni.
Quando parliamo di emettitori, come ad esempio un router Wi-Fi, dobbiamo considerare che le onde elettromagnetiche che da esso si propagano sono più forti in prossimità dell'antenna, e vanno degradando con l'aumentare della distanza. Concorrono alla diminuzione del segnale anche altre variabili quali lo spessore e la quantità dei muri. La qualità del segnale Wi-Fi può essere inoltre compromessa dalla concomitanza di altre onde elettromagnetiche come un forno a microonde o gli apparati dei vicini di casa.
Quasi tutti gli studi, ad oggi, minimizzano i rischi ed i danni, sottolineando come telefoni cellulari, reti wireless e forni a microonde producano onde elettromagnetiche a bassissima intensità e quindi non nocive ma ricordando che il numero di apparecchiature wireless nel corso degli anni cresce in modo esponenziale.
Si possono tuttavia adottare alcuni accorgimenti come spegnere il Wi-Fi di casa in orario notturno, non tenere il cellulare acceso sul comodino, non posizionare il router nelle camere da letto, non dare ai bambini piccoli dispositivi con wi-fi acceso.

Forse questi accorgimenti risulteranno inutili e saranno smentiti, nel futuro, da studi più aggiornati ma di fronte ad una problematica legata a tecnologie così nuove, sia opportuno mantenere un atteggiamento di prudenza.

martedì 27 giugno 2017

Il bancomat compie 50 anni

Non è chiaro chi sia stato l’inventore: l’ipotesi più accreditata è che il merito vada attribuito a uno scozzese, J.S.Barron, titolare di una tipografia, stufo di fare la coda in banca per rifornirsi di contante. Però ci sono anche altri che rivendicano la paternità dell’invenzione. A dirla tutta ci fu anche un precursore in America nel remoto 1939: troppo in anticipo sui tempi, quel nonno del Bancomat fu chiuso e dimenticato nel giro di sei mesi. In ogni caso neanche la seconda nascita del 1967 è stata coronata da un successo immediato.
È solo nel 1973 che i Bancomat si sono diffusi davvero, in grande numero, nella Gran Bretagna, mentre per vedere il primo in Italia si è dovuto attendere 1983. All’inizio la carta era sfruttabile solo a livello nazionale, e nel 1987 è stata attivata sulla rete internazionale.
All’inizio il Bancomat non somigliava granché a quello di oggi: per ragioni di sicurezza, la tessera si distruggeva dopo ogni prelievo (non molto comodo). Poi col tempo è arrivato il pin, il codice per bloccare la carta, e sono stati sviluppati tutti i sistemi per scoraggiare furti e truffe.

Comunque gli italiani sono affezionati al denaro contante: fra i Paesi più avanzati, il nostro è quello in cui i soldi in biglietti e in monete restano più diffusi. 

domenica 25 giugno 2017

La rete mobile

Il termine cellulare si riferisce proprio al tipo di tecnologia che permette al nostro terminale mobile di funzionare: è solo tramite la divisione del territorio in "celle"che è possibile fornire il servizio di comunicazione mobile che tutti utilizziamo.
La rete cellulare è costituita da uno schema a celle vicine contenenti ognuna un'antenna radio in grado di collegarsi con i terminali mobili. La qualità del segnale degradaman mano che ci si allontana dall'antenna. Come regola generale ogni terminale mobile si connette con l'antenna da cui, in linea d'aria, dista meno. In questo caso si dice che il terminale mobile ricade in una delle celle presiedute da quell'antenna (di conseguenza è anche possibile localizzare la posizione del dispositivo).
Quando ci muoviamo verso il bordo che separa due celle sarà l’antenna della nuova cella a connettersi al nostro terminale mobile. In generale essere agganciati da una nuova antenna implica l'essere scollegati dalla vecchia antenna.
Quando una cella è molto congestionata a causa della presenza di troppi terminali mobili oppure la presenza di ostacoli naturali o architettonici che impediscono o comunque deteriorano la connessione con l'antenna più prossima è preferibile una connessione con un'antenna più distante ma con una linea di vista più sgombra.
Nella telefonia cellulare la possibilità di usufruire, oltre al servizio di trasmissione vocale, anche di un sistema di scambio dati è stato introdotto a partire dalla cosiddetta "seconda generazione" (2G) delle tecnologie di telecomunicazione mobile, conosciuta anche come rete GSM.
Negli ultimi anni la rete dati, a causa della grande espansione subita dai servizi Internet a livello mondiale, ha assunto sempre maggiore importanza nell'ambito della telefonia cellulare, tanto da essere oramai diventata quasi la sua caratteristica principale. I terminali mobili più recenti sfruttano sempre più queste capacità moltiplicando le funzionalità ed i servizi che fanno uso di banda mobile.
La tecnologia di telecomunicazione mobile oggi più diffusa è la cosiddetta "generazione 3.5" (HSDPA). Si tratta di un'evoluzione della più affermata tecnologia di "terza generazione" (3G) meglio nota come UMTS, ma abbastanza velocemente sta prendendo piede la quarta generazione (4G) anche nota come LTE.

venerdì 23 giugno 2017

Android, breve storia

Android nasce nel 2003 dalla neofondata società Android  che aveva come cofondatore Rubin. Egli affermò che quello che stava creando era un sistema operativo “per dispositivi più consapevoli della posizione e delle preferenze del loro proprietario”.
Per i primi due anni di vita la situazione finanziaria della Android non fu delle migliori,  la situazione migliorò quando nel 2005 la società venne acquistata da Google, il quale aveva deciso di entrare nel mercato mobile.
Il robottino verde venne presentato al pubblico  nel 2007 ed il primo telefono equipaggiato con Android era l’HTC Dream che uscì nel  2008.
Con il seguito dagli anni Android fu aggiornato sempre a nuove versioni introducendo funzionalità, maggiore stabilità e sicurezza.
Fin dal principio Android è stato etichettato con dei numeri che indicavano la versione e dalla versione 1.5 vennero poi affidati dei nomi di dolci in ordine alfabetico. I termini AstroBoy e Bender erano usati in privato per le prime due versioni in quanto inizialmente il team di sviluppo voleva dare nomi di robot della televisione o del cinema ad ogni versione di Android. La  versione 1.2 fu chiamata Petit Four (piccoli dolcetti) . Così la tradizione continuò: Cupcake, Donut, Eclair, Froyo, Gingerbread, Honeycomb, Ice cream Sandwich, Jelly Bean, KitKat, Lollipop, Marshmallow e Nougat.
Android negli anni è passato dagli smartphone ai televisori (Android TV) agli occhiali (Google Glass), dagli orologi da polso (Android Wear) alle macchine (Android Auto). 

Essendo un OS basato su Linux e open source, il suo codice sorgente è libero a tutti gli sviluppatori.  Ogni azienda crea una diversa interfaccia grafica e aggiunge funzionalità e applicazioni proprie. Questo crea una certa difficoltà nella diffusione degli aggiornamenti e alcune volte ritardi incredibili.
Android è oggi il sistema operativo più diffuso nel mondo, basti pensare che nel Novembre del 2016 in Italia contava il 79.1% dei dispositivi mobili, rispetto a Apple IOS con 16.4% e Windows 4.0%.

giovedì 22 giugno 2017

Roam like at home: cos'è?

Il 15 giugno 2017, può considerarsi una data storica per le telecomunicazioni in Europa: il roaming internazionale diventa gratis quando si viaggia nei paesi dell’Unione Europea. Questo vuol dire che potrete spostarvi in altri paesi dell’UE e continuare ad utilizzare il vostro smartphone esattamente come se foste in Italia.
Nonostante i legittimi dubbi iniziali il roaming diventa davvero gratuito, potrete usare serenamente lo smartphone anche all’estero e, in linea di massima, tutto quel che dovrete fare sarà abilitare l’apposita opzione per il roaming sul vostro dispositivo. Tuttavia, ci sono alcune piccole norme e vincoli che potrebbe valer la pena approfondire.
Nonostante si fatichi a crederci, è tutto vero e non sembrano esserci fregature. L’Unione Europea ha spinto moltissimo per il cosiddetto roam like at home (conosciuto anche come RLAH), ossia la condizione che permetterà a tutti i cittadini europei di spostarsi di paese in paese senza preoccuparsi troppo della propria tariffa: insomma, attraversare i confini nazionali adesso è (quasi) indifferente nell’utilizzo dello smartphone.
Ogni utente può continuare ad utilizzare il proprio smartphone quando si trova all’estero, attingendo da minuti, SMS e dati inclusi nel pacchetto con il proprio operatore. Non ci sono limiti per chiamate ed SMS (vale a dire che se in Italia avete chiamate ed SMS illimitati, li avrete anche all’estero) ma possono esserci alcune restrizione sull’utilizzo dei dati. In ogni caso tenete presente che non è detto che i limiti descritti sotto vengano applicati dagli operatori: il vostro gestore potrebbe anche darvi all'estero tutti i GB che avete a disposizione in Italia senza sovrapprezzi.
Le condizioni roam like at home permettono agli operatori esteri di applicare un sovrapprezzo se nel paese d’origine pagate 1 GB meno di 3,85€. Questa cifra si abbasserà negli anni a venire.
Questa clausola ci riguarda da vicino, poiché gli italiani sono tra i clienti che pagano meno per navigare da mobile, quindi facciamo ulteriore chiarezza.


lunedì 19 giugno 2017

Fotovoltaico galleggiante: mega progetto in Cina

Il fotovoltaico può servire, oltre che a produrre energia pulita dal sole, anche a riqualificare ex siti minerari fortemente inquinati. Come nel caso del sito di Huainan, nella provincia di Anhui in Cina, che è ha ospitato per decenni una miniera di carbone e che, tra non molto, diventerà la sede del più grande impianto fotovoltaico galleggiante del mondo.

Come in quasi tutte le miniere di carbone abbandonate, anche a Huainan è nato un lago inquinato: scavando in cerca del combustibile fossile più sporco di sempre, infatti, l'industria mineraria normalmente pompa dalle profondità del sottosuolo acqua dolce di risalita. Che è spesso inquinata dalle sostanze chimiche utilizzate per scavare e dai metalli che naturalmente si trovano sotto terra. Quando la miniera viene chiusa e abbandonata quest'acqua non viene più pompata e portata via e, così, in pochi anni si viene a formare un lago artificiale fatto di acqua inquinata. Un sito inutilizzabile per la stragrande maggioranza delle attività economiche, ma non per il fotovoltaico.

Enormi zattere ancorate con dei cavi al fondale ospitano i pannelli solari fotovoltaici mentre, tra una zattera e l'altra, sono stati piazzati gli inverter che convertono l'energia a corrente continua prodotta dai pannelli solari in energia a corrente alternata che può viaggiare nella rete elettrica nazionale cinese. Il nuovo progetto dovrebbe essere ultimato entro l'anno.

17 Giugno - Giornata mondiale per la lotta alla desertificazione e alla siccità

Sabato 17 giugno si è celebrata la Giornata mondiale per la lotta alla desertificazione e alla siccità, promossa annualmente dall’Onu in occasione dell’anniversario dall’approvazione della Convenzione per la lotta contro la desertificazione e la siccità. Ratificata da 200 Paesi nel lontano 1994, tale appuntamento offre ogni anno temi di approfondimento differenti. Lo slogan scelto per il 2017 è: ‘La nostra terra. La nostra casa. Il nostro futuro’.
I numeri relativi all’Italia fanno riferimento a uno studio del CNR secondo il quale il 21% del territorio nazionale è a rischio desertificazione, di cui il 41% localizzato nelle regioni meridionali, in particolare: in Sicilia (70%), in Puglia (57%), in Molise (58%), in Basilicata (55%), mentre in Sardegna, Marche, Emilia Romagna, Umbria, Abruzzo e Campania tra il 30 e il 50%.
La situazione è allarmante ed è destinata a peggiorare col passare degli anni a causa del crescente aumento di temperatura e della riduzione delle precipitazioni che – secondo gli esperti – si è accentuata durante la stagione invernale e primaverile.

lunedì 22 maggio 2017

È vero che il nostro Pianeta si sta riscaldando?

Gli scienziati su questo argomento sono quasi tutti d'accordo. In Italia, i dieci anni più caldi degli ultimi due secoli sono tutti successivi al 1990. Il record è stato nel 2003 quando, in Europa e soprattutto in Francia, sono morte centinaia di persone, la maggior parte anziane. Ma anche il 2001 e il 2007 sono stati anni molto caldi.
L'incremento del clima è generalmente dovuto a fattori naturali come le variazioni di energia solare, le eruzioni vulcaniche, le emissioni di metano dalle grandi paludi e l'aumento della temperatura terrestre nel normale alternarsi delle fasi glaciali e interglaciali. Ma gli studiosi sostengono che, oggi, la colpa è soprattutto nostra. Facendo grande uso di combustibili fossili, come il petrolio, gli uomini avrebbero innalzato nell'atmosfera i livelli di anidride carbonica, uno dei gas che esce dalle ciminiere delle industrie, dai camini per il riscaldamento delle case e dai tubi di scappamento delle automobili. Questo gas ha una particolarità. Lascia entrare i raggi solari che riscaldano il Pianeta, ma non fa uscire il calore che la Terra restituisce dopo che si è riscaldata (un po' come succede nelle serre utilizzate dai contadini e dai fioristi per proteggere le piante). Ecco perché a questo fenomeno è stato proprio dato il nome di Effetto Serra. In questo modo la temperatura sale, surriscaldando il clima.
Bene, si potrebbe pensare. Niente più inverni, né gelate. Solo caldo e mare. Purtroppo non è così semplice. Il surriscaldamento ha diversi effetti: provoca, per esempio, lo scioglimento dei ghiacciai, sia quelli dei Poli sia quelli di montagna. Per questo motivo, e anche perché i liquidi aumentano di volume quando la temperatura cresce, il livello dei mari sta salendo, minacciando di far sparire le isole che stanno sul pelo dell'acqua come le Maldive e intere città come Venezia e New York. Inoltre, è sufficiente che la colonnina di mercurio aumenti di pochi decimi di grado per far "sballare" il clima: in certe zone della Terra le piogge e i temporali sono sempre più forti e causano alluvioni, in altre la siccità porta carestie e miseria. Con il caldo molte malattie, come la malaria, rischiano di diffondersi con più facilità.
Ma i problemi riguardano anche gli ecosistemi. Cosa succederà se le piante sbocceranno con grande anticipo e gli insetti che le devono impollinare non saranno pronti? Insomma, i guai del surriscaldamento sono tanti e dobbiamo cercare di ridurre le emissioni quanto prima. Per essere precisi, bisogna dire che l'anidride carbonica non è l'unico gas serra, anche se è il più importante. Nell'elenco finiscono anche il metano, prodotto per esempio dalle discariche a cielo aperto e dai peti degli animali d'allevamento (fa ridere, ma è davvero così. Si è calcolato che una mucca con le sue puzzette e i suoi ruttini produce chili di metano ogni giorno. Al mondo ci sono oltre un miliardo di bovini.., basta fare due conti), poi i perfluorocarburi e gli idrofluorocarburi, gas che vengono utilizzati per produrre frigoriferi, condizionatori e bombolette spray.

domenica 21 maggio 2017

L'importanza della colazione

Fine della scuola, esami in vista: per affrontarli al massimo della condizione ci si può aiutare anche con l'alimentazione. Regola numero uno, non trascurare la prima colazione. Sembra che un'alimentazione corretta al mattino migliori le performance scolastiche e aiuti ad affrontare lo stress. 
Mangiare qualcosa di dolce la mattina è gratificante ma soprattutto aumenta la produzione
di serotonina che ha un effetto calmante. Poi ci vogliono carboidrati per avere energia, ad esempio pane e biscotti, anche se il mix ideale è cereali (che sono carboidrati), latte o yogurt e un frutto.
Caffè con moderazione. In alternativa orzo o tè, dolcificati con un cucchiaino di zucchero. Mai saltare la colazione, piuttosto mangiare qualche biscotto con un bicchiere di latte o una merendina, se proprio si è di corsa.

sabato 13 maggio 2017

Google 18

Il 27 settembre scorso Google è diventato maggiorenne. Era il 4 settembre del 1998 quando Larry Page e Sergey Brin fondavano la società destinata a rivoluzionare Internet. Per festeggiare questo importante traguardo passiamo in rassegna una serie di progetti futuristici di Google nel corso degli anni, alcuni più fortunati altri meno.
Tra i più controversi ci sono senza dubbio i Google Gtass. In grado di produrre la realtà aumentata o registrare immagini, sembravano destinati ad un enorme successo. Invece finora non si è andati oltre al prototipo, e la produzione è stata fermata a inizio 2015. Un fallimento? O piuttosto uno stop in attesa di quello che sarà la rivoluzione del futuro?
Il progetto Project Loon ha invece l'affascinante e folle idea di utilizzare dei palloni aerostatici per creare nella stratosfera, a 25 km di altitudine, una sorta di rete che riceve le comunicazioni provenienti da terra, le fa viaggiare da un pallone all'altro e le rispedisce in superficie dove si collegano alla Rete. In questo modo Project Loon coprirà le zone sperdute del mondo, dove cavi e fibra ottica non arrivano, e permetterà di ripristinare le comunicazioni nelle aree colpite da disastri naturali.
Altro progetto apparentemente folle ma senza dubbio rivoluzionario è Project Ara. Si tratta di un telefono componibile: una piattaforma su cui innestare singoli moduli autonomi, dalla fotocamera al processore, in modo da ottenere la configurazione desiderata, cambiando solo pezzi necessari.
Non possiamo poi non ricordare Google Car, uno dei progetti più noti e avanzati. Il veicolo elettrico e completamente robotizzato di Google è in grado di guidare in completa autonomia e sicurezza grazie ad un software che sa riconoscere i pericoli. Il passeggero non può intervenire se non in casi di estrema necessità, interagendo con i comandi dell'auto. L'arrivo sul mercato è previsto per il 2020, probabilmente sotto forma di tecnologia da rivendere ai produttori di auto.
Infine ricordiamo Google Libri, un'enorme e digitale biblioteca. Books contiene decine di milioni di volumi, consultabili (nella loro interezza o in parte) direttamente dal computer.

giovedì 30 marzo 2017

Nel mondo esistono ancora foreste mai toccate dall'uomo?

Un tempo c'erano immense foreste primarie (cioè nel loro stato originario, mai toccate da attività umane) un po' dappertutto, ma con il trascorrere dei secoli l'uomo le ha devastate o ridotte. Ci sono ancora grandi foreste in Canada, in Siberia, nel bacino del Rio delle Amazzoni (in Sudamerica) e nel bacino del Congo (nell'Africa Centrale), dove una fitta foresta pluviale si estende senza interruzioni in Camerun, Gabon, Repubblica del Congo, Repubblica Democratica del Congo e Repubblica Centrafricana.
Ma quanto ancora dureranno? Per capire con quale velocità stiamo distruggendo il Pianeta è sufficiente pensare che oltre il 70% della superficie terrestre ha ormai subito una trasformazione dovuta all'uomo. Secondo la Fao (l'organizzazione dell'ONU che si occupa di cibo e agricoltura) ogni anno circa 13 milioni di ettari di foresta, metà dell'Italia, vengono distrutti. Dall'inizio del secolo abbiamo raso al suolo più della metà delle foreste pluviali, che da sole ospitano oltre il 60% delle specie vegetali e animali della Terra.
I motivi? Creare aree da destinare all'agricoltura, alle piantagioni e al pascolo oppure rifornire i mercati occidentali di legname pregiato. Questo nonostante le foreste siano essenziali per la nostra esistenza. Oltre a esere enormi scrigni pieni di biodiversità, sono anche 'fabbriche" che producono ossigeno e smaltiscono anidride carbonica. Quest'ultima è la principale imputata dell'innalzamento della temperatura sul nostro Pianeta. E non bisogna illudersi che il problema si possa in futuro risolvere interrando nuove piante. Un bosco o una foresta sono molto di più di un semplice insieme di alberi. Sono un ecosistema che si è creato in centinaia di anni, con comunità di organismi che vanno dai grossi mammiferi ai microscopici batteri del suolo. Prendiamo coscienza che ci stiamo autodistruggendo. 

martedì 21 marzo 2017

Elettrosmog

È vero che i campi elettromagnetici aumentano la probabilità di insorgenza del cancro?
I campi elettromagnetici sono presenti ovunque nell'ambiente, generati sia da sorgenti naturali, sia da sorgenti artificiali come elettrodomestici, radio, televisioni, telefoni cellulari.
Il principale effetto biologico delle onde elettromagnetiche nel corpo umano è il riscaldamento. Tuttavia i livelli a cui siamo normalmente esposti sono troppo bassi per causare un riscaldamento significativo. Attualmente non sono noti effetti sulla salute causati dall'esposizione a lungo termine.
Gli studi condotti fino a oggi non hanno mostrato correlazioni significative tra l'esposizione a campi magnetici e un'aumentata insorgenza di cancro, né nei bambini e né negli adulti.
I campi elettromagnetici si classificano in base alla frequenza, ovvero il numero di onde al secondo (misurata in Hertz). Abbiamo così:
campi a frequenza estremamente bassa (fino a 300 Hertz), ad esempio i normali dispositivi elettrici presenti nelle nostre case;
campi a frequenza intermedia (tra 300 Hertz e 10 Mega Hertz), ad esempio i computer;
campi a radiofrequenza (da 10 MegaHertz a 30 GigaHertz), come radio, televisione, antenne per la telefonia cellulare e forni a microonde.
Uno studio condotto dal National Cancer Institute e dal Children Oncology Group ha valutato se l'utilizzo di apparecchiatura elettrica domestica da parte delle madri in gravidanza potesse aumentare il rischio di leucemia nei nascituri, ma i ricercatori non hanno evidenziato alcun rapporto causa-effetto. Un'altra indagine del National Cancer Institute ha valutato che non vi è correlazione tra l'insorgenza di leucemia linfoblastica acuta infantile e l'esposizione domestica a campi elettromagnetici inferiori a 0,4 microTesla . Il rischio di leucemia infantile raddoppia invece in casi di esposizioni a campi elettromagnetici di intensità superiore ai 0,4 microTesla, ma è una situazione che raramente si verifica nella vita quotidiana, a meno che una famiglia non abiti direttamente sotto un traliccio dell'alta tensione, come accade in alcune zone rurali degli Stati Uniti. Uno studio canadese ha invece associato l'esposizione sul lavoro di donne in gravidanza con un maggior rischio di leucemia infantile nei figli, ma ulteriori studi su altre popolazioni sono necessari per comprendere se il nesso di causa-effetto rimane tale in tutte le situazioni.

martedì 14 marzo 2017

La capacità di scegliere

Fino a qualche anno fa la televisione serviva a vedere, la radio a sentire, il telefono a parlare. Ogni mezzo aveva una sua funzione precisa. Poi è cominciata quella che chiamano la "digitalizzazione dei media" e da allora tutto si è mescolato: puoi vedere la partita sul telefonino, un film sul computer, leggere un libro o ascoltare una canzonetta sul tablet.
Informazione, spettacolo, musica, sport, videogiochi viaggiano con maggior facilità e li trovi ovunque. E cambiato il modo di distribuirli e quindi anche il modo di consumarli. Si tratta soltanto di un progresso tecnologico, o anche culturale?
Cultura deriva dal verbo latino "colere" e nell'antica Roma aveva diversi significati: coltivare, abbellire, frequentare qualcuno, vivere. In altre parole, voleva dire crescere con un processo di sviluppo continuo, alimentato dalla capacità critica.
I nuovi mezzi, con il corollario di social network, senza dubbio sono un avanzamento. Ma tra un clic al cellulare e un like su Internet il rischio è di abbandonare la capacità di scegliere. E chi non sceglie, soccombe alle mode.
I ragazzi sanno bene che diventare utenti passivi, per pigrizia e incapacità di giudizio, spesso significa aprire le porte alla violenza e alla stupidità. Il pericolo, come sempre, non sta negli strumenti, ma in chi li usa.

lunedì 13 marzo 2017

Enzo Ferrari


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Il 12 marzo 2017 la ferrari compie 70 anni. Ma come nasce la Ferrari? E' una delle glorie del nostro paese. Un'Italia che spesso arranca sotto vari punti di vista come fa ad avere punte di una tale eccellenza? Ma chi era il suo fondatore?

Enzo Ferrari era nato in una gelida mattina del 18 febbraio 1898 nella periferia di Modena. I genitori, entrambi di Carpi, erano persone modeste ed abitavano in una casa sopra l’officina di carpenteria metallica in cui il padre costruiva ponti e tettoie per le Ferrovie dello Stato. Enzo ebbe un infanzia felice e divise la sua stanza e le sue giornate con suo fratello maggiore Alberto, detto Dino, grande amante dei libri e della letteratura.

A sconvolgere tutti gli equilibri familiari fu l’improvvisa morte del padre per una polmonite nel 1926, e lo stesso anno anche il fratello Dino perse la vita a causa di una grave infezione contratta durante il servizio militare. Da quel momento Enzo imparò a cavarsela da solo ed anche a fare i conti con la solitudine. Da ragazzo il suo sport preferito fu l’atletica leggera, poi passò al tiro a segno e successivamente alla scherma ed al pattinaggio. Nel 1917 partì per fare il soldato e fu assegnato alla terza artiglieria di Mantova e qui cominciò a mettere a frutto la sua grande passione: quella per i motori. Purtroppo la sua permanenza in città fu molto breve in quanto contrasse la stessa infezione di suo fratello ma, dopo due interventi chirurgici, riuscì a salvarsi e fu in grado di cercarsi un lavoro.

Durante l’inverno del 1918 decise di recarsi a Torino per cercare fortuna e fu solo grazie al suo impegno, che riuscì a trovare un modesto impiego presso un'officina nella quale venivano trasformati autocarri leggeri in autotelai da carrozze. Il compito di Ferrari era quello di provarli e consegnarli alla carrozzeria Italo-Argentina di Milano. Fu proprio nella capitale lombarda che conobbe Ugo Sivocci, un ragazzo che lavorava alla CMN (Costruzioni Meccaniche Nazionali) e ben presto, i due divennero amici inseparabili. Ferrari passò a lavorare alla CMN divenendone il collaudatore ufficiale, ma lasciò anche questo posto per approdare, nel 1919, all’Alfa. Nello stesso anno esordì come pilota alla prima Parma-Poggio di Berceto e si classificò quarto in classe 3000. Pochi mesi dopo prese parte alla Targa Florio e ci andò con Sivucci. Raggiunsero Napoli con le stesse auto con cui dovevano gareggiare, dopo un viaggio rocambolesco a causa della neve in Abruzzo. Tutti gli sforzi di Ferrari furono ampiamente ripagati poiché si classificò secondo.

Nel 1924 vinse nel circuito del Polesine, al circuito del Savio ed infine a Pescara e dedicò tutte e tre le sue vittorie a Sivucci morto l’anno precedente sul circuito di Monza. Il primo passo verso un rafforzamento del reparto corse della fabbrica milanese fu il trasferimento dalla Fiat all’Alfa Romeo di Luigi Bazzi, un preziosissimo tecnico che Ferrari definiva “autentico talento”. E fu sempre Ferrari a sollecitare un altro rapimento di tutto rispetto: quello di Vittorio Jano che lavorava alla Fiat.

Nel 1929, intanto, era nata la Scuderia Ferrari e presso di essa l’Alfa Romeo 158. Ben presto alla scuderia giunsero i primi grandi nomi dell’automobilismo: Tazio Nuvolari, Luigi Arcangeli, Giuseppe Campari, Achille Varzi, Mario Umberto Barzacchini, Luigi Fagidi, Louis Chiron, Antonio Brivio, Guy Mall, Mario Todini e Carlo Pintacuda. Alla fine del 1943, dopo un divorzio eccellente con l’Alfa Romeo, Ferrari fece ritorno a Modena ed approdò a Maranello.

In questa nuova azienda, che arrivò ad avere più di centosessanta operai, Enzo si orientò alla costruzione di una dodici cilindri insieme al suo collaboratore Gioacchino Colombo. La nuova nata in casa Ferrari fu un'auto sportiva e venne chiamata125 GT, con un alesaggio di 55mm ed una cilindrata di 1496,77 cc.

Ben presto Colombo fu sostituito da Aurelio Lampredi e si passò da un motore aspirato ad uno sovralimentato. La prima F1 di questo tipo fu la 275 con una cilindrata di 3322 cc e con la 375 F1 ebbe inizio la storia di Ferrari come costruttore perché, grazie a quest’auto, Froilan Gonzales vinse il GP di Gran Bretagna battendo, per la prima volta, l’Alfa Romeo. Negli anni cinquanta Ferrari cominciò a costruire anche vetture Gran Turismo e queste furono esteticamente perfezionate da uno stlista geniale: Giovan Battista Farina, poi Pininfarina. Il 1956 fu per Ferrari un anno orrendo poiché perse suo figlio Dino, che rappresentava un saldo punto fermo nella sua vita. L’anno successivo non fu da meno: la Mille Miglia si concluse con la morte di due piloti e nove spettatori, fu accusato di aver montato pneumatici difettati, ma dopo il processo fu prosciolto. Questo per lui fu un durissimo colpo, che si trascinò dietro per anni ed anni, fino al 1977, quando, dopo aver dato le dimissioni dalla società da lui creata, decise di ritirarsi a vita privata nella sua adorata Modena.

Enzo Ferrari morì il quattordici agosto del 1988. La notizia del suo decesso, su sua espressa volontà, venne data a sepoltura avvenuta. Poco meno di un mese dopo al GP di Monza , Gherard Berger e Michele Alboreto con le due Ferrari si piazzarono al primo ed al secondo posto e dedicarono la loro vittoria al grande Drake.

giovedì 9 marzo 2017

Cosa è un Time - Lapse

La tecnica fotografica del "Time-Lapse" è quella dove si montano tante fotografie scattate in ad una stessa scena o inquadratura e visualizzate in serie rapidamente, per vedere come quella scena si evolve nel tempo.
I video Time-Lapse sono molto usati nei documentari, per esempio, per mostrare la lenta crescita di una pianta o di un fiore nel breve tempo di un minuto.
Rispetto altre tecniche, la fotografia time-lapse anche chiamata "Stop Motion" è una forma d'arte abbastanza accessibile e facile da creare, che si può anche provare con uno smartphone.
In questa serie di video stupendi invece vediamo alcuni dei migliori montaggi fotografici, in time lapse e/o stop motion, per vedere come corre il mondo, creati da professionisti ed accompagnati da musiche meravigliose.
L'effetto finale è quello di una clip che sembra davvero un film, tutta da guardare, dall'inizio alla fine, abbandonando i sensi alla visione, rilassante, romantica e da sogno.




mercoledì 8 marzo 2017

Greenpeace: quando la pace diventa verde

Difendere l'ambiente anche con azioni motto spettacolari è invece l'obiettivo di Greenpeace.
Le immagini dei gommoni dell'associazione che "attaccano" le baleniere giapponesi, islandesi e norvegesi mentre cacciano i giganti degli oceani hanno fatto conoscere l'organizzazione in tutto il mondo.
Quella per la tutela dei cetacei a rischio di estinzione è certamente la battaglia più celebre di Greenpeace, ma di sicuro non l'unica. In quarant'anni, infatti, ha contrastato duramente gli esperimenti nucleari degli Stati Uniti in Alaska e delta Francia in Polinesia, ha cercato di risolvere il problema della pesca a strascico, quelli dei rifiuti radioattivi e delle sostanze tossiche contenute nei giocattoli per i bambini, si è schierata contro gli OGM, gli organismi geneticamente modificati, ha promosso il bando delle lampade a incandescenza e ha combattuto multinazionali e compagnie petrolifere colpevoli di inquinare l'ambiente.
Sono tutte battaglie finanziate da circa tre milioni di donatori perché Greenpeace, che oggi ha il suo ufficio centrale ad Amsterdam in Olanda, è un'organizzazione indipendente e non accetta fondi da enti pubblici, grandi aziende o governi per mantenere la propria autonomia.

sabato 4 marzo 2017

Il WWF: la più grande organizzazione per la conservazione della natura

Il World Wildlife Fund (il fondo mondiale per la natura) è un'organizzazione internazionale non governativa, la più grande al mondo per la conservazione della natura. Ha uffici in oltre cento Paesi, può contare su circa cinque milioni di soci in tutto il Pianeta e moltissimi sostenitori.
Fu fondata nel 1961 in Svizzera, dove c'è tuttora la sede centrale, da un gruppo di influenti personaggi europei, tra cui scienziati, naturalisti, uomini d'affari e persino aristocratici e celebri viaggiatori come Charles Lindbergh, autore della prima traversata aerea dell'Atlantico, ed Edmund Hillary, primo uomo a scalare l'Everest.
In quasi mezzo secolo il WWF ha condotto importanti campagne di sensibilizzazione e coinvolto le popolazioni locali in progetti di tutela dell'ambiente. Negli anni Sessanta, per esempio, si mobilitò per proteggere la tigre e i grandi animali africani, a metà dei Settanta battagliò per difendere le foreste e per contrastare il traffico illegale di piante e animali selvatici, nel 1989 ottenne il bando del commercio internazionale dell'avorio (una sostanza molto ricercata che si ricava dalle zanne degli elefanti, dal corno dei rinoceronti e dai denti degli ippopotami) e negli ultimi vent'anni si è attivato per ridurre l'inquinamento, i cambiamenti climatici e per promuovere un utilizzo so-
stenibile delle risorse naturali. In Italia ha ottenuto molti successi con specie a rischio come il lupo, l'orso del Parco Naturale d'Abruzzo e le tartarughe marine, ha contribuito a far bandire le spadare (le micidiali reti da pesca che uccidono indiscriminatamente molte specie dei nostri mari) e ha istituito oltre cento Oasi del WWF, salvando dalla speculazione edilizia importanti aree naturalistiche.

venerdì 3 marzo 2017

È la caccia il principale nemico degli animali selvatici?

In qualsiasi parte del Pianeta gli animali selvatici sono minacciati dalla distruzione dei loro habitat (sostituiti da campi coltivati, città, strade, attività industriali) e dall'abbattimento delle foreste per ricavare legname o far posto a nuovi pascoli. Poi ci sono la caccia e il commercio illegale, che stanno mettendo in pericolo più di 7.000 specie.
In Africa il consumo di carne di animali selvatici, è diventato uno dei principali problemi. Le popolazioni locali cacciano da tempo immemorabile, ma oggi l'aumento delle bocche da sfamare, le armi da fuoco e il denaro che i cacciatori ricavano dalla vendita della selvaggina stanno provocando una carneficina.
Le prede sono piccole antilopi, bufali, elefanti di foresta, uccelli. Ma ciò che fa più impressione è la strage di primati. Mangiare scimmie, scimpanzé e gorilla è una pratica diffusa in molte parti dell'Africa Centrale. Nell'ultimo decennio, però, si è passati dal consumo tradizionale al commercio su vasta scala. Si stima che nelle foreste equatoriali africane vengano uccisi all'anno più di 3.000 gorilla e almeno 4.000 scimpanzé. La colpa è della crescita della popolazione nelle comunità rurali, ma anche dei ricchi che nei ristoranti sono disposti i sborsare somme considerevoli per un piatto di quella che considerano una "prelibatezza". Per far fronte alle nuove richieste i bracconieri abbattono gli esemplari nel cuore della foresta, affumicano la carne sul posto e poi la trasportano verso la città dove finisce nei mercati e sui banchi dei macellai. La loro efficienza è aumentata grazie alle strade aperte dalle aziende del legname, che consentono ai cacciatori di raggiungere i luoghi più remoti.
Una ecatombe di animali paragonabile solo a quella compiuta in nome del cosiddetto oro bianco: l'avorio.
Ogni anno in Africa vengono uccisi dai 4 ai 12.000 elefanti per l'avorio delle loro zanne, nonostante dal 1989 la Convenzione di Washington sul commercio internazionale delle specie in via d'estinzione, firmata da oltre 170 nazioni, abbia stabilito un blocco totale sul suo commercio, perché in meno di un ventennio erano stati uccisi più di mezzo milione di pachidermi. Ancora oggi, quindi, le zanne di elefante diventano collane, braccialetti, orecchini e statuine. E se mancano queste si ricorre agli ippopotami. La loro carne è ottima e i denti forniscono una buona quantità di avorio. Nel Parco Nazionale Virunga, in Congo, una delle più grandi popolazioni al mondo di questi mammiferi si è ridotta drasticamente, sotto i colpi dei bracconieri, precipitando da 20.000 individui a poco più di un migliaio.

mercoledì 1 marzo 2017

Che cos'è una estinzione?

È la scomparsa definitiva di una specie. L'estinzione di massa più famosa, avvenuta nel Cretaceo, 65 milioni di anni fa, ha registrato la fine della supremazia dei dinosauri sul nostro Pianeta e ha reso possibile l'evoluzione dei mammiferi.
La parola estinzione è ricorrente nella storia della vita sulla Terra. I paleontologi (gli scienziati che studiano i fossili) confermano che, nell'ultimo mezzo miliardo di anni, si sono verificati almeno cinque cataclismi di dimensioni spaventose, capaci di cancellare migliaia di animali e vegetali.
Nessuno di questi è tuttavia dipeso dall'uomo, che non aveva ancora fatto la sua comparsa.
Oggi le cose stanno in modo diverso. Come scrive lo scienziato americano Edward O. Wilson, «ci sono buoni motivi per affermare che l'umanità ha dato inizio alla sesta grande estinzione, sprofondando nell'eterno oblio, nel giro di poche generazioni, gran parte delle specie viventi a essa contemporanee». Mentre nel passato si perdeva una specie all'anno oggi siamo passati a mille nello stesso arco di tempo, molte delle quali senza essere mai state nemmeno catalogate dalla scienza.
Le principali cause sono la deforestazione, la devastazione degli ambienti naturali, lo sterminio diretto attraverso la caccia, l'incontrollata introduzione degli animali domestici (soprattutto di maiali, pecore e mucche) in luoghi dove prima non c'erano.
Potrebbe venire spontaneo farsi una domanda. Se nella storia del nostro Pianeta ci sono già state altre estin zioni di massa, perché ci facciamo problemi? Guardandoci intorno possiamo vedere come la natura da sola ha riparato i danni, tanto che alcune zone del mondo sono piene di animali e piante. In realtà, secondo gli scienziati, dopo ognuna di quelle catastrofi ci sono volute alcune decine di milioni di anni perché ciò avvenisse. Un lasso di tempo così lungo che non avrebbe nessun senso per gli uomini. Per capirlo basta pensare che i nostri più lontani antenati sono comparsi sulla faccia della Terra tra i tre e i cinque milioni di anni fa.
Perché la natura possa riparare da sola i danni ci vorrebbe, quindi, più di quanto ha impiegato l'evoluzione per portare l'umanità dai primi ominidi simili a scimmie fino a noi.
Nessuno potrebbe aspettare così tanto.

lunedì 27 febbraio 2017

L'Italia: il Paese europeo con il maggior numero di specie animali

Nonostante sia densamente abitata e certamente non al riparo da devastazioni ambientali, l'Italia è il Paese europeo con il maggior numero di specie animali, più di 57.400. Il 2% è rappresentato da vertebrati, il 67% da insetti e la parte restante è formata da aracnidi, crostacei, molluschi e altri invertebrati. Questa abbondanza faunistica è dovuta alle particolari caratteristiche geografiche e climatiche della nostra Penisola, che ha ambienti diversificati: dai deserti freddi dei ghiacciai alpini alle foreste boreali, dai boschi di latifoglie alla macchia mediterranea.
Il 10% del nostro Paese è protetto. Si tratta di parchi nazionali, parchi regionali, riserve marine, riserve naturali statali, oasi. Ma alcune di queste aree sono comunque minacciate dalle attività dell'uomo lungo i confini, dal bracconaggio (cioè l'uccisione illegale di animali) e dalla speculazione edilizia.