lunedì 27 marzo 2023

Spettacolo in cielo stasera: 5 pianeti allineati visibili ad occhio nudo

Questo straordinario spettacolo astronomico si potrà ammirare dopo il tramonto (ore 19:51) stasera, lunedì 27 marzo. Gli esperti hanno spiegato che ciò che si potrà vedere dipenderà molto dal luogo in cui ci si troverà. Tutti i pianeti ovvero Giove, Mercurio, Venere e Marte saranno visibili a occhio nudo.

La sequenza inizia da Giove, seguito da Venere, Urano (visibile solo con binocolo), poi c'è Marte, fra le stelle del Toro, riconoscibile per il suo colore rossastro. Mancano all'appello Saturno e Nettuno, entrambi visibili soltanto all'alba.

Non si può parlare di un vero e proprio allineamento planetario perché i pianeti non saranno in linea retta rispetto al sole è un effetto prospettico per noi che li vediamo dalla Terra, ma è comunque un’occasione per intravedere i cinque pianeti nel nostro sistema solare contemporaneamente.

Il prossimo allineamento avverrà nel 2040.

Il Changi Airport di Singapore, una meraviglia del futuro

Il Changi Airport di Singapore non è un aeroporto qualunque. L’ultima attrazione è stata inaugurata nell’aprile 2019 e si chiama Jewel, una bellissima struttura architettonica che è un po’ shopping center e un po’ parco naturale, 280 negozi sono immersi nella Fortest Valley.

Mentre si aspetta di essere imbarcati sul proprio volo, non ci sarà modo di che annoiarsi. L’area è grande quanto 33 campi da calcio: negozi di lusso, ristoranti, giardini d’inverno con passerelle che daranno l’illusione di immergersi in una foresta rigogliosa, fatta d’alberi, di cespugli, di fiori e di piccoli ruscelli. Ma, a incantare i passeggeri, sarà soprattutto uno spettacolare vortice d’acqua, alto 40 metri e illuminato da coloratissimi giochi di luce: il Rain Vortex, un’incredibile cascata d’acqua.

Situato a Changi, all’estremità orientale di Singapore, è stato “miglior aeroporto del mondo del 2018” , è un vero e proprio gioiello d’architettura e di tecnologia. Entrando da uno dei suoi gate, sembra di mettere piede in una città del futuro. 

Changi è un aeroporto straordinario, in cui si può assistere a spettacoli teatrali, lasciarsi affascinare da enormi schermi a LED, fare shopping sfrenato, gustare cibo internazionale, godersi una delle tre Spa o un film al cinema (ce ne sono ben 2), lanciarsi da uno scivolo alto 12 metri, fare un tuffo in piscina e fare un riposino nell’hotel interno tra un volo e l’altro. Chissà cosa ci riserverà in futuro.

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mercoledì 22 marzo 2023

Agricoltura del futuro

Agricoltura 4.0, agricoltura sempre più industrializzata.  Droni che raccolgono informazioni, ma in campo si vedono anche i primi robot operativi che non raccolgono solo dati ma effettivamente lavorano. Trattori che percorrono i campi senza nessuno al volante ma guidati dal gps e droni che raccolgono mele. Un interessante esperimento, il più avanzato in questo momento, è portato avanti dall’azienda israeliana Tevel che sta lavorando anche in Italia. A Verzuolo, in provincia di Cuneo, nell’azienda Rivoira Giovanni & Figli.  

I droni agiscono in gruppo, restando collegati in volo alla base mobile, disposta nel punto di raccolta prestabilito, che funge sia da fornitore di energia per i droni che da punto di raccolta della frutta. I droni hanno delle reti che proteggono le eliche per evitare che rami o foglie possano compromettere il volo, ma l’elemento più evidente della struttura è il lungo braccio che raccoglie un frutto dopo l’altro grazie a un meccanismo aspirante a ventosa.

I droni sono anche equipaggiati con telecamere e sensori in modo da poter valutare, grazie all’algoritmo dell’intelligenza artificiale, se un frutto è pronto per essere colto oppure – ad esempio – è danneggiato e va quindi lasciato sull’albero. I droni possono lavorare notte e giorno finché non si esaurisce l’energia o il carburante a disposizione della base mobile di raccolta.

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giovedì 16 marzo 2023

Polveri sottili fuori controllo

La concentrazione di polveri sottili che quotidianamente respiriamo non può dirsi sicura praticamente in nessun luogo sulla Terra: secondo la prima mappatura accurata dei livelli globali di PM2.5, pubblicata sulla prestigiosa rivista scientifica Lancet, soltanto nello 0,18% della terraferma si respira una quantità di particolato al di sotto dei limiti fissati dall'OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) ai fini di tutelare la salute umana. Significa che appena lo 0,001% della popolazione terrestre è esposta a livelli medi annuali di PM2.5 inferiori ai 5 µg/m³ (dove 1 microgrammo - simbolo μg - corrisponde a 1 millesimo di milligrammo), la soglia che non andrebbe superata.

Il termine PM2.5 si riferisce alle polveri sottili, ossia le particelle sospese nell'aria, aventi dimensioni minori o uguali a 2,5 micron (1 micron - simbolo µm - corrisponde a un millesimo di millimetro). Queste polveri sottili si riconoscono perché sono quelle che tipicamente riducono la visibilità dell'aria e causano una specie di nebbiolina diffusa se presenti in concentrazioni elevate, quello che chiamiamo comunemente smog.

L'effetto di queste polveri sottili sulla salute è particolarmente preoccupante perché hanno dimensioni tali da penetrare facilmente nelle vie respiratorie profonde e da lì nella circolazione sanguigna. L'esposizione al PM2.5 è stata collegata a un aumento di ricoveri per patologie respiratorie e cardiovascolari, di asma e bronchiti croniche, di tumori ai polmoni, ma anche a patologie apparentemente poco collegate come basso peso alla nascita, effetti sulla salute mentale, diabete, ridotta fertilità. Le fonti del particolato sono per lo più gli scarichi dei veicoli, degli impianti industriali, del riscaldamento, e i fumi degli incendi boschivi.

L'analisi ha rivelato che negli ultimi due decenni le concentrazioni annuali di PM2.5 in Europa e Nord America sono diminuite, mentre sono aumentate in Asia meridionale, Australia, Nuova Zelanda, America Latina e Caraibi.  La ricerca fornisce un quadro più chiaro (e sconfortante) della situazione globale dell'aria che respiriamo. Secondo l'OMS, quasi l'80% dei decessi legati al PM2.5 potrebbe essere evitato nel mondo se gli attuali livelli di inquinamento atmosferico fossero ridotti entro i limiti dettati dall’OMS.

venerdì 10 marzo 2023

A proposito di pale eoliche e uccelli

 


Le pale eoliche esistono da molto ma è solo negli ultimi anni che si sono moltiplicate e, soprattutto, sono diventate il centro di un dibattito acceso tra chi vorrebbe che fossero sempre più diffuse e chi, invece, sostiene che la loro presenza abbia un impatto paesaggistico e ambientale superiore ai vantaggi che portano. Uno degli argomenti più validi a supporto di questa seconda visione è quello proprio quello legati ai volatili.

Ogni anno, nei soli Stati Uniti, un numero compreso tra i 150.000 e i 500.000 uccelli muoiono a causa della collisione con una pala eolica: le strutture sono generalmente dipinte di bianco per ridurne l'impatto sul paesaggio (una delle grandi critiche che vengono fatte dai loro detrattori) e renderle il più possibile "invisibili". Il problema è che in questo modo non diventano invisibili solo a noi umani, ma anche agli altri animali: per gli uccelli questo significa rischiare di volarci dentro senza accorgersene (o almeno non fino a quanto è troppo tardi per tornare indietro).

Uno studio del 2020 proponeva una soluzione: aggiungere una striscia colorata ai rotori così da renderli più visibili; secondo gli autori, questo basterebbe per ridurre le morti del 70%. Lo studio di quest'anno fa un passo ulteriore, e individua lo schema cromatico perfetto per massimizzare l'efficacia del metodo: dipingere sui rotori non una ma più strisce colorate. In questo modo gli uccelli riuscirebbero a individuare le strutture anche in condizioni di bassa luminosità.

Lo studio suggerisce che se tutti i produttori di pale eoliche applicassero questo accorgimento l'impatto sulla sopravvivenza degli uccelli locali sarebbe enorme. Certo, questo vorrebbe dire rinunciare alle pale bianche in favore di strutture più evidenti, un fatto che potrebbe generare proteste in chi già pensa che le turbine rovinino il paesaggio.

venerdì 3 marzo 2023

L'invenzione del frigorifero

Ghiacciaia

Ad oggi ci sembra impossibile pensare di farne a meno, ma in realtà non è trascorso poi così tanto tempo dall’invenzione del frigorifero. Passato alla storia come “kelvinator”, il frigorifero ha fatto la sua prima comparsa a Chicago poco prima del 1920, ma per la sua diffusione a livello industriale bisognerà aspettare ancora una decina di anni. In Italia è arrivato qualche tempo dopo, intorno agli anni ’40. Ovviamente si trattava di un “lusso” ma dopo gli anni ’60, anni del boom economico, si è diffuso in tutte le famiglie, ad iniziare dal frigorifero Ignis.

Ma come avveniva la conservazione degli alimenti, soprattutto quelli freschi, quando non c’era il frigorifero? Beh, innanzitutto occorre specificare che i cosiddetti alimenti deperibili dovevano essere assolutamente consumati in giornata o nell’arco delle 48 ore. Non bisogna dimenticare poi che molti prodotti venivano messi sott’olio, sott’aceto o sotto sale. Altre metodologie di conservazione del cibo largamente utilizzate erano l’essicazione, l’affumicatura e la salamoia.

Per quanto riguarda la formazione del ghiaccio, indispensabile nella produzione di alcuni alimenti come il burro, bisognava ricorrere alla ghiacciaia. Partiamo dal presupposto che ogni centro abitato si avvaleva di un grande buco adibito alla raccolta della neve; questo veniva poi ricoperto con delle fascine in modo da consentire la trasformazione della neve in ghiaccio. Vi era poi una persona incaricata di supervisionare la ghiacciaia che aveva il compito di tagliare di volta in volta il ghiaccio che diveniva necessario, per mezzo di una sega.