martedì 19 ottobre 2010

Teflon, un materiale scivoloso come il ghiaccio

teflon2.jpgL'interno antiaderente delle padelle che abbiamo in cucina è il materiale più scivoloso noto alla tecnologia: ha press'a poco lo stesso coefficiente di attrito del ghiaccio. Se le strade ne fossero rivestite, sarebbe quasi impossibile camminarvi a piedi o passarvi in automobile. Il rivestimento antiaderente consente di cucinare frittate e bistecche o altri cibi senza lasciare residui attaccati al fondo del tegame. La sua scivolosità lo rende ideale anche per rivestire articolazioni artificiali che devono funzionare con il minimo attrito possibile. Inoltre, è un materiale che resiste sia alle temperature più varie, dalle altissime alle bassissime, sia all'attacco di quasi tutte le sostanze chimiche, e non conduce elettricità.

Questa sostanza, chiamata in chimica politetrafluoroetilene (PTFE), fu scoperta quasi per caso nel 1938 dall'ingegnere americano Roy Plunkett, mentre stava conducendo esperimenti per la società Du Pont su una sostanza chimica usata come refrigerante. Il marchio di fabbrica registrato dalla Du Pont è Teflon, e questo è il nome che tutti conoscono.

Si trattava di una sostanza per la quale era difficile trovare applicazioni pratiche e, infatti, non se ne trovarono finché, a metà degli anni Cinquanta, un ingegnere francese, Mare Grégoire, seppe apprezzarne le applicazioni domestiche e commercializzò le prime padelle antiaderenti sotto il nome di Tefal. Altre società produssero poi una grande quantità di pentole, tegami e recipienti da forno con rivestimento antiaderente.

Comunque, già dall'inizio degli anni Quaranta si era trovata una serie di usi industriali di questa sostanza. La sua scivolosità fu sfruttata nei cuscinetti a sfere detti "autolubrificanti", perché non hanno bisogno di altra lubrificazione. Per accrescere la loro resistenza meccanica, sono di solito rinforzati con altri materiali, come fibra di vetro e grafite. Essi sono usati soprattutto in ambienti chimicamente difficili, in cui i cuscinetti di metallo si corroderebbero: per esempio, nelle pompe degli impianti di trattamento acido.

II Teflon non subisce l'azione di alcuna sostanza chimica comune, compresi alcali e acidi bollenti. Persino l'acqua regia (un miscuglio di acidi concentrati), che è capace di sciogliere l'oro e l'argento, lo lascia indenne. Le uniche sostanze capaci di attaccarlo sono il sodio fuso, il calcio fuso e il fluoro a temperature molto elevate.

L'inerzia chimica del Teflon ha come conseguenza che esso non contamina il cibo che vi viene cotto; infatti, non ha alcuna influenza sulla materia organica, compresi i tessuti umani. A ciò si deve il suo utilizzo nella chirurgia sostitutiva, per l'applicazione delle protesi; nel caso poi delle articolazioni artificiali, la sua scivolosità gli conferisce un ulteriore vantaggio.

Un'altra proprietà importante del Teflon è la resistenza elettrica, che lo rende ideale per il rivestimento di fili. Esso ha, inoltre, il grande vantaggio di conservare la sua flessibilità a temperature variabili da — 270°C (qualche grado sopra lo zero assoluto) a +260°C, per cui viene usato per isolare i fili elettrici nei veicoli spaziali, che vanno soggetti a temperature estreme: mentre orbitano attorno alla Terra, sono esposti al calore bruciante del sole e a temperature molto inferiori a 0°C quando entrano nell'ombra'terrestre.

Questa concentrazione unica di proprietà è una conseguenza della composizione chimica del Teflon. La sua molecola è formata da una lunga struttura di atomi di carbonio, a ciascuno dei quali sono fissati due atomi di fluoro. I legami chimici tra il carbonio e il fluoro sono fortissimi, cosa che spiega perché il Teflon non reagisca con altre sostanze chimiche. Questo legame, inoltre, fa sì che le sue stesse molecole si attraggano l’un l'altra più di quanto non facciano con le molecole di altre sostanze: ecco perché non gli si attacca nulla.

Per la stessa ragione il Teflon non fonde completamente nemmeno a temperature molto elevate. La fusione si verifica quando le molecole di una sostanza, ricevendo energia sufficiente da una sorgente esterna di calore, si staccano l'una dall'altra. Nel Teflon l'attrazione intermolecolare è talmente forte che le molecole hanno  grande difficoltà a separarsi.

domenica 17 ottobre 2010

Perché un film di plastica aderisce

pvcbanco_big.jpgLe pellicole di plastica hanno la caratteristica di aderire strettamente agli oggetti che avvolgono. Questo singolare comportamento è dovuto a due ragioni: quando il film viene teso, la sua elasticità tende a farlo tornare alla forma originaria; inoltre, esso possiede una carica elettrostatica che crea una certa attrazione verso molti oggetti.

L'elasticità della pellicola è dovuta alla sua struttura molecolare. La plastica è formata da molecole "lunghe"; per esempio, una molecola di politene è l'insieme di centinaia di migliaia di unità formate da un atomo di carbonio e da due di idrogeno. Invece, la maggior parte delle sostanze comuni è composta da molecole piccole: quella dell'acqua ha solo due atomi di idrogeno e uno di ossigeno. Le molecole dei film di plastica sono avvolte in spire e attorcigliate come le fibre della lana. Quando la pellicola viene tesa, esse si distendono, ma conservano la tendenza a tornare allo stato originario.

L'adesività è una caratteristica della maggior parte delle pellicole plastiche sottili, dovuta al fatto che esse acquistano facilmente una carica elettrostatica: per esempio, si possono caricare negativamente quando, per sfregamento, sottraggono elettroni alla superficie di un secondo pezzo di pellicola di altro materiale; questo acquista carica positiva e perciò le due parti si attirano.

Le pellicole adesive possono essere di due materie plastiche: il PVC (cloruro di polivinile) e il politene. Il PVC chimico è di solito duro, ma viene ammorbidito con l'aggiunta di una sostanza chiamata plastificante, mentre il politene è naturalmente morbido. La pellicola di PVC è più trasparente, ma sopporta meno la "fatica": a 24 ore dall'uso essa perde più di due terzi della sua elasticità, mentre quella di politene ne perde solo un terzo.

venerdì 1 ottobre 2010

Il Velcro copia la natura

velcro3.jpgLe fettucce adesive Velcro hanno trovato una varietà di applicazioni nella vita quotidiana e nell'alta tecnologia, in questo mondo e fuori, nello spazio. Nell'industria dell'abbigliamento esse sono usate oggi in sostituzione di bottoni automatici e di cerniere lampo, ma sono usate anche in medicina. Nella navetta spaziale, gli astronauti usano nastri Velcro per fissare alle pareti vassoi, confezioni di cibo, apparecchiature scientifiche e a volte perfino se stessi, per non vagare in aria in assenza di gravità.

Fu l'ingegnere svizzero Georges de Mestral a concepire l'idea del Velcro, dopo una passeggiata nei boschi un giorno del 1948. Tornato a casa con degli acheni spinosi attaccati alle calze e al pelo del suo cane (gli acheni sono frutti secchi di varie piante), decise di studiare come facessero a fissarsi cosi tenacemente alla lana. Al microscopio vide come dei minuscoli uncini alle estremità delle spine degli acheni si agganciavano ad anelli di lana.

Mestral escogitò subito un modo per riprodurre quella disposizione a uncini e anelli con il nailon, e chiamò il prodotto Velcro, contrazione delle parole francesi velours (velluto) e crochet (uncino). Il brevetto originale è scaduto nel 1978 e oggi ci sono molte imitazioni, ma il Velcro rimane un marchio registrato.

Viene fabbricato tessendo il nailon in modo da produrre un tessuto ricchissimo di piccoli anelli. Cosi com'è, viene usato per la parte più liscia del Velcro, mentre per quella con gli uncini si tagliano a metà molti anelli. Il tessuto viene riscaldato in modo da mettere anelli e uncini permanentemente in forma; poi viene tinto, fissato a un rinforzo e tagliato in misura.

Il Velcro ha una durata particolarmente lunga: può essere fissato e staccato molte migliaia di volte e può sopravvivere al prodotto a cui è attaccato. È progettato in modo da poter essere aperto a mano con poco sforzo, eppure ha una grandissima resistenza a forze laterali. Un quadrato di 12 cm di lato può resistere al peso di 1 tonnellata.
Questa proprietà ha sollecitato esperi-menti in vista del suo uso nella costruzione di aerei: l'intento è quello di sostituirlo ai rivetti, riducendo cosi il peso e rendendo più semplice il montaggio.