mercoledì 24 giugno 2020

Polveri sottili e Covid 19

Alcuni ricercatori hanno cominciato a ragionare sulla correlazione tra inquinamento da polveri sottili e diffusione del recente coronavirus. La diffusione della mortalità per il virus infatti non è stata uniforme sul territorio italiano. All'Ospedale San Raffaele di Milano è stato prodotto uno studio che ipotizza una maggiore sensibilità e mortalità al virus nelle aree in cui le persone da anni respirano area ricca di PM10 e PM 2,5.  Chi è stato infettato in aree urbane inquinate ha manifestato sintomi respiratori più gravi rispetto a chi, prima della sua infezione, ha respirato aria più pulita. E in un gran numero di casi, a parità di età, questa differenza ha fatto da discrimine tra la vita e la morte.

Lo studio ha evidenziato che nelle regioni italiane con livelli di inquinamento da polveri ultrasottili (PM2,5) più elevate (Piemonte, Lombardia, Veneto e Emilia Romagna)  con concentrazione media di PM2,5 nel febbraio 2020  da 39 a 30 microgrammi per metro cubo, la mortalità è stata il doppio (14%) di quella registrata in regioni meno inquinate  (7%) (Toscana, Marche e Liguria) con livelli di PM2,5 più basse (da 12 a 5 microgrammi per metro cubo). E nelle regioni più inquinate anche il tasso di ricoveri intensivi e quelli ospedalieri è risultato statisticamente maggiore.

Gli autori hanno ipotizzato che anche gli alti livelli di NO2, che caratterizzano le regioni italiane in cui si sono registrati i più elevati tassi di mortalità, possano essere una concausa  di questo disastro sanitario. Il biossido di azoto crea una produzione anomala di  una proteina (ACE-2) a cui si attacca il virus. Più molecole di proteina sono attaccate e meno il corpo sa difendersi dall'infiammazione.

martedì 9 giugno 2020

Lo scioglimento dei ghiacciai


Il 6 febbraio scorso il Servizio meteorologico argentino ha registrato un caldo record nella zona dell’Antartide, con un picco di 18,3°C a mezzogiorno. È la temperatura più alta dal quando - nel 1961 - si è cominciato a registrare. Il 90% delle calotte polari della penisola Antartica sta scomparendo, provocando l’innalzamento del livello del mare che minaccia grandi città costiere e piccole isole.

Al polo opposto, l’Artico si sta surriscaldando due volte più velocemente rispetto al resto del pianeta. I ghiacciai in Groenlandia si sciolgono sempre più rapidamente. È una reazione a catena: a causa delle alte temperature, la neve si scioglie ed espone i ghiacciai sottostanti ai raggi solari che ne provocano lo scongelamento.

Lo scioglimento dei ghiacciai sta interessando anche catene montuose come l’Himalaya, il Kilimangiaro, le Alpi e i Pirenei. I ghiacciai delle Ande si stanno ritirando e rischiano di scomparire del tutto. Il livello degli oceani sta aumentando a causa dello scioglimento dei ghiacciai e delle temperature più alte del mare. L’acqua calda infatti ha un volume maggiore rispetto a quella fredda.

Di questo passo, entro il 2100 il livello del mare potrebbe aumentare dai 26 centimetri a un metro. Diverse isole del Pacifico, tra cui le Maldives, sarebbero sommerse. Popolose aree costiere sono sotto minaccia: Bangladesh, Vietnam, Paesi Bassi e la costa orientale degli Stati Uniti.

sabato 6 giugno 2020

Il modello Toyota o Toyotismo

Il "Modello Toyota" (Toyotismo) - Toyota Production System (TPS) -  è un modello di organizzazione della produzione, alternativo rispetto a quanto pensato da Henry Ford nella produzione di massa basata sulla catena di montaggio. Come Taylor si pone gli obiettivi di miglioramento della produttività della fabbrica ma superando i tanti lati negativi del taylorismo.

Il Modello Toyota è orientato al rispetto delle persone che fanno parte del sistema, all’utilizzo efficace del tempo di ciascun componente e alla convinzione che il contributo di ogni persona è fondamentale.

Sviluppato tra gli anni 1940 e 1950 da alcuni manager della Toyota, si basa sul concetto di “fare di più con meno” e utilizzare quindi le risorse a disposizione con l’obiettivo di incrementare la produttività della fabbrica. Viene anche chiamato Lean Production, in italiano potremmo tradurre "produzione snella".

Alla fine della devastante guerra che ha coinvolto il Giappone, la Toyota si trovava in condizioni gravissime di mancanza di risorse.  Oggi la Toyota Motor Corporation è - con Volkswagen - la maggiore azienda automobilistica mondiale con una produzione di circa dieci milioni di veicoli l’anno. I risultati straordinari dell’applicazione di questo modello organizzativo hanno reso popolare il metodo della produzione snella.

L’essenza alla base della filosofia Lean è l’eliminazione di tutto quello che è superfluo e appesantisce il processo produttivo generando costi invece che valore.

Ecco alcuni punti fondamentali del modello Toyota:
  1. tutta l'azienda ha un unico obiettivo: raggiungere la migliore qualità, al prezzo più basso e nel minor tempo;
  2. l'eliminazione degli sprechi;
  3. l’eliminazione degli stock e delle giacenze in fabbrica,  ridurre i tempi di  stazionamento dei materiali fermi in attesa di essere lavorati per velocizzare l’intero processo.
  4. se la macchina individua un malfunzionamento si ferma in automatico per permettere di correggere il problema ed evitare che si ripeta. In questo modo la macchina non necessita più del controllo continuo dell’uomo.
  5. ordine e della pulizia delle postazioni di lavoro

In fondo, il segreto del metodo Toyota è questo: la continua ricerca della perfezione. Niente di quello che è stato fatto fino ad oggi può considerarsi definitivo, ma tutto è migliorabile.

E' tutto positivo? Non proprio, ma i difetti potete trovarli voi, o ve li racconterò la prossima volta.

mercoledì 3 giugno 2020

Il treno a idrogeno piemontese sta per partire

Lo stabilimento ferroviario di Savigliano (CN) oggi Alstom, multinazionale francese presente in tutto il mondo, un tempo Fiat Ferroviaria, lavora al treno a idrogeno da anni. Si tratta del «Coradia iLint», convoglio alimentato a celle a combustibile a idrogeno, che ha già percorso oltre 180 mila chilometri sulle strade ferrate di Germania e Olanda in oltre un anno e mezzo di sperimentazione.
Perchè un treno a idrogeno? Perchè un grossa percentuale delle ferrovie minori non è elettrificata e quindi vi transitano convogli trainati da locomori diesel, con i relativi problemi di inquinamento ambientale.
Come funziona un treno a idrogeno? Le celle a combustibile, alimentate dall'idrogeno, a emissioni zero, producono elettricità e quindi il treno diventa nuovamente elettrico come tutti gli altri.
I test sono ormai terminati e il treno è pronto ad entrare in produzione. Lo stabilimento di Savigliano potrà produrne quaranta destinati a due land (regioni) tedeschi, dove andranno a sostituire i locomotori diesel.
Il «Coradia iLint» può trasportare fino a 320 passeggeri. È il primo treno passeggeri regionale al mondo ad entrare in servizio con una dotazione di celle a combustibile per convertire idrogeno e ossigeno in elettricità, eliminando così le emissioni inquinanti legate alla propulsione. 
Il treno è silenzioso e la sua unica emissione è vapore acqueo. Ha un'autonomia di circa mille chilometri. Lo sviluppo della propulsione è un progetto Alstom degli stabilimenti tedeschi e francesi, ma lo scheletro del Coradia è saviglianese.
Germania e Francia sono molto interessate al suo sviluppo, perché oltre il quaranta per cento delle loro linee non è elettrificato. Ma anche in Italia, e soprattutto in Piemonte, dove il reticolato ferroviario regionale è piuttosto sviluppato, l'interesse è alto, visto che il 33 per cento delle tratte funziona con locomotori diesel. I primi Coradia potrebbero entrare in servizio nei Land del Nord della Germania nel 2022.

lunedì 1 giugno 2020

Inquinamento indoor da monossido di carbonio

Il monossido di carbonio si forma quando c’è una “cattiva combustione” di composti organici che contengono carbonio (come metano, carbone, pellet o legname) perché nell’ambiente viene a mancare ossigeno, ad esempio perché la stanza non viene aerata a sufficienza. Sono perciò pericolosi gli impianti di riscaldamento difettosi o installati scorrettamente, i bracieri in ambienti chiusi, caldaie, camini o stufe che funzionano male o vengono rimesse in funzione dopo tanto tempo: un classico, la casa di vacanza dove si va per Natale che si trasforma in una camera a gas perché il camino non “tira” bene o la stufa non è stata controllata a dovere.
Le conseguenze sulla salute dipendono dalla durata dell’esposizione al gas e dalla sua concentrazione: si hanno stanchezza, mal di testa, nausea e vomito nei casi lievi, per arrivare a confusione mentale, perdita di coscienza, dolore toracico, cardiopalmo, convulsioni e coma nei casi più gravi. Fino alla morte: le vittime sono tante e di ogni età, perché l’avvelenamento da monossido di carbonio può colpire davvero chiunque.

Una cucina con fornelli e forno a gas non in perfetto stato o in cui sia stato tappato il foro richiesto dalle normative per areare i locali è pericolosa: nelle nostre case sigillate l’ossigeno può venire a mancare più spesso di quanto si creda. In questi casi si verifica un’esposizione leggera ma prolungata al gas, che non dà effetti eclatanti immediati ed è difficile da riconoscere  ma fa parecchio male. Spesso si crede che una volta smesso di respirare monossido tutto sia sistemato. In realtà il gas provoca danni a lungo termine, ad esempio sul sistema nervoso centrale: la conseguenza più comune è la comparsa di disturbi cognitivi e di memoria. Inoltre, oggi sappiamo anche che chi è stato esposto al monossido ha, negli anni successivi, una maggiore probabilità di eventi cardiovascolari. 

La prevenzione è il mezzo più semplice per evitare guai: le regole sono semplici e vanno dalla manutenzione regolare e attenta degli impianti termici alla verifica del tiraggio e della pervietà delle canne fumarie dei camini, dall’aerare sempre bene le stanze a non modificare da soli gli apparecchi per riscaldare, controllandone periodicamente i requisiti di sicurezza. L’errore più comune è otturare le prese d’aria nelle cucine: lo fanno in tanti, per non far entrare aria fredda durante l’inverno. Altrettanto indispensabile non usare bracieri o barbecue in ambienti chiusi.  Infine, esistono in commercio rilevatori di monossido che possono essere utili.