sabato 30 aprile 2016

Internet Day, 30 anni di internet in Italia

Internet in Italia è arrivato dal cielo, era il 30 aprile 1986. Il primo messaggio che ci avrebbe collegato a quella che doveva diventare la grande rete del mondo è partito da Pisa, in via Santa Maria in Via, dove allora c’era la sede di un istituto del Consiglio Nazionale delle Ricerche, il Cnuce. Da lì è passato su un cavo telefonico della Sip (l’attuale Tim) fino alla stazione di Frascati dell’Italcable, la società che gestiva le chiamate internazionali, da dove è stato dirottato al vicino Fucino, in Abruzzo. Qui da un’antenna di Telespazio, ancora oggi in funzione, è stato sparato verso il satellite Intelsat IV, che orbitava sopra l’Atlantico, ed è sceso in picchiata verso la stazione satellitare di Roaring Creek, che la Comsat aveva aperto due anni prima in Pennsylvania. Era il 30 aprile 1986. L’Italia si era collegata a Internet. E non se ne accorse nessuno.
Il mondo in quei giorni era attonito per la tragedia dell’esplosione della centrale nucleare di Chernobyl, avvenuta quattro giorni. Internet non esisteva nella coscienza collettiva. Non esisteva neanche nel comunicato che qualche giorno dopo, con tutta calma, venne predisposto a Pisa. Si parlava di collegamento di Pisa ad Arpanet, la rete che era nata negli Stati Uniti nell’ottobre del 1969 per collegare i computer di molte università americane.
Ma da allora quella rete si era allargata e grazie ad un protocollo progettato nel 1973 in Silicon Valley da Vint Cerf e Bob Kahn, era diventata Internet: una rete di reti.
L'altra grande invenzione fu il World Wide Web (www), nel 1991, ma questa è un'altra storia.

giovedì 28 aprile 2016

Ricarica senza fili per le auto elettriche

Qualcomm è un marchio poco noto a chi non è appassionato di tecnologia, ma è nelle tasche di tutti noi: sua, infatti, è la stragrande maggioranza dei processori degli smartphone. Ebbene, Qualcomm ha l'obiettivo di modificare, anzi rivoluzionare, la mobilità, trasformandola in elettrica, connessa ed autonoma. Nella visione dell'azienda americana, i veicoli ricaricheranno le proprie batterie non solo durante ogni sosta (al supermercato, a casa, in ufficio), ma anche in movimento su corsie elettrificate.

Si prevede che fra 20 anni vivrà in città il 70% delle popolazione mondiale. Sarà indispensabile ridurre le emissioni inquinanti e anche le dimensioni dei veicoli.

Qualcomm pensa di dare energia alle batterie dei veicoli mediante delle piastre annegate nel terreno: nei parcheggi dei supermercati e delle scuole, delle abitazioni private e degli uffici pubblici, degli uffici e persino a bordo strada.

Una piastra quadrata grande circa 80x80 cm e annegata nel terreno si connette senza fili ad un'altra (circa 20x20) montata sotto il pianale del veicolo, che così si ricarica. Ma come si fa a esser certi di essersi posizionati correttamente? Lo dice un'app per smartphone

L'evoluzione più affascinante è però quella delle corsie in cui la ricarica si può effettuare in movimento: le batterie “succhiano” energia dal fondo stradale mentre si circola normalmente. Non è certo la prima volta che se ne parla, ma il momento buono arrivato: a breve partiranno i lavori a Parigi.
Resta da capire se la rete elettrica è pronta a fornire cosìì tanta potenza per la ricarica dei veicoli: altrimenti il rischio black out è molto concreto.

giovedì 21 aprile 2016

L'invenzione del Metro

All'indomani della Rivoluzione Francese, l'Assemblea Nazionale Costituente promosse l'uniformazione sotto un unico sistema di tutte le misure e le grandezze utilizzate nei vari Stati. Per riuscire nell'intento, figlio dello spirito illuministico, radunò i più eminenti scienziati e studiosi dell'epoca, tutti di nazionalità francese a parte il torinese - ma trapiantato Oltralpe - Giuseppe Luigi Lagrangia (più noto con il nome francese Joseph-Louis Lagrange).
La Commissione era formata dai matematici de Borda, de Caritat, Monge, da Lagrange, dall'astronomo Simon, dall'agronomo Tillet e dal chimico Lavoisier.
Al termine dei lavori furono presentati due rapporti: il primo il 27 ottobre 1790 e il secondo il 19 marzo 1791. In quest'ultimo resoconto venne data la definizione di metro: era così stata "inventata" la prima unità di misura veramente universale, dalla quale poi far discendere tutte le altre, in multipli o sottomultipli.
Con il decreto del 7 aprile 1795 venne diffuso il Sistema Metrico Decimale e nel 1799 fu realizzata una barra di platino della lunghezza di un metro, da esporre al Museo delle Arti e dei Mestieri di Parigi.
Il sistema non si impose subito in tutti i Paesi, anzi faticò molto a essere adottato, ma l'esigenza di avere una scala universale di misurazione, soprattutto per facilitare il commercio fra i diversi Stati, alla fine prevalse su qualsiasi riluttanza.
Nel 1801, il metro fu adottato ufficialmente dalla Francia, nel 1816 da Belgio, Olanda e Lussemburgo, nel 1849 dalla Spagna, mentre in Italia si dovette attendere il 1860; nell'Unione Sovietica arrivò nel 1918 al termine della Rivoluzione, tre anni più tardi uscì per la prima volta dall'Europa con l'adozione da parte del Giappone e successivamente della Cina; altri quarant'anni furono invece necessari al Regno Unito, che aderì al sistema soltanto nel 1963.
Gli Stati Uniti restano ancora oggi fedeli alle proprie unità di misura, raro esempio di Stato nel quale il metro inventato dalla Commissione non è mai stato accettato.

domenica 17 aprile 2016

Cyberbullismo: cos’ è?

Internet ha aperto nuove possibilità per tutti noi. L’altra faccia della medaglia è però rappresentata dai rischi legati ad un uso improprio di questo strumento: tra questi c’è il cyberbullismo. 
Per i giovani che stanno crescendo a contatto con le nuove tecnologie, la distinzione tra vita online e vita offline è davvero minima. Le attività che i ragazzi svolgono online o attraverso i media tecnologici hanno quindi spesso conseguenze anche nella loro vita reale. Allo stesso modo, le vite online influenzano anche il modo di comportarsi dei ragazzi offline, e questo elemento ha diverse ricadute che devono essere prese in considerazione per comprendere a fondo il cyberbullismo.
Il cyberbullismo è l’uso delle nuove tecnologie per intimorire, molestare, mettere in imbarazzo, far sentire a disagio o escludere altre persone.  
Tutto questo può avvenire utilizzando diverse modalità offerte dai nuovi media: telefonate, messaggi, chat, social network, ecc.
Le modalità specifiche con cui i ragazzi realizzano atti di cyberbullismo sono molte: pettegolezzi diffusi attraverso messaggi sui cellulari, mail, social network, postando o inoltrando informazioni, immagini o video imbarazzanti (incluse quelle false), rubando l’identità e il profilo di altri, o costruendone di falsi, al fine di mettere in imbarazzo o danneggiare la reputazione della vittima, insultando o deridendo la vittima attraverso messaggi sul cellulare, mail, social network, blog o altri media, facendo minacce fisiche alla vittima attraverso un qualsiasi media.
 Queste aggressioni possono far seguito a episodi di bullismo (scolastico o più in generale nei luoghi di aggregazione dei ragazzi) o essere comportamenti solo online. 

giovedì 14 aprile 2016

L'invenzione del container

Figlio di un agricoltore di origini scozzesi, Malcolm McLean iniziò giovanissimo a lavorare vendendo le uova della fattoria di famiglia, per poi comprare un vecchio camion di seconda mano e fare l'autotrasportatore.
Un giorno del 1937, mentre, fermo al porto, aspettava il suo turno per scaricare il camion, andò a prendere le sigarette al distributore automatico ed ebbe l'idea che cambiò il trasporto mondiale delle merci. All'epoca il carico delle merci su una nave era un procedimento lungo e laborioso: ogni camion andava scaricato e le merci venivano stivate una per una a bordo della nave.
McLean osservò i pacchetti di sigarette impilati nel distributore, poi si voltò a guardare l'attività nel porto. In quell'istante si rese conto che se la merce fosse stata inserita in un contenitore che si poteva staccare dal camion per essere portato direttamente sulla nave, sarebbe stato tutto molto più semplice. Se poi i contenitori fossero stati realizzati nel modo giusto si sarebbero potuti impilare come i pacchetti di sigarette del distributore. Era nata l'idea del container.
Per quasi vent'anni McLean tenne la sua straordinaria idea chiusa nel cassetto, aspettando il momento buono per metterla in pratica. L'occasione arrivò nel 1955: McLean vendette l'azienda, ormai florida, per comprare due navi, residuati bellici della Seconda guerra mondiale. In meno di un anno le ristrutturò, le dotò di una piattaforma sul ponte per caricare e scaricare i cassoni, e infine progettò e realizzò i primi container.
Il 26 aprile 1956 dal porto di Newark salpò la Ideal X, con 58 container a bordo, ognuno dei quali conteneva quasi 20 tonnellate di merce; arrivata a Port Houston, sua destinazione finale, McLean fece due conti: normalmente un carico costava 5,83 dollari la tonnellata, a lui era costato 0,16 dollari.
Il container invase il mondo in un batter d'occhio. Già agli inizi degli anni Ottanta praticamente tutti i Paesi erano attrezzati per ricevere le navi cariche di container, e oggi questo è lo strumento principale per trasportare merci in tutto il mondo.
In seguito, McLean vendette la nuova società, la Sea-Land, alla Reynolds Tobacco e poi alla Maersk, oggi tra le più grandi aziende di trasporto del mondo. Realizzato il sogno della sua vita e diventato miliardario, si ritirò dagli affari, costruendo un'immensa fattoria in quella campagna da cui la sua storia era partita.