sabato 28 agosto 2021

Plastic Tax

A gennaio 2022 entrerà in vigore la plastic tax, un'imposta di 45 centesimi di euro per ogni chilo di imballaggi di plastica. Questa novità è davvero importante per aiutare l'ambiente? Per ridurre ed eliminare gli imballaggi in plastica i nostri comportamenti, dal supermercato a casa, possono davvero fare la differenza. Ecco come fare la nostra parte, per il bene del Pianeta.

La riduzione dell'impatto ambientale della plastica passa soprattutto attraverso una attenta raccolta differenziata dei rifiuti. Ma i cittadini hanno bisogno di alternative valide al consumo di plastica usa-e-getta, sia in termini di materiali che di soluzioni che evitino dal principio la produzione di un imballaggio. 

Quando parliamo del bene dell'ambiente, le nostre scelte di consumo possono veramente fare la differenza. Ogni anno ciascuno di noi produce circa 500 kg di rifiuti, metà dei quali sono imballaggi e di questi la maggior parte è costituita da plastica. Quando viene smaltita nel modo giusto, la plastica può essere riutilizzata per produrre plastica di minor qualità (è il caso della scocca dei motorini o degli aspirapolvere) o di tessuti (come imbottiture per piumini, pile o coperte). Quando viene dispersa nell'ambiente e nei mari, infine, può impiegare fino a 500 anni per deteriorarsi: un fenomeno molto pericoloso per gli animali marini.

Qual è allora la soluzione? Non può più essere sufficiente riciclare, è necessario eliminare imballaggi e plastica dalle nostre abitudini. Ecco tre consigli pratici che possiamo adottare fin da subito:

  1. Eliminare il consumo di acqua in bottiglia
  2. Evitare monoporzioni e a frutta e verdura confezionate
  3. Detersivi e detergenti a ricarica

giovedì 26 agosto 2021

La rivincita dei QR code

Non che se ne fossero mai andati del tutto, ma da qualche tempo i QR code (dove le due lettere stanno per “Quick Response”, risposta rapida) sono tornati. Nei menu dei ristoranti e, soprattutto, nei Green Pass di cui tanto si parla. Per i QR code è una sorta di rivincita: perché mentre in Cina li si usa da anni, in gran parte del resto del mondo sembravano, fino a prima della pandemia, una tecnologia superata. Sembrano quindi esserci ragioni per credere, come ha fatto notare tra gli altri il New York Times, che ormai «i QR code sono qui per restare».

I QR code furono inventati nel 1994 in Giappone, perché Toyota aveva bisogno di un sistema semplice e veloce per tracciare e tenere sotto controllo i pezzi di automobili che si muovevano nella sua catena di montaggio. L’azienda chiese quindi alla Denso Wave, che si occupava e ancora si occupa di sistemi integrati, di pensare a qualcosa che potesse essere più semplice, più veloce e più potente dei codici a barre monodimensionali sviluppati negli anni Cinquanta da alcuni studenti statunitensi e dopo successivi perfezionamenti usati nei negozi di tutto il mondo.

I QR code sono un’evoluzione dei codici a barre perché in uno spazio simile possono contenere molte più informazioni. Le linee verticali di un codice a barre bidimensionale possono sostituire giusto qualche decina di cifre o caratteri. Nella maggior parte dei QR code ci sono tre quadrati sugli angoli, il cui scopo è aiutare la fotocamera ad allinearsi con l’immagine. Un quarto quadrato, un po’ più accentrato sull’ultimo angolo, aiuta poi la fotocamera a capire la grandezza dell’immagine e l’angolazione da cui la si sta inquadrando. Tutti gli altri quadratini più piccoli fanno invece qualcosa di simile a quello che le barre verticali fanno nei codici a barre: contengono cioè le informazioni necessarie a aprire un determinato link. I QR code possono arrivare a contenere fino a un massimo di circa 3 KB di dati.

lunedì 23 agosto 2021

Che cos’è un algoritmo?

Sentiamo spesso usare la parola algoritmo, ma che cosa mai vorrà dire? Il significato è meno complicato di quanto si pensi: un algoritmo non è altro che una procedura, una lista di istruzioni da seguire per risolvere un problema. Per esempio se di un quadrato conosco il lato e devo calcolare il perimetro, l’algoritmo esatto è la moltiplicazione del lato per quattro. L’algoritmo per cucinare la pizza  è la ricetta, e quello per costruire un’astronave del Lego è dato dal foglietto delle istruzioni, quello per raggiungere casa di un amico sono le indicazioni stradali. Questo termine, algoritmo, deriva dal nome di un matematico persiano al-Khwarizmi che già nell’ 800 d.C. aveva provato a spiegare a questo concetto.

Nel campo dell’informatica, un algoritmo è una procedura di calcolo che serve a risolvere un problema più o meno complesso: dall’ordinare una lista di nomi a guidare le delicate operazioni di una missione spaziale. L’algoritmo sono le istruzioni che diamo al computer. Se lo dovessimo disegnare, somiglierebbe a un diagramma di flusso, uno di quegli schemi con una serie di blocchi, ognuno dei quali rappresenta una diversa operazione da compiere, e con delle belle frecce che indichino la direzione da seguire. L’ordine delle istruzioni è infatti fondamentale. Quando facciamo la pizza non mettiamo la mozzarella sotto il pomodoro, e prima di uscire di casa non indossiamo le calze sopra le scarpe, o il maglione sopra il cappotto. Le istruzioni andranno eseguite dall’inizio alla fine, secondo un ordine prestabilito.

Oggi in genere si parla di algoritmi con riferimento al settore dell’intelligenza artificiale, quel ramo dell’informatica che progetta software in grado, nel tempo, di “imparare” dalle ripetizioni. Gli algoritmi sono legati al tema del machine learning, cioè l’apprendimento automatico delle macchine: anziché ripetere i set di istruzioni fornite “senza imparare nulla”, i sistemi che si basano sul machine learning li riscrivono e li migliorano mentre li eseguono, mentre lavorano. In questo modo gli algoritmi diventano sempre più sofisticati, e a volte non del tutto comprensibili nemmeno a chi li ha inizialmente programmati.

Sono gli algoritmi a trovare la strada più veloce e meno trafficata su Google Maps, o a suggerirvi un film su Netflix in base a ciò che più vi piace (come fanno a capirlo? Vedono quello che avete scelto finora…). Una serie di algoritmi mette in ordine i risultati sui motori di ricerca, facendo “salire” quelli con più link, più parole chiave o spiegazioni migliori. Sono gli algoritmi che decidono che cosa far comparire sulla bacheca di Facebook, o quali annunci pubblicitari proporci mentre siamo online. Algoritmi specializzati ci permettono poi di interpretare le immagini rimandate dallo Spazio dando loro forme e colori “terrestri”; ma anche di mappare il complesso codice del DNA umano, o di fare previsioni su comportamenti o fenomeni futuri: semplicemente, perché questi set di istruzioni sono spesso in grado di individuare connessioni che all’occhio umano sfuggono.

  



venerdì 20 agosto 2021

Come nasce il diritto d'autore

Nel mondo antico, quando l’unico modo per copiare un libro era quello di farsene una copia a penna, non c’era il copyright: chiunque sapesse scrivere poteva copiare un libro. Non solo non si sentiva la necessità di impedire il diritto di copia, ma copiare era considerato un bene e non un male. Creare una copia era considerato una forma d'arte, e contemporaneamente un riconoscimento del valore dell'originale. Il copista era un artista che non faceva un lavoro diverso da quello dell'artista da cui copiava, e quindi firmava anche la copia con il suo nome. Gli autori, letterati, pittori, scultori si mantenevano perché al servizio di un signore, principe, papa (mecenate). Col tempo accadde che l’autore chiedesse sempre più al sovrano il diritto di esclusiva sulle proprie opere. Per diverso tempo questo diritto fu riconosciuto attraverso alcuni privilegi concessi dal principe alle singole opere: era comunque forte l’idea che l’opera scaturita dalla creatività dovesse essere di pubblico dominio.

L’invenzione di Gutemberg della stampa a caratteri mobili portò a significative conseguenze: i costi di produzione dei libri calarono, aumentando dunque il numero degli stampati, e così la diffusione degli stessi. Prima la circolazione dei volumi interessava pochissimi individui letterati, di alta estrazione sociale, in quanto unici a poterne fruire sia per disponibilità economica sia per capacità di apprezzarne il contenuto. D'ora in poi i contenuti saranno accessibili a un maggior numero di persone e dunque diventerà di estrema importanza porsi il problema sui diritti di chi crea, distribuisce o dispone di tali contenuti.

Nel 1710 in Gran Bretagna, sotto il regno della regina Anna Stuart, venne abbattuto il sistema dei privilegi con uno Statuto che prende il nome della stessa sovrana: lo Statuto di Anna. Tale atto aveva l'intento di garantire il copyright agli autori delle opere per una durata di quattordici anni. Questo modello normativo riscosse molto successo e si diffuse rapidamente in tutta Europa con la Rivoluzione Francese e in seguito in  Italia con lo Statuto Albertino.




lunedì 16 agosto 2021

Gas serra: da dove arrivano?

I gas serra sono quei gas presenti nell’atmosfera che lasciano passare molte delle radiazioni che dal Sole raggiungono la Terra, ma che trattengono parzialmente le radiazioni infrarosse emesse dalla Terra, provocando l’effetto serra. Questo fenomeno è naturale, e regola la temperatura del pianeta permettendo la vita: ma l’attività umana ha causato un innaturale aumento dell’effetto serra, che sta comportando un allarmante aumento delle temperature. Il riscaldamento globale è in buona parte causato dall’aumento dei gas serra nell’atmosfera, causato dalle attività umane. Ma da quali attività?

I gas serra possono essere il risultato di processi naturali, come nel caso del vapore acqueo, o di processi naturali e artificiali, come l’anidride carbonica (CO2) e il metano (CH4), oppure di processi soltanto artificiali. Quello più citato quando si parla di riscaldamento globale, però, è l’anidride carbonica, che rappresenta oltre il 75 per cento delle emissioni causate dall’uomo ed è il principale responsabile dell’aumento della temperatura sul pianeta, un fenomeno ormai provato scientificamente e che secondo l’IPCC, il comitato sul cambiamento climatico dell’ONU, entro il 2030 sarà superiore agli 1,5 °C ritenuti la soglia massima di sicurezza per avere effetti contenuti e gestibili, seppure con grandi spese di denaro e risorse.

Esistono varie stime su quanto i diversi settori delle attività umane contribuiscano, in percentuale, alle emissioni globali di gas serra. Sono valutazioni molto complesse e che possono cambiare a seconda dei parametri considerati. Una delle stime più citate è quella del’IPCC che si basa sui dati del 2010: il 25 per cento deriva dalla produzione di elettricità e calore, dalla combustione di carbone, gas naturali o petrolio; il 24 per cento dall’agricoltura, dall’allevamento e dalla deforestazione; il 21 per cento dall’industria; il 14 per cento dai trasporti; il 6 per cento dal consumo di combustibili fossili per uso residenziale e commerciale; e per il 10 per cento da una serie di altre attività come l’estrazione di combustibili fossili, la raffinazione del petrolio, la sua lavorazione e il suo trasporto.

I trasporti dunque (anche se la quota è in aumento) contribuiscono solo per il 14%, meno di allevamento e agricoltura, e  sono per il 70% su strada e il resto in parti uguali navi e aerei. Su strada sono suddivisi per il 60% auto e per il 40% veicoli commerciali.



venerdì 13 agosto 2021

Un futuro di foreste

Le foreste del nostro Pianeta catturano circa il 30% dell'anidride carbonica emessa dai combustibili fossili: senza di loro avremmo già superato oggi il limite di riscaldamento globale di 2°C, che è il massimo che possiamo permetterci senza compromettere il futuro dell'umanità. Ma di più foreste ancora avremo bisogno per raggiungere la "carbon neutrality" ovvero assorbire tutte le nuove emissioni di carbonio nel 2050. 

La neutralizzazione del carbonio è veramente difficile: ridurre le emissioni almeno del 60% e riassorbire la restante quota, con tecnologie di stoccaggio del carbonio atmosferico (ad esempio nelle profondità geologiche) ha molte incertezze sia di natura tecnologica che economica e di rischio ambientale. Quindi non rimane che lo stoccaggio del carbonio per via biologica, ovvero la fotosintesi delle piante che trasformano il carbonio atmosferico in biomassa. Ebbene sì, un tavolo di legno non è altro che la condensazione del gas CO2 atmosferico in materia: in realtà non è niente di magico bensì un processo affascinante e complesso che chiamiamo fotosintesi che peraltro ha dato anche il nostro pianeta circa un miliardo di anni fa l'ossigeno dell'atmosfera. 

L'opzione di incrementare lo stoccaggio del carbonio in biomassa forestale è inevitabile se vogliamo raffreddare il pianeta. Ecco perché si moltiplicano oggi i progetti di riconversione delle terre in superfici forestali oppure di riduzione della deforestazione tropicale o di miglioramento della gestione delle foreste. Ma qual è la durata del carbonio delle foreste? E' una soluzione definitiva? A molti altri organismi del bosco, dai microbi ai funghi agli insetti, interessa il carbonio delle foreste e quindi con la loro  azione potrebbero rimetterlo in circolo. 

Poi c'è il grande problema degli incendi boschivi con cui ad ogni nuova estate dobbiamo confrontarci in modo sempre più drammatico: in pochi giorni sono in grado di liberare il carbonio accumulato in centinaia di anni.  

giovedì 5 agosto 2021

Batterie allo stato solido

Le batterie al litio che oggi usiamo nei nostri strumenti tecnologici, e nelle auto elettriche, hanno l'elettrolita, cioè l'elemento che consente di trasportare le cariche elettriche tra il polo + e il polo -  in forma liquida. Oggi sono in una fase studio molto avanzata le batterie chiamate "allo stato solido",  in cui l'elettrolita, come dice la parola, è solido. Sono moltissime le aziende attive nello sviluppo delle celle con elettrolita solido e presto, forse già nei prossimi anni, la produzione su larga scala prenderà il via.

Quali saranno i vanrtaggi? Le batterie allo stato solido hanno una densità energetica più elevata ovvero con le stesse dimensioni, si possono garantire autonomie più grandi del 30% rispetto a quelle attuali. Significa che sarà più semplice arrivare ad una autonomia di 500 km, considerata necessaria per non avere l'ansia da auto scarica, ma anche da telefono scarico.

Maggiore densità energetica significa anche avere  batterie meno voluminose e meno pesanti e quindi in prospettiva anche meno costose.

Inoltre verrebbe eliminato anche il problema principale delle attuali batterie al litio: il surriscaldamento e il conseguente rischio di esplosione. L'assenza di liquido consente anche una maggiore libertà di posizionamento all'interno del veicolo, e, molto importante, saranno più veloci nella ricarica.

martedì 3 agosto 2021

Agenda 2030: sconfiggere la fame nel mondo

Sconfiggere la fame nel mondo è il secondo obiettivo dei cui si occupa l'Agenda ONU 2030. Si propone di assicurare a tutte le persone, in particolare i poveri e le persone in situazioni vulnerabili, tra cui i bambini, l'accesso a un’alimentazione sicura, nutriente e sufficiente per tutto l'anno, eliminare tutte le forme di malnutrizione, soprattutto dei bambini sotto i 5 anni di età, e soddisfare le esigenze nutrizionali di ragazze adolescenti, donne in gravidanza e in allattamento e delle persone anziane.

Raddoppiare la produttività agricola e il reddito dei produttori di alimenti su piccola scala, in particolare le donne, le popolazioni indigene, le famiglie di agricoltori, pastori e pescatori, anche attraverso l’accesso sicuro e giusto alla terra, alla conoscenza, al credito.

Entro il 2030 applicare pratiche agricole che aiutino a conservare gli ecosistemi, che rafforzino la capacità di adattamento ai cambiamenti climatici, alle condizioni meteorologiche estreme, alla siccità, alle inondazioni e che migliorino progressivamente il terreno e la qualità del suolo. L'Agenda intende assicurare la diversità genetica di semi, delle piante coltivate e degli animali da allevamento.