lunedì 29 aprile 2024

Chi sono i Data Broker?

I Data Broker si occupano di recuperare online dati e informazioni per poi elaborarli, interpretarli e analizzarli. L’obiettivo è vendere o scambiare questi dati con aziende terze interessate a profilare gli utenti della rete per meglio individuare chi rientra fra i potenziali clienti propria attività e capire così a chi inviare determinate pubblicità o suggerire prodotti specifici.

È un vero e proprio mercato dei Big Data, dove gli attori coinvolti sono i Data Broker – con il ruolo di intermediari – le aziende che hanno un’attività di tipo commerciale e gli investitori pubblicitari. Gli utenti, che poi siamo tutti noi che navighiamo in rete, sono del tutto ignari di essere oggetto di analisi.

Il primo passo da capire è che qualsiasi azione un utente faccia online lascia una traccia: che sia l’inserimento di una parola in un motore di ricerca, l’acquisto di un prodotto tramite e-commerce, l’iscrizione a un gruppo su Facebook o la condivisone di un post, un like.

Tutte queste informazioni all’apparenza banali sono in realtà molto preziose e costituiscono la fetta principale dei dati che vengono raccolti. Per chi lavora nel settore sono infatti facilmente reperibili e vanno ad aggiungersi alle informazioni più personali che ci riguardano in prima persona. Tra queste troviamo: nome, sesso, mail, età, telefono, indirizzo, ecc.

In più ci sono da ricordare tutti quei dati considerati riservati, ma che invece si trovano liberamente in database “pubblicamente disponibili”. Parliamo ad esempio di tutti i siti istituzionali. Infine tutte le applicazioni gratuite una volta installate sul telefono, chiedono il consenso per registrare la posizione del dispositivo, scaricare la rubrica o raccogliere altri dati relativi all’utente.

Le fonti utilizzate, quindi, sono tante ed estremamente diverse tra loro proprio per permettere ai Data Broker di disporre di informazioni il più dettagliate e affidabili possibile. Dopo aver raccolto i dati, i Data Broker li rielaborano per creare delle categorie di profili raggruppati in base a diversi criteri.

Possono, per esempio, elaborare dei pacchetti di utenti suddivisi per fasce di età, oppure individuare persone accomunate dagli stessi interessi (come abbigliamento sportivo o prodotti per il corpo) o ancora delineare i profili che dispongono di un certo tipo di reddito e che quindi possono potenzialmente permettersi un determinato livello di spesa.

Le informazioni così organizzate vengono poi vendute alle aziende che possono utilizzarle a proprio vantaggio. Lo scopo principale di questa attività è quindi legato al marketing: grazie ai dati si capisce chi è maggiormente propenso all’acquisto e a chi conviene suggerire inserzioni pubblicitarie.

Dietro la raccolta di dati, però, c’è anche un obiettivo secondario: è infatti molto utile per compiere indagini e fare studi di settore non particolarmente invasivi. Una pratica che mette in luce comportamenti e caratteristiche non solo dei consumatori, ma anche di società ed enti non fisici.

Le informazioni raccolte provengono sempre da fonti pubbliche e accessibili, per questo sembrerebbe assolutamente lecito ricavarle e conservarle. A maggior ragione se i dati arrivano da post o azioni compiute attraverso i Social Network, dove l’utente è pienamente consapevole di essere esposto a un pubblico e visibile da chiunque. Bisogna però fare una precisazione: i dati sì, sono accessibili, ma non possono mai essere usati per scopi differenti da quelli originari.

Chi lavora come Data Broker ha a che fare ogni giorno con algoritmi, numeri e statistiche per questo è un tipo di professione particolarmente adatta a chi studia Matematica o Economia e ha una forte passione per l’analisi. 


lunedì 22 aprile 2024

Chi studia vive di più

Molte variabili sono notoriamente in grado di influenzare la qualità e l’aspettativa di vita. Tra queste, le abitudini, la dieta, la possibilità d’accesso alle cure, lo stato economico, l’ambiente familiare. Tutti questi aspetti si legano in modo più o meno significativo con un altro importante parametro: l’educazione, o, per meglio dire, il numero di anni di istruzione portati a termine dall’individuo. Le analisi sono concordi: in poche parole, chi studia di più vive più a lungo.

È  chiaro che, con un grado superiore di istruzione, il soggetto tenderà a sviluppare abitudini di vita più sane, perché più conscio, non sempre ma in genere si, degli effetti che alcuni vizi hanno sulla salute. Qui bisognerebbe aprire una parentesi sull’obesità, che non sempre si comporta come gli altri parametri in esame; ma almeno per quanto riguarda il fumo e l’abuso di alcool queste abitudini nocive prevalgono nelle persone con un grado di istruzione inferiore.

Chi studia di più avrà uno status socioeconomico più elevato, potendo accedere a posizioni lavorative più prestigiose. Si tratta inoltre di persone che si trovano all’interno di una solida rete sociale, mentre l’isolamento porta ad una salute peggiore ed una mortalità più precoce. Infine, chi studia più a lungo avrà anche un maggiore accesso alle cure o l’accesso a cure migliori. Anche se in un Paese come l’Italia l’effetto di quest’ultimo fattore dovrebbe essere minimo, ci sono ancora importanti differenze in termini di accesso alle cure.

L’educazione che si riceve ha davvero il potere di cambiare completamente la vita di una persona. Non solo in termini di opportunità lavorative, ma anche per quanto riguarda le reti sociali, le abitudini, la qualità e la durata della vita. Proprio perché l’educazione che riceviamo è così importante, dobbiamo impegnarci per garantire a tutti accesso ai gradi superiori di istruzione, senza che gli altri fattori sociali ed economici siano d’ostacolo ad una mente volenterosa.


lunedì 15 aprile 2024

Cos’è il kevlar?

Il kevlar è una fibra sintetica famosa per avere un'ottima resistenza meccanica alla trazione, tanto da essere utilizzata per realizzare abbigliamento protettivo – come ad esempio nei giubbotti antiproiettile. Ma come è fatto? E quali sono le sue proprietà?

Nel 1964 la chimica statunitense Stephanie Kwolek della DuPont, studiava una fibra leggera ma resistente, da utilizzare come rinforzo negli pneumatici. Durante gli esperimenti di laboratorio, vengono fatte reagire due molecole chiamate monomeri. Possiamo paragonare i monomeri a due anelli di colori diversi: nel momento in cui questi anelli si legano tra di loro, formano una catena bicolore che in chimica prende il nome di polimero. L'insieme di tanti polimeri intrecciati tra loro formano una fibra che fin da subito dimostrò di avere ottime proprietà tecniche: venne brevettata nel 1973.

Immaginiamoci la macromolecola di Kevlar come un filo molto lungo: tra una catena e l'altra (tra un filo e l'altro) ci sono dei legami molto forti e fanno in modo che questa struttura sia molto difficile da smontare: questo si traduce in una elevatissima resistenza. La resistenza del kevlar riguarda non solo la capacità di resistere agli urti (una proprietà nota come tenacità), ma anche la capacità di resistere ad elevate temperature fino ai 350°C.  e la sua leggerezza. Tutte queste caratteristiche rendono il kevlar il candidato perfetto per importanti applicazioni.

Principalmente il kevlar viene utilizzato come fibra di rinforzo all'interno dei materiali compositi per aumentarne le prestazioni ed è proprio per questo che i compositi sono materiali dall'enorme versatilità. È utilizzato in svariati settori, andando dal settore aerospaziale (tute per astronauti per esempio) al settore automobilistico (telaio, cinghia di distribuzione ecc.) a quello dello sport (pagaie, canoe, attrezzi per sport agonistico). Fra le applicazioni più note ricordiamo sicuramente quella dei giubbotti antiproiettile dove il Kevlar gioca un ruolo essenziale nella realizzazione di una struttura che sia al contempo morbida, leggera ma molto resistente.


lunedì 8 aprile 2024

Sicilia hub internet

La Sicilia è un’isola che somma una storia e una cultura millenaria a una posizione di centralità nel Mediterraneo che ha permesso l’avvicendarsi di popoli e culture sulle sue sponde. Fenici, cartaginesi, greci, romani, arabi, normanni sono stati per secoli in Sicilia, e poi contesa tra francesi e spagnoli, e più recentemente sotto l’occhio vigili degli Stati Uniti.

Oggi la Sicilia è un fondamentale hub (incrocio/nodo) di transito e controllo per i dati, la ricchezza del XX secolo. Molto importante è la stazione radio/navale di Niscemi (Caltanisetta) con la quale è stata collegata la stazione Muos di controllo satellitare. La Sicilia è anche un importante snodo dei cavi internet sottomarini, chiamato Sicily Hub, collegato con Francoforte, Amsterdam, Marsiglia, Londra. La scelta della Sicilia non è casuale, qui passano 16 cavi intercontinentali che collegano Africa, Medio Oriente e Asia, ma è soprattutto dall’Africa, su cui la Sicilia si affaccia, che ci si attende un grande sviluppo nei prossimi anni.

Su queste fibre passa ogni genere d’informazione: dal comune traffico internet, alle transazioni finanziarie, messaggi criptati dei servizi segreti, comunicazioni di gruppi terroristici e organizzazioni criminali, comunicazioni diplomatiche e le attività di spionaggio sono sempre attive. La Cina, in passato ha provato, a investire nello sviluppo dell’aeroporto di Enna per mettere piede in Sicilia così come ha tentato, con Huawei, di essere protagonista nello sviluppo della rete 5G. Per ora questi tentativi sono stati bloccati dagli Stati Uniti.


lunedì 1 aprile 2024

Cavi internet sottomarini

Secondo TeleGeography, un sito che traccia i cavi sottomarini, ci sono più di 550 cavi sottomarini attivi o in progetto.  In totale ci sono quasi 1,4 milioni di chilometri di cavi subacquei che collegano il Nord America, il Sud America, l’Europa, l’Asia e il resto del mondo, tre volte la distanza Terra-Luna.  L’Asia-America Gateway è lungo più di 19.000 chilometri e attraversa il Pacifico collegando Thailandia, Cina, Brunei, Malesia, Singapore, Vietnam, Filippine, Guam e Hawaii agli Stati Uniti. Se vuoi vederli tutti, TeleGeography ha una mappa affascinante che mostra quanti cavi attraversano i principali oceani come l’Atlantico e il Pacifico.

Questi cavi hanno un’incredibile larghezza di banda. Più di 5 miliardi di persone usano internet, e ci sono solo poche centinaia di cavi per trasmettere dati tra i continenti. Ad esempio, il cavo MAREA, di proprietà di Facebook e Microsoft, trasmette dati a velocità misurate in terabit tra Virginia Beach negli Stati Uniti e Bilbao in Spagna. Google ha già investito in una serie di cavi sottomarini, tra cui Dunant, che collega la Virginia alla Francia; Firmina, che collegherà la Carolina del Sud all’Argentina, al Brasile e all’Uruguay; ed Equiano, che collega Portogallo, Nigeria e Sudafrica.

Un cavo per la trasmissione di dati è largo all'incirca quanto un tubo per bagnare il giardino ma contiene tantissime fibre ottiche con il diametro all’incirca di un capello. Naturalmente a volte ci sono incidenti di vario tipo e i cavi si possono rompere. Se ne sente parlare raramente perché la maggior parte delle aziende che li utilizza cerca di inviare i dati tramite più cavi: se un cavo si rompe, la rete funzionerà senza intoppi grazie alla presenza di più cavi "fratelli", permettendo al guasto di essere risolto senza intaccare la navigazione  degli utenti. La maggior parte dei danni sono causati da pescherecci e navi, legati principalmente allo strascico di ancore. Altri fattori, sebbene più rari, sono terremoti, sabotaggi e… morsi di squalo.

La durata media di utilizzo dei cavi si aggira attorno ai  25 anni, anche se spesso vengono disconnessi prima perché la tecnologia progredisce velocemente e sono disponibili cavi molto più veloci. Di solito, purtroppo, non vengono recuperati ma lasciati a invecchiare sul fondo dell’oceano. Esistono però aziende che acquistano i diritti sui cavi per poterli recuperare e ricavarne materie prime. In altri casi i cavi vengono venduti e acquistati da Paesi o aziende meno ricchi per i quali sarebbe troppo alta la spesa di un nuovo cavo. Tra i Paesi che possiedono il maggior numero di cavi troviamo gli Stati Uniti e la Cina. I principali investitori sono multinazionali come Google, Facebook, Microsoft e Amazon e includono operatori di telecomunicazioni e mobili, istituti di ricerca, governi.

Molte delle pagine web che utilizziamo giornalmente sono ospitate su server localizzati in tutto il mondo e quindi chiunque acceda a Internet sta utilizzando i cavi sottomarini. I dispositivi wireless e i nostri cellulari possono utilizzare anche i satelliti oltre ai cavi sottomarini in modo da raggiungere aree non ancora ditate di cavi. Tuttavia la fibra ottica è molto più economica, veloce e porta molti più dati rispetto ai satelliti. Quando si utilizza il cellulare, il segnale wireless viene trasmesso dal telefono all’antenna più vicina, ma da lì i dati verranno trasferiti su cavi in fibra ottica, siano essi terrestri o sottomarini. Arrivati a destinazione la chiamata o i dati internet torneranno wireless  e raggiungeranno il cellulare ricevente.


lunedì 25 marzo 2024

Ma quanto inquinano le navi?

L’inquinamento atmosferico causato dalle navi da crociera e mercantili è un problema sempre più rilevante. Uno studio condotto da T&E, un’organizzazione ambientalista indipendente europea, ha classificato Genova come il terzo porto italiano, dopo Civitavecchia e Napoli, e il tredicesimo in Europa per l’inquinamento atmosferico generato dalle navi da crociera. Secondo l’organizzazione ambientalista, l’inquinamento causato a Genova dalle navi da crociera è 2,5 volte superiore a quello prodotto dal traffico veicolare in città.

Oltre alle navi da trasporto passeggeri, anche le navi mercantili rappresentano una fonte significativa di inquinamento. Viaggia su nave oltre il 90% del trasporto mondiale di merci, e le loro emissioni di gas a effetto serra continuano a crescere. Si stima che le emissioni di CO2 delle navi mercantili rappresentino circa il 2,5% delle emissioni globali totali.

In particolare gli ossidi di zolfo emessi dalle navi sono particolarmente dannosi per la salute umana. È necessario adottare misure più rigide per garantire che le navi rispettino norme ambientali più stringenti e utilizzino combustibili più puliti se si desiderano realmente limitare se non annullare gli effetti degli inquinanti sulle zone delle città portuali più esposte.

Secondo T&E, sulla base dei dati analizzati nel loro studio, la priorità per ridurre l’inquinamento è quella di elettrificare i consumi energetici durante la permanenza in porto delle navi. L’elettrificazione delle banchine, che consente l’alimentazione da terra di energia elettrica senza dover utilizzare i motori delle navi stesse, è in corso di attuazione nei principali porti. Nel porto di Genova alcune zone sono già state elettrificate, mentre per le aree in cui attraccano le navi da crociera e i traghetti i lavori sono in corso.

lunedì 18 marzo 2024

I ricchi inquinano di più

Ogni anno, le persone più ricche dell'1% del mondo producono un livello di anidride carbonica che equivale a quello generato da quasi un milione di pale eoliche. Nel 2019, questa élite ha emesso una quantità di CO2 paragonabile a quella prodotta da cinque miliardi di persone, ovvero circa i due terzi della popolazione mondiale.

Questi dati mostrano quanto sia grande la differenza tra chi ha molto e chi ha poco, soprattutto in termini di impatto sull'ambiente. Secondo un rapporto di Oxfam chiamato "Climate equality, a planet for the 99%" , tra il 2020 e il 2030, le emissioni di quest'1% più ricco causeranno un eccesso di 1,3 milioni di morti legate al caldo, un numero simile alla popolazione di Dublino.

I super-ricchi, stando a quanto afferma Oxfam, stanno danneggiando il pianeta in modo irreparabile, portando a caldo eccessivo, inondazioni e siccità che mettono a rischio l'umanità. Amitabh Behar, direttore esecutivo ad interim di Oxfam International, sottolinea che è impossibile fermare la crisi climatica senza porre fine all'accumulo eccessivo di ricchezza.

Il rapporto di Oxfam mostra chiaramente che i super-ricchi contribuiscono in modo significativo all'innalzamento della temperatura globale a causa dei loro stili di vita ad alto impatto ambientale. Per esempio, l'1% più ricco ha emesso il 16% delle emissioni globali legate ai consumi nel 2019, superando le emissioni di tutte le auto e dei mezzi di trasporto su strada.

Il divario tra i super-ricchi e il resto del mondo è così ampio che ci vorrebbero 1.500 anni per produrre la stessa quantità di CO2 da parte di qualcuno nel 99% più povero della popolazione. Questa situazione mina gli sforzi globali per raggiungere gli obiettivi ambientali, come stabilito nell'Accordo di Parigi. Oxfam chiede ai governi di prendere provvedimenti, suggerendo una tassa del 60% sui redditi dell'1% più ricco, che potrebbe ridurre le emissioni e finanziare la transizione verso fonti di energia rinnovabile.

In sintesi, Oxfam propone una ridistribuzione globale del reddito, l'eliminazione veloce ed equa dei combustibili fossili, nuove tasse per le aziende e i miliardari, e l'abbandono del PIL come indicatore principale del progresso umano.



lunedì 11 marzo 2024

Chi ha inventato l'asfaltatura delle strade?

Avete mai provato a viaggiare su una strada non asfaltata, con la polvere che si solleva dietro le ruote? Ricordate il sollievo che si prova quando si torna su una strada decente?

Tale sollievo è oggi possibile perché fra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento vari inventori si sono proposti di migliorare le strade percorse dalle  automobili che stavano presentandosi nel mondo come nuovi ammirevoli mezzi di trasporto. L’asfalto è una scoperta italiana.

Si scoprì che varie rocce naturali contenevano una materia catramosa che poteva essere fusa e stesa sulle strade che diventavano adatte al traffico automobilistico. Queste rocce asfaltiche si trovano in Sicilia, nel In Svizzera, nel Canada, negli Stati uniti, e in molti altri paesi. La storia della tecnica di pavimentazione stradale ha avuto molti protagonisti. Gli svizzeri per esempio ricordano con orgoglio un loro concittadino, Ernest Guglielminetti (1862-1943), figlio di emigrati italiani, medico, che a inizio Novecento propose al principe Alberto I di Monaco di “asfaltare” un tratto di lungomare del Principato con una miscela di bitume caldo, ghiaia e sabbia. Guglielminetti non volle brevettare la sua invenzione, fu deriso e soprannominato “Dottor Asfaltò”, anche se col tempo furono riconosciuti i suoi meriti.

Oggi “asfalto” e “bitume” sono termini ben definiti, ma nel secolo passato, la pavimentazione stradale è stata fatta con diversi materiali, alla ricerca di manti stradali lisci, che non usurassero le gomme dei veicoli, che attenuassero il rumore, che resistessero alla pressione dei mezzi di trasporto e alla pioggia, al ghiaccio e al caldo. Per la pavimentazione stradale è stato usato asfalto ricavato dalle rocce naturali, poi catrame residuo della distillazione del carbon fossile, poi il bitume che residua dalla distillazione del petrolio dopo la separazione della benzina, del gasolio e degli oli combustibili.

Il bitume viene miscelato con sabbia, ghiaia, pietrisco e anche con residui di lavorazioni industriali,  per esempio residui di gomma. I rivestimenti stradali devono essere di lunga durata e devono assicurare un basso attrito con le ruote in modo da diminuire i consumi di energia e quindi l’inquinamento degli autoveicoli. Da alcuni anni sono stati addirittura inventati dei processi che permettono, quando il rivestimento stradale è usurato, di “strappare via” il manto superficiale che può essere macinato e fuso di nuovo e steso poi su altre strade, una forma di riciclo di molti materiali e di diminuzione dei costi di pavimentazione e manutenzione.

Quando incontrate le squadre addette alla pavimentazione stradale, operai a torso nudo che spargono la miscela calda e la livellano con i rulli compressori, rivolgete un piccolo pensiero all’alto contenuto tecnologico che tale semplice operazione ha in sé. E rivolgete un pensiero anche a quel nostro connazionale emigrato che oggi gli svizzeri ricordano e onorano.

Video: Perché si formano le buche nelle strade?


lunedì 4 marzo 2024

Il declino dei combustibili fossili

Il 2023 è stato un anno chiave per i cambiamenti energetici in Europa. Per la prima volta, per esempio, le fonti fossili sono scese sotto un terzo della produzione complessiva nei 27 Stati UE, e sempre per la prima volta i parchi eolici hanno battuto il gas. In più, eolico e fotovoltaico insieme hanno prodotto più di un quarto dell’energia elettrica. A mettere in luce questi dati e quanto la transizione energetica stia accelerando è il rapporto di Ember, noto centro sudi inglese, secondo il quale le rinnovabili stanno per raggiungere il 50% della produzione di energia elettrica europea.

Inoltre evidenzia poi come il calo del carbone, già in declino da tempo, abbia accelerato nel 2023, dopo lo stop  allo scoppio della guerra in Ucraina e proseguirà anche nel 2024 grazie a un’ondata di chiusure di centrali. Anche la generazione da gas è diminuita per il quarto anno consecutivo.

Non mancano però gli ostacoli nella corsa delle rinnovabili. Per l’eolico ci sono i tempi troppo lunghi per ottenere le autorizzazioni alle installazioni delle torri, mentre per il fotovoltaico sembrano diradarsi i timori riguardanti la scarsità di pannelli. 

La crisi energetica e l'invasione della Russia dell'Ucraina non hanno portato a una rinascita del carbone e del gas, anzi. Il carbone è prossimo alla fase di uscita e poi sarà il turno del gas di entrare in declino terminale, mentre l'eolico e il solare crescono. 


lunedì 26 febbraio 2024

Auto sempre più grandi

Prendete una vecchia Fiat 500, quella del 1957 e mettetela vicino alla Nuova 500: avrete un bizzarro effetto “matrioska”, come se la prima fosse appena uscita dalla pancia della seconda. La vecchia 500 era lunga pocco meno di 3 metri mentre la nuova del 2007 misura invece 3,546 m oltre mezzo metro in più.  Stesso effetto con la Golf: la prima serie del 1974 misurava 3,70 m oggi misura 60 cm in più. Così anche per la Mini che vede nell’immagine, un metro più lunga.

E’ un fenomeno che ha preso il via già molto tempo fa quando l’aumento del volume di traffico ha imposto alle case automobilistiche la questione sicurezza. E sicurezza vuol dire dimensioni e struttura, a scapito del volume abitabile. Da lì è iniziata la ricerca verso monoscocche che fossero più sicure in caso d’urto.

La monoscocca è la struttura portante delle auto moderne, è fatta di pezzi deformabili nella parte anteriore e posteriore e di parti rigide sui lati, dove sono seduti i passeggeri. Le case si resero conto che bisognava fare monoscocche più robuste per stare nei parametri europei.

Ma non è soltanto l’aspetto sicurezza ad aver fatto lievitare nel tempo le misure delle automobili. Dopo il boom economico la popolazione stessa inizia a crescere in altezza. La generazione degli anni 80 supera di almeno 10 centimetri quella dei propri padri, fenomeno che prosegue ancora adesso.

E poi c’è una questione di immagine. Negli anni 90 le case hanno intuito che maggiori erano le dimensioni del veicolo e maggiore era l’immagine che il guidatore offriva di se stesso. È  iniziata l’era dei Suv, dove a lunghezza e a larghezza si è aggiunta anche l’altezza, per dominare la strada rispetto agli altri. Anche i volumi interni sono cresciuti, sebbene non in proporzione rispetto alla carrozzeria: sono stati realizzati sedili più comodi ed elettrificati, sono stati installati più airbag.

Si tratta di un vero e proprio paradosso; le strade hanno larghezza sempre uguale, abbiamo assoluta necessità di ridurre le emissioni di CO2 e aumentare la gamma di veicoli elettrici che dovrebbe invitare i produttori a realizzare soluzioni più compatte, leggere e agili. Le batterie pesano e avere una massa importante da spostare va ad gravare sulle prestazioni.

lunedì 19 febbraio 2024

Il Progetto

Se ho l’idea di realizzare qualche cosa, mi occorre un progetto cioè un piano che mi consenta, passo passo di raggiungere l’obiettivo. Immagina di voler costruire una casa (oppure un tavolo o un automobile) devi prima realizzare il progetto che parte dal generale e poi via via include tutti i dettagli su come dovrebbe essere la casa, quante stanze ci sono, come sarà la cucina, come sarà il bagno e così via.

Ecco come funziona un progetto.

 Obiettivo - Un progetto ha sempre un obiettivo. Nell'esempio della casa, l'obiettivo è costruire una casa in cui le persone possano vivere comodamente.

 Piano - Dopo aver fissato l'obiettivo, devi pianificare come raggiungerlo. Il piano del progetto per la casa includerebbe i disegni, i materiali da utilizzare, il costo approssimativo e il tempo previsto per la costruzione.

 Risorse - Un progetto richiede risorse. Nel caso della casa, hai bisogno di mattoni, cemento, legno, strumenti, manodopera (le persone che lavoreranno per costruirla) e denaro per coprire i costi.

 Fasi - La maggior parte dei progetti si suddivide in diverse fasi. Ad esempio, la costruzione di una casa potrebbe avere fasi come la preparazione del terreno, la costruzione delle fondamenta, la costruzione delle pareti, ecc.

 Gestione - Durante il progetto, devi gestire tutto, come assicurarti che le persone facciano il loro lavoro correttamente, che i materiali siano disponibili quando necessario e che il progetto sia in linea con il piano.

 Tempo - Ogni progetto ha un periodo di tempo durante il quale deve essere completato. Nel caso della casa, potresti volerla pronta entro un certo numero di mesi.

 Risultato finale - Alla fine, il progetto dovrebbe portare all’oggetto finito. Nel nostro esempio, il risultato finale del progetto sarebbe la casa finita.

In sostanza, un progetto è un piano dettagliato per creare qualcosa, raggiungere un obiettivo o risolvere un problema. Può essere qualsiasi cosa, dalla costruzione di una casa alla realizzazione di un progetto scolastico o alla creazione di un videogioco.

È un modo organizzato per portare a termine un compito.

 

lunedì 12 febbraio 2024

Bitcoin e cripto-valute

Quando a scuola parliamo di economia, e di moneta, inevitabilmente esce la domanda su cosa sono i bitcoin e più in generale le criptovalute. Argomento parecchio impegnativo ma proviamo ad essere semplici. 

Le criptovalute sono una forma di denaro digitale o virtuale. Sono molto diverse dalle monete tradizionali. Naturalmente non sono comunemente accettate, sicuramente non al supermercato,  ma, in alcuni casi particolari, possono essere usate per effettuare acquisti online. Venditore ed acquirente devono essere entrambi d’accordo .

A differenza dei soldi tradizionali, le criptovalute non sono emesse da un governo e da una banca centrale, e quindi non sono soggette ad i loro controlli: si dice che sono decentralizzate, il che significa che non c'è un'unica autorità che le controlla. Le conseguenze sono due: una positiva, potremmo dire di libertà d’uso, ma anche negativa, legata ai rischi che ne conseguono.

Si basano sulla blockchain, una tecnologia sicura e difficile da hackerare  (da qui il nome cripto), che è una sorta di registro digitale pubblico che tiene traccia di tutte le transazioni in criptovalute.  Gli scambi in criptovalute  sono generalmente anonime, tuttavia, tutte le transazioni sono registrate sulla blockchain, visibili a tutti anche se anonime. 

Il valore delle criptovalute può cambiare molto rapidamente. Alcune persone le comprano come investimento con la speranza che il loro valore aumenti nel tempo, ma è importante ricordare che possono anche perdere valore. Ed è successo. Alla loro nascita sembravano aumentare continuamente di prezzo, ma poi sono crollate: chi le aveva comprate ad un valore alto … si è ritrovato, come si dice, con un pugno di mosche. Per utilizzare le criptovalute serve un "portafoglio digitale" o wallet,  che è un'applicazione o un servizio online che permette di conservare, inviare e ricevere criptovalute in modo sicuro.

La creazione della criptovaluta  avviene attraverso un processo chiamato "mining", che coinvolge la risoluzione di complessi problemi matematici con l'uso di computer molto potenti (che consumano un sacco di energia). E questo è un problema.

Il Bitcoin è la criptovaluta più famosa, ma ce ne sono molte altre.


martedì 6 febbraio 2024

Giornata mondiale per la Cybersicurezza

Oggi, 6 febbraio, è la giornata mondiale per la sicurezza in rete. La sensazione è che i social ci stanno scappando di mano, buoni o cattivi, sono fuori controllo. Il sindaco di New York, li ha banditi ai minori di sedici anni: «Sono pericolosi come il fumo e le armi». Esagera? 

L’avete sentito Jannik Sinner, 22 anni, non un boomer: «I social non mi piacciono, non è lì la verità, ai ragazzi consiglio di stare attenti».

Mark Zuckerberg, miliardario fondatore di Facebook (di cui in questi giorni ricorre il ventesimo compleanno) viene chiamato al Congresso degli Stati Uniti, per chiedere di ciò che succede sul social: racconti e immagini di abusi sessuali, sfruttamenti, prostituzione, traffico d’armi, droga e molti suicidi.

Facebook che gestisce le relazioni virtuali di tre miliardi di persone e ha un giro d’affari di oltre 30 miliardi di dollari, prima finge di non capire le domande, poi, incalzato dal senatore repubblicano che lo accusa di avere «le mani sporche di sangue», si gira. Alle sue spalle sono seduti i genitori di ragazzi che si sono in qualche modo tolti la vita a causa dei social: bullismo, challenge finite in tragedia.

Zuckerberg si gira, strabuzza gli occhi davanti alle foto delle centinaia di ragazzi che non ci sono più e, pallido, chiede scusa. Forse non ci crede. Forse lo fa perché deve salvare la sua azienda, ma chiede scusa.

Uno studio del Ministero della Salute inglese  stabilisce che l’uso dei social è strettamente legato a depressione, disturbi alimentari, insonnia, ansia e percezione distorta del proprio corpo. Sette giovani su dieci sono vittime di cyberbullismo con conseguenti risultati scolastici sempre più scadenti. 

Nove ragazze su dieci che utilizzano TikTok o Instagram si ritengono insoddisfatte del proprio corpo e sette su dieci sono pronte a ricorrere alla chirurgia estetica per modificare il proprio aspetto.

In Italia i social sarebbero vietati a chi ha meno di 14 anni e consentiti a 13 solo di fianco a un genitore. Regole finte, che non proteggono nessuno, aggirabili con facilità, considerando, peraltro, che dopo la pandemia la maggioranza degli alunni delle elementari possiede uno smartphone.

I social sono potenzialmente utilissimi ma come facciamo a contenere la loro dimensione distruttrice? 


lunedì 5 febbraio 2024

Silicon Valley

La Silicon Valley è una regione situata nella parte meridionale della baia di San Francisco, in California, negli Stati Uniti. È famosa in tutto il mondo per essere uno dei principali centri tecnologici e dell'innovazione al mondo. La Silicon Valley è conosciuta per ospitare numerose aziende tecnologiche leader, startup, istituti di ricerca e università.

La Silicon Valley è la sede delle più grandi e influenti aziende tecnologiche al mondo, tra cui Google, Apple, Facebook, Intel. Queste aziende hanno avuto un impatto significativo sulla tecnologia, sull'industria dell'informazione e sulla cultura aziendale globale. È conosciuta per il suo frizzante ecosistema di startup. Ogni anno, migliaia di nuove imprese emergono nella regione, attirate da risorse finanziarie, competenze tecniche e opportunità di networking.

La presenza di istituti di ricerca prestigiosi come la Stanford University e la University of California, Berkeley, ha contribuito allo sviluppo dell'innovazione nella Silicon Valley. Queste istituzioni forniscono talento e ricerca all'area. È  anche sede di numerosi investitori che forniscono finanziamenti alle startup e alle aziende in fase di crescita. per l'ecosistema di startup della regione.

Questa regione ha una cultura dell’innovazione molto forte. Le persone che vi lavorano sono spesso incoraggiate a pensare in modo creativo, a prendere rischi e a cercare soluzioni innovative ai problemi. È caratterizzata da una notevole diversità culturale, con persone provenienti da tutto il mondo che si trasferiscono per lavorare.

La Silicon Valley è stata fondamentale nello sviluppo di molte tecnologie e prodotti che hanno trasformato il mondo, tra cui il personal computer, Internet e i dispositivi mobili. È anche un importante centro di ricerca e sviluppo in settori come l'intelligenza artificiale, la biotecnologia e l'energia pulita.


lunedì 29 gennaio 2024

Cyberspazio

Cyberspazio è un termine che si usa per descrivere un mondo speciale che puoi esplorare utilizzando un computer o un dispositivo connesso a Internet. È luogo virtuale dove puoi fare molte cose divertenti e utili. 

Immagina che il cyberspazio come un mondo fatto di computer e dispositivi collegati tra loro come una grande rete. Puoi entrare in questo mondo usando un computer o uno smartphone e visitare diversi luoghi, proprio come fai nel mondo reale.

Nel cyberspazio, puoi parlare con altre persone, senza barriere, in ogni parte del mondo. Puoi scrivere messaggi, fare videochiamate o inviare foto. Questo è utile per rimanere in contatto con gli amici, la famiglia o anche per fare nuove amicizie.

Puoi trovare un sacco di informazioni nel cyberspazio. Puoi cercare cose su Internet, come ricerche per i compiti a scuola o informazioni su argomenti che ti interessano. È come avere una grande biblioteca virtuale a portata di mano. Naturalmente puoi giocare online e vedere video, interessanti o divertenti. Puoi anche essere creativo nel cyberspazio. Puoi scrivere storie, disegnare, fare musica o persino creare video. Poi puoi condividere ciò che hai creato con gli altri.

È importante ricordare che nel cyberspazio ci sono delle regole da seguire, proprio come nel mondo reale. Devi stare attento a non condividere informazioni personali con sconosciuti e rispettare sempre gli altri utenti online. La tua privacy è importante. Assicurati di capire come proteggere le tue informazioni personali quando sei online. Non condividere mai il tuo nome completo, il tuo indirizzo o altre informazioni sensibili con persone che non conosci bene.

In sostanza, il cyberspazio è pieno di opportunità. È un posto dove puoi imparare, giocare, comunicare e fare molte altre cose. Ricorda solo di usare il cyberspazio in modo responsabile e sicuro.


lunedì 22 gennaio 2024

Notizie gratis in barba al copyright

Google News funziona aggregando notizie da varie fonti online e mostrandole agli utenti. Le notizie sono soggette a copyright, il che significa che l'uso non autorizzato può violare i diritti d'autore. La questione della raccolta e della pubblicazione gratuite di notizie, come fa Google News, è stata oggetto di dibattito e controversie in vari paesi. La risposta a questa domanda può variare in base alla legislazione vigente nella giurisdizione in cui si trova l'azienda che offre il servizio e alle leggi sul copyright e sulla proprietà intellettuale in vigore.

Giornalisti ed editori, a ragione, sostengono che la creazione di un buon articolo richiede sforzo, ricerca e professionalità che meritano e devono essere riconosciuti e ricompensati economicamente. La questione dell'uso gratuito di contenuti giornalistici è stata oggetto di dibattito proprio per questo motivo. In generale, la pratica di aggregare notizie e mostrarle gratuitamente può essere legale a condizione che si rispettino le leggi sul copyright e si evitino violazioni dei diritti dei titolari delle notizie.

Molti editori di notizie hanno sottolineato che la pubblicazione gratuita di contenuti giornalistici da parte di aggregatori di notizie come Google News può sottrarre entrate pubblicitarie agli editori stessi. Questo può avere un impatto negativo sulla sostenibilità economica del giornalismo professionale.

Per mitigare queste preoccupazioni, alcuni paesi hanno introdotto leggi che richiedono agli aggregatori di notizie di negoziare accordi di licenza con gli editori o di pagare una compensazione per l'uso di contenuti giornalistici. In questo modo si cerca di bilanciare il diritto delle aziende di aggregare notizie con il diritto degli editori di essere adeguatamente compensati per il loro lavoro.

In ogni caso, il dibattito sulla sostenibilità del giornalismo e sui modelli di business nel settore delle notizie è complesso e in continua evoluzione. L'obiettivo è trovare un equilibrio tra l'accesso alle informazioni per il pubblico e la protezione del lavoro degli autori e degli editori.


lunedì 15 gennaio 2024

Il Canale di Suez

In questi giorni, gli attacchi terroristici alle navi commerciali che percorrono il Mar Rosso, fanno tornare alla ribalta ciò che rappresentò, alla fine dell’Ottocento, la realizzazione del Canale di Suez. Per le importanti rotte commerciali Cina – Europa poter evitare la circumnavigazione dell’Africa fu essenziale; inoltre il Canale è un’importante fonte di reddito per l’Egitto. Inaugurato nel 1869 e lungo 193 chilometri, per il Canale passa il 12 per cento di tutte le merci del mondo. È una delle più importanti rotte per il commercio di petrolio ed è strategico anche dal punto di vista militare.

Il Canale ha una storia lunghissima: i primi scavi per collegare il mar Mediterraneo con il mar Rosso risalgono al 1800 a.C. quando fu creato un primo canale per l’irrigazione, che poteva diventare navigabile nei periodi di piena, in seguito chiamato Canale dei Faraoni. Le prime testimonianze certe della sua realizzazione però risalgono al 600 a.C.

I resti del Canale dei Faraoni furono rinvenuti nel 1799 dalla celebre spedizione in Egitto di Napoleone, che per diversi anni nutrì la speranza di poter aprire una via verso il mar Rosso. Napoleone rinunciò alla costruzione di un canale perché i suoi scienziati gli dissero che il livello del mar Rosso era di circa 9 metri più alto di quello del mar Mediterraneo: per costruire un canale navigabile per collegare i due mari sarebbe stato necessario creare un complesso sistema di chiuse. Gli scienziati di Napoleone però si sbagliavano: la differenza d’altezza tra i livelli dei due mari è in realtà trascurabile, ma si arrivò al 1854  prima che un francese - Ferdinand de Lesseps – ottenesse la concessione per cominciare la costruzione del canale.  La costruzione cominciò nel 1859, durò dieci anni e si svolse in condizioni terribili: morirono migliaia di lavoratori, in gran parte egiziani costretti al lavoro forzato, soprattutto a causa delle epidemie di colera e altre malattie che si diffusero nei cantieri. L’inaugurazione avvenne nel 1869 e fu un evento mondiale.

La Gran Bretagna, inizialmente contraria alla costruzione del canale ne ottenne il controllo alla fine del 1800, quando conquistò l’Egitto e comprò la Compagnia del Canale di Suez. Nel 1888, la Convenzione di Costantinopoli dichiarò il canale un territorio neutrale sotto la protezione britannica.

Il Canale di Suez, al momento dell’apertura, era un’opera imponente ma relativamente semplice: consentiva il transito di una nave per volta, e per garantire un passaggio più rapido lungo il tragitto si trovavano degli slarghi. Il tempo necessario per attraversarlo tutto, all’inizio, era di circa 40 ore.  Nel 1947 fu introdotto un sistema a carovane: ogni giorno erano organizzate tre partenze di grandi gruppi di navi tutte in fila, due dirette verso sud e una diretta verso nord, che procedevano in senso unico alternato: il tempo di percorrenza si accorciò a 15 ore. Questo sistema è rimasto in vigore fino all’allargamento del Canale, avvenuto nel 2015.

Fin dalla sua apertura, il Canale cambiò in maniera eccezionale i trasporti e i commerci. Nel 1870  i transiti attraverso il Canale erano 500 ma crebbero in maniera consistente fino a superare i 18 mila (50 navi al giorno) di oggi. L’apertura del Canale mandò in pensione la circumnavigazione dell’Africa e dopo che i paesi del golfo Persico diventarono grandi esportatori di petrolio, divenne essenziale per il rifornimento energetico dell’Europa.

Il Canale divenne centrale dopo la Seconda guerra mondiale: nel 1956 L’Egitto se ne appropriò e Regno Unito, Francia e Israele invasero il paese. Fu chiamata la crisi di Suez, durò otto giorni ma la pressione internazionale fu così forte che i tre paesi furono costretti a ritirarsi. A presidiare l’area furono mandati i caschi blu dell’ONU: per il Regno Unito e la Francia fu una grave umiliazione.

Nel 1967, dopo la Guerra dei sei giorni, Israele ottenne il controllo di una delle due sponde del Canale che rimase chiuso per otto anni, fino al 1975. Al momento della chiusura, stavano transitando nel Canale 15 navi commerciali, che rimasero bloccate per tutti gli otto anni.

Per l’Egitto il canale di Suez è un’enorme fonte di reddito: il costo per il transito di ogni singola nave va dai 100 mila ai 500 mila dollari. Nonostante l’enorme costo di transito, generalmente per le compagnie navali usare il Canale di Suez è piuttosto conveniente, perché risparmiano 15 giorni di viaggio e il corrispondente consumo di carburante.


lunedì 8 gennaio 2024

L’auto ETERNA

La sostenibilità passa anche dall'uso oculato delle risorse a nostra disposizione. Ci sono due modi per perseguire la sostenibilità, quantomeno in ambito produttivo: il primo è creare un processo produttivo il più pulito possibile, con energia da fonti rinnovabili, sistemi di riciclo e recupero di tutte le risorse usate.

Il secondo, oltre a questo,  si concentra nel produrre oggetti "eterni", ovvero modulari che permettano a chi li acquista di poterli letteralmente smontare , andando facilmente a sostituire le componenti difettose.

Il concetto dei prodotti modulari affonda le radici negli anni '90, quando gli appassionati di elettronica ed informatica cominciarono a recuperare componenti da diversi pc, assemblandole assieme e creando un dispositivo funzionante; entro certi limiti si fa ancora adesso ma meno.

Parliamo sempre di oggetti di piccole dimensioni e tutto sommato più semplici di un'automobile; nessuno in effetti avrebbe mai pensato che la "modulabilità" potesse essere applicata anche alle quattro ruote, con l'eccezione di un giovanissimo team di studenti e studentesse dell'Università di tecnologia di Eindhoven in Olanda.

Il gruppo universitario ha studiato e assemblato Eterna, l'auto modulare pensata per "sopravvivere alle automobili attuali". A rendere "eterna" Eterna, è la sua struttura, che può essere letteralmente "spaccata" in due: il team ha preso questa decisione dopo aver notato che non tutte le componenti di una vettura si deteriorano nello stesso modo e che, spesso, quando un'auto arriva "a fine vita" alcune delle sue parti sono in effetti ancora perfettamente funzionanti.

Da qui l'idea di creare due parti separate, con cicli di vita diversi: una parte intercambiabile con materiali dalla durata più breve, come i tessuti interni e le dotazioni di sicurezza (es. specchietti retrovisori digitali e cruise control) e un’altra parte che comprende i componenti di lunga durata, come il telaio, il motore e le batterie. In questo modo è possibile sostituire i materiali più delicati mantenendo invece quelli maggiormente resistenti.

"La terra non offre materie prime illimitate, quindi l'uso più efficiente dei materiali è la soluzione", ha dichiarato il team di studenti. A distanza di 5 anni le varie componenti potranno essere sostituite, a seconda della loro durata. Telaio e motore possono avere una vita molto lunga.


martedì 2 gennaio 2024

La diffusione delle auto elettriche

Mentre in Italia le auto elettriche (Battery Electric Vehicle BEV) ancora arrancano, in diverse nazioni hanno superato la soglia del 5% che rappresenta un punto di svolta. Nel 2022 diciannove Paesi (tra cui Stati Uniti, Cina e molti Paesi dell’Europa occidentale) hanno superato il 5%, e nel 2023 si sono aggiunti Canada, Australia, Spagna, Thailandia e Ungheria.

Decenni di ricerche hanno portato alla conclusione che la diffusione delle nuove tecnologie segue una curva a forma di S: le vendite si muovono molto lentamente nella fase iniziale, per poi accelerare rapidamente fino a che non diventano di massa. A questo punto si ha un nuovo rallentamento. I primi ad abbracciare la novità sono gli innovatori, poi la grande massa, e infine i ritardatari.

Un classico esempio è il forno a microonde che, brevettato nel 1946 e diventato pratico intorno agli anni ‘60 (prima era enorme e costosissimo), ha impiegato una ventina d’anni per arrivare al 10% delle famiglie statunitensi: la vera esplosione nelle vendite è arrivata negli anni ’80. Andamenti simili, più o meno diluiti nel tempo, li si è riscontrati per tantissime innovazioni, dall’elettricità alle radio fino ai più recenti TV a colori, telefoni cellulari e lampadine a LED.

Il concetto è quindi che nei Paesi nei quali le auto elettriche abbiano superato il 5% nelle immatricolazioni esse accelerano la loro diffusione e diventeranno dominanti. È chiaro che la regola del 5% va presa con le debite precauzioni: l’automobile è il secondo investimento delle famiglie dopo l’abitazione ed è quindi ben più impegnativa rispetto a un forno o uno smartphone. 

Un punto di svolta potrebbe essere nell’orizzonte dell’India, il terzo mercato automobilistico dopo Cina e Stati Uniti. In Norvegia, il Paese al primo posto per la diffusione dei veicoli elettrici, le nuove auto sono per 82%  elettriche. L’Italia è in ritardo e rimane ancora sotto il 5%.

Le case automobilistiche hanno un punto critico nella produzione: sotto certi numeri si può dire che producono in perdita. Nel caso di Tesla (il grande produttore americano) nel 2017, ha rischiato la bancarotta, solo quando la produzione è salita a 5.000 auto a settimana è iniziata la riduzione dei costi tale da consentire una diminuzione dei prezzi.

È comunque assodato che le vendite globali delle automobili con motori a combustione hanno raggiunto il picco nel 2017 e la crescita delle vendite è attualmente guidata interamente dai veicoli elettrici: questa tendenza continuerà finché l’automobile a benzina non diventerà una curiosità da museo.