giovedì 24 settembre 2009

Tecnotrucchi della nonna

Archimede1.jpg"La cartuccia è vuota"

Così, almeno, dichiara la vostra stampante. Solo che è notte e non volete aspettare domattina. E pensare che vi mancano solo tre-quattro pagine per finire il lavoro. Allora, togliete la cartuccia dalla stampante e portate l'asciugacapelli dal bagno. Scaldate la cartuccia per due-tre minuti e rimettela nella stampante ancora calda. L'inchiostro secco ha tappato i buchini della cartuccia, scaldandola potete riuscire a far uscire ancora un po' d'inchiostro, quanto basta per tre-quattro pagine.

"Il cellulare è sempre scarico"

Se lo tenete in tasca, è probabile. Il calore del corpo scalda la batteria, accelera i processi chimici che la fanno funzionare e si scarica più in fretta. Tenete il telefonino in borsa o alla cintura. E, se avete dimenticato il caricatore a casa in un viaggio, potete riuscire a salvare, con lo stesso principio, almeno le ultime telefonate. Spegnete il cellulare e fategli passare la notte nel frigorifero. Vi rimarrà un po' di carica in più.

"Oops, guarda dove mi è caduto il telefonino"

Cioè nel water. Tiratelo fuori ed estraete subito la batteria, per evitare un corto circuito letale per il cellulare. Poi, dopo aver asciugato il telefonino, mettetelo in un barattolo con del riso crudo. L'umidità si trasferirà naturalmente dal cellulare al riso, per la stessa ragione per cui pochi chicchi di riso tengono asciutto il sale.

"Wi-fi in ogni angolo"

Avete l'Adsl in salotto, ma il router Wi-fi non riesce a trasmettere il segnale a banda larga fino in camera da letto, negandovi la possibilità di chattare da sotto le coperte. Prima di andare a comprare qualche costoso ripetitore, provate con il sacchetto delle patatine. E' un foglio di alluminio e, senza bisogno di cavi, batterie o quant'altro è tutto quello che vi serve per costruire un riflettore di onde radio. Montate, con qualche pezzo di legno, il foglio di alluminio, in modo che assomigli un po' ad una parabola satellitare. Mettetelo dietro il router. Rifletterà il segnale wi-fi verso la camera da letto, impedendo che si disperda in cerchio dove non vi serve (ad esempio, attraverso la parete, in casa del vicino).

mercoledì 23 settembre 2009

La California dichiara guerra ai megaschermi TV

LG-LCD-HDD-01.jpgPer uno che viene dal cinema è una specie di rivalsa.

Vendetta, tremenda vendetta. La California di Arnold Schwarzenegger ha deciso: entro due anni i mega televisori o sono ecologici o non sono ammessi più in casa. Sì, proprio quelle meraviglie flat screen, a schermo piatto, che appese al muro diventano finestroni su un mondo incredibilmente più bello di quello reale, colori sempre vivi e HDTV, cioè tv ad alta definizione, versioni al plasma, versioni Lcd o Lcd Led.

Dal 2011, dice il provvedimento che la California - prima al mondo - varerà a novembre, i supertv dovranno rispondere a criteri di eco-compatibilità e risparmio, che dal 2013 diventeranno ancora più rigidi. Altrimenti, non se ne fa niente. Saranno anche bellissimi ma sono troppo costosi per la bolletta energetica, soprattutto da 40 pollici in su - che è una misura media, lo schermo più piccolo è quello da 19 pollici. Scrive il Los Angeles Times: non si capisce perché la Stato avrebbe dovuto costruire nuove centrali per far funzionare i megaschermi. L'uso della tv si mangia già il 10 per cento dell'utilizzo energetico in California, e la colpa è soprattutto di tv al plasma e Lcd.

Naturalmente ogni rivoluzione ha un costo e la preoccupazione dei produttori è prevedibile: per loro i requisiti ambientali sono troppo alti. Con i nuovi standard, i televisori da 60 pollici  sarebbero già fuorilegge. Ma molti esperti confidano che i nuovi requisiti possano essere raggiunti in tempi brevi - sicuramente entro due anni. Già adesso, spiegano, molti apparecchi, hanno diritto al bollino "Energy Star", che negli Usa contraddistingue i prodotti che rispettano specifiche ambientali e di risparmio.

Secondo un sondaggio il 57 per cento dei consumatori è contro la proposta.

Ma davvero non sanno quello che fanno: grazie alle politiche ambientaliste avviate dalla metà dei 70, i consumi pro capite di energia dei californiani sono rimasti bassi negli ultimi trent'anni, mentre la domanda nazionale è cresciuta del 50 per cento. Per dare un'idea, il consumo pro capite in California è di 0,10 dollari, nello spendaccione Vermont di 5,96 e la media nazionale è di 1,24.

Schwarzy può andare orgoglioso del suo popolo.

 

mercoledì 16 settembre 2009

Studiare serve?

laurea-de846.jpgNell’anno della grande crisi le imprese aprono le por­te soprattutto a laureati e diplomati.
In testa alla preferenze si mantengono e­conomisti e ingegneri insieme a ragio­nieri e periti. Intendiamoci, l’aumento è solo percentuale, perché in valori as­soluti quest’anno il numero dei nuovi contratti è sceso.

Ma se la crisi morde sull’occupazio­ne le figure a maggiore professiona­lità sono in aumento. Anche perché la recessione ha colpito soprattutto il settore manifatturiero e quello edilizio.
I dati smentiscono che i titoli di studio non servano.
Il 12% delle assunzione riguardano laureati e il 42% sono dirette a giovani diplomati, per un totale del 53%.
Nella classifica delle lauree più richie­ste, dopo quella in Economia e commercio si piazzano gli ingeneri (soprattutto elettronici, informatici e industriali) se­guiti dal medici e dagli infermieri.
Tra i diplomati si confermano al pri­mo posto i ragionieri seguiti a distanza dai periti e dai diplomati nelle scuole turistiche e al­berghiere.

Anche sotto il profilo dei titoli di studio richiesti si confer­ma il forte divario tra Nord e Sud: lau­rea e diploma sono più richiesti al Nord- Ovest ( 60% del totale) e al Nord­Est ( 53,6%). La percentuale di posti riservati a neo-dottori e diplomati scen­de al Centro (53,3%) e soprattutto al Sud, dove è pari al 50,1%, con solo il 9% delle assunzioni riservata ai lau­reati. Nella classifica delle province, Milano, Torino e Roma si confermano quelle dove il maggior numero di op­portunità è riservato ai laureati. In co­da, invece, Imperia, Grosseto e Asti, dove la laurea conta meno nella lotta per accaparrarsi un posto di lavoro.

Resta una discordanza tra i bisogni delle aziende e le qualifiche dei giovani così spesso le imprese assumo­no candidati con qualificazioni più basse di quanto cercavano per poi for­marli dopo l’assunzione.

E allora, buon anno scolastico!


Sintesi dei dati il lavoro nel 2009

martedì 8 settembre 2009

Decolla l’aereo spinto dal sole

solar-impulse.jpgDopo 5 anni di studi e ricerche, il primo Solar Impulse sta per decollare. È il primo aereo a energia solare. Le sue caratteristiche: pannelli sulle ali che hanno un’apertura di 61 metri, 4 motori a elica, pesante una tonnellata e mezza e una velocità di 45 chilometri l’ora. E’ un prototipo tutto europeo (costruito a Zurigo), può volare anche di notte e riduce le emissioni di anidride carbonica dei voli, che oggi rappresenta il 3% di tutto i gas serra. Il progetto costa 95 milioni di euro.

Nel 2010 è prevista la traversata atlantica e l’anno successivo il giro del mondo in 5 tappe. Ai comandi vi sarà Bertrand Piccard, noto per aver circumnavigato il pianeta a bordo di un pallone elastico. L’aereo è costruito con fogli di carbonio (fibre di carbonio) spessi pochi decimi di millimetro e lunghi circa 20 metri, ricoperti da un sottile film di materiale plastico.

E’ ricoperto con circa 250 mq di pannelli fotovoltaici, capaci di produrre 28 Watt per metro quadrato. In tutto 12.000 celle solari al silicio che forniscono l’energia per alimentare 4 motori a elica, ciascuno con una potenza di 8 cavalli vapore, quella che spingeva il primo aereo dei fratelli Wright nel 1903.

La NASA negli anni scorsi aveva realizzato un velivolo azionato da celle solari. Si presentava come una grande ala, ma a bordo non aveva piloti e dopo alcuni test andò distrutto. Con Solar, invece, Piccard tenterà l’impresa del giro del mondo senza consumare una goccia di Kerosene.

domenica 6 settembre 2009

Quanto consuma la PS3?

psp-to-ps3.jpgIl discorso del risparmio energetico è sulla bocca di tutti i principali media da tempo, si pensa e progetto a modi su come produrre energia pulita, ma forse si considerano poco i veicoli del maggiore sperpero di kilowattora nel mondo. Uno di questi? I videogames e le console.
L’esercito dei videogiocatori usa console fisse e/o portatili e le tiene accese per molto tempo durante il giorno. Soprattutto i modelli più potenti in grafica richiedono una dose massiccia di energia per funzionare: circa 16 miliardi di kilowattora in tutto il mondo. Anche in questo caso è la Wii la migliore (in positivo) soprattutto perché i suoi titoli non hanno la stessa pretesa grafica delle altre due fisse.
La console di Nintendo consuma 16 watt contro i 119 watt della Xbox 360 di Microsoft e i 150 watt della Sony PS3. Come al solito il consiglio è quello di spegnere l’apparecchio quando non in uso, se vi dimenticate potete sempre ricorrere al power save mode e impostare un auto-spegnimento dopo un tot di ore.

venerdì 4 settembre 2009

Il mondo verso l'abisso

bankimoon_12052009.jpgIl segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-Moon, reduce dalla missione all’Artico, la regione della Terra che si sta riscaldando più rapidamente delle altre, ha evidenziato le difficoltà che la comunità internazionale dovrà affrontare per lottare contro i cambiamenti climatici. "Abbiamo scatenato forze potenti e imprevedibili, il cui impatto e' già visibile. L'ho osservato con i miei occhi".

"Ci stiamo dirigendo verso l'abisso"
Il segretario generale, nel suo intervento alla Terza Conferenza mondiale sul Clima a Ginevra, ha poi ammonito la comunità internazionale “ Ci stiamo dirigendo verso l’abisso ad alta velocità ”. Ban Ki Moon ha evidenziato come  "Non possiamo permetterci il lusso di progressi limitati. Abbiamo bisogno di rapidi progressi per fronteggiare i nuovi problemi che sono addebitabili alle mutazioni climatiche".

L'appello: " Non possiamo fallire"
Il segretario generale dell’Onu ha insistito esortando i Paesi a raggiungere un'intesa al Vertice climatico sul dopo - Kyoto in programma a Copenaghen " Tra meno di tre mesi – ha concluso - non possiamo fallire".

E noi nel nostro piccolo cosa possiamo fare?

http://www.30percento.it/consigli/24/1view_casa.html?frame=2

martedì 1 settembre 2009

I 150 anni del petrolio

petrolio.jpgEdwin Drake non era mai stato nel­­l’esercito, ma si faceva chiamare Colonnello. Quell’appellativo era l’unico modo per avere un po’ di ri­spetto dalla gente di Titusville, il villag­gio della Pennsylvania dove l’ex ferro­viere Drake era stato mandato, nel 1857, dalla Pennsylvania Rock Oil Company, con il compito di tirare fuori petrolio dal sottosuolo.

Gli abitanti di Titusville lo vedevano armeggiare con funi e tri­velle mentre tentava di applicare le tec­niche di trivellazione delle cave di sale alla ricerca del greggio, e la chiamava­no la 'follia di Drake'. Lo stesso Drake iniziava a disperare dato che, dopo un anno e mezzo di lavoro, era l’agosto del 1859, il petrolio non era uscito, i finanziamenti della Pennsylvania Rock (ri­battezzata Seneca Oil) si erano esauri­ti e il presidente della società, il ban­chiere James Townsend, gli aveva scrit­to di pagare tutti i debiti e interrompe­re i lavori. La lettera di Townsend ar­rivò il 27 agosto 1859, il giorno in cui la trivella di Drake si era infilata in una fenditura a 21 metri di profondità, là dove c’era un giacimento di petrolio.
La mattina dopo, sorprendendo lo stes­so Colonnello, la melma nera iniziò a sgorgare dal tubo della trivella. Un se­colo e mezzo fa, il primo pozzo di pe­trolio della storia stava funzionando. Dentro ai barili da whisky della Penn­sylvania – i cui 159 litri di capienza so­no ancora oggi l’unità di misura del greggio – il petrolio della Seneca Oil ve­niva inviato a Pittsburgh, dove Samuel Kier aveva ideato il modo di ottenerne cherosene, un combustibile eccezio­nalmente efficace, molto più economi­co dell’olio di balena che, in quegli an­ni, bruciava nei lampioni per illumina­re le città. L’era del petrolio era comin­ciata.

Pozzi sul modello di quello di Drake, avviati per lo più da petrolieri improvvisati, si moltiplicavano per gli Stati Uniti, così come le raffinerie. L’in­dustria si sviluppò rapida e disordina­ta per una decina d’anni. Poi arrivò John D. Rockfeller, il fondatore della Standard Oil, l’uomo che acquisì uno dopo l’al­tro tutti i pozzi e le raffinerie statuni­tensi fino a controllare, agli inizi del No­vecento, il 90% del petrolio mondiale. Quando, nel 1911, la Corte Suprema smembrò il monopolio della Standard Oil dividendola in 34 compagnie indi­pendenti, il potenziale del petrolio si stava già rivelando in tutta la sua por­tata.
Duecento tipi di prodotti derivati erano già entrati nella vita quotidiana de­gli occidentali dell’inizio del secolo: dai detersivi ai medicinali. E da tre anni l’A­merica vedeva per le strade la Ford Mo­dello T, la prima auto di massa, spinta da un motore a combustione interna che bruciava proprio petrolio raffinato. La Ford cambiò il modo di fare indu­stria, l’auto modificò il volto dell’Occi­dente.

È proprio l’impiego nei traspor­ti a fare del petrolio la materia prima del secolo. In Europa un giovane Winston Churchill convinse il governo inglese a convertire la flotta reale dal carbone al petrolio. Era il 1911, tre anni dopo sa­rebbe iniziata la Prima guerra mondia­le; la mossa di Churchill consentì alla Gran Bretagna di dominare la flotta te­desca, potentissima, ma a carbone. Churchill fu anche uno dei primi a ca­pire che, se il petrolio era così impor­tante, bisognava assicurarsi di non ri­manerne senza. Investì nella Anglo-Per­sian Oil (oggi British Pe­troleum), fondata da William Knox D’Arcy, che controllava nume­rosi pozzi in Iran.

I gia­cimenti più ricchi, il mondo se ne accorse presto, erano lì, nel po­vero e instabile Medio Oriente. Cominciarono così le lotte tra nazioni occidentali per aggiudicarsi i giacimenti della regione, la co­lonizzazione dell’area ad opera di in­glesi e francesi, il successivo smantellamento delle colonie e le alleanze con i governi locali per assicurarsi le forniture.

«Chi controlla il petrolio controlla il mondo», diceva Enrico Mattei, lo stori­co capo dell’Eni che, negli anni Cinquanta, ha fatto del gruppo sta­tale italiano una delle maggiori compagnie petrolifere del Pianeta.

Un concetto chiarito dalla realtà del 1973 quando, per ritorsione contro l’appoggio sta­tunitense ed europeo ad Israele nella guerra dello Yom Kippur, le nazioni arabe fermarono il flusso di petrolio dal Medio Oriente, mettendo al buio l’Occidente. In Italia fu l’Austerity: riduzione dei con­sumi obbligatoria, ora legale, camion e auto fermi la domenica. Strategie anti­cipatrici di quelle attuali, oggi tese a ri­durre l’inquinamento prodotto dal con­sumo di greggio.

Poi arrivarono le guerre. I principali conflitti degli ultimi decenni hanno spesso avuto al centro il controllo del­le fonti petrolifere: per il petrolio si com­batte in Medio Oriente e in Africa, sul petrolio si basa tutto il potere di regimi bellicosi e inaffidabili, come quelli ira­niano e libico, ma anche di governi ai li­miti della democrazia, come quello ve­nezuelano.