Lo usiamo un po’ tutti, ma pochi lo ammettono. E i
traduttori, quelli in carne e ossa, inorridiscono.
«Google Translate non vuole competere con i traduttori di
professione», spiegano da Google. «Il
nostro obiettivo è sviluppare il prodotto più utile per le persone comuni nella
vita di tutti i giorni, aiutando per esempio gli utenti dei Paesi in via di
sviluppo che usano Internet per la prima volta a rompere le barriere
linguistiche, o semplicemente facilitando la comunicazione durante una vacanza.
È un uso diverso dalla traduzione professionale».
Eppure se si entra dentro il traduttore di Google, si scopre
che gli ingranaggi che lo compongono sono tutt’altro che codici e rotelle
virtuali. Le traduzioni che appaiono sul lato destro dello schermo sono il
risultato di un sistema incrociato di testi già scritti e tradotti. Dai
traduttori professionisti, appunto. Translate usa una combinazione di sistemi
di apprendimento automatico e intelligenze artificiali. Alla
base c’è la Machine Translation, che analizza milioni di documenti sul Web già
tradotti, come libri o trascrizioni che arrivano da fonti istituzionali come
l’Onu, dove per i testi ufficiali vengono prodotti in lingue diverse. I computer di Google scansionano i testi e individuano i campioni
statistici più significativi che collegano la traduzione con il testo
originale. Questi milioni e milioni di campioni vengono poi usati dagli algoritmi per creare schemi per tradurre testi simili in futuro.
Alcune lingue, come l’inglese, funzionano meglio delle
altre. Soprattutto quando l’inglese è la lingua tradotta e la lingua di
partenza è una delle lingue dell’Unione europea, grazie all’uso dei numerosi
testi dell’Unione europea tradotti nelle diverse lingue comunitarie. Il
problema sorge quando per alcune lingue non ci sono abbastanza documenti
tradotti sul web che si possono usare per sviluppare campioni e istruire il
sistema. La difficoltà esiste soprattutto con
lingue come il greco, il cirillico, il cinese o l’arabo, che hanno alfabeti
diversi da quello latino: in questo caso i testi possono essere traslitterati
automaticamente dagli equivalenti fonetici, ma esistono anche le opzioni di
scrittura a mano sullo schermo e la traduzione vocale.
Anche gli utenti, comunque, possono contribuire a educare il
sistema fornendo un giudizio sulla traduzione che hanno ottenuto. E in molti
casi l’intervento degli utenti è stato risolutivo. Ci sono persone che
chiedevano come potevano contribuire a a rendere migliore Google Translate
nella loro lingua, così è stata creata una Translate Community. Una storia di successo è quella della lingua kazaka. Il governo ha
invitato le comunità di lingua inglese e kazaka a contribuire al progetto di
sviluppo di Google Translate in kazako. E oggi anche in Kazakistan possono
usare il traduttore automatico.
Al momento Google Translate è disponibile per 90 lingue,
compresi zulu, yiddish e swahili. C’è anche il latino
per le versioni. Si lavora per introdurre anche lingue
come il cantonese, il curdo, il tibetano e il samoano. Per gli smartphone e
tablet che supportano Android, si può scaricare un linguaggio di riferimento
prima del viaggio, in modo che si possa usare Translate anche senza connessione
quando si è all’estero.
Una delle ultime novità lanciate è Word Lens, il sistema che
permette di tradurre cartelli e segnali stradali puntando la videocamera dello
smartphone. Funzionalità che al momento esiste solo per alcune lingue.
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