martedì 28 giugno 2022

Carbon Neutral: cos'è e come azzerare le emissioni

Le emissioni di gas ad effetto serra rilasciate negli ultimi 150 anni hanno surriscaldato il pianeta, causando i cambiamenti climatici e mettendo a rischio l’ambiente in cui viviamo. L’aumento della temperatura terrestre, infatti, è responsabile di una serie di alterazioni climatiche, provocando conseguenze negative in termini di:

  • innalzamento del livello dei mari;
  • riduzione della biodiversità;
  • peggioramento della qualità dell’aria;
  • acidificazione degli oceani;
  • aumento della siccità e delle piogge intense;
  • incremento dei fenomeni meteorologici violenti.

Per contrastare questo processo nel 2015 è stato raggiunto l’Accordo di Parigi sul clima, con l’impegno da parte dei principali paesi del mondo a ridurre le emissioni nette di gas serra. In particolare, gli oltre 190 Stati firmatari dovranno tentare di mantenere l’incremento della temperatura globale entro 2°C, rimanendo possibilmente entro 1,5°C.

L’obiettivo è il raggiungimento della carbon neutrality, un target conosciuto anche come net zero. Si tratta dell’azzeramento delle emissioni nette di carbonio, affinché i gas serra rilasciati nell’atmosfera siano equivalenti a quelli rimossi, secondo un modello virtuoso che prevede la neutralità climatica delle attività dell’uomo sul pianeta.

L’obiettivo dei principali paesi del mondo è raggiungere uno stato carbon neutral entro il 2050. È quanto ha stabilito ad esempio l’Unione Europea attraverso il Green Deal europeo, un piano che punta a trasformare l’economia UE e farle ottenere la condizione net zero emissions entro il 2050, ovvero zero emissioni nette di gas serra.

Ovviamente ci sono dei paesi che mirano a conseguire questo traguardo prima del 2050, come la Finlandia che vuole diventare carbon neutral entro il 2035. Altri paesi invece avranno bisogno di più tempo, come ha annunciato la Cina che vuole trasformare la sua economia e conseguire la carbon neutrality entro il 2060.

 Per ridurre le emissioni di gas serra bisogna misurare l’impronta di carbonio, considerando l’intero ciclo di vita di un prodotto, un servizio o un’attività. Dopodiché è necessario capire come diminuire la produzione di gas climalteranti, agendo infine nella compensazione delle emissioni di CO2 rilasciate nell’atmosfera.

 Le soluzioni per abbassare le emissioni di gas serra sono diverse:

  •  aumentare l’utilizzo delle energie rinnovabili e ridurre l’uso dei combustibili fossili;
  • ottimizzare i consumi per diminuire gli sprechi di energia e le emissioni di CO2;
  • integrare dove possibile lo smart working per diminuire gli spostamenti dei dipendenti;
  • migliorare la gestione dei rifiuti aumentando il riciclo e il riutilizzo;
  • implementare soluzioni di mobilità a basse e zero emissioni.

Naturalmente non è possibile diventare carbon neutral dall’oggi al domani, ma è un obiettivo di lungo termine che richiede un impegno serio nella transizione ecologica. D’altronde si tratta di una sfida che dobbiamo vincere, poiché soltanto azzerando le emissioni nette di gas serra sarà possibile lasciare un pianeta in grado di sostenere anche le generazioni future.

giovedì 23 giugno 2022

Italia sempre più arida

Sono circa 200 i Paesi e un miliardo le persone interessate dal processo di desertificazione nel mondo; tra quelli, in cui il fenomeno va manifestandosi più rapidamente, si annoverano Cina, India, Pakistan e diversi stati di Africa, America Latina, Medio-oriente, ma anche dell'Europa mediterranea come Portogallo, Spagna, Grecia, Cipro, Malta e in maniera sempre più evidente l'Italia.

La siccità è una temporanea mancanza d'acqua, con conseguenti impatti economici, sociali e ambientali negativi causata da carenza di precipitazioni per un periodo di tempo prolungate, alte temperature.

In Italia ad alto rischio desertificazione (tra il 50 e 70% del territorio) sono la Sicilia, il Molise, la Puglia e la Basilicata; a seguire altre sei regioni (Sardegna, Marche, Emilia Romagna, Umbria, Abruzzo e Campania) presentano un medio rischio desertificazione, compresa fra il 30% e il 50%, mentre altre 7 (Calabria, Toscana, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Lombardia, Veneto e anche Piemonte) un rischio presente ma più moderato.

In Spagna, la desertificazione interessa ormai il 72% del territorio, in particolare nella zona oggi conosciuta come il "mare di plastica", cioè l'area delle serre nel sud del Paese, dove viene praticata un'agricoltura intensiva estrema, con un grande uso dell'acqua di falda. In Grecia si stima che, entro la fine del secolo, almeno il 70% del territorio diventerà arido.

L'Onu stima che, nel prossimo futuro, circa 200 milioni di persone saranno costrette a lasciare le proprie terre verso regioni più vivibili; tra le cause principali della desertificazione vi è l'estremizzazione dei fenomeni climatici e conseguentemente l'aridità provocata da fenomeni siccitosi prolungati, ma anche da precipitazioni brevi e violente, che non irrigano, ma erodono il primo strato più fertile di suolo sui terreni assetati.

In Italia, siccità straordinarie si stanno ripetendo con intervalli di tempo sempre più ravvicinati e le analisi dimostrano come ci vogliano anni per tornare alla normalizzazione del regime dell’acqua.

In Italia il consumo pro capite di acqua potabile resta molto elevato: si attesta a 215 litri per abitante al giorno, contro la media europea di 125 litri.

I principali consumi dell'acqua riguardano:

irrigazione 51%,

industriale al 21%,

civile 20%,

energia 5%,

zootecnica 3%.

giovedì 2 giugno 2022

Piantare mille miliardi di alberi: si può fare?

“La soluzione immediata per ridurre il riscaldamento globale? Piantare mille miliardi di alberi”. Stefano Mancuso, neurobiologo vegetale presso l’Università di Firenze, in una recente intervista, ha proposto nuovamente la sua idea per ridurre la concentrazione di CO2 nell’atmosfera: una riforestazione intensiva per la cattura del carbonio.

“Attraverso questo tipo di operazioni si potrebbe davvero cambiare il mondo e il nostro futuro. Le piante sono il motore della vita: senza di loro il Pianeta diventerebbe in breve tempo una roccia sterile”. L’idea del neurobiologo affonda le radici in uno studio pubblicato su Science nel 2019, che dimostrò l’enorme potenziale di un sequestro di carbonio operato a partire dalle piante. L’analisi illustrava che “piantare mille miliardi di alberi” avrebbe, almeno in parte, risolto la crisi climatica. Da questo lavoro è nata l’iniziativa One trillion trees del World economic forum: una campagna internazionale che mira al ripristino e alla piantumazione di foreste, per arrivare a quota mille miliardi di nuovi alberi entro il 2050.

“Si parla poco delle conseguenze del taglio degli alberi e più delle tecnologie”, ha sottolineato ancora Mancuso. “Negli ultimi due secoli abbiamo tagliato duemila miliardi di alberi, e la conseguenza di tutto questo è anche la causa del riscaldamento globale”. Il neurobiologo ha aggiunto che, tagliando gli alberi, non si influisce solamente sul computo di CO2, ma anche sul decremento delle specie che vivono intorno agli alberi stessi. “La riduzione della biodiversità è un eufemismo. Sappiamo che nel 2070 non ci saranno più pesci al di fuori di quelli allevati: questo è lo stato della biodiversità del nostro Pianeta”. Secondo uno studio dell’università di Cambridge citato dallo stesso Mancuso, infatti, l’80% degli animali che vivono sulla Terra è bestiame da allevamento, mentre l '85% degli uccelli è pollame per uso alimentare. “Bisogna applicare una vera e propria conversione biologica”. 

“Gli alberi sono i depuratori d'aria del nostro Pianeta: il ‘dispositivo’ più efficace che abbiamo per estrarre il carbonio dall'atmosfera. La perdita di alberi è ancora altissima: “Ogni sei secondi, il nostro Pianeta perde un campo da calcio di foresta pluviale a causa della deforestazione”.

Non cadiamo però nell’errore di credere che piantare alberi basti ciò per risolvere la crisi climatica e che tutte le trasformazioni epocali che dovremmo imporre alle nostre esistenze per renderle più sostenibili non siano più necessarie. Oggi sarebbe fondamentale concentrarsi su come frenare la deforestazione piuttosto che pensare come riforestare i terreni incolti. Non tutti gli alberi sono uguali: quelli più maturi sono nel pieno dell’efficienza di sequestro del carbonio a differenza degli alberi appena piantati che sono poco efficaci. Servono un migliaio di miliardi di piante, ma non tutte le piante sono uguali ed egualmente efficaci: una foresta è molto più efficace della somma dei suoi alberi.

Non esiste un’unica soluzione a una crisi così ampia. Le nazioni devono adempiere agli impegni assunti nell'ambito dell'Accordo di Parigi, le industrie devono decarbonizzare e le aziende devono raggiungere emissioni nette pari a zero. Nella nostra vita, dobbiamo cambiare le abitudini e i modelli di consumo. Nessuna di queste soluzioni climatiche si escludono a vicenda.

È quindi dalla molteplicità di soluzioni che si deve partire. Tra queste, molte sono già in atto, anche nel campo della riforestazione: progetti come “Mettiamo radici per il futuro”, che in Emilia-Romagna ha visto crescere dal 1° ottobre 2020 al 15 aprile 2021 587mila nuovi alberi in aree pubbliche e private. Oppure, tanto per citarne una buona pratica proveniente dall’estero, il progetto del governo neozelandese di piantare un miliardo di alberi entro il 2028.