mercoledì 29 agosto 2018

Chi era Galileo Ferraris?

Galileo Ferraris (Livorno Vercellese, 1847 – Torino, 1897) nasce in un piccolo paesino del Piemonte, Livorno Vercellese che oggi porta il suo nome: Livorno Ferraris. Insieme ad Antonio Pacinotti è ingegnere italiano che, nel XIX secolo, ha dato il massimo contributo allo sviluppo dell’elettrotecnica. Sono sue invenzioni il campo magnetico rotante e una sua immediata conseguenza, il motore elettrico a corrente alternata.
Figlio del farmacista del paese, vive all’interno di una famiglia piuttosto numerosa: ha, infatti, tre fratelli e tre sorelle. Il suo nome indica quanta attenzione si prestasse in famiglia alla scienza. Un interesse che non viene meno neppure quando Galileo, a solo 8 anni, resta orfano del padre e si trasferisce in casa di uno zio medico, a Torino. Compie gli studi classici presso il Collegio di San Francesco di Paola, poi si iscrive e si laurea in ingegneria civile nel 1869
Entra da subito nell'ambiente accademico, dapprima come aiuto, poi nel 1877, come insegnante di fisica tecnica presso il Regno Museo Industriale di Torino (il futuro Politecnico di Torino). Nominato membro dell'Accademia delle Scienze, è stato il primo civile ad insegnare presso l'Accademia Militare.
Nel 1881 è inviato dal governo del giovane Regno d’Italia a rappresentare il paese alle esposizioni internazionali di Parigi e di Vienna. Ritornato in Italia fonda a Torino una scuola di ingegneria elettrotecnica nell'ambito del Museo industriale. Approfondendo i temi della tesi di laurea, lavora negli anni successivi alla possibilità di utilizzare la forza meccanica dei corsi d'acqua per alimentare macchine alternative o complementari al carbone (materiale di cui l’Italia non ha mai abbondato).
Galileo Ferraris è un patriota che sente il dovere di lavorare per il giovane paese. Ma, dice, «sono un professore, non un industriale», fornendo una concreta dimostrazione  di come persino gli ingegneri nell’Italia post-risorgimentale non coltivassero particolarmente lo spirito imprenditoriale e, dunque, contribuissero a frenare la trasformazione del paese da agricolo a industriale. Al contrario, come è nello spirito italiano del tempo, Galileo Ferraris mantiene stretto il rapporto tra tecnologia e matematica pura.
Per tutta la sua vita dimostrerà di possedere il genio dell’invenzione ma non lo spirito dell’industriale. 
Ferraris si interessa di vari temi, ivi inclusa i principi fisici dell’arte musicale. Ma i suoi maggiori contributi sono in elettrodinamica. Riprendendo i lavori di Ottaviano Fabrizio Mossotti sulle correnti alternate, nel 1885 realizza il campo magnetico rotante che rende possibile la realizzazione di un motore asincrono. Il motore elettrico asincrono a corrente alternata ha un grande successo e Galileo Ferraris diventa noto in tutto il mondo.
Ma non è lui a cogliere i benefici economici dell’invenzione. Ferraris, infatti, insiste nel sostenere che lui è un professore, non un industriale. E non brevetta la sua invenzione. Nel 1888 pubblica un articolo dove spiega in dettaglio la costituzione del suo motore. Quarantatre giorni dopo Nikola Tesla ottiene in America cinque brevetti, tra cui uno sul motore asincrono.
Nel 1892 la Westinghouse, che ha acquistato i diritti da Tesla, e la General Electric iniziano la produzione industriale dei motori asincroni, facendo ampio uso delle idee di Galileo Ferraris.
Edison ha definito Galileo Ferraris "il più grande degli elettrotecnici viventi"
A parte quelle economiche, l’ingegnere riceve tutti le gratificazioni che merita. Diventa socio dell’Accademia dei Lincei, fonda insieme ad altri l’Associazione Elettrotecnica Italiana e nel 1896 viene nominato Senatore del Regno d’Italia.
Muore nella sua Torino l’anno successivo di polmonite a soli 50 anni.
A Galileo Ferraris è intitolato l'Istituto elettrotecnico nazionale con sede a Torino, la città dove è stato fondato nel 1934. L'istituto oggi dispone di una raccolta di strumenti elettrotecnici, realizzati agli inizi del Novecento, in sostituzione degli originali di Ferraris andati perduti in un incendio nel 1899. Per quanto riguarda l'attività scientifica, qui proseguono le tradizionali ricerche nel settore dell'elettricità applicata e della metrologia, la disciplina che si occupa sia di compiere le misure sia di garantire la precisione dei campioni presi come riferimento per effettuarle. Proprio questo genere di studi rende famoso l'istituto. Il segnale orario che scandisce le trasmissioni radiofoniche e televisive delle reti pubbliche nazionali è sincronizzato proprio sugli orologi dell'Istituto Galileo Ferraris di Torino.

domenica 19 agosto 2018

Il Rex alla conquista del Nastro Azzurro

Il 1° agosto 1931 Vittorio Emanuele III e la moglie Elena vararono il leggendario transatlantico. Entrato in servizio l'anno dopo, nell'agosto 1933 attraversò in quattro giorni l'oceano, vincendo il «Blue Ribbon» (Il Nastro Azzurro) ed entrando così nella leggenda. Trasformata nel '40 in nave ospedale, fu affondata nel 1944 dagli aerei inglesi nel golfo di Tireste.
Mitica è rimasta la scena della folla di residenti e turisti al largo delle coste di Rimini in attesa del Rex, più famoso transatlantico al mondo, vincitore del Nastro Azzurro. Eccolo comparire in un tripudio di sirene, schizzi d'acqua, luci e saluti. Peccato sia una scena totalmente inventata dall'immaginifico Fellini nel suo «Amarcord» perché mai la nave aveva attraversato l'Adriatico. O meglio lo fece una volta sola, alla chetichella, per andarsi a nascondere nel golfo di Trieste dove sperava, inutilmente, di nascondersi alle incursioni aeree degli Alleati. Fu infatti avvistato, bombardato e affondato l8 settembre del 1944. Ponendo fine a una gloriosa carriera iniziata appena 13 anni prima.
Era il 1° agosto 1931 quando il re Vittorio Emanuele III, a cui era dedicato, e la consorte Elena, madrina della cerimonia, facendo volare la classica bottiglia di champagne dietro vita alla leggenda. Anche se per la prima crociera bisognerà attendere ancora un annetto. Il transatlantico era stato commissionato dalla «Navigazione Generale Italiana» ai Cantieri Navali Ansaldo di Sestri Ponente che iniziarono la costruzione il 27 Aprile 1930. Doveva rappresentare la potenza fascista e per questo non vennero lesinate energie, uomini, mezzi e soprattutto quattrini. Il progetto, redatto dall'ingegnere Achille Piazzai, fu rivisto più volte e infine fatto visionare ai tecnici tedeschi che avevano costruito il Bremen e l'Europa, i migliori transatlantici dell'epoca.
Il risultato fu imponente. Con i suoi 268 metri di lunghezza e 31 di larghezza e una stazza di oltre 50mila tonnellate divenne la terza nave più grande al mondo. E in Italia sarà superata solo nel 1991 dalla Costa Classica. Il suo apparato motore era costituito da quattro gruppi di turbine che azionavano altrettante eliche a 4 pale, di circa 5 metri di diametro. Narra la leggenda che fossero così equilibrate da poter essere mosse dalla forza di un unico uomo. La potenza dichiarata dall'Ansaldo, ma solo per confondere la concorrenza, era di 120mila cavalli, in realtà sembra potesse arrivare fino a 142mila. Poteva trasportare fino a 3.800 persone tra 756 uomini d'equipaggio e 3.014 passeggeri: 604 in prima classe, 378 in seconda, 410 nella turistica e 866 in terza.
Il viaggio di inaugurazione iniziò il 27 settembre 1932 al comando di Francesco Tarabotto, con 1.872 passeggeri a bordo. L'inizio fu però pessimo. Un problema alla centrale elettrica di bordo rese pressoché ingovernabile il timone, costringendo il capitano a uno sosta forzata a Gibilterra dove attendere i pezzi di ricambio con cui riparare il guasto. Molti passeggeri preferirono allora prendere il treno e trasferirsi in Germania, per fare il viaggio sul più affidabile Europa. Quando giunsero a New York trovarono però il Rex all'ancora nel porto di New York.
L'anno dopo, ampiamente rodati equipaggio e parti tecniche, il Rex partì alla conquista del Nastro Azzurro il «Blue Ribbon», riconoscimento attribuito alla nave passeggeri che avesse attraversato l'Atlantico, in regolare servizio e senza scali, nel più breve tempo possibile. Non proprio una gara di pura rapidità, poiché le navi seguivano rotte (e distanze) diverse veniva infatti calcolata la velocità media giornaliera. Il transatlantico, sempre al comando del capitano Tarabotto, salpò da Genova alle 11.30 del 10 agosto 1933 e, doppiato lo stretto di Gibilterra, venne «preso il tempo». Dopo quattro 4 giorni, 13 ore e 58 minuti la grande nave da crociera entrava trionfalmente nella baia di New York, avendo coperto le 3.181 miglia a una media di 28,92 nodi all'ora. Togliendo così il trofeo proprio al famoso Europa. Il Rex mantenne il «Nastro Azzurro» per un paio d'anni fino a quando il 3 giugno 1935 non dovette cederlo al francese Normandie, al suo viaggio inaugurale. Il successo dell'impresa fu comunque tale che la Zanussi chiese, e ottenne, di creare una linea di elettrodomestici con il nome «Rex».
Allo scoppio della guerra, anche il Rex fu «chiamato alle armi». Lo Stato Maggiore della Marina inizialmente pensava di trasformarlo in portaerei, imbarcazione che mancò sempre alla flotta italiana e fu causa delle cocenti sconfitte subite dalla marina inglese. Ma non se ne fece nulla e la nave fu adibita a trasporto feriti dal Nord Africa. Inizialmente mantenne la sua base a Genova, ma dopo il bombardamento della città da parte delle unità francesi il 14 giugno 1940 venne deciso il trasferimento nel più sicuro golfo di Trieste. Qui però venne individuato e attaccato dalla Raf l'8 settembre del 1944. Colpito da 123 razzi, il Rex bruciò per quattro giorni prima di rovesciarsi su un fianco e inabissarsi. Dopo la guerra fu considerata la possibilità di recuperarlo ma, visti i costi proibitivi, venne in parte smantellato tra il 1947 ed il 1958.

lunedì 6 agosto 2018

L'invenzione del radar

Robert Watson-Watt, pur non essendo stato un militare, può essere considerato a pieno titolo uno degli uomini che hanno vinto la Seconda guerra mondiale. Il risultato del suo lavoro divenne a tutti evidente nella famosa Battaglia d'inghilterra del 1940, quando la piccola Royal Air Force inglese riuscì a sconfiggere la poderosa Luftwaffe tedesca, vincendo uno scontro che fu decisivo per le sorti del conflitto.
Gli inglesi utilizzarono, infatti, un dispositivo in grado di individuare la posizione degli aerei nemici a lunga distanza, permettendo alle forze di cielo e di terra di organizzare per tempo la controffensiva. L'inventore di questo straordinario sistema fu lo scozzese Robert Alexander Watson-Watt, che aveva iniziato a lavorare nel 1915 come meteorologo presso il British Meteorological Office, distinguendosi, nel 1917, per l'invenzione di uno strumento in grado di individuare i temporali.
Nel 1935. divenuto direttore del dipartimento radio del National Physical Laboratory, scrisse una breve nota al governo inglese in cui spiegava di essere riuscito a usare le onde radio per individuare oggetti a grande distanza, mettendo a frutto gli studi compiuti nel 1887 dal fisico tedesco Heinrich Hertz (1857-1894). Nell'aprile di quello stesso anno registrò il brevetto per la sua invenzione, che chiamò Radio Detection And Ranging, abbreviato in Radar. Il sistema funzionava grazie a un'antenna che in modalità trasmittente emetteva un segnale radio. Se il segnale incrociava un aereo, la sua massa faceva tornare indietro l'onda radio, che veniva captata dall'antenna in modalità ricevente. Conoscendo l'angolo di direzione e il tempo di risposta era possibile, con un semplice calcolo, individuare la posizione del velìvolo.
Il primo modello di Watson-Watt era in grado di segnalare aerei a una distanza di quasi 150 Km, sufficienti a dare l'allarme per mettere in funzione le difese della contraerea. Nel settembre del 1938 èhtrò in funzione lungo la
costa inglese una serie di apparati per aumentare la possibilità di intercettare un numero maggiore di aerei che forniva dati 24 ore su 24. A testimonianza della rilevanza strategica dell'invenzione, i 18 radar funzionanti nel 1939 divennero 53 prima della fine della Seconda guerra mondiale e per i meriti Watson-Watt fu nominato cavaliere del regno nel 1942.

venerdì 3 agosto 2018

Che cos'è l'impronta ecologica?

Per vivere abbiamo bisogno di sfruttare le risorse che la natura ci dona: cibo da mangiare, acqua da bere, abiti da indossare, suolo da occupare. Ma come facciamo a sapere quanti di questi beni stiamo utilizzando, se stiamo consumando troppo e quanto abbiamo ancora a disposizione?
Per misurare la domanda dell’uomo nei confronti del nostro Pianeta si utilizza un indicatore chiamato impronta ecologica : un valore che calcola di quante risorse naturali l’uomo ha bisogno e le confronta con la capacità della Terra di rigenerare quelle risorse.
Per calcolarla si prendono in esame le abitudini di ciascuno in fatto di scelte alimentari, quantità di rifiuti prodotti, superficie di suolo occupato, abiti o altri beni acquistati, energia consumata, anidride carbonica emessa in atmosfera .
Più l’impronta ecologica è alta, più la salute del Pianeta è a rischio: significa che mentre l’uomo non accenna a diminuire le sue richieste, la Terra fatica a "stargli  dietro", e non riesce a sostituire ciò che egli ha consumato.
Gli scienziati hanno calcolato che attualmente stiamo vivendo come se avessimo una Terra e mezza a disposizione , e prima del 2050 arriveremo a consumare come se ne avessimo 2. L’anno scorso, poi, abbiamo terminato tutte le risorse che la Terra potrebbe rigenerare in un anno in poco più di 7 mesi . Le notizie, quindi, non sono incoraggianti: è chiaro che abbiamo uno stile di vita al di sopra delle nostre possibilità.
Per fortuna anche noi, nel nostro piccolo, possiamo contribuire ad abbassare la nostra impronta ecologica. Come? Per esempio, scegliendo, quando possibile, di spostarci in bicicletta o con i mezzi pubblici , piuttosto che farci scarrozzare in auto; o mangiando frutta e verdura di stagione , che non debbano aver compiuto centinaia di chilometri per finire nel nostro piatto; o ancora, ricordandoci di spegnere la luce quando usciamo da una stanza e di non lasciare pc o tv in stand-by quando non li stiamo usando. Tutti piccoli accorgimenti che contribuirebbero a ridurre il nostro impatto sul Pianeta.
Calcolatore di impronta ecologica