giovedì 30 marzo 2017

Nel mondo esistono ancora foreste mai toccate dall'uomo?

Un tempo c'erano immense foreste primarie (cioè nel loro stato originario, mai toccate da attività umane) un po' dappertutto, ma con il trascorrere dei secoli l'uomo le ha devastate o ridotte. Ci sono ancora grandi foreste in Canada, in Siberia, nel bacino del Rio delle Amazzoni (in Sudamerica) e nel bacino del Congo (nell'Africa Centrale), dove una fitta foresta pluviale si estende senza interruzioni in Camerun, Gabon, Repubblica del Congo, Repubblica Democratica del Congo e Repubblica Centrafricana.
Ma quanto ancora dureranno? Per capire con quale velocità stiamo distruggendo il Pianeta è sufficiente pensare che oltre il 70% della superficie terrestre ha ormai subito una trasformazione dovuta all'uomo. Secondo la Fao (l'organizzazione dell'ONU che si occupa di cibo e agricoltura) ogni anno circa 13 milioni di ettari di foresta, metà dell'Italia, vengono distrutti. Dall'inizio del secolo abbiamo raso al suolo più della metà delle foreste pluviali, che da sole ospitano oltre il 60% delle specie vegetali e animali della Terra.
I motivi? Creare aree da destinare all'agricoltura, alle piantagioni e al pascolo oppure rifornire i mercati occidentali di legname pregiato. Questo nonostante le foreste siano essenziali per la nostra esistenza. Oltre a esere enormi scrigni pieni di biodiversità, sono anche 'fabbriche" che producono ossigeno e smaltiscono anidride carbonica. Quest'ultima è la principale imputata dell'innalzamento della temperatura sul nostro Pianeta. E non bisogna illudersi che il problema si possa in futuro risolvere interrando nuove piante. Un bosco o una foresta sono molto di più di un semplice insieme di alberi. Sono un ecosistema che si è creato in centinaia di anni, con comunità di organismi che vanno dai grossi mammiferi ai microscopici batteri del suolo. Prendiamo coscienza che ci stiamo autodistruggendo. 

martedì 21 marzo 2017

Elettrosmog

È vero che i campi elettromagnetici aumentano la probabilità di insorgenza del cancro?
I campi elettromagnetici sono presenti ovunque nell'ambiente, generati sia da sorgenti naturali, sia da sorgenti artificiali come elettrodomestici, radio, televisioni, telefoni cellulari.
Il principale effetto biologico delle onde elettromagnetiche nel corpo umano è il riscaldamento. Tuttavia i livelli a cui siamo normalmente esposti sono troppo bassi per causare un riscaldamento significativo. Attualmente non sono noti effetti sulla salute causati dall'esposizione a lungo termine.
Gli studi condotti fino a oggi non hanno mostrato correlazioni significative tra l'esposizione a campi magnetici e un'aumentata insorgenza di cancro, né nei bambini e né negli adulti.
I campi elettromagnetici si classificano in base alla frequenza, ovvero il numero di onde al secondo (misurata in Hertz). Abbiamo così:
campi a frequenza estremamente bassa (fino a 300 Hertz), ad esempio i normali dispositivi elettrici presenti nelle nostre case;
campi a frequenza intermedia (tra 300 Hertz e 10 Mega Hertz), ad esempio i computer;
campi a radiofrequenza (da 10 MegaHertz a 30 GigaHertz), come radio, televisione, antenne per la telefonia cellulare e forni a microonde.
Uno studio condotto dal National Cancer Institute e dal Children Oncology Group ha valutato se l'utilizzo di apparecchiatura elettrica domestica da parte delle madri in gravidanza potesse aumentare il rischio di leucemia nei nascituri, ma i ricercatori non hanno evidenziato alcun rapporto causa-effetto. Un'altra indagine del National Cancer Institute ha valutato che non vi è correlazione tra l'insorgenza di leucemia linfoblastica acuta infantile e l'esposizione domestica a campi elettromagnetici inferiori a 0,4 microTesla . Il rischio di leucemia infantile raddoppia invece in casi di esposizioni a campi elettromagnetici di intensità superiore ai 0,4 microTesla, ma è una situazione che raramente si verifica nella vita quotidiana, a meno che una famiglia non abiti direttamente sotto un traliccio dell'alta tensione, come accade in alcune zone rurali degli Stati Uniti. Uno studio canadese ha invece associato l'esposizione sul lavoro di donne in gravidanza con un maggior rischio di leucemia infantile nei figli, ma ulteriori studi su altre popolazioni sono necessari per comprendere se il nesso di causa-effetto rimane tale in tutte le situazioni.

martedì 14 marzo 2017

La capacità di scegliere

Fino a qualche anno fa la televisione serviva a vedere, la radio a sentire, il telefono a parlare. Ogni mezzo aveva una sua funzione precisa. Poi è cominciata quella che chiamano la "digitalizzazione dei media" e da allora tutto si è mescolato: puoi vedere la partita sul telefonino, un film sul computer, leggere un libro o ascoltare una canzonetta sul tablet.
Informazione, spettacolo, musica, sport, videogiochi viaggiano con maggior facilità e li trovi ovunque. E cambiato il modo di distribuirli e quindi anche il modo di consumarli. Si tratta soltanto di un progresso tecnologico, o anche culturale?
Cultura deriva dal verbo latino "colere" e nell'antica Roma aveva diversi significati: coltivare, abbellire, frequentare qualcuno, vivere. In altre parole, voleva dire crescere con un processo di sviluppo continuo, alimentato dalla capacità critica.
I nuovi mezzi, con il corollario di social network, senza dubbio sono un avanzamento. Ma tra un clic al cellulare e un like su Internet il rischio è di abbandonare la capacità di scegliere. E chi non sceglie, soccombe alle mode.
I ragazzi sanno bene che diventare utenti passivi, per pigrizia e incapacità di giudizio, spesso significa aprire le porte alla violenza e alla stupidità. Il pericolo, come sempre, non sta negli strumenti, ma in chi li usa.

lunedì 13 marzo 2017

Enzo Ferrari


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Il 12 marzo 2017 la ferrari compie 70 anni. Ma come nasce la Ferrari? E' una delle glorie del nostro paese. Un'Italia che spesso arranca sotto vari punti di vista come fa ad avere punte di una tale eccellenza? Ma chi era il suo fondatore?

Enzo Ferrari era nato in una gelida mattina del 18 febbraio 1898 nella periferia di Modena. I genitori, entrambi di Carpi, erano persone modeste ed abitavano in una casa sopra l’officina di carpenteria metallica in cui il padre costruiva ponti e tettoie per le Ferrovie dello Stato. Enzo ebbe un infanzia felice e divise la sua stanza e le sue giornate con suo fratello maggiore Alberto, detto Dino, grande amante dei libri e della letteratura.

A sconvolgere tutti gli equilibri familiari fu l’improvvisa morte del padre per una polmonite nel 1926, e lo stesso anno anche il fratello Dino perse la vita a causa di una grave infezione contratta durante il servizio militare. Da quel momento Enzo imparò a cavarsela da solo ed anche a fare i conti con la solitudine. Da ragazzo il suo sport preferito fu l’atletica leggera, poi passò al tiro a segno e successivamente alla scherma ed al pattinaggio. Nel 1917 partì per fare il soldato e fu assegnato alla terza artiglieria di Mantova e qui cominciò a mettere a frutto la sua grande passione: quella per i motori. Purtroppo la sua permanenza in città fu molto breve in quanto contrasse la stessa infezione di suo fratello ma, dopo due interventi chirurgici, riuscì a salvarsi e fu in grado di cercarsi un lavoro.

Durante l’inverno del 1918 decise di recarsi a Torino per cercare fortuna e fu solo grazie al suo impegno, che riuscì a trovare un modesto impiego presso un'officina nella quale venivano trasformati autocarri leggeri in autotelai da carrozze. Il compito di Ferrari era quello di provarli e consegnarli alla carrozzeria Italo-Argentina di Milano. Fu proprio nella capitale lombarda che conobbe Ugo Sivocci, un ragazzo che lavorava alla CMN (Costruzioni Meccaniche Nazionali) e ben presto, i due divennero amici inseparabili. Ferrari passò a lavorare alla CMN divenendone il collaudatore ufficiale, ma lasciò anche questo posto per approdare, nel 1919, all’Alfa. Nello stesso anno esordì come pilota alla prima Parma-Poggio di Berceto e si classificò quarto in classe 3000. Pochi mesi dopo prese parte alla Targa Florio e ci andò con Sivucci. Raggiunsero Napoli con le stesse auto con cui dovevano gareggiare, dopo un viaggio rocambolesco a causa della neve in Abruzzo. Tutti gli sforzi di Ferrari furono ampiamente ripagati poiché si classificò secondo.

Nel 1924 vinse nel circuito del Polesine, al circuito del Savio ed infine a Pescara e dedicò tutte e tre le sue vittorie a Sivucci morto l’anno precedente sul circuito di Monza. Il primo passo verso un rafforzamento del reparto corse della fabbrica milanese fu il trasferimento dalla Fiat all’Alfa Romeo di Luigi Bazzi, un preziosissimo tecnico che Ferrari definiva “autentico talento”. E fu sempre Ferrari a sollecitare un altro rapimento di tutto rispetto: quello di Vittorio Jano che lavorava alla Fiat.

Nel 1929, intanto, era nata la Scuderia Ferrari e presso di essa l’Alfa Romeo 158. Ben presto alla scuderia giunsero i primi grandi nomi dell’automobilismo: Tazio Nuvolari, Luigi Arcangeli, Giuseppe Campari, Achille Varzi, Mario Umberto Barzacchini, Luigi Fagidi, Louis Chiron, Antonio Brivio, Guy Mall, Mario Todini e Carlo Pintacuda. Alla fine del 1943, dopo un divorzio eccellente con l’Alfa Romeo, Ferrari fece ritorno a Modena ed approdò a Maranello.

In questa nuova azienda, che arrivò ad avere più di centosessanta operai, Enzo si orientò alla costruzione di una dodici cilindri insieme al suo collaboratore Gioacchino Colombo. La nuova nata in casa Ferrari fu un'auto sportiva e venne chiamata125 GT, con un alesaggio di 55mm ed una cilindrata di 1496,77 cc.

Ben presto Colombo fu sostituito da Aurelio Lampredi e si passò da un motore aspirato ad uno sovralimentato. La prima F1 di questo tipo fu la 275 con una cilindrata di 3322 cc e con la 375 F1 ebbe inizio la storia di Ferrari come costruttore perché, grazie a quest’auto, Froilan Gonzales vinse il GP di Gran Bretagna battendo, per la prima volta, l’Alfa Romeo. Negli anni cinquanta Ferrari cominciò a costruire anche vetture Gran Turismo e queste furono esteticamente perfezionate da uno stlista geniale: Giovan Battista Farina, poi Pininfarina. Il 1956 fu per Ferrari un anno orrendo poiché perse suo figlio Dino, che rappresentava un saldo punto fermo nella sua vita. L’anno successivo non fu da meno: la Mille Miglia si concluse con la morte di due piloti e nove spettatori, fu accusato di aver montato pneumatici difettati, ma dopo il processo fu prosciolto. Questo per lui fu un durissimo colpo, che si trascinò dietro per anni ed anni, fino al 1977, quando, dopo aver dato le dimissioni dalla società da lui creata, decise di ritirarsi a vita privata nella sua adorata Modena.

Enzo Ferrari morì il quattordici agosto del 1988. La notizia del suo decesso, su sua espressa volontà, venne data a sepoltura avvenuta. Poco meno di un mese dopo al GP di Monza , Gherard Berger e Michele Alboreto con le due Ferrari si piazzarono al primo ed al secondo posto e dedicarono la loro vittoria al grande Drake.

giovedì 9 marzo 2017

Cosa è un Time - Lapse

La tecnica fotografica del "Time-Lapse" è quella dove si montano tante fotografie scattate in ad una stessa scena o inquadratura e visualizzate in serie rapidamente, per vedere come quella scena si evolve nel tempo.
I video Time-Lapse sono molto usati nei documentari, per esempio, per mostrare la lenta crescita di una pianta o di un fiore nel breve tempo di un minuto.
Rispetto altre tecniche, la fotografia time-lapse anche chiamata "Stop Motion" è una forma d'arte abbastanza accessibile e facile da creare, che si può anche provare con uno smartphone.
In questa serie di video stupendi invece vediamo alcuni dei migliori montaggi fotografici, in time lapse e/o stop motion, per vedere come corre il mondo, creati da professionisti ed accompagnati da musiche meravigliose.
L'effetto finale è quello di una clip che sembra davvero un film, tutta da guardare, dall'inizio alla fine, abbandonando i sensi alla visione, rilassante, romantica e da sogno.




mercoledì 8 marzo 2017

Greenpeace: quando la pace diventa verde

Difendere l'ambiente anche con azioni motto spettacolari è invece l'obiettivo di Greenpeace.
Le immagini dei gommoni dell'associazione che "attaccano" le baleniere giapponesi, islandesi e norvegesi mentre cacciano i giganti degli oceani hanno fatto conoscere l'organizzazione in tutto il mondo.
Quella per la tutela dei cetacei a rischio di estinzione è certamente la battaglia più celebre di Greenpeace, ma di sicuro non l'unica. In quarant'anni, infatti, ha contrastato duramente gli esperimenti nucleari degli Stati Uniti in Alaska e delta Francia in Polinesia, ha cercato di risolvere il problema della pesca a strascico, quelli dei rifiuti radioattivi e delle sostanze tossiche contenute nei giocattoli per i bambini, si è schierata contro gli OGM, gli organismi geneticamente modificati, ha promosso il bando delle lampade a incandescenza e ha combattuto multinazionali e compagnie petrolifere colpevoli di inquinare l'ambiente.
Sono tutte battaglie finanziate da circa tre milioni di donatori perché Greenpeace, che oggi ha il suo ufficio centrale ad Amsterdam in Olanda, è un'organizzazione indipendente e non accetta fondi da enti pubblici, grandi aziende o governi per mantenere la propria autonomia.

sabato 4 marzo 2017

Il WWF: la più grande organizzazione per la conservazione della natura

Il World Wildlife Fund (il fondo mondiale per la natura) è un'organizzazione internazionale non governativa, la più grande al mondo per la conservazione della natura. Ha uffici in oltre cento Paesi, può contare su circa cinque milioni di soci in tutto il Pianeta e moltissimi sostenitori.
Fu fondata nel 1961 in Svizzera, dove c'è tuttora la sede centrale, da un gruppo di influenti personaggi europei, tra cui scienziati, naturalisti, uomini d'affari e persino aristocratici e celebri viaggiatori come Charles Lindbergh, autore della prima traversata aerea dell'Atlantico, ed Edmund Hillary, primo uomo a scalare l'Everest.
In quasi mezzo secolo il WWF ha condotto importanti campagne di sensibilizzazione e coinvolto le popolazioni locali in progetti di tutela dell'ambiente. Negli anni Sessanta, per esempio, si mobilitò per proteggere la tigre e i grandi animali africani, a metà dei Settanta battagliò per difendere le foreste e per contrastare il traffico illegale di piante e animali selvatici, nel 1989 ottenne il bando del commercio internazionale dell'avorio (una sostanza molto ricercata che si ricava dalle zanne degli elefanti, dal corno dei rinoceronti e dai denti degli ippopotami) e negli ultimi vent'anni si è attivato per ridurre l'inquinamento, i cambiamenti climatici e per promuovere un utilizzo so-
stenibile delle risorse naturali. In Italia ha ottenuto molti successi con specie a rischio come il lupo, l'orso del Parco Naturale d'Abruzzo e le tartarughe marine, ha contribuito a far bandire le spadare (le micidiali reti da pesca che uccidono indiscriminatamente molte specie dei nostri mari) e ha istituito oltre cento Oasi del WWF, salvando dalla speculazione edilizia importanti aree naturalistiche.

venerdì 3 marzo 2017

È la caccia il principale nemico degli animali selvatici?

In qualsiasi parte del Pianeta gli animali selvatici sono minacciati dalla distruzione dei loro habitat (sostituiti da campi coltivati, città, strade, attività industriali) e dall'abbattimento delle foreste per ricavare legname o far posto a nuovi pascoli. Poi ci sono la caccia e il commercio illegale, che stanno mettendo in pericolo più di 7.000 specie.
In Africa il consumo di carne di animali selvatici, è diventato uno dei principali problemi. Le popolazioni locali cacciano da tempo immemorabile, ma oggi l'aumento delle bocche da sfamare, le armi da fuoco e il denaro che i cacciatori ricavano dalla vendita della selvaggina stanno provocando una carneficina.
Le prede sono piccole antilopi, bufali, elefanti di foresta, uccelli. Ma ciò che fa più impressione è la strage di primati. Mangiare scimmie, scimpanzé e gorilla è una pratica diffusa in molte parti dell'Africa Centrale. Nell'ultimo decennio, però, si è passati dal consumo tradizionale al commercio su vasta scala. Si stima che nelle foreste equatoriali africane vengano uccisi all'anno più di 3.000 gorilla e almeno 4.000 scimpanzé. La colpa è della crescita della popolazione nelle comunità rurali, ma anche dei ricchi che nei ristoranti sono disposti i sborsare somme considerevoli per un piatto di quella che considerano una "prelibatezza". Per far fronte alle nuove richieste i bracconieri abbattono gli esemplari nel cuore della foresta, affumicano la carne sul posto e poi la trasportano verso la città dove finisce nei mercati e sui banchi dei macellai. La loro efficienza è aumentata grazie alle strade aperte dalle aziende del legname, che consentono ai cacciatori di raggiungere i luoghi più remoti.
Una ecatombe di animali paragonabile solo a quella compiuta in nome del cosiddetto oro bianco: l'avorio.
Ogni anno in Africa vengono uccisi dai 4 ai 12.000 elefanti per l'avorio delle loro zanne, nonostante dal 1989 la Convenzione di Washington sul commercio internazionale delle specie in via d'estinzione, firmata da oltre 170 nazioni, abbia stabilito un blocco totale sul suo commercio, perché in meno di un ventennio erano stati uccisi più di mezzo milione di pachidermi. Ancora oggi, quindi, le zanne di elefante diventano collane, braccialetti, orecchini e statuine. E se mancano queste si ricorre agli ippopotami. La loro carne è ottima e i denti forniscono una buona quantità di avorio. Nel Parco Nazionale Virunga, in Congo, una delle più grandi popolazioni al mondo di questi mammiferi si è ridotta drasticamente, sotto i colpi dei bracconieri, precipitando da 20.000 individui a poco più di un migliaio.

mercoledì 1 marzo 2017

Che cos'è una estinzione?

È la scomparsa definitiva di una specie. L'estinzione di massa più famosa, avvenuta nel Cretaceo, 65 milioni di anni fa, ha registrato la fine della supremazia dei dinosauri sul nostro Pianeta e ha reso possibile l'evoluzione dei mammiferi.
La parola estinzione è ricorrente nella storia della vita sulla Terra. I paleontologi (gli scienziati che studiano i fossili) confermano che, nell'ultimo mezzo miliardo di anni, si sono verificati almeno cinque cataclismi di dimensioni spaventose, capaci di cancellare migliaia di animali e vegetali.
Nessuno di questi è tuttavia dipeso dall'uomo, che non aveva ancora fatto la sua comparsa.
Oggi le cose stanno in modo diverso. Come scrive lo scienziato americano Edward O. Wilson, «ci sono buoni motivi per affermare che l'umanità ha dato inizio alla sesta grande estinzione, sprofondando nell'eterno oblio, nel giro di poche generazioni, gran parte delle specie viventi a essa contemporanee». Mentre nel passato si perdeva una specie all'anno oggi siamo passati a mille nello stesso arco di tempo, molte delle quali senza essere mai state nemmeno catalogate dalla scienza.
Le principali cause sono la deforestazione, la devastazione degli ambienti naturali, lo sterminio diretto attraverso la caccia, l'incontrollata introduzione degli animali domestici (soprattutto di maiali, pecore e mucche) in luoghi dove prima non c'erano.
Potrebbe venire spontaneo farsi una domanda. Se nella storia del nostro Pianeta ci sono già state altre estin zioni di massa, perché ci facciamo problemi? Guardandoci intorno possiamo vedere come la natura da sola ha riparato i danni, tanto che alcune zone del mondo sono piene di animali e piante. In realtà, secondo gli scienziati, dopo ognuna di quelle catastrofi ci sono volute alcune decine di milioni di anni perché ciò avvenisse. Un lasso di tempo così lungo che non avrebbe nessun senso per gli uomini. Per capirlo basta pensare che i nostri più lontani antenati sono comparsi sulla faccia della Terra tra i tre e i cinque milioni di anni fa.
Perché la natura possa riparare da sola i danni ci vorrebbe, quindi, più di quanto ha impiegato l'evoluzione per portare l'umanità dai primi ominidi simili a scimmie fino a noi.
Nessuno potrebbe aspettare così tanto.