venerdì 26 novembre 2021

Alla transizione energetica servono i cavi

La transizione energetica da combustibili fossili a fonti rinnovabili di energia sta dando un ruolo strategico a molti settori industriali di cui spesso si sottovaluta l’importanza: uno di questi è il settore dei grandi cavi – spesso sottomarini o interrati, lunghi anche centinaia di chilometri – che compongono la parte fondamentale di una rete elettrica, o che connettono tra loro le reti elettriche di due regioni o di due stati. I cavi, che hanno sempre avuto una grande importanza nella gestione delle reti in tutto il mondo, con la transizione energetica sono diventati fondamentali: l’elettrificazione del mondo è impossibile senza.

Per poter essere alimentata da energia pulita, la stragrande maggioranza dei processi che attualmente si svolgono bruciando gas naturale o derivati del petrolio dovrà diventare elettrica, per la semplice ragione che tutti i sistemi di produzione di energia pulita (dall’eolico al solare) producono elettricità.

Semplificando molto, per elettrificare buona parte del sistema energetico è necessario anzitutto trovare il modo di generare abbastanza energia con le fonti rinnovabili da soddisfare il fabbisogno; poi è necessario trasferire l’energia dai luoghi di produzione ai luoghi di consumo; infine bisogna fare in modo che la rete tenga, cioè che un’infrastruttura pensata per un certo numero di applicazioni continui a erogare correttamente energia alle case, alle industrie e agli uffici anche quando queste aumenteranno molto. Insomma, serve che non salti tutto quando le strade saranno piene di colonnine ricaricabili, e tutti metteranno in carica l’automobile elettrica in serata al ritorno dal lavoro, sovraccaricando la rete.

L'Italia con la Prysmian è leader nel mondo nella produzione di cavi elettrici, in competizione con la francese Nexans e la danese NKT: tra tutte e tre si spartiscono l’80 per cento del mercato mondiale, esclusa la Cina.

L’importanza dei grandi cavi è resa evidente dal proliferare di enormi progetti per la generazione di energia rinnovabile, come per esempio i parchi eolici offshore, schiere di turbine posizionati in mare, anche a decine di chilometri dalle coste, con l’obiettivo di generare energia sfruttando il vento in mare aperto. I progetti di parchi eolici offshore attualmente in costruzione sono numerosi e per molti paesi sono uno degli strumenti principali delle strategie di decarbonizzazione.

Per esempio, la Danimarca ha approvato un progetto per la realizzazione di due isole artificiali per la produzione di rinnovabili offshore, che dovranno alimentare milioni di case e saranno il più grande progetto infrastrutturale della storia del paese.

I cavi vengono stesi sottacqua, adagiati in fondali che in alcuni casi sono molto profondi (fino a 3000 m) e si tratta ovviamente di operazioni delicate e complesse, in cui intervengono navi speciali e in alcuni casi anche robot che facilitano il deposito dei cavi.

lunedì 22 novembre 2021

Rinnovabili, in arrivo 39 centrali eoliche nel mare davanti alle nostre spiagge

L'Italia non ha centrali eoliche in mare ma ben 39 progetti. Se venissero realizzati tutti, sarebbero 17 gigawatt, centinaia di eliche al largo delle coste di Romagna, Puglia, Calabria, Sicilia, Sardegna, Lazio, Toscana per dare all’Italia energia senza produrre fumo. Alcune sotto-costa con il pilone ben piantato nel fondo, e altre galleggianti, la nuova frontiera dell'eolico.

Tutte 39 sono ancora sulla carta tranne quella in realizzazione a Taranto, nel cui porto sono distesi piloni ed eliche già pronti da montare. Sui mari europei roteano già eliche per complessivi 12 gigawatt, con gli obiettivi di 60 per il 2030 e 300  per il 2050. 

Un terzo dei progetti sono su profondità inferiori ai 100 metri,  in cui i piloni possono essere piantati nel fondo, il  resto deve galleggiare nei mari profondi, ancorato al fondale. Lo scopo primario dell’eolico offshore  è evitare i crinali sovraffollati di pale eoliche e di comitati del no.

sabato 20 novembre 2021

Il sequestro della CO2


Ormai il mondo della scienza sta cominciando a capire che non saremo in grado, in tempi brevi, di ridurre in modo sufficiente e significativo le nostre emissioni di CO2, gas innocuo per la nostra salute, ma micidiale per il clima perché aumenta l'effetto serra provocando l'innalzamento della temperatura media del pianeta. Stanno nascendo quindi vari progetti per la cattura dell'anidride carbonica. Ecco come funziona il più grande impianto del mondo che elimina la CO2 dall'atmosfera.

Si chiama Orca e cattura la CO2 per trasformarla in roccia: dovrebbe arrivare a smaltire 4.000 tonnellate di anidride carbonica ogni anno.

E' costruito in Islanda tra ghiacci e vulcani, a pochi chilometri del centro della piccola capitale, sorge un impianto che sembra uscito da un film di fantascienza e potrebbe rappresentare un importante passo in avanti delle tecnologie di cattura della CO2 direttamente dall'aria: l'anidride carbonica catturata è trattenuta e sottoposta ad alcuni semplici processi chimici, poi è iniettata nel sottosuolo dove solidifica in roccia, evitando così che possa prima o poi tornare di nuovo in circolazione.

Questa rivoluzionaria tecnologia è stata realizzata da Climeworks, azienda svizzera che si occupa di soluzioni innovative per la tutela ambientale, e sembra funzionare per davvero. Orca aspira l'aria attraverso 12 grandi ventole e la fa passare in uno speciale filtro dove un materiale simile alla sabbia si lega chimicamente alla CO2, trattenendola.

L'andride carbonica così catturata viene quindi mescolata all'acqua ottenendo così della comune acqua frizzante potabile, ma, invece di essere imbottigliata, viene iniettata nel sottosuolo a centinaia di metri di profondità, in zone ricche di basalto. A contatto con il basalto, la CO2 contenuta nell'acqua innesca una serie di reazioni chimiche che, nel giro di due o tre anni, la trasformano in roccia. 

A differenza di altri processi di sequestro della CO2, questo è definitivo perché una volta solidificata l'anidride carbonica non ha modo di tornare nell'atmosfera. Ed è molto più efficiente anche rispetto alla riforestazione, perché le piante possono comunque rilasciare CO2 bruciando o decomponendosi una volta morte.

L'impianto funziona con energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili e ha un'impronta ambientale prossima allo zero. Si tratta comunque di una goccia nel mare: Orca ad oggi è in grado di eliminare in un anno di lavoro la CO2 prodotta in soli tre secondi dall'intero pianeta - circa 40 miliardi di tonnellate - ma è comunque un passo importante nella giusta direzione. 

venerdì 19 novembre 2021

Olio esausto

Con “olio esausto” si indica l'olio usato in cucina per le fritture dopo il suo uso.

Conoscere il modo corretto per smaltire l’olio esausto della frittura è molto importante, per evitare che sia gettato negli scarichi di casa o dei ristoranti, e non comporti gravi problemi alle tubature ed all’ambiente.

La raccolta degli oli esausti è purtroppo ancora poco conosciuta dalla maggior parte delle persone. Tanta gente preferisce gettarli nel lavandino o negli scarichi, senza conoscere i danni che così può causare.

A seconda della città in cui vivi puoi contare su servizi di ritiro dell’olio esausto o smaltire l’olio della frittura negli appositi spazi comunali.

Che succede se versi dell’olio in un bicchiere d’acqua? La sostanza oleosa resta in superficie, separandosi dagli altri liquidi. Di conseguenza, se getti l’olio della frittura nel wc puoi inquinare i terreni coltivabili e i pozzi potabili, perché la sostanza potrebbe raggiungere questi luoghi attraverso le falde acquifere e alterare anche i normali equilibri dei mari. Attraverso le fognature il nostro olio di casa andrebbe a formare una patina sulla superficie, con conseguenze disastrose per i pesci e gli altri animali.

Inoltre compromette il corretto funzionamento del tuo sistema di scarico. L’olio intasa le reti idriche e il sistema di depurazione verrebbe rallentato durante il suo normale processo di trattamento biologico.

L’olio esausto della frittura non è biodegradabile e non è organico: motivo per cui non può essere gettato nel contenitore dell’umido, come se niente fosse, o nel lavabo.

Se produci molti olii esausti, esistono degli appositi raccoglitori da tenere in casa: quando il contenitore sarà pieno, potrai allora recarti a smaltire l’olio da cucina nelle isole ecologiche della tua città.

Sono molte oggi le aziende che recuperano proprio l’olio esausto per creare lubrificanti vegetali per i macchinari agricoli, biodiesel e ricavare la glicerina per produrre dei saponi.

martedì 16 novembre 2021

Il traforo del Frejus compie 150 anni

C’era una volta il valico delle Alpi Cozie, il Passo del Fréjus, alto 2541 metri, fra la valle di Susa e la Maurienne, fra Bardonecchia e Modane. Da secoli era un passaggio atroce per l’uomo, difficile, pericoloso. Un ostacolo agli scambi commerciali tra il Sud e il Nord Europa: sotto quel passaggio, fu realizzata la prima galleria di grandi dimensioni in una montagna. 

Quest'anno ricorre il 150° anniversario dell’inaugurazione del Traforo ferroviario del Frejus, che collega il Piemonte con la Savoia. Fortemente voluto dal governo sabaudo e da Camillo Benso di Cavour per collegare finalmente il Piemonte con il resto dell’Europa.

Un’opera faraonica per l’epoca, il tunnel è lungo 12.847 metri, realizzata in appena 13 anni con le innovative tecniche di scavo degli ingegneri Sommelier, Grandis e Grattoni. Il tunnel rappresentò la prima grande opera di valico delle Alpi.

I lavori iniziarono nel 1857, con grande entusiasmo di Cavour (che tuttavia non ne vedrà il completamento, infatti morirà pochi mesi dopo l’unificazione d’Italia nel 1861). Interamente a doppio binario, l’opera ha subito diversi rimaneggiamenti, per adattarsi alle crescenti esigenze del trasporto ferroviario sempre in evoluzione.

Dopo l’iniziale esercizio con trazione a vapore (con non poche difficoltà, vista la necessità di ventilazione del tunnel e la scarsa potenza delle locomotive sulle ripide pendenze della linea), dal 1915 il tunnel fu elettrificato in corrente alternata, con sensibili miglioramenti nell’esercizio della linea Torino – Modane. Dopo i danneggiamenti della Seconda Guerra Mondiale, nel 1961 venne rifatta l'elettrificazione in corrente continua.



sabato 13 novembre 2021

Che cosa succede in 1 minuto in Internet?

Il mondo digitale sembra veramente un altro mondo: un chip di pochi millimetri quadrati può contenere al suo interno una biblioteca grande come un palazzo, in una frazione di secondo possiamo raggiungere un amico lontano migliaia di km e un computer più piccolo di un libro può completare in pochi istanti calcoli che richiederebbero migliaia di cervelli.

Ogni minuto vengono condivise 650.000 Instagram Story, 200.000 persone inviano un tweet, vengono inviate 197 milioni di email, 69 milioni di messaggi Whatsapp. Ogni minuto 28.000 persone accedono a Netflix per guardare un film o una serie, l'app di TikTok viene scaricata 5.000 volte, su Youtube vengono caricate più di 500 ore di contenuti video mentre Twitch totalizza oltre 2 milioni di visualizzazioni. E sembra inarrestabile anche la voglia di shopping: in 60 secondi sulla Rete vengono spesi 1,6 milioni di dollari.

Numeri impressionanti, e destinati a crescere sempre di più nei prossimi mesi perché spinti non solo dal crescente numero di servizi nuovi o rinnovati disponibili online, ma anche dai sempre più numerosi oggetti connessi che entreranno nella nostra vita e con i quali ci troveremo a interagire in modi che oggi non riusciamo ancora a immaginare.

mercoledì 10 novembre 2021

Nave porta-container a zero emissioni e senza equipaggio

La prima nave a emissioni zero e senza equipaggio è stata varata e ha compiuto un riuscito viaggio-test: è quanto ha riferito la società norvegese Yara International, che l'ha costruita. Se l'elaborazione dei dati lo confermerà, il primo vero viaggio di lavoro dovrebbe avvenire nei prossimi mesi e collegherà due città della Norvegia. Yara International è un'azienda norvegese fondata nel 1905 e produce fertilizzanti per l’agricoltura: ggi Yara studia anche soluzioni per la riduzione delle emissioni e per pratiche agricole sostenibili.

Nel 2017 la società ha dato inizio al progetto di una nave autonoma, completamente elettrica: oggi la Yara Birkeland è attraccata nel porto di Horten (Norvegia). Viaggerà senza equipaggio e il controllo della navigazione sarà affidato a tre centri di controllo a terra. Nei primi mesi il carico e lo scarico della nave sarà ancora affidato ai portuali, ma l'obiettivo è di rendere totalmente autonome tutte le operazioni. La Yara Birkeland, lunga 80 metri e larga 15, potrà viaggiare a una velocità di 13 nodi (circa 24 chilometri l'ora) e sarà in grado di trasportare 60 container a pieno carico.

martedì 9 novembre 2021

Black Snow

Il Kuzbass, con il suo capoluogo Kemerovo, è un importantissimo bacino carbonifero, una delle riserve di carbone fossile più grandi del mondo, sviluppatasi in particolare durante il regime sovietico, con poche o nessuna precauzione di tipo ambientale. 

Dopo una contrazione negli anni '90, ora la produzione di carbone continua a crescere. Questo perché il carbone continua ad essera la forma di carburante più economica.

In questa zona deo mondo, non ci crederete, nevica nero. La neve di colore grigio o nero non è altro che il risultato della polvere di carbone proveniente dalle miniere a cielo aperto. Polvere tossica perché contiene metalli pesanti, come mercurio e arsenico, pericolosi per la salute.  

Come conseguenza dell'attività industriale della regione "l'aria si riempie di minuscolo particolato che resta in sospensione e quando nevica, precipita al suolo assieme al fiocchi. ​La neve ha il merito di rendere visibile un fenomeno che nelle altre stagioni non è assente ma semplicemente meno percepibile.

Nella regione di Kuzbass l'aspettativa di vita sia di 3 o 4 anni inferiore alla media della Nazione. L'incidenza di cancro, paralisi cerebrale infantile e tubercolosi qui è  più alta che altrove. 

venerdì 5 novembre 2021

Una tempesta solare può provocare un'apocalisse digitale

Un gruppo di scienziati ha recentemente messo in guardia il mondo intero dai rischi di un'ipotetica apocalisse digitale, con il blocco completo della rete Internet,  causata da una tempesta solare.

Un evento del genere potrebbe essere causato da una tempesta magnetica innescata da un'eruzione solare particolarmente potente: ad andare in crisi potrebbero essere i cavi sottomarini che garantiscono la connettività a livello globale.

Gli effetti delle tempeste solari sulla rete elettrica e sulle relative infrastrutture sono noti da tempo: le interferenze elettromagnetiche innescate dalle eruzioni solari possono compromettere il funzionamento delle apparecchiature che garantiscono il funzionamento delle centrali elettriche e dei nodi di distribuzione, lasciando quindi potenzialmente senza energia intere regioni, o addirittura nazioni.

Eventi di questo tipo sono per fortuna rari: l'ultimo è stato registrato nel 1989 e ha messo fuori uso una grande centrale elettrica del Quebec lasciando senza corrente per oltre nove ore tutto il Canada occidentale. Ma all'epoca la rete Internet non esisteva ancora. Oggi l'infrastruttura elettrica è molto più sicura rispetto a trent'anni fa ma la stessa tempesta, ancora oggi, potrebbe mandare in tilt i cavi sottomarini che trasportano il segnale Internet da un continente all'altro.

Le conseguenze di questo silenzio digitale sarebbero drammatiche: nessun accesso, non solo al web, ma anche a servizi essenziali, come quelli finanziari e sanitari, le telecomunicazioni e i servizi di informazione. Tra l'altro una tempesta solare di queste proporzioni metterebbe fuori uso anche i satelliti per le telecomunicazioni, che permettono al segnale Internet di rimbalzare da una parte all'altra della Terra.

Ad oggi non esistono simulazioni che ci permettano di conoscere in anticipo le conseguenze di un black-out della Rete su scala planetaria, ma sicuramente non sarebbero né leggere né di breve durata.

martedì 2 novembre 2021

Tecno-prodotti Asfalto chiaro e riflettente contro il caldo: funziona?


La città di Phoenix (Arizona, Stati Uniti) sta testando una soluzione al problema del surriscaldamento del manto stradale durante l'estate, ricoprendo le vie di alcuni quartieri della città con un asfalto a cui si aggiungono polimeri (molecole simili alle plastiche), materiale riciclato e sapone, che schiarisca il manto e lo renda più riflettente. Il materiale sembra effettivamente ridurre le temperature del manto stradale di 5-6°C , ma non quelle dell'aria, mentre addirittura aumenta la temperatura percepita dal nostro corpo, a causa della riflessione dei raggi solari. Svanisce la speranza di risparmiare soldi in aria condizionata estiva, e dunque quindi anche la probabilità che questo nuovo tecno-materiale si diffonda.