lunedì 29 aprile 2024

Chi sono i Data Broker?

I Data Broker si occupano di recuperare online dati e informazioni per poi elaborarli, interpretarli e analizzarli. L’obiettivo è vendere o scambiare questi dati con aziende terze interessate a profilare gli utenti della rete per meglio individuare chi rientra fra i potenziali clienti propria attività e capire così a chi inviare determinate pubblicità o suggerire prodotti specifici.

È un vero e proprio mercato dei Big Data, dove gli attori coinvolti sono i Data Broker – con il ruolo di intermediari – le aziende che hanno un’attività di tipo commerciale e gli investitori pubblicitari. Gli utenti, che poi siamo tutti noi che navighiamo in rete, sono del tutto ignari di essere oggetto di analisi.

Il primo passo da capire è che qualsiasi azione un utente faccia online lascia una traccia: che sia l’inserimento di una parola in un motore di ricerca, l’acquisto di un prodotto tramite e-commerce, l’iscrizione a un gruppo su Facebook o la condivisone di un post, un like.

Tutte queste informazioni all’apparenza banali sono in realtà molto preziose e costituiscono la fetta principale dei dati che vengono raccolti. Per chi lavora nel settore sono infatti facilmente reperibili e vanno ad aggiungersi alle informazioni più personali che ci riguardano in prima persona. Tra queste troviamo: nome, sesso, mail, età, telefono, indirizzo, ecc.

In più ci sono da ricordare tutti quei dati considerati riservati, ma che invece si trovano liberamente in database “pubblicamente disponibili”. Parliamo ad esempio di tutti i siti istituzionali. Infine tutte le applicazioni gratuite una volta installate sul telefono, chiedono il consenso per registrare la posizione del dispositivo, scaricare la rubrica o raccogliere altri dati relativi all’utente.

Le fonti utilizzate, quindi, sono tante ed estremamente diverse tra loro proprio per permettere ai Data Broker di disporre di informazioni il più dettagliate e affidabili possibile. Dopo aver raccolto i dati, i Data Broker li rielaborano per creare delle categorie di profili raggruppati in base a diversi criteri.

Possono, per esempio, elaborare dei pacchetti di utenti suddivisi per fasce di età, oppure individuare persone accomunate dagli stessi interessi (come abbigliamento sportivo o prodotti per il corpo) o ancora delineare i profili che dispongono di un certo tipo di reddito e che quindi possono potenzialmente permettersi un determinato livello di spesa.

Le informazioni così organizzate vengono poi vendute alle aziende che possono utilizzarle a proprio vantaggio. Lo scopo principale di questa attività è quindi legato al marketing: grazie ai dati si capisce chi è maggiormente propenso all’acquisto e a chi conviene suggerire inserzioni pubblicitarie.

Dietro la raccolta di dati, però, c’è anche un obiettivo secondario: è infatti molto utile per compiere indagini e fare studi di settore non particolarmente invasivi. Una pratica che mette in luce comportamenti e caratteristiche non solo dei consumatori, ma anche di società ed enti non fisici.

Le informazioni raccolte provengono sempre da fonti pubbliche e accessibili, per questo sembrerebbe assolutamente lecito ricavarle e conservarle. A maggior ragione se i dati arrivano da post o azioni compiute attraverso i Social Network, dove l’utente è pienamente consapevole di essere esposto a un pubblico e visibile da chiunque. Bisogna però fare una precisazione: i dati sì, sono accessibili, ma non possono mai essere usati per scopi differenti da quelli originari.

Chi lavora come Data Broker ha a che fare ogni giorno con algoritmi, numeri e statistiche per questo è un tipo di professione particolarmente adatta a chi studia Matematica o Economia e ha una forte passione per l’analisi. 


lunedì 22 aprile 2024

Chi studia vive di più

Molte variabili sono notoriamente in grado di influenzare la qualità e l’aspettativa di vita. Tra queste, le abitudini, la dieta, la possibilità d’accesso alle cure, lo stato economico, l’ambiente familiare. Tutti questi aspetti si legano in modo più o meno significativo con un altro importante parametro: l’educazione, o, per meglio dire, il numero di anni di istruzione portati a termine dall’individuo. Le analisi sono concordi: in poche parole, chi studia di più vive più a lungo.

È  chiaro che, con un grado superiore di istruzione, il soggetto tenderà a sviluppare abitudini di vita più sane, perché più conscio, non sempre ma in genere si, degli effetti che alcuni vizi hanno sulla salute. Qui bisognerebbe aprire una parentesi sull’obesità, che non sempre si comporta come gli altri parametri in esame; ma almeno per quanto riguarda il fumo e l’abuso di alcool queste abitudini nocive prevalgono nelle persone con un grado di istruzione inferiore.

Chi studia di più avrà uno status socioeconomico più elevato, potendo accedere a posizioni lavorative più prestigiose. Si tratta inoltre di persone che si trovano all’interno di una solida rete sociale, mentre l’isolamento porta ad una salute peggiore ed una mortalità più precoce. Infine, chi studia più a lungo avrà anche un maggiore accesso alle cure o l’accesso a cure migliori. Anche se in un Paese come l’Italia l’effetto di quest’ultimo fattore dovrebbe essere minimo, ci sono ancora importanti differenze in termini di accesso alle cure.

L’educazione che si riceve ha davvero il potere di cambiare completamente la vita di una persona. Non solo in termini di opportunità lavorative, ma anche per quanto riguarda le reti sociali, le abitudini, la qualità e la durata della vita. Proprio perché l’educazione che riceviamo è così importante, dobbiamo impegnarci per garantire a tutti accesso ai gradi superiori di istruzione, senza che gli altri fattori sociali ed economici siano d’ostacolo ad una mente volenterosa.


lunedì 15 aprile 2024

Cos’è il kevlar?

Il kevlar è una fibra sintetica famosa per avere un'ottima resistenza meccanica alla trazione, tanto da essere utilizzata per realizzare abbigliamento protettivo – come ad esempio nei giubbotti antiproiettile. Ma come è fatto? E quali sono le sue proprietà?

Nel 1964 la chimica statunitense Stephanie Kwolek della DuPont, studiava una fibra leggera ma resistente, da utilizzare come rinforzo negli pneumatici. Durante gli esperimenti di laboratorio, vengono fatte reagire due molecole chiamate monomeri. Possiamo paragonare i monomeri a due anelli di colori diversi: nel momento in cui questi anelli si legano tra di loro, formano una catena bicolore che in chimica prende il nome di polimero. L'insieme di tanti polimeri intrecciati tra loro formano una fibra che fin da subito dimostrò di avere ottime proprietà tecniche: venne brevettata nel 1973.

Immaginiamoci la macromolecola di Kevlar come un filo molto lungo: tra una catena e l'altra (tra un filo e l'altro) ci sono dei legami molto forti e fanno in modo che questa struttura sia molto difficile da smontare: questo si traduce in una elevatissima resistenza. La resistenza del kevlar riguarda non solo la capacità di resistere agli urti (una proprietà nota come tenacità), ma anche la capacità di resistere ad elevate temperature fino ai 350°C.  e la sua leggerezza. Tutte queste caratteristiche rendono il kevlar il candidato perfetto per importanti applicazioni.

Principalmente il kevlar viene utilizzato come fibra di rinforzo all'interno dei materiali compositi per aumentarne le prestazioni ed è proprio per questo che i compositi sono materiali dall'enorme versatilità. È utilizzato in svariati settori, andando dal settore aerospaziale (tute per astronauti per esempio) al settore automobilistico (telaio, cinghia di distribuzione ecc.) a quello dello sport (pagaie, canoe, attrezzi per sport agonistico). Fra le applicazioni più note ricordiamo sicuramente quella dei giubbotti antiproiettile dove il Kevlar gioca un ruolo essenziale nella realizzazione di una struttura che sia al contempo morbida, leggera ma molto resistente.


lunedì 8 aprile 2024

Sicilia hub internet

La Sicilia è un’isola che somma una storia e una cultura millenaria a una posizione di centralità nel Mediterraneo che ha permesso l’avvicendarsi di popoli e culture sulle sue sponde. Fenici, cartaginesi, greci, romani, arabi, normanni sono stati per secoli in Sicilia, e poi contesa tra francesi e spagnoli, e più recentemente sotto l’occhio vigili degli Stati Uniti.

Oggi la Sicilia è un fondamentale hub (incrocio/nodo) di transito e controllo per i dati, la ricchezza del XX secolo. Molto importante è la stazione radio/navale di Niscemi (Caltanisetta) con la quale è stata collegata la stazione Muos di controllo satellitare. La Sicilia è anche un importante snodo dei cavi internet sottomarini, chiamato Sicily Hub, collegato con Francoforte, Amsterdam, Marsiglia, Londra. La scelta della Sicilia non è casuale, qui passano 16 cavi intercontinentali che collegano Africa, Medio Oriente e Asia, ma è soprattutto dall’Africa, su cui la Sicilia si affaccia, che ci si attende un grande sviluppo nei prossimi anni.

Su queste fibre passa ogni genere d’informazione: dal comune traffico internet, alle transazioni finanziarie, messaggi criptati dei servizi segreti, comunicazioni di gruppi terroristici e organizzazioni criminali, comunicazioni diplomatiche e le attività di spionaggio sono sempre attive. La Cina, in passato ha provato, a investire nello sviluppo dell’aeroporto di Enna per mettere piede in Sicilia così come ha tentato, con Huawei, di essere protagonista nello sviluppo della rete 5G. Per ora questi tentativi sono stati bloccati dagli Stati Uniti.


lunedì 1 aprile 2024

Cavi internet sottomarini

Secondo TeleGeography, un sito che traccia i cavi sottomarini, ci sono più di 550 cavi sottomarini attivi o in progetto.  In totale ci sono quasi 1,4 milioni di chilometri di cavi subacquei che collegano il Nord America, il Sud America, l’Europa, l’Asia e il resto del mondo, tre volte la distanza Terra-Luna.  L’Asia-America Gateway è lungo più di 19.000 chilometri e attraversa il Pacifico collegando Thailandia, Cina, Brunei, Malesia, Singapore, Vietnam, Filippine, Guam e Hawaii agli Stati Uniti. Se vuoi vederli tutti, TeleGeography ha una mappa affascinante che mostra quanti cavi attraversano i principali oceani come l’Atlantico e il Pacifico.

Questi cavi hanno un’incredibile larghezza di banda. Più di 5 miliardi di persone usano internet, e ci sono solo poche centinaia di cavi per trasmettere dati tra i continenti. Ad esempio, il cavo MAREA, di proprietà di Facebook e Microsoft, trasmette dati a velocità misurate in terabit tra Virginia Beach negli Stati Uniti e Bilbao in Spagna. Google ha già investito in una serie di cavi sottomarini, tra cui Dunant, che collega la Virginia alla Francia; Firmina, che collegherà la Carolina del Sud all’Argentina, al Brasile e all’Uruguay; ed Equiano, che collega Portogallo, Nigeria e Sudafrica.

Un cavo per la trasmissione di dati è largo all'incirca quanto un tubo per bagnare il giardino ma contiene tantissime fibre ottiche con il diametro all’incirca di un capello. Naturalmente a volte ci sono incidenti di vario tipo e i cavi si possono rompere. Se ne sente parlare raramente perché la maggior parte delle aziende che li utilizza cerca di inviare i dati tramite più cavi: se un cavo si rompe, la rete funzionerà senza intoppi grazie alla presenza di più cavi "fratelli", permettendo al guasto di essere risolto senza intaccare la navigazione  degli utenti. La maggior parte dei danni sono causati da pescherecci e navi, legati principalmente allo strascico di ancore. Altri fattori, sebbene più rari, sono terremoti, sabotaggi e… morsi di squalo.

La durata media di utilizzo dei cavi si aggira attorno ai  25 anni, anche se spesso vengono disconnessi prima perché la tecnologia progredisce velocemente e sono disponibili cavi molto più veloci. Di solito, purtroppo, non vengono recuperati ma lasciati a invecchiare sul fondo dell’oceano. Esistono però aziende che acquistano i diritti sui cavi per poterli recuperare e ricavarne materie prime. In altri casi i cavi vengono venduti e acquistati da Paesi o aziende meno ricchi per i quali sarebbe troppo alta la spesa di un nuovo cavo. Tra i Paesi che possiedono il maggior numero di cavi troviamo gli Stati Uniti e la Cina. I principali investitori sono multinazionali come Google, Facebook, Microsoft e Amazon e includono operatori di telecomunicazioni e mobili, istituti di ricerca, governi.

Molte delle pagine web che utilizziamo giornalmente sono ospitate su server localizzati in tutto il mondo e quindi chiunque acceda a Internet sta utilizzando i cavi sottomarini. I dispositivi wireless e i nostri cellulari possono utilizzare anche i satelliti oltre ai cavi sottomarini in modo da raggiungere aree non ancora ditate di cavi. Tuttavia la fibra ottica è molto più economica, veloce e porta molti più dati rispetto ai satelliti. Quando si utilizza il cellulare, il segnale wireless viene trasmesso dal telefono all’antenna più vicina, ma da lì i dati verranno trasferiti su cavi in fibra ottica, siano essi terrestri o sottomarini. Arrivati a destinazione la chiamata o i dati internet torneranno wireless  e raggiungeranno il cellulare ricevente.


lunedì 25 marzo 2024

Ma quanto inquinano le navi?

L’inquinamento atmosferico causato dalle navi da crociera e mercantili è un problema sempre più rilevante. Uno studio condotto da T&E, un’organizzazione ambientalista indipendente europea, ha classificato Genova come il terzo porto italiano, dopo Civitavecchia e Napoli, e il tredicesimo in Europa per l’inquinamento atmosferico generato dalle navi da crociera. Secondo l’organizzazione ambientalista, l’inquinamento causato a Genova dalle navi da crociera è 2,5 volte superiore a quello prodotto dal traffico veicolare in città.

Oltre alle navi da trasporto passeggeri, anche le navi mercantili rappresentano una fonte significativa di inquinamento. Viaggia su nave oltre il 90% del trasporto mondiale di merci, e le loro emissioni di gas a effetto serra continuano a crescere. Si stima che le emissioni di CO2 delle navi mercantili rappresentino circa il 2,5% delle emissioni globali totali.

In particolare gli ossidi di zolfo emessi dalle navi sono particolarmente dannosi per la salute umana. È necessario adottare misure più rigide per garantire che le navi rispettino norme ambientali più stringenti e utilizzino combustibili più puliti se si desiderano realmente limitare se non annullare gli effetti degli inquinanti sulle zone delle città portuali più esposte.

Secondo T&E, sulla base dei dati analizzati nel loro studio, la priorità per ridurre l’inquinamento è quella di elettrificare i consumi energetici durante la permanenza in porto delle navi. L’elettrificazione delle banchine, che consente l’alimentazione da terra di energia elettrica senza dover utilizzare i motori delle navi stesse, è in corso di attuazione nei principali porti. Nel porto di Genova alcune zone sono già state elettrificate, mentre per le aree in cui attraccano le navi da crociera e i traghetti i lavori sono in corso.

lunedì 18 marzo 2024

I ricchi inquinano di più

Ogni anno, le persone più ricche dell'1% del mondo producono un livello di anidride carbonica che equivale a quello generato da quasi un milione di pale eoliche. Nel 2019, questa élite ha emesso una quantità di CO2 paragonabile a quella prodotta da cinque miliardi di persone, ovvero circa i due terzi della popolazione mondiale.

Questi dati mostrano quanto sia grande la differenza tra chi ha molto e chi ha poco, soprattutto in termini di impatto sull'ambiente. Secondo un rapporto di Oxfam chiamato "Climate equality, a planet for the 99%" , tra il 2020 e il 2030, le emissioni di quest'1% più ricco causeranno un eccesso di 1,3 milioni di morti legate al caldo, un numero simile alla popolazione di Dublino.

I super-ricchi, stando a quanto afferma Oxfam, stanno danneggiando il pianeta in modo irreparabile, portando a caldo eccessivo, inondazioni e siccità che mettono a rischio l'umanità. Amitabh Behar, direttore esecutivo ad interim di Oxfam International, sottolinea che è impossibile fermare la crisi climatica senza porre fine all'accumulo eccessivo di ricchezza.

Il rapporto di Oxfam mostra chiaramente che i super-ricchi contribuiscono in modo significativo all'innalzamento della temperatura globale a causa dei loro stili di vita ad alto impatto ambientale. Per esempio, l'1% più ricco ha emesso il 16% delle emissioni globali legate ai consumi nel 2019, superando le emissioni di tutte le auto e dei mezzi di trasporto su strada.

Il divario tra i super-ricchi e il resto del mondo è così ampio che ci vorrebbero 1.500 anni per produrre la stessa quantità di CO2 da parte di qualcuno nel 99% più povero della popolazione. Questa situazione mina gli sforzi globali per raggiungere gli obiettivi ambientali, come stabilito nell'Accordo di Parigi. Oxfam chiede ai governi di prendere provvedimenti, suggerendo una tassa del 60% sui redditi dell'1% più ricco, che potrebbe ridurre le emissioni e finanziare la transizione verso fonti di energia rinnovabile.

In sintesi, Oxfam propone una ridistribuzione globale del reddito, l'eliminazione veloce ed equa dei combustibili fossili, nuove tasse per le aziende e i miliardari, e l'abbandono del PIL come indicatore principale del progresso umano.