lunedì 25 settembre 2023

La storia del Telefono Rosso

Fu istituito cinquant'anni fa a Ginevra, così che Unione Sovietica e Stati Uniti potessero parlarsi in sicurezza: esiste ancora oggi, ma non è mai stato un telefono

Il 20 giugno del 1963 a Ginevra un gruppo di rappresentanti dei governi degli Stati Uniti e dell’Unione Sovietica firmarono un documento con cui veniva inaugurato il cosiddetto “Telefono Rosso”, la linea di comunicazione diretta tra la Casa Bianca e il Cremlino.

È stato uno dei simboli della Guerra Fredda ed è comparso in moltissimi film, libri, fumetti e videogiochi ma in realtà il Telefono Rosso non è mai stato un telefono. All’inizio era una specie di telescrivente, mentre oggi è un sistema simile all’email. La scelta di un sistema di comunicazione scritta invece che verbale non fu casuale ma voluta per evitare incomprensioni, equivoci, riguardo alla scelta di parole poco felici e o poco meditate. Sono passati alla storia gli eccessi di rabbia per cui era famoso il leader sovietico dell’epoca, Nikita Kruscev, che proprio qualche anno prima durante una sfuriata al palazzo delle Nazioni Unite si sfilò una scarpa e la sbatté sulla scrivania.

Un sistema di comunicazione scritta, invece, avrebbe permesso di inviare comunicazioni più accorte: evitare la guerra, infatti, era lo scopo principale del Telefono Rosso. L’idea di creare una linea di comunicazione diretta tra la Casa Bianca e il Cremlino nacque proprio durante la crisi dei missili cubani, uno dei momenti in cui il mondo si trovò più vicino allo scoppio di una guerra nucleare.

La crisi durò per due settimane nell’ottobre del 1962. Il pericolo di guerra venne accentuato dal fatto che il presidente americano John Fitzgerald Kennedy e il leader sovietico Kruscev non avevano un canale di comunicazione diretto e sicuro col quale parlarsi.

Il primo testo di prova venne inviato il 30 agosto 1963 dalla Casa Bianca: da allora il Telefono Rosso non fu usato molto spesso, fortunatamente. Nel 1967 e nel 1973, durante le due guerre arabo-israeliane dei Sei Giorni e dello Yom Kippur, fu utilizzato per comunicare gli spostamenti delle flotte russe e americane, che avrebbero potuto essere interpretati come un tentativo di intervenire nei conflitti in corso: da allora quasi ogni guerra ha avuto le sue comunicazioni tramite Telefono Rosso. Dal 2008 il vecchio sistema a telescrivente è stato sostituito da una rete di computer che collega i terminali della Casa Bianca con quelli del Cremlino.


lunedì 18 settembre 2023

Che fine faranno i distributori di benzina con l’arrivo dell’elettrico?

Nella transizione energetica fortemente voluta dall’UE che fine faranno i 200.000 (oltre 20.000 in Italia) distributori di carburante europei?L’aumento sempre crescente di veicoli elettrici e, al contempo, un calo dell’uso delle auto causato dall’aumento del lavoro a distanza, dei servizi di consegna a domicilio ha in generale ridotto la domanda di carburante (più negli USA che in Europa). Condizioni che metteranno in crisi l’attuale sistema di vendita di carburante. A meno che non si adatti.

L’evoluzione dei distributori in realtà è già in atto, e potremmo dire orgogliosamente che l’Italia è stato uno dei Paesi che ha iniziato prima. ENI, grazie l’acquisizione della società  per la ricarica di auto elettriche Be Charge, ha già visto molti dei suoi distributori dotarsi di colonnine ad alta potenza. Ancor prima, Q8 ha stretto un accordo con Enel X, tanto che oggi sono molte le stazioni di servizio del colosso kuwaitiano che dispongono di una o più colonnine multipresa dell’operatore energetico italiano. 

In alcuni casi la conversione è volontaria con operatori del settore petrolifero che, di loro iniziativa, si sono dotati di colonnine. In altri casi, invece, è forzata. A Milano l’amministrazione comunale ha provato a forzare i distributori a dotarsi di colonnine nei prossimi anni, e lo stesso in Germania, dove è stata approvata una legge che costringe gli operatori ad offrire anche strutture di ricarica per i veicoli elettrici.

Per quanto la direzione presa sia prevalentemente quella dell’elettrico, sappiamo che non è l’unica scelta ecologica. Nel futuro potrebbero esserci l’idrogeno e i biocarburanti, e questa potrebbe essere un’opportunità in più. Sempre Eni, molto avanti sull’idrogeno, ha iniziato un programma di infrastrutture che è partito da Mestre (Venezia), ma in generale è possibile che le stazioni di benzina e diesel possano evolversi in distributore di idrogeno, soprattutto se consideriamo che il modo di rifornirsi è molto simile e ha la stessa velocità, a differenza della lentezza della ricarica elettrica.


lunedì 11 settembre 2023

12 settembre, Giornata Mondiale senza sacchetti di plastica

Tonnellate di borse di plastica, che fluttuano indisturbate tra fondali marini e superficie, intrappolando o venendo accidentalmente ingerite da pesci, tartarughe e tante altre specie acquatiche.

Per sensibilizzare tutta la popolazione su questa enorme problematica, ed eliminare completamente il consumo di questi oggetti, dodici anni fa è stata istituita la prima giornata mondiale senza sacchetti di plastica.

La creazione di una giornata mondiale che si ripete ogni anno, ha lo scopo di invitare le persone a servirsi di borse riutilizzabili invece che di sacchetti usa e getta in plastica.

Gli oceani, che assorbono quasi un terzo dell’anidride carbonica che produciamo, sono sempre più in crisi. Vengono infatti inquinati ogni anno da oltre 13 milioni di tonnellate di plastica tra bottigliette, mascherine, guanti, flaconi di detersivi e borse monouso.

Sui fondali marini si annidano quasi due milioni di pezzi di microplastiche per metro quadrato. Queste particelle minuscole vengono ingerite da pesci e crostacei, finendo direttamente sulle nostre tavole.

Al loro posto è meglio utilizzare comode shopper realizzate con fibre tessili. Le borse in tessuto, inoltre, risultano molto resistenti rispetto alle borse di plastica, che rischiano di rompersi facilmente ed essere gettate senza neanche venire utilizzate.

Anche i sacchetti con cui si conservano i cibi (ad esempio quelli per i surgelati) possono essere sostituiti con barattoli in vetro, facilmente sterilizzabili dopo ogni uso.


lunedì 4 settembre 2023

L’Emilia-Romagna DATA Valley europea

Con la sua tradizione millenaria di centro europeo della conoscenza e con la sua concentrazione di sapere, ricerca e innovazione, in questi anni la Regione Emilia-Romagna si è costruita un ruolo da leader anche nell’ambito dei big data. Qui, dove si concentra il la maggior parte della capacità di calcolo e di storage (conservazione dati) italiana, ha sede un importantissimo centro europeo dedicato alla ricerca: il Big Data Technopole, grazie al quale Bologna e la sua storica università, la più antica del mondo occidentale, continuano ad essere un crocevia fondamentale per la conoscenza umana.

La scelta della sede bolognese non è casuale: la città delle due torri vanta una lunga storia di localizzazione di sistemi di supercalcolo. Già nel 1961 si localizza proprio a Bologna il centro di supercalcolo, attivando per la prima volta in Italia la prima architettura disegnata per il calcolo, l’IBM 704. Nel 1969 viene fondato il CINECA, la rete nazionale a banda ultralarga dedicata all’istruzione e alla ricerca.

Il nuovo Tecnopolo di Bologna, eccellenza nel supercalcolo accorpa  attività di ricerca e infrastrutture a elevate prestazioni di calcolo, tra le più potenti al mondo. Qui si è insediato il Data Center del Centro Europeo per le Previsioni Meteorologiche (ECMWF) che sviluppa le previsioni meteorologiche a medio raggio e produce e distribuisce previsioni meteorologiche agli Stati membri. ECMWF nel 2017 ha scelto Bologna come sede per il nuovo Data Center, che si avvale di supercomputer all’avanguardia. Nel Tecnopolo di Bologna è collocato anche Leonardo, supercomputer capace di un miliardo di miliardi di operazioni al secondo e il quarto più potente al mondo.