lunedì 22 luglio 2019

Anniversario dello sbarco dell'uomo sulla Luna.

Siamo in piena guerra fredda e i russi sembravano aver preso il sopravvento nella conquista dello spazio. C'era stato lo Sputnik 1, nel 1957, il primo satellite artificiale, e il primo uomo nello spazio nel 1961: era Jurij Gagarin, che divenne così la prima persona nello spazio e il primo a orbitare intorno alla Terra. 
Il presidente Kennedy, preoccupato per queste "sconfitte", espresse chiaramente la volontà e l'impegno affinché l'America riuscisse a tagliare un traguardo veramente spettacolare e, rivolgendosi al Congresso degli Stati Uniti, nel 25 maggio 1961, dichiarò: "Credo che questa nazione si debba impegnare a raggiungere l'obiettivo, prima che finisca questo decennio, di far atterrare un uomo sulla Luna e di farlo tornare sano e salvo sulla Terra". 
Gli Stati Uniti si stanno rimboccando le maniche. Il Programma Apollo inizia male con l'incendio e la morte dei suoi astronauti nell'Apollo 1 (1967) e l'incidente che impedì l'allunaggio e mise a repentaglio le vite dell'equipaggio dell'Apollo 13 (1970) – ma con risultati senza precedenti come lo storico primo sbarco dell'uomo sulla Luna dell'Apollo 11.
Il primo allunaggio è avvenuto il 20 luglio del 1969 grazie alla missione Apollo 11. I membri dell'equipaggio erano Neil Armstrong, comandante, Buzz Aldrin, pilota del modulo lunare, e Michael Collins, pilota del modulo di comando. L'obiettivo principale della missione era il raggiungimento del suolo lunare da parte dell'equipaggio e il ritorno sulla Terra. Vi erano poi altri compiti da svolgere quali la trasmissione di immagini televisive e fotografiche dal satellite, una serie di esperimenti scientifici da condurre e la raccolta da parte dei due astronauti sbarcati, Armstrong e Aldrin, di campioni di superficie lunare.
Il lancio avvenne il 16 luglio 1969 da Cape Canaveral (John F. Kennedy Space Center), in Florida, e il 20 luglio dopo una serie di complesse manovre e di "contrattempi" da gestire, finalmente ci fu lo sbarco e la prima passeggiata lunare che fu trasmessa in diretta televisiva. Il primo a scendere e a mettere piede sul nostro satellite fu Neil Armstrong, che pronunciò la frase: "Questo è un piccolo passo per un uomo, ma un grande passo per l'umanità". Lui e Aldrin si occuparono degli esperimenti e della raccolta di campioni mentre Collins rimase nel modulo di comando. Circa 650 milioni di telespettatori furono testimoni di quell'impresa memorabile che si concluse con il ritorno sano e salvo dell'equipaggio recuperato nell'Oceano Pacifico il 24 luglio.
Nel Programma Apollo ci fu anche un po' di Italia. Rocco Petrone, figlio di emigrati dalla Basilicata agli Stati Uniti, è stato un pioniere dei programmi spaziali: fu direttore delle operazioni di lancio del Kennedy Space Center della NASA dal 1966 al 1969 e dopo divenne direttore del Programma Apollo.
Un altro italiano che "mise le mani sulla Luna" fu il chimico Giovanni De Maria: anche lui di origini lucane, svolse per conto della NASA ricerche sui campioni lunari delle missioni Apollo 11, 12, 14, 15, 16 e 17, in cerca di informazioni sulla storia più antica del nostro sistema solare.

sabato 20 luglio 2019

L’aria che tira nelle nostre case

Trascorriamo fino al 90% del nostro tempo al chiuso per lavorare, studiare, mangiare, fare sport, dormire, giocare. Siamo la cosiddetta “generazione indoor” e proprio per questo respiriamo più inquinanti presenti negli ambienti interni. Ogni giorno respiriamo fino a 9.000 litri d’aria, e la qualità dell’aria indoor può essere peggiore rispetto a quella outdoor.

Secondo una recente ricerca  su un campione di abitanti del Nord Italia, 1 persona su 2 ritiene la qualità dell’aria in casa migliore di quella esterna e solo il 14% del campione mostra di comprendere gli effetti dell’inquinamento domestico sul benessere.

Funghi, muffe e odori non sono percepiti come particolarmente rilevanti, mentre fumo di sigaretta e polveri sottili – considerati come pericolosi soprattutto nelle grandi città – non sono ritenuti diffusi all’interno degli spazi indoor.
Eppure l’inquinamento può anche essere prodotto internamente dalle nostre attività quotidiane e dagli oggetti domestici – fumi, odori e particelle inquinanti emessi da fornelli a gas e processi di cottura del cibo; benzene e COV (Composti Organici Volatili) rilasciati da prodotti per la pulizia e la cura personale, profumi o candele profumate; formaldeide e polimeri emessi da mobili, materiali edili e isolanti, vernici, finiture per pavimenti; muffa e spore di muffa provenienti da zone umide. Agenti inquinanti che si accumulano nelle nostre case e spesso rimangono invisibili. Insomma, l’inquinamento non è più solo un problema dell’ambiente esterno, serve prendere coscienza dell’importanza dell’aria che “tira in casa”.

La stanza della casa considerata più inquinata è la cucina, seguita a distanza da camera da letto, bagno e soggiorno.

Tra le strategie adottate per limitare l’inquinamento interno prevalgono le norme dettate dal buon senso: areare spesso l’ambiente domestico, evitare di fumare in casa, cambiare spesso biancheria e lenzuola, utilizzare un aspirapolvere di buona qualità per le pulizie.

mercoledì 10 luglio 2019

Potremmo ricoprire di alberi un'area estesa quanto gli Stati Uniti


Secondo un recente studio - il primo a prevedere quanti nuovi alberi la Terra potrebbe ospitare, dove potrebbero essere piantati, e con quali effetti - l'area disponibile alla riforestazione è più estesa di quanto si pensasse, e le nuove piante potrebbero arrivare a tagliare i livelli di CO2 in atmosfera del 25%, riportandoli a concentrazioni che non si vedevano da più di un secolo.
Per i ricercatori del Politecnico  di Zurigo, l'attuale estensione delle foreste potrebbe aumentare di 1/3 senza togliere spazio alle città o ai campi coltivati, fino a riforestare un'area grande come gli USA, o più estesa del Brasile.  Si tratterebbe di destinare a nuove foreste terreni oggi degradati, attualmente poco utili dal punto di vista ecologico.
Una volta mature, le nuove foreste potrebbero catturare 205 miliardi di tonnellate di carbonio, i due terzi delle 300 miliardi di tonnellate "extra" immesse in atmosfera dalle attività umane dalla Rivoluzione Industriale in poi.
I ricercatori hanno calcolato la percentuale naturale di copertura forestale nel mondo (dalla tundra alle foreste pluviali equatoriali) analizzando 80 mila foto satellitari ad alta risoluzione di distese di alberi ancora "sane", non devastate dall'attività umana.
Sono quindi riusciti a prevedere dove le condizioni ambientali e la lontananza dall'uomo potrebbero consentire di piantare nuovi alberi. Senza toccare le aree urbane, le zone agricole e gli alberi già esistenti, il nostro pianeta potrebbe avere nuove foreste per 0,9 miliardi di ettari.  Se invece destinassimo a questo scopo anche parte dei territori delle città e degli attuali terreni agricoli, si potrebbero aggiungere  ancora 0,7 miliardi di ettari.
Se vogliamo rimanere entro quel grado e mezzo di riscaldamento dall'era pre-industriale auspicato dagli Accordi di Parigi, anche tagliando le emissioni di trasporti e produzione energetica, servirebbe un miliardo di ettari extra di foreste per assorbire parte delle emissioni che già respiriamo. Il nuovo studio ci dice che, volendo, è possibile.