lunedì 29 maggio 2023

Le cargo-bike si fanno strada: due ruote ecologiche per ogni trasporto


In nord Europa è usata da tempo per fare la spesa e portare i bambini a scuola ma da noi sta appena arrivando: sto parlando della cargo-bike. Muscolare o elettrica, da carico, per bambini, o per la consegna della posta c’è un modello adatto a ogni esigenza.

La Danimarca la patria delle cargo-bike chiamate “Short John” e “Long John”, a seconda della lunghezza del pianale di carico e della distanza dal ruotino anteriore, il mercato delle biciclette da carico cresce anche da noi. Ci sono tante belle proposte in gito: Panda-Bike a Treviso che produce cargo-bike tutte italiane, Sum-x la cargo bike prodotta a Mestre, Corro, i corrieri di Roma che fanno consegne in tutta la città con una squadra di 40 biciclette.

E c’è chi ha cominciato a studiarci sopra. L’Università di Westminster ha preso un campione di circa mille consegne effettuate con cargo bike elettriche  e si è domandata che cosa succederebbe se quelle consegne fossero state effettuate con furgoni: bene, la velocità media delle biciclette è di 10 km/h , mentre la simulazione delle stesse consegne effettuate con furgone fornisce una velocità di 6 km/h , con quasi 10.000 km percorsi in più. Il furgone riesce a fare 4 consegne all’ora, mentre la bicicletta cargo arriva a 7 consegne all’ora. In città congestionate dal traffico, c’è poco da fare, la bicicletta batte il furgone perché non rimane ferma in coda per lunghi minuti, può attraversare le ZTL e non deve cercare un parcheggio.

sabato 27 maggio 2023

Don Lorenzo Milani compie 100 anni

Lorenzo Milani nasce a Firenze il 27 maggio 1923, se fosse in vita oggi sarebbe il suo centesimo compleanno. Ha un fratello e una sorella e fa parte di una ricca e colta famiglia fiorentina di scienziati e professori, conosce bene il valore della cultura ed ha una passione: la pittura.

Dopo il liceo classico si converte così al cattolicesimo, entra in seminario anche se la famiglia e contraria, tanto che quando diventerà prete nessuno dei parenti sarà presente.

Viene mandato in una parrocchia alle porte di Firenze, in una realtà rurale arretratissima: i suoi parrocchiani sono pastori ed operai, perlopiù analfabeti. Don Lorenzo si convince che sia dovere della Chiesa occuparsi dell’istruzione dei suoi fedeli, soprattutto dei più deboli. Sarà Maestro, dunque, prima ancora che prete: è qui che fonda la scuola popolare. Don Milani parte dalla lettura dei giornali in classe, analizzando i temi dell’attualità. Egli è convinto che solo la cultura possa aiutare i contadini a uscire dalla loro arretratezza.

È un uomo scomodo, esigente, provocatore e, per questo suo carattere, viene isolato e mandato a Barbiana, un piccolo paesino sui monti del Mugello di 124 abitanti in tutto, un angolo sperduto molto lontano dall’Italia del boom economico. Appena arrivato costruisce dal nulla e nel nulla la sua scuola per giovani operai e contadini. Per convincere i genitori a mandarvi i propri figli, il parroco utilizza ogni mezzo, persino lo sciopero della fame.

Quella di Barbiana è una scuola all’avanguardia; si studiano le lingua straniere: l’inglese, il francese, il tedesco e persino l’arabo. Si organizzano viaggi di studio e lavoro all’estero: oggi potremmo dire che ha inventato l’ERASMUS. Tiene lezioni di recitazione per far superare le timidezze dei più introversi e costruisce una piccola piscina per aiutare i montanari ad affrontare la paura dell’acqua. Nella scuola di Don Milani si studia dodici ore al giorno, 365 giorni all’anno..

L’esperienza della scuola di Barbiana attira in visita sull’Appennino toscano tanti insegnanti italiani e stranieri, gente della cultura e personalità della politica. Nel 1967 Don Lorenzo Milani scuote la società italiana con un altro libro: “Lettera a una professoressa”, scritto insieme ai ragazzi della scuola di Barbiana. Il libro denuncia la disuguaglianza della scuola italiana che ferma i più deboli e spinge avanti i più forti.



giovedì 25 maggio 2023

Cosa sono le terre rare?

Le terre rare - REE (Rare Earth Elements) - sono metalli essenziali per realizzare prodotti di alta tecnologia. Individuarle è un compito impegnativo e la loro estrazione ha un grande impatto ambientale. Per questa ragione, con la crescita della popolazione e l’aumento della domanda di tecnologia sarà necessario trovare delle soluzioni adatte e sostenibile.

La popolazione umana è cresciuta esponenzialmente negli ultimi 100 anni e le previsioni indicano un ulteriore incremento che ci porterà fino a nove o dieci miliardi di esseri umani entro il 2050. Questa crescita è stata accompagnata da un crescente aumento del consumo delle risorse naturali la cui accelerazione maggiore è determinata proprio dal progresso tecnologico. Le nuove tecnologie infatti, sono più performanti ma richiedono anche l’uso di maggiori quantità di risorse tra queste, senz’altro, le terre rare essenziali. Oggi questo monopolio è in mano a nazioni come la Cina.

Ma che cosa sono le terre rare? Sono un gruppo di diciassette elementi chimici completamente sconosciuti alla maggior parte di noi: cerio (Ce), disprosio (Dy), erbio (Er), europio (Eu), gadolinio (Gd), olmio (Ho), lantanio (La), lutezio (Lu), neodimio ( Nd), praseodimio (Pr), promezio (Pm), samario (Sm), scandio (Sc), terbio (Tb), tulio (Tm), itterbio (Yb) e ittrio (Y).

Questi metalli sono essenziali per l’industria tecnologica ed elettronica, poiché vengono utilizzati per realizzare un’ampia gamma di prodotti di largo consumo come televisori, memoria del computer, batterie, telefoni cellulari, generatori di turbine eoliche ecc… Non solo, le terre rare vengono utilizzate anche per la “tecnologia verde”, ovvero per pannelli fotovoltaici e auto elettriche la cui diffusione è prevista in forte crescita nei prossimi anni.

Le riserve mondiali di terre rare si trovano in tutto il mondo, ma sono molto più diffuse in Cina, Stati Uniti, Australia, Myanmar, Madascar. La Cina possiede circa un terzo delle riserve mondiali e detiene il primato della loro produzione raggiungendone quasi il 60%. Dal punto di vista ambientale il problema nell’industria mineraria si riscontra nelle fasi di estrazione e di raffinamento, perché le sostanze subiscono una serie di passaggi che generano consistenti scarti tossici. È stato calcolato che la lavorazione di una tonnellata di questi metalli produce circa 2.000 tonnellate di rifiuti tossici. Ecco perché è di fondamentale importa il riciclo di Rifiuti da Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche, RAEE. In questo modo elementi come le terre rare possono essere riciclati e immessi nel ciclo produttivo senza la necessità di nuove estrazioni dal suolo

lunedì 22 maggio 2023

Batterie del futuro

La tecnologia sforna prodotti sempre più avanzati ed efficienti che si scontrano con la disponibilità di energia: il più evidente degli esempi è quello dell’auto elettrica.  Le batterie non fanno progressi significativi da molto tempo: ma forse siamo alle soglie di una rivoluzione energetica.

Ecco le migliori scoperte sulle batterie che potrebbero arrivare in commercio in un periodo più o meno breve:  dalla ricarica wireless,  alla ricarica superveloce.

In alcuni centri si studiano le batterie strutturali, cioè integrate nella struttura, con l’utilizzo della fibra di carbonio come elettrodo negativo (polo -) mentre il positivo è un composto di fosforo, ferro e litio. Altri centri di ricerca invece hanno brevettato un elettrodo di carbonio ultraveloce: nanotubi di carbonio allineati che potrebbero  aumentare la potenza della batteria di dieci volte, incrementare l'immagazzinamento di energia di  tre volte, e aumentare il ciclo di vita di una batteria di cinque volte.

I ricercatori dell'Università del Texas stanno sviluppando una batteria agli ioni di litio che non utilizza il cobalto (poco diffuso, costoso, con grandi problemi ambientali legati alla sua estrazione) ma nichel, manganese e alluminio.  Anche la Cina, ha annunciato batterie senza cobalto destinate al mercato dei veicoli elettrici dotate di una maggiore densità energetica, che potrebbe portare a un'autonomia fino a 800 km per le auto elettriche, allungando anche la durata.

In Australia stanno sviluppando una batteria al litio e zolfo, superando le prestazioni degli ioni di litio, in grado di alimentare uno smartphone per 5 giorni, oppure un’auto per 1000 km, con un impatto ambientale minore rispetto e costi di produzione inferiori. Anche l’americana IBM, in collaborazione con Mercedes afferma di lavorare su batterie che vanno oltre la tecnologia degli  ioni di litio, più economica da produrre, che può caricarsi più velocemente degli ioni di litio.

Le batterie del futuro dovranno caricarsi in pochissimi minuti senza degradarsi mentre oggi sappiamo che la ricarica veloce, ammesso che si trovi la colonnina, se usata frequentemente danneggia a lungo andare la batteria. I Giapponesi di Panasonic per esempio stanno lavorando su questo. In più di un centro di ricerca si sta lavorando su batterie che utilizzano il silicio, impropriamente chiamate anche batterie alla sabbia: si perché il silicio è uno degli elementi chimici più diffusi nei minerali, e nella sabbia.

lunedì 15 maggio 2023

L'UE vuole allungare la vita degli smartphone

La Commissione europea ha pubblicato la proposta di direttiva contro l’obsolescenza programmata dei dispositivi elettronici mobili. Le regole valgono per le componenti dei cellulari e dei tablet e mirano ad estendere la vita dei dispositivi da 3 a 5 anni. Le aziende vorrebbero che cambiassimo il nostro smartphone ogni tre anni, li capiamo, ma non è il punto di vista migliore, per noi consumatori e per l’ambiente. Dunque si va verso smartphone più longevi, che consumano meno energia e possono essere riparati, riusati e riciclati.

Bruxelles indica 15 componenti che le aziende dovranno lasciare sul mercato per 5 anni dalla prima introduzione del relativo modello. Anche gli aggiornamenti software dovranno essere garantiti per 5 anni. Inoltre le batterie dovranno resistere a 500 ricariche complete senza scendere sotto l’83% della loro capacità. Si pensa anche di introdurre un’etichetta ecologica sull’efficienza energetica, esattamente come quelle degli elettrodomestici, che dovrà includere la durata e la resistenza della batteria, per esempio alle cadute o agli urti.

L’UE sostiene che il ciclo di vita dei dispositivi sia troppo breve e non vengono in sufficiente quantità riparati, riusati o riciclati, secondo i principi dell’economia circolare. Smartphone e tablet che non si adegueranno alle regole non potranno più essere venduti nell’Unione europea. La proposta di direttiva va completare le norme già introdotte sul caricabatterie universale, che varranno dal 2024 e che hanno suscitato le critiche soprattutto da Apple.

lunedì 8 maggio 2023

Chi era Frederick W. Taylor

È un Ingegnere statunitense nato in Pennsylvania nel 1856 considerato l'iniziatore dell'organizzazione scientifica del lavoro, Taylor sostenne che, in base all'analisi dei processi di lavorazione mediante la scomposizione del lavoro è possibile razionalizzare il ciclo produttivo.

Di agiata famiglia borghese, costretto da una malattia d'occhi a interrompere gli studi da avvocato, entrò come apprendista in una piccola officina meccanica di Filadelfia dove divenne ben presto capomastro facendo raddoppiare il rendimento delle macchine. Fu in questo periodo che cominciò a studiare la scomposizione del lavoro. Riuscì nel frattempo a laurearsi in ingegneria e nel 1890, divenuto ingegnere capo, si spostò nel campo della metallurgia. In seguito diffuse le sue teorie facendo, diremmo oggi, da consulente per numerose aziende negli USA e in Europa.

Le teorie di Taylor sono state avversate dai lavoratori e dai sindacati, sia per i riflessi negativi sull'occupazione, sia per la forzatura dei ritmi lavorativi. Tuttavia l'introduzione del taylorismo nella fabbrica moderna - la catena di montaggio installata da H. Ford nel 1913 fu una rigorosa applicazione di quei principi - fu inarrestabile.



martedì 2 maggio 2023

Quale antivirus?

Tra gli anni Novanta e i primi anni Duemila, prendersi un virus online abbastanza facile: bastava scaricare il file sbagliato da Internet o inserire un dischetto infetto per ritrovarsi con un computer contaminato da software fatti apposta per danneggiarlo. Per cercare di identificarli e rimuoverli prima che potessero creare problemi furono ideati gli antivirus, appositi software sia a pagamento che gratuiti messi in commercio da varie aziende.

Oggi, i virus informatici che preoccupavano gli esperti di sicurezza vent’anni fa non esistono praticamente più, ma i software antivirus si chiamano ancora così, e si sono evoluti per riconoscere e bloccare la maggior parte dei malware, ovvero quei software progettati per accedere ai computer e causare interruzioni e danni, spesso allo scopo di ottenere dati sensibili o di bloccare alcuni documenti in attesa del pagamento di un riscatto.

Il settore degli antivirus commerciali, ovvero quelli che si rivolgono a singoli utenti e famiglie piuttosto che a grandi aziende, fattura ancora diversi miliardi di euro ogni anno. Ma un numero crescente di esperti di sicurezza informatica sostiene che in realtà non servano più a granché, sia perché i browser e le caselle di posta si sono dotati di propri sistemi di sicurezza piuttosto efficaci, sia perché gli antivirus integrati nei sistemi operativi che usiamo quotidianamente sono buoni esattamente quanto quelli commerciali.

Il sistema operativo installato sulla stragrande maggioranza dei computer (il 74 per cento, contro il 15 per cento di macOS) è Microsoft Windows. Storicamente i computer che usano macOS vengono considerati molto sicuri, un po’ perché è meno conveniente programmare malware che attacchino con successo un sistema operativo usato da un numero limitato di persone, un po’ perché Apple negli anni ha investito molto nei sistemi di sicurezza di macOS.

Windows è invece stato considerato a lungo assai più vulnerabile. Le cose sono cambiate dal 2017, quando il sistema antivirus progettato da Microsoft e installato automaticamente su tutti i computer che usano Windows – Windows Defender – ha cominciato a superare con ottimi voti tutti i test.

Da allora, moltissimi esperti di sicurezza hanno cominciato a sostenere che almeno le persone che usano Windows (quindi una larga parte degli utenti) non hanno più ragioni per spendere soldi per comprare un altro antivirus, perché Microsoft Defender è più che sufficiente, e per di più è gratis e già installato sui loro computer, nonché prodotto dalla stessa azienda che produce anche il sistema operativo.