mercoledì 26 febbraio 2020

Forth Railway Bridge

Il Forth Bridge è un ponte ferroviario del 1890 sul Firth of Forth sulla costa orientale della Scozia 14 km a ovest di Edimburgo. È spesso chiamato Forth Railway Bridge per distinguerlo dal più recente ponte stradale.  A lungo considerato una meraviglia dell'era industriale, è dichiarato parte del patrimonio UNESCO nel giugno 2015.
La costruzione, inizialmente affidata a Sir Thomas Bouch, non andò oltre la posa delle fondamenta a causa del blocco dei lavori dopo il crollo di un altro ponte da lui progettato, il Tay Bridge. Bouch propose un ponte sospeso ma l'inchiesta del disastro del Tay Bridge mostrò che aveva sottodimensionato la struttura e usato ghisa di cattiva qualità.
Con la morte di Bouch il progetto fu assegnato a due ingegneri britannici, Fowler e Baker, che progettarono la struttura costruita dalla Sir William Arrol & Co. di Glasgow tra il 1883 e il 1890. Mentre negli stessi anni veniva costruita la Torre Eiffel senza incidenti rilevanti e nessun morto, qua in Scozia  la costruzione causò più di 450 feriti e 98 morti. Nel 2005 fu avviato un progetto dal gruppo storico di Queensferry per erigere un monumento ai lavoratori che morirono durante la costruzione del ponte.
Il ponte fu il primo in Gran Bretagna a usare l'acciaio. Grandi quantità di acciaio furono disponibili solo dopo l'invenzione del processo Bessemer nel 1855 ma solo dopo il 1875 con l'invenzione del procedimento  Martin-Siemens  l'acciaio iniziò ad avere una qualità certa.
Il ponte è considerato ancora oggi una meraviglia ingegneristica. È lungo 2,5 km e la doppia linea si eleva a 46 m sul livello del mare. Consiste in due campate principali di circa 520 m, due laterali di 200 m, 15 campate di avvicinamento da 50 m e cinque da 7 m. 
Il ponte fu aperto il 4 marzo 1890 dal principe di Galles, poi re Edoardo VII, che piantò un ultimo rivetto dorato e accuratamente iscritto. Un'analisi contemporanea dei materiali del ponte nel 2002, ha rivelato che l'acciaio del ponte è di buona qualità con piccole variazioni.
L'uso di sbalzi nella progettazione dei ponti non era una nuova idea, ma la magnitudine del lavoro di Baker era uno sforzo pionieristico per l'epoca, poi seguito in altre parti del mondo. Molto del lavoro fatto non aveva precedenti, incluso il calcolo per l'incidenza degli sforzi di erezione, gli accorgimenti per ridurre i futuri costi di manutenzione, i calcoli per i carichi ventosi resi evidenti dal disastro del Tay Bridge, gli effetti degli sforzi termici sulla struttura e via dicendo.
Una struttura come il Forth Bridge richiede costante manutenzione e i lavori ausiliari del ponte includono non solo una officina di manutenzione e un deposito, ma una "colonia" ferroviaria di 50 case a Dalmeny Station. 
"Dipingere il Forth Bridge" è diventato un modo di dire per descrivere un lavoro senza fine, coniato sulla falsa credenza che una volta nella storia del ponte la ritintura era richiesta e cominciava subito dopo la fine della ritintura precedente. Il lavoro di pittura dura comunque parecchi anni.

Cos’è Google Classroom?

In tempi di chiusura delle scuole può essere utile rispolverare un valido strumento purtroppo di solito non adeguatamente sfruttato.
Classroom è un servizio web gratuito per le scuole, uno strumento di Google per la creazione e la distribuzione di materiale didattico, l’assegnazione e la valutazione di compiti e incarichi in modalità on line e in condivisione con gli studenti. 
Google Classroom nasce nel 2014 come funzionalità di G Suite for Education, è quindi una app specifica per le scuole.
Dal PC accediamo al nostro profilo, cerchiamo Google Classroom nel menù a cui si ha accesso con l’icona quadrata fatta di quadratini in alto a destra, troverete l’icona cliccando sulla scritta “Altro”.
Ora cliccando su + potrete accedere ai corsi a cui siete stati invitati digitando il codice ricevuto.
Ancora più comodo l'uso da smartphone e tablet, scaricando Classroom dal Play Store. Naturalmente bisogna inserire sul dispositivo che si sta usando l'account scolastico con la sua password. 
Buon Lavoro

Giochi da tavolo

Il Gioco da tavolo, è molto di più di semplice svago: rafforza i legami, permette di rielaborare le informazioni, insegna strategie, collaborazione, insegna anche che uno vince e uno perde, e non è scontato saper perdere.
«Pandemic, per esempio, è un gioco di cooperazione, in cui si collabora per sconfiggere una pericolosa epidemia», racconta Francesca Antonacci, docente di Pedagogia del gioco all’Università di Milano. «Da una parte si vede quelle che sono le dinamiche legate ad un contagio, cosa succede quando un’infezione si allarga, si scoprono aspetti delle malattie e, ovviamente, si prende confidenza con parole e argomenti legati alla stretta attualità. Dall’altra ti trovi a padroneggiare la geografia, ad avere il mondo davanti ai tuoi occhi, ad avere la percezione delle differenze tra città grandi e piccole».
«In questi anni va molto di moda la parola “edutainment”, l’intrattenimento educativo», aggiunge Andrea Angiolino, scrittore, giocologo e autore di “Storie di giochi”, edito da Gallucci. «Non ci siamo però inventati nulla: è da secoli che si cerca di trasmettere il sapere attraverso i giochi. Ma non c’è bisogno di creare giochi didattici: già tantissimi titoli hanno effetti pedagogici. Prima ti diverti e poi ti accorgi di aver appreso cose».
Si parte ovviamente dal classici: “Monopoli”, perfetto per sviluppare il pensiero matematico, annusare la statistica e il calcolo delle probabilità e assaggiare i primi rudimenti di economia. Un altro evergreen è “Scarabeo”, con le parole grandi protagoniste: un’occasione per sfogliare il proprio vocabolario personale oppure, concordando un piccolo cambio di regole, un incentivo ad usare il dizionario per andare a caccia di vocaboli ignoti. O ancora, sempre per stare tra i party game più famosi, “Taboo”, che aiuta a comunicare e a farsi capire.
«Non sostituisce il tema d’italiano, ma per stimolare la narrazione e la costruzione di un racconto c’è il formidabile “Story Cubes”, che non a caso tanti docenti hanno adottato anche in classe», aggiunge Angiolino. «E’ un gioco di dadi, ma sulle singole facce al posto dei numeri ci sono dei simboli, che raffigurano gli ingredienti da inserire nella trama. Un generatore infinito di fantasia». «Al di là delle singole informazioni e dell’aspetto “scolastico, il gioco dà una competenza in più: aiuta a stare insieme», sottolinea la professoressa Antonacci. «In famiglia o con gli amici, si impara a stare alle regole, a rispettare i turni, a gestire le frustrazioni, a discutere, a prendere la parola e a darla agli altri. E anche approcciarsi a un gioco è una competenza: leggere e capire il libretto delle istruzioni è un esercizio che implica più abilità. Ed è anche per questo che i genitori dovrebbero regalare anche giochi nuovi, senza puntare sempre e solo ai soliti titoli: gli argomenti dedicati sono tantissimi e le dinamiche proposte sono davvero le più diverse e articolate».
E lo sa bene Angiolino, che di giochi ne ha inventati a decine, passando dai semplici giochi di carta e matita ai più sofisticati e complessi “role play gaming”. «A volte basta una semplice “Battaglia navale” per comprende meglio di una lezione a scuola il funzionamento delle assi cartesiane. Così come ci sono giochi di ruolo che ti immergono dentro a generi letterari o a periodi storici, facendoli vivere dal di dentro. E poi la storia, che la puoi ripercorrere rievocando epiche battaglie con interi plotoni di soldatini o può diventare oggetto di sfida attorno al tavolo, come succede con “Timeline”, agile gioco di carta dove i partecipanti devono riuscire a sistemare correttamente sulla linea del tempo determinati eventi storici».
Per gli appassionati di geografia - o per chi si sente un po’ debole nella materia-– ecco invece “Uppsala”, che mette alla prova le conoscenze sull’esatta posizione delle città, in Italia, in Europa e nel mondo. Nel calendario ludico delle lezioni non può certo mancare l’arte: con “Modern Art” si vestono quindi i panni del curatore museale impegnato nell’aggiudicarsi opere d’arti per potenziare la propria collezione, acquisendo così saperi su quadri e artisti. Con “Imagine” invece si scatena la creatività, risolvendo enigmi a colpi di icone.
Per prendere una boccata d’aria, anche solo per gioco, e avvicinarsi alla comprensione della fotosintesi e del legame tra la vita e la luce del Sole ci si può invece sbizzarrire con la tattica, e gli alberelli, di “Photosynthesis”. «Bisognerebbe frequentare più le ludoteche, ascoltare i consigli degli esperti, entrare nei negozi di giochi con curiosità - conclude l’Antonacci – Basterebbe giocare di più, per capire che il gioco non è tempo perso, ma è tempo che ti cambia e ti completa. Proprio come la scuola».

mercoledì 19 febbraio 2020

La squadra di donne che ha isolato il virus: «Notti al microscopio, poi i salti di gioia»

Sono italiane le tre donne che all'Ospedale Spallanzani di Roma, prime in Europa, hanno isolato il corona virus che sta mietendo vittime. In Cina ci erano già riusciti ma non l'avevano fatto uscire dal Paese e non avevano condiviso i dati in loro possesso.
Maria Rosaria Capobianchi, 67 anni, di Procida, è la coordinatrice del team quasi interamente rosa che ha stanato l’agente infettivo. «Quando lo abbiamo visto al microscopio e abbiamo capito che era proprio lui, in reparto ci sono stati salti di gioia», ricorda l’annuncio in notturna delle colleghe Francesca Colavita e Concetta Castilletti, presenti nel laboratorio di massima sicurezza dello Spallanzani, nel momento in cui il microrganismo importato dalla Cina si è rivelato. Il 2019-nCov, preso dal  paziente cinese tuttora ricoverato in ospedale, ha cominciato a replicarsi velocemente e si è dimostrato capace di danneggiare le cellule aggredite, alterandone la forma. La prova schiacciante che fosse proprio lui il grande ricercato.
Maria Rosaria dirige da 20 anni il laboratorio di virologia dell’istituto nazionale per le malattie infettive. Altri venti ne ha passati china sui banconi dell’università la Sapienza dove ha imparato a diventare una virologa «artigiana». Laureata in genetica umana, specializzata in virologia, decise di trasferirsi a Roma per realizzare i sogni di ricercatrice.
Concetta Castilletti, 56 anni, due figli. Come responsabile del laboratorio virus emergenti, Concetta ha vissuto l’esperienza della Sars, Ebola, pandemia da H1N1 (la cosiddetta influenza suina), del brasiliano Zika e della Chikungunya, il virus trasportato dalla zanzara che due estati fa ha imperversato anche a Roma.
La più giovane è Francesca Colavita, 30 anni, in squadra da quattro, molisana di Campobasso. Durante l’epidemia di Ebola è partita diverse volte per la Liberia e la Sierra Leone, dove il virus della febbre emorragica ha colpito duramente.
Era lei di turno quando il coronavirus si è infine lasciato isolare: «Che emozione». 

martedì 11 febbraio 2020

Interlace

Interlace, propone un modo nuovo di abitare in città. Trasforma il verticale in connessioni orizzontali, ridà valore agli spazi comuni in cui gli abitanti possano incontrarsi. E' come se avesse presso le normali torri di 30 piani e le avesse coricate a terra e sovrapposte. All'isolamento del vivere in una torre contrappone le relazioni e gli spazi comuni.
Sono 31 blocchi residenziali, ciascuno alto sei piani, sono impilati secondo una disposizione esagonale intorno a otto grandi cortili. I blocchi interconnessi creano una moltitudine di spazi esterni comuni, formando giardini terrazzati che attraversano i volumi sovrapposti e sfalsati. In parte appoggiati gli uni agli altri, in parte sospesi, questi volumi si intrecciano per disegnare uno spazio fortemente caratterizzato che collega le residenze private agli spazi comunitari, accessibili e inclusivi.
Sovrapponendo i volumi, il progetto genera una moltiplicazione di superfici orizzontali rivestite da ampi giardini pensili e terrazze panoramiche.
The Interlace è stato il progetto vincitore di un importante premio a Chicago.

sabato 8 febbraio 2020

L’importanza della lettura: un’ora ad alta voce al giorno aumenta l’apprendimento del 20%

Un’ora al giorno di lettura ad alta voce comporta un miglioramento tra il 10 e il 20% sulla comprensione del testo, sullo sviluppo delle abilita’ cognitive di base e sull’intelligenza verbale. E’ quanto emerge dalla ricerca ‘Leggimi ancora’ realizzata da Giunti Editore in collaborazione con l’Universita’ di Perugia .
Il team di ricercatori ha studiato un campione di 1500 bambini di 6-11 anni di nord centro e sud Italia sottoposti a un training intensivo di lettura ad alta voce da parte del docente, tutti i giorni per 100 giorni scolastici.
I dati raccolti, e’ stato spiegato, dimostrano come la lettura agisca contemporaneamente su piu’ aspetti: comprensione del testo, dimensioni cognitive, padronanza della lingua, intelligenza verbale e auto-percezione di benessere.
Per quanto riguarda la comprensione del testo, la ricerca evidenzia un miglioramento di circa il 10% rispetto al punto di partenza dei bambini. Un miglioramento tra il 18 e il 20% e’ stato rilevato anche nello sviluppo delle abilita’ cognitive di base, mentre l’indice dell’area verbale registra un aumento medio del 10/15%. I ricercatori dicono che “il vero e grosso risultato e’ stato quello di portare una pratica democratica che ha funzionato per tutti i bambini e i benefici non sono solo per i bambini, ma anche per i docenti”.

giovedì 6 febbraio 2020

Auto senza conducente

La startup americana Cruise (gruppo General Motors) prova a superare tutti nella gara del le auto senza conducente: ha presentato a San Francisco un modello pronto per la produzione industriale e per il lancio commerciale già entro la fine del 2020.  Sono in tanti, nel mondo, a preparare vetture che si guidano da sole, ma questa potrebbe risultare la prima a circolare per le strade in grandi numeri.
Naturalmente quest'auto anche a trazione elettrica, perché sarebbe contraddittorio realizzare la vettura del domani con la motorizzazione di ieri. La base materiale per sviluppare il nuovo veicolo il modello elettrico Chevy Bolt (sempre del gruppo General Motors) , già in commercio.
Oltretutto, siccome ci si immagina che le auto vengano sempre meno acquistate dai privati e sempre più messe a disposizione da flotte, da gestori di car-sharing, da servizi tipo Uber eccetera, la General Motors precisa che la nuova vettura di Cruise pensata proprio per qualche genere di uso collettivo ed è questo il tipo di attività in cui verrà impiegata sulle strade America entro la fine dell'anno. Cosi si ridurranno il traffico, il rischio di incidenti e di vittime umane e il consumo di energia per i trasporti. Ma, se l'auto del futuro si guiderà da sola, a che cosa potrà mai servirle il volante? E i pedali? Diventeranno accessori inutili. E infatti la nuova vettura della startup Cruise non solo si muove senza conducente, ma fa anche del tutto a meno degli strumenti in dispensabili alla guida da parte di un essere umano. Quando si entra nell'abitacolo, i passeggeri scoprono come unico interfaccia con la macchina alcuni display, collocati al centro del cruscotto (per chi viaggia davanti) e sul retro dei poggiatesta (per chi sta dietro). Ma per il resto il veicolo fa da sé, con l'ausilio di telecamere, radar e sensori assortiti, il tutto coordinato da computer.