martedì 25 giugno 2019

Malati di Internet

Nasce a Milano un ambulatorio specializzato per disintossicarsi dalla dipendenza da computer e smartphone. Malati di videogiochi, youtuber, chattatori incalliti: quale che sia la dipendenza digitale, da oggi c’è un pronto soccorso per i dipendenti del web.
Vivi attaccato al telefonino e non riesce più a staccarti? Non hai altro dio all’infuori di Fortnite, Call of Duty e Grand Theft Auto? Faresti bene a preoccuparti. Sì, perché potresti essere affetto dalla dipendenza da Internet. Presenta sintomi simili a quelli che hanno i malati dal gioco d’azzardo. È un fenomeno più diffuso di quanto si pensi e colpisce indifferentemente bambini, adolescenti e adulti. In Italia si conta che siano 300 mila i ragazzi tra i 12 e i 15 anni con un disturbo legato all’Internet-dipendenza. Secondo l’ultimo rapporto Agi-Censis, la gran parte dei malati del web è in rete anche prima di dormire (il 77.7%) e subito dopo la sveglia (63%). Il 61.7% utilizza tablet e cellulari anche a letto (tra i più giovani si sfiora l’80%) e il 34% a tavola
Chi ha un problema collegato con l’abuso della rete o vuole chiedere consiglio per un proprio familiare, nel nuovo centro potrà parlare con personale qualificato e fare un primo esame di valutazione con gli psicologi, sulla base del quale poi costruire un percorso personalizzato. In futuro il servizio potrebbe essere esteso nelle scuole e nelle aziende.
L’abuso dei device digitali comporta tutta una serie di sintomi: ansia, stress, insonnia, irritabilità, disturbi dell’umore e dell’attenzione, nei casi più gravi anche depressione e attacchi di panico. Le conseguenze coinvolgono la salute psichica ma anche quella fisica. Nei dipendenti dal web si riscontra un cambiamento strutturale del cervello: il volume dell’ippocampo diminuisce, cresce invece il rilascio di neurotrasmettitori della dopamina. Un meccanismo simile a quello che si osserva nei tossicodipendenti e nei giocatori d’azzardo patologici. Per non parlare dei problemi di vista dovuti allo sforzo continuato degli occhi fissi sullo schermo, e le disfunzioni di postura: rigidità del collo, dolori cervicali e articolari.
Ragazzi, diamoci una regolata, fuori c'è vita, quella vera.

venerdì 21 giugno 2019

Il Caso Majorana

La fine del grande scienziato che lavorò con Enrico Fermi e "i ragazzi di via Panisperna" alle prime ricerche sull'atomo torna di attualità. Misteriosamente scomparso nel 1938, secondo la Procura di Roma era vivo e vegeto in Venezuela dal 1955 al 1959. Ma chi era Majorana? E che cosa sappiamo della sua scomparsa?
Le ultime notizie sul giovane scienziato erano datate 26 marzo 1938, quando da un hotel di Palermo aveva annunciato a un suo collega l’intenzione di imbarcarsi sul primo traghetto per Napoli. Poi non se ne seppe più nulla, e sulle varie ipotesi che seguirono gravò costantemente l’incertezza dell’avverbio “forse”: forse Majorana si suicidò gettandosi in mare; forse fu assassinato; forse scese dalla nave (o non vi mise affatto piede) e si ritirò in un convento; forse rimase in Sicilia, sua terra d’origine; forse si rifugiò in Sud America...
L'ultimo tassello di questa misteriosa vicenda è recente. Majorana fuggì segretamente in Sud America. Lo afferma la Procura di Roma che dal 2008 sta indagando sulla vivenda. La tesi dei giudici si basa sull'analisi di una foto scattata in Venezuela nel 1955, in cui appare un signore, conosciuto con il cognome Bini. L'uomo ritratto risulta compatibile con i tratti somatici del fisico catanese. Dove sta la verità? Per tentare di capirne di più proviamo a ricostruire lo svolgersi degli eventi.
La biografia di Majorana è sintetizzata in una manciata di parole scritte da lui stesso nel 1932: “Sono nato a Catania il 5 agosto 1906 […] e nel 1929 mi sono laureato in Fisica teorica sotto la direzione di Enrico Fermi. Ho frequentato […] l’Istituto di Fisica attendendo a ricerche di varia indole”. Per la cronaca, l’istituto di cui si parla era in via Panisperna, a Roma, e si occupava di sperimentazione nucleare. Figlio di un ingegnere e nipote dell’insigne fisico Quirino Majorana, fin da bambino Ettore brillò per le sue doti di matematico, che nella capitale mise al sevizio di un ensemble di giovani fisici coordinati dal docente Enrico Fermi e passati alla storia come “i ragazzi di via Panisperna”. Tra loro, Ettore si distingueva per il carattere riservato e la genialità.
La sua abilità nel calcolo era ammirata da tutti, ma ogni volta che i suoi studi sfioravano l’impresa scientifica, si rifiutava di pubblicarli e in alcuni casi arrivò persino a stracciare gli appunti di lavoro. “Aveva l’aria di chi in una serata tra amici si improvvisa giocoliere, prestigiatore, ma se ne ritrae appena scoppia l’applauso. […] Non uno di coloro che lo conobbero lo ricorda altrimenti che strano. E lo era veramente” scriverà il romanziere siciliano Leonardo Sciascia nel libro La scomparsa di Majorana (1975).
All’inizio del 1933 lo “strano” Ettore partì per un viaggio di studi nella Germania nazista, a Lipsia, dove lavorò con entusiasmo con il grande fisico teorico Heisenberg. Ma quando, ai primi di agosto, tornò a Roma mostrò ulteriori sintomi di stramberia. “Per quattro anni raramente esce di casa e ancor più raramente si fa vedere all’istituto” riassume Sciascia. La sentenza dei medici fu esplicita: “Esaurimento nervoso”. In tale contesto, nel 1937 gli venne assegnata per “chiara fama” una cattedra all’Università di Napoli.
Giunto nella città partenopea, Ettore strinse subito amicizia con il collega Antonio Carrelli, ma in generale condusse anche qui una vita appartata» riferisce. Poi, il 25 marzo 1938, si imbarcò per Palermo in cerca di riposo nella sua Sicilia e, prima di partire, scrisse al Carrelli una missiva che recitava: “Ho preso una decisione […] mi rendo conto delle noie che la mia improvvisa scomparsa potrà procurare […] ti prego di perdonarmi”. Indirizzò quindi un messaggio dello stesso tenore ai suoi famigliari: “Ho un solo desiderio: che non vi vestiate di nero […] perdonatemi”. Le intenzioni suicide parevano però essere svanite quando – giunto a Palermo – inviò un telegramma al solito Carrelli in cui diceva di non preoccuparsi per la lettera precedente.

Il giorno dopo scrisse la sua ultima missiva: “Caro Carrelli, spero che ti siano arrivati insieme il telegramma e la lettera. Il mare mi ha rifiutato e ritornerò. Ho però intenzione di rinunziare all’insegnamento”. Questi documenti furono gli ultimi “segnali” inviati dallo scienziato. Che all’improvviso svanì.
Le ricerche, volute nientemeno che da Mussolini, fecero i conti con la scarsità di elementi in mano agli inquirenti, tra cui spiccava un biglietto navale intestato a Majorana in cui era stranamente registrato, oltre al suo imbarco sul traghetto di ritorno, anche lo sbarco. Non fece chiarezza la testimonianza di un altro passeggero, Vittorio Strazzeri, che forse aveva visto Majorana sul ponte della nave all’alba del 27 marzo.
La tesi del suicidio in mare iniziò così a complicarsi, ma la cosa più strana era che, prima di sparire, Majorana aveva prelevato una grande somma di denaro (cinque stipendi arretrati) e fatto sparire il passaporto» osserva Di Trocchio. Le ricognizioni in mare non diedero alcun esito, e iniziò a farsi strada l’ipotesi di un Majorana “in fuga” dalla società. Vivo, ma nascosto chissà dove. E chissà perché.
Nel 1934 i ragazzi di via Panisperna avevano “bombardato” alcuni nuclei di uranio con dei neutroni, convincendosi alla fine dell’esperimento di aver creato nuovi elementi chimici. In realtà avevano praticato per la prima volta la “fissione nucleare” (primo passo verso la bomba atomica) e, secondo alcuni, il giovane talento, intuendone le possibili ricadute militari, si sentì talmente turbato da voler sparire dalla circolazione.
Così come non è da escludere che sia uscito di scena per la sua asocialità; alcuni hanno persino ipotizzato che sia stato ucciso con il placet dei servizi segreti Usa per impedirgli di svolgere ricerche per conto del fascismo o del nazismo.
Nel caso fosse invece fuggito per cambiare vita, dove si sarebbe nascosto? Una terza ipotesi sostenne che il fisico fosse riparato in Argentina, e ad attestarlo erano le segnalazioni di un suo passaggio a Buenos Aires tra gli Anni ’60 e ’70. La pista argentina guadagna ulteriore credibilità se messa in relazione con una quarta ipotesi secondo la quale Majorana andò in Germania (consenziente o obbligato) per servire il Terzo Reich, emigrando a Buenos Aires dopo il crollo nazista.
Tale ricostruzione è emersa dallo studio di una foto del 1950 in cui è ritratto il criminale nazista Adolf Eichmann (organizzatore del trasporto degli ebrei nei campi di concentramento) sul ponte di un battello diretto in Argentina. La cosa interessante è che al suo fianco c’è un passeggero che assomiglia proprio a Majorana.
Resta il fatto che dopo l’intervista fatta dal programma di Rai Tre Chi l’ha visto? a un immigrato italiano in Sudamerica che sostiene di aver conosciuto un cinquantenne di nome Bini somigliante a Majorana, nel 2008 la Procura di Roma ha riaperto il caso.

lunedì 17 giugno 2019

La Sagrada Familia di Barcellona, si avvicina la conclusione dei lavori.

Opera simbolo di Gaudí, la costruzione ebbe inizio nel 1882. Dopo 137 anni La Sagrada Familia, monumento simbolo di Barcellona mai del tutto ultimata, potrà finalmente diventare un'opera completa. Il Comune della città catalana, dopo trattative durate per decenni, ha infatti concesso il permesso a di ultimare i lavori.
Nel 1882 la prima pietra fu posata dall'architetto Francisco de Paula del Villar, a cui era stato affidato il progetto. Il progetto finì nelle mani di Gaudí l'anno successivo, in seguito alle dimissioni di Villar. La costruzione fu affidata all'allora giovane Antoni Gaudì.
L'idea di costruire una chiesa dedicata al culto della Sacra Famiglia fu dell'Asociación de Devotos de San Josep (Associazione spirituale dei devoti di San Giuseppe), sull'idea che venisse finanziata soltanto con le donazioni.
Gaudí modificò radicalmente il progetto iniziale, in stile neogotico, e lo arricchì molto. Ci lavorò per oltre 40 anni, dedicandosi solo a questa opera per gli ultimi 15 anni della propria vita. Per Gaudí la basilica fu sempre un work in progress: non lasciò nessun disegno costruttivo completo e definiva i dettagli man mano che la costruzione avanzava. Del progetto neogotico sono rimaste le 4 torri che ricordano i termitai o i castelli di sabbia.
Nel giugno 1926 la morte improvvisa di Gaudí, travolto da un tram mentre passeggiava per Barcellona. L'architetto era riuscito a realizzare soltanto la facciata della Natività e a completare solamente una delle torri, quella di San Barnaba. Gaudí venne sepolto nella cripta dell’incompiuta Sagrada Familia
L'arrivo della Guerra civile in Spagna causò diversi danni al processo di completamento della basilica. Nel luglio del 1936, gruppi anticlericali incendiarono la cripta. Andò distrutta gran parte del laboratorio di Gaudí aveva lavorato e vennero persi schizzi, appunti, mappe, e numerosi modelli in scala.
Gaudí non aveva lasciato altri progetti e i lavori della chiesa proseguirono sporadicamente per numerosi anni. Solo in seguito al recupero e al restauro dei grandi modelli originali del laboratorio, basati su foto dell'epoca, è stato possibile ricostruire buona parte del progetto originale.
La costruzione della chiesa continua a dipendere dai finanziamenti provenienti dalle donazioni all'associazione e i lavori sono sempre proceduti lentamente, anche a causa delle difficoltà del progetto.
La Sagrada Familia si compone di cinque navate principali e tre trasversali che formano una croce latina. Le cinque navate principali hanno una lunghezza di 90 metri mentre le trasversali misurano 60 metri. Nel 1984 la Sagrada Familia, sebbene non completa, è diventata patrimonio mondiale dell'Unesco.
Una volta terminata, la costruzione avrà 18 torri alte tra 90 e 170 metri. Le torri sono dedicate agli apostoli, agli evangelisti, a Maria ed a Gesù Cristo.

venerdì 14 giugno 2019

Dove vai in piscina?

Un nuovo grattacielo sta per essere costruito a Londra e promette di stupire il mondo intero non tanto per la sua altezza o per la sua forma eccentrica ma perché al posto del tetto avrà una piscina con vista a 360° sulla città, la prima a 220 metri di altezza.


L'incredibile piscina sui tetti di Londra si chiamerà Infinity London, e sorgerà a copertura di un grattacielo da 55 piani che ospiterà un nuovo hotel di lusso per Londra. La piscina avrà pareti e pavimento completamenti trasparenti, in questo modo non solo avrà una vista mozzafiato a 360° sulla città ma permetterà, attraverso una cavità nel fondo, di vedere anche all'interno del grattacielo.


La costruzione della Infinity London potrebbe cominciare già nel 2020 : la posizione del grattacielo ancora non è stata stabilita. Avrà acqua riscaldata grazie al riciclo dell'energia di scarto dell'aria condizionata e sarà illuminata sui bordi come un faro tra i tetti di Londra. Unica avvertenza: se ne sconsiglia l'utilizzo a chi soffre di vertigini.

lunedì 10 giugno 2019

Supercomputer

Importante novità dal fronte dei supercomputer: l'Italia è stata scelta per ospitare uno dei supercomputer europei. L'annuncio è stato dato dal MIUR (Il Ministero dell'Istruzione e della Ricerca Universitaria.
L'Italia è stata individuata come sede del Comitato Europeo sul Calcolo ad alte prestazioni (EuroHPC). La città prescelta è Bologna, che si aggiunge a Sofia (Bulgaria), Ostrava (Repubblica Ceca), Kajaani (Finlandia), Bissen (Lussemburgo), Minho (Portogallo), Maribor (Slovenia) e Barcellona (Spagna).
Il progetto porterà alla creazione di una rete di supercomputer europea con avanzate capacità di calcolo, in grado di raggiungere una potenza di calcolo di un miliardo di miliardi di operazioni al secondo. Come già avviene in Cina e Stati Uniti da tempo, i computer saranno utili per lo studio del cervello ed anche in altri ambiti come l'astronomia, oltre che per la progettazione di nuovi farmaci e la lotta al cambiamento climatico.
Stati Uniti e Cina sono impegnati in una durissima guerra su molti fronti, anche quello dei supercomputer. I supercomputer sono fondamentali per un paese, perché permettono di fare simulazioni in diversi settori, dal meteo (che sappiamo quanto possa incidere sull’economia) alla ricerca di nuovi giacimenti di petrolio e gas, fino ad arrivare allo studio di nuovi materiali. Le applicazioni sono sterminate, il limite è solo l’immaginazione dei ricercatori.
Dopo anni di dominio cinese, gli Stati Uniti sono tornati al vertice, con il supercomputer chiamato Summit.  Questa macchina  ha una potenza massima di un milione di miliardi di operazioni al secondo, grazie a migliaia di processori e chip grafici.
Il primo supercomputer europeo è a Lugano.
Gli Stati Uniti possono quindi vantarsi di avere il supercomputer più potente, ma la Cina  e conta ben 277 sistemi nella classifica TOP500, gli USA 109 (anche se mediamente più veloci).

martedì 4 giugno 2019

Giornata mondiale della bici, ma l'Italia pedala poco

Ieri, lunedì 3 giugno si è celebrata la Giornata mondiale della bicicletta, istituita l'anno scorso dall'Onu per promuovere la mobilità ciclistica. Ma in Italia c'è poco da celebrare. Gli italiani vanno poco in bici, nelle città mancano le ciclabili. I cicloturisti sono per lo più stranieri. Le grandi ciclovie nazionali, quelle che dovrebbero permettere di viaggiare nel paese pedalando, sono più sulla carta che nella realtà. Secondo la Federazione italiana ambiente e bicicletta (Fiab), solo 5 italiani su 100 vanno in bici (qualche anno fa erano 3 su 100): si va dal 30% di certe regioni settentrionali, allo zero virgola di alcune regioni del Mezzogiorno. I ciclisti urbani, secondo uno studio di Unioncamere e Legambiente, sono appena 700.000. Lo stesso studio rivela che chi fa le vacanze in bicicletta in Italia sono 1,85 milioni di persone ogni anno (+41% rispetto al 2013), mentre altri 4,18 milioni usano la bici durante la vacanza. Ma, precisa un'altra ricerca dell'Enit (l'agenzia pubblica del turismo), il 61% dei cicloturisti in Italia sono stranieri, e le principali destinazioni sono tutte nel Norditalia. Certo, l'orografia dell'Italia non è favorevole alla bici, salvo che nella Pianura padana (non a caso, l'area del paese dove si pedala di più). Ma l'incredibile quantità di bellezze artistiche e naturali rende comunque l'Italia un potenziale paradiso per i ciclisti. Il problema è che mancano le arterie dedicate alle biciclette, ciclabili urbane e ciclovie extraurbane. Chi pedala deve usare le stesse strade di auto e camion, ed è costantemente a rischio. E questo fa passare la voglia di pedalare a molti. Tanto per dare un'idea, Roma è la capitale europea dove ci si sposta meno in bici, solo l'1% della popolazione. Nel Nordeuropa, dove si va tantissimo in bicicletta, non a caso abbondano ciclabili e ciclovie, curate e attrezzate. Nonostante tutto ciò, il turismo in bici (secondo Unioncamere-Legambiente) fattura 7,6 miliardi all'anno nel nostro paese, e l'intero giro d'affari legato al pedale arriva a 12 miliardi. Sono stati avviati grandi progetti (Ciclovie tirrenica, adriatica e dell'Appennino), ma per ora rimangono sulla carta. Della Ciclabile del Garda, uno dei progetti più belli, esistono solo dei brevi tratti. Nel Mezzogiorno, le ciclabili in genere non esistono proprio. Le legge sulla mobilità ciclistica, la 2/2018, prevedeva che entro la metà dell'anno scorso il Ministero delle Infrastrutture preparasse un piano triennale per le bici. Ma di questo piano si sono perse le tracce, come pure dei 500 milioni di euro in 6 anni per le ciclabili previsti dalla legge.

Il ministro Toninelli ha in programma 10 ciclovie turistiche da realizzare su tutto il territorio italiano, 361 milioni di euro già sbloccati per la loro realizzazione, due progetti già avanzati e quattro in fase di finanziamento.Vedremo se andrà avanti.

“Puntare sulla mobilità sostenibile è da sempre uno dei capisaldi del nostro pensiero politico – sottolinea in una nota il Ministro Danilo Toninelli – Realizzare questo progetto è una delle nostre priorità, che stiamo perseguendo ogni giorno. Il sottosegretario Michele Dell'Orco, in particolare, è molto attento al tema e si sta occupando al Ministero della puntuale realizzazione del sistema delle ciclovie turistiche, che permetterà di creare affascinanti percorsi dedicati alle biciclette collegando i maggiori luoghi di interesse turistico d'Italia, anche quelli finora meno esplorati. Il nostro impegno è massimo per fare dell'Italia un Paese a misura di bicicletta e finalmente all'avanguardia in Europa”.