martedì 30 dicembre 2008

La carta che scompare

recuori.jpgVolete giocare un po' a carte.

Provate questo bellissimo sito.

Incominciate dalle carte e, se siete coraggiosi, continuate con la matematica.

Ecco l'indirizzo: clicca qui

 

lunedì 29 dicembre 2008

Lunedì 28 dicembre 1908, ore 5,21: Messina trema.

Terremoto_Messina_1908a.jpgSono appena 31 secondi ma bastano per cambiare tragicamente il destino di un’intera città. Un terremoto violentissimo devasta la località dello Stretto, abbattendone tutti gli edifici (alla fine si calcolerà che è stato distrutto addirittura il 98% delle case) e uccidendo quasi metà dei suoi abitanti. La strage risulta ancor più crudele perché tutti sono a letto e vengono colti di sorpresa dal sisma. Siccome il cuore del terremoto si trova al centro dello Stretto (l’area europea più rischiosa per questi eventi), i sussulti del fondo marino scatenano anche la violenza del mare e – una decina di minuti dopo le scosse – onde di maremoto alte tre metri s’avventano sul porto come martellate, radendolo al suolo. Non basta: per colpa dei crolli, in città scoppiano pure alcuni incendi a completare il disastro. Quante le vittime? Ancora oggi non lo sappiamo con precisione, anche perché l’anagrafe messinese va completamente perduta; all’inizio si parla di 200 mila morti, mentre oggi gli storici abbassano la cifra fino a 80 o 100 mila decessi. Abbastanza comunque per mettere il terremoto in cima alla classifica dei peggiori disastri naturali d’Italia e tra i primi 4 o 5 dell’intero pianeta nel XX secolo.
Le prime notizie arrivano a Roma solo nel pomeriggio e non vengono prese sul serio: poi, scatta la gara di solidarietà a il terremoto non ha colpito solo Messina, né soltanto la Sicilia: anche sulla costa calabrese gli effetti sono devastanti, anzi la massima percentuale di morti si registra proprio in alcuni piccoli paesi della Calabria; su quel versante le località colpite più duramente sono Pellaro, Lazzaro e Gallico. Da una parte e dall’altra dello Stretto saltano tutti i collegamenti, quelli stradali o ferroviari per le frane, s’interrompono le linee elettriche e i fili del telegrafo. Per dare notizia del disastro al resto d’Italia, una nave deve scendere dal porto di Messina lungo la costa fino a trovare una località dove sia ancora possibile spedire un telegramma; infatti le prime notizie della sciagura raggiungono Roma soltanto alle 17.35 e non sono subito prese sul serio. Per fortuna nel porto di Messina sono ancorate alcune navi militari, soprattutto due corazzate russe che subito mandano i loro marinai a terra per scavare tra le macerie; grazie al loro impegno si salvano centinaia di persone. Li seguono nei giorni successivi militari inglesi, poi inglesi, americani, tedeschi, greci, portoghesi, danesi... I superstiti vengono caricati sulle navi mandate da tutt’Europa, quelli bisognosi di cure sono trasportati via mare negli ospedali di Palermo, Catania, Napoli, Livorno, Roma. Intanto si allestiscono alcune cucine d’emergenza per fornire piatti caldi a chi ha perso tutto. Insieme ai soldati italiani, pochi giorni dopo il sisma arrivano in città anche il re Vittorio Emanuele e la regina Elena: quest’ultima diventa un’eroina popolare perché, vestita da semplice crocerossina, vuole andare nelle piazze ad assistere personalmente i feriti.

sabato 27 dicembre 2008

A tutto gas

Mappa gasdotti rigassificatori.jpg

 

In molti forse si aspettano che nel  2009 l’Europa e la Russia riusciranno a migliorare le proprie linee di rifornimento in ambito energetico. Eppure in concreto si è realizzato ancora ben poco.

Tra i progetti allo studio c’è il gasdotto russo-tedesco Nord Stream, al di sotto del Mar Baltico, da San Pietroburgo alla costa nord-orientale della Germania. La Russia vedrebbe realizzare il suo sogno di fornire di gas l’Unione Europea senza passare in Ucraina . Secondo i piani, il gasdotto avrebbe dovuto essere completato nei prossimi mesi per poi fornire gas entro il 2010. Ma ad oggi la sua costruzione non è neppure iniziata. Accanto a questo si colloca un altro progetto russo, in collaborazione con la compagnia italiana ENI, per la costruzione di South Stream, un gasdotto che dovrebbe passare sotto il Mar Nero collegando la Russia alla Bulgaria. Anche l’Unione europea ha il suo progetto per un gasdotto: il Nabucco. Annunciato sei anni fa come una soluzione che avrebbe permesso di ridurre la dipendenza dell’Europa dal gas russo con gas proveniente da Azerbaijan e dall’Iran. La sua costruzione avrebbe dovuto concludersi, in base alle previsioni, entro il 2009. Ancora però non è stato collocato alcun condotto. Nel frattempo, la dipendenza dalle importazioni russe, che già forniscono il 42% della richiesta energetica europea, sembra destinata a crescere.

Sia la Russia che l'Ue hanno ideato progetti tanto ambiziosi spinte dalla convinzione di un vantaggio reciproco: gli europei hanno bisogno del gas dei russi, che a loro volta non possono fare a meno dei ricchi mercati dell’Europa. Le risorse energetiche del Mare del Nord, che rappresentano la maggiore fonte di gas europeo, stanno diminuendo rapidamente. E nonostante le continue esortazioni da parte dell’Ue per una diversificazione che assicuri una maggiore sicurezza energetica, gli europei continuano a guardare soprattutto alla Russia come risorsa principale per il proprio fabbisogno. Le previsioni indicano un ulteriore aumento di 200 miliardi di metri cubi all’anno entro il 2030 nel consumo di gas all’interno del blocco dei 27, rispetto agli attuali livelli di circa 300 miliardi di metri cubi.  Ma molte incognite gravano sulla Russia. Il timore è che Mosca non sia in grado di soddisfare una richiesta di tale portata. I campi russi nella Siberia occidentale sono quasi esauriti e i lavori per i nuovi gasdotti non sono nemmeno cominciati.

Senza dubbio la crisi economica in atto, con la sua estensione globale, rappresenta una delle cause che hanno contribuito a ritardare i tempi previsti. Il prezzo del petrolio, cui è strettamente collegato quello del gas, è crollato da un picco di 140 dollari al barile nell’estate scorsa a circa 40 dollari al barile nell’ultimo mese. Questo ha reso le compagnie energetiche assolutamente più caute negli investimenti a lungo-termine e nei progetti con grande impiego di capitale.

Ma qualunque sia la sorte di questi tre progetti, né singolarmente né congiuntamente potranno mai soddisfare la crescente domanda di gas da parte dell’Europa. Il gas che passerà attraverso queste nuove condutture per la maggior parte sarà lo stesso gas che al momento raggiunge il mercato europeo per altre vie, quali ad esempio l’Ucraina e alcuni stati dell’Asia centrale.

La vera ragione per cui le possibilità di ottenere gas nuovo dalla Russia sono così limitate è che sono venuti a mancare investimenti reali in questo settore. Anche quando il prezzo di gas e petrolio era ad alti livelli, non sono stati raccolti i frutti per modernizzare le infrastrutture o per introdurre nuove misure di risparmio energetico. Gazprom si è piuttosto concentrata sull’acquisto di nuovi impianti in Asia centrale e nei Balcani, comprando i giornali e costruendo uffici alla moda.

Quasi coprendosi gli occhi davanti a tutto ciò, l’Europa ha rifiutato di ricercare fonti alternative di approvvigionamento. Avrebbe potuto, ad esempio, impegnarsi nel sostegno alla ricostruzione del settore energetico in Iraq; oppure prestare una maggiore attenzione all’Azerbaijan e a tutte le sue risorse; o ancora concentrarsi nel risparmio e nel supporto alle energie rinnovabili. Ora con la crisi economica tutto sembra complicarsi ulteriormente e, in assenza di valide alternative, un destino di debolezza e instabilità appare già scritto.

giovedì 18 dicembre 2008

Riserve di petrolio

MWSnap097.jpg
Nel 1972 uno studio autorevole, commissionato al MIT (Massachusetts Institute of Technology) dal Club di Roma (il famoso Rapporto sui limiti dello sviluppo), affermò che nel 2000 sarebbero state esaurite circa il 25% delle riserve mondiali di oro nero. Il rapporto, però, fu frainteso, e i più pensarono che predicesse la fine del petrolio entro il 2000.

La situazione oggi appare più grave di quanto il MIT avesse predetto. Dai dati pubblicati annualmente dalla BP (British Petroleum) si rileva che la quantità di petrolio utilizzata dal 1965 al 2004 è di 116 miliardi di tonnellate, le riserve ancora disponibili nel 2004 sono valutate in 162 miliardi di tonnellate.

Con questi valori si può facilmente calcolare che, escludendo i nuovi giacimenti che saranno scoperti nei prossimi anni, è già stato consumato il 42% delle riserve inizialmente disponibili, in altre parole si avvicina il momento del raggiungimento del "picco" dell'estrazione. Secondo la BP, il petrolio disponibile è sufficiente per circa 40 anni a partire dal 2000, supponendo di continuarne l'estrazione al ritmo attuale, quindi senza tenere conto della continua crescita della domanda mondiale, che si colloca intorno al 2% annuo. Ma al momento dell'estrazione dell'ultima goccia di petrolio, l'umanità dovrà già da tempo aver smesso di contare su questa risorsa, in quanto man mano che i pozzi si vanno esaurendo la velocità con cui si può continuare ad estrarre decresce, costringendo a ridurre i consumi o utilizzare altre fonti energetiche.

Altre fonti comunque collocano il picco molto più vicino a noi.

Il rapporto 2008 dell’IEA (International Energy Agency) parla di picco fra 3-4 anni per i paesi non OPEC (Organizzazione dei Paesi Esportatori di Petrolio) e del 2020 per i paesi OPEC. E’ noto che passato il picco il prezzo comincerà incessantemente a crescere perché l’offerta non potrà sostenere la domanda. A parte il momento attuale di crisi economica, la domanda di energia negli ultimi anni è cresciuta mediamente del 2% all’anno. Se non si corre ai ripari i costi economici e sociali del picco saranno altissimi.


 

 

mercoledì 10 dicembre 2008

Petrolio e Guerra

military_oil_overseas.JPG

Lo sappiamo, gli Stati Uniti sono il maggior consumatore di Petrolio.

Il grafico qui sopra (da Energy Bulletin) raffigura il petrolio consumato dall'apparato militare americano: è con stupore che scopro che ben oltre la metà viene bruciato all'estero (parte gialla), quindi in guerra o qualcosa di simile, in giro per il mondo.

La frase "guerra per il petrolio" assume tutto un altro significato. Sono 200.000 barili al giorno usati per far andare 200.000 carrarmati, 200 navi e 11.000 aerei con lo scopo di controllare le aree petrolifere. C'è della follia in tutto questo: in un certo senso, se non si facesse la guerra, non ci sarebbe bisogno di fare la guerra per procurarsi il petrolio.

Nei prossimi anni il Pentagono comprerà tanti veicoli militari quanti ne ha già ora, veicoli il cui consumo non si misura in "miglia per gallone" ma in "galloni al minuto" (vi ricordo che un gallone equivale a 3,785 litri): un bombardiere B-52 consuma 55 galloni, ovvero 209 litri ogni minuto di volo, e il pieno costa tra i 100.000 e i 300.000$ a seconda del carburante.

Degli studi hanno dimostrato che è impossibile cambiare tutto questo sistema per renderlo più risparmioso. L'apparato militare può agire su caserme e impianti per risparmiare energia, ma sui veicoli non c'è nulla da fare.

Ma perchè il mondo gira all'incontrario?

mercoledì 3 dicembre 2008

Crayon Physics

Anonimo.jpgScopro su Punto Informatico un gioco fantastico: Crayon Physics.

crayon.rar

Originale, divertente, educativo, con una interfaccia gradevolissima somigliante a quella di un foglio accartocciato.

Dobbiamo disegnare con il mouse, come se fosse una matita colorata, oggetti per spostare una pallina fino a catturare una stella in una specie di puzzle a due dimensioni.

Adattissimo per i bambini, non solo per la gradevolezza dell’ambiente grafico, ma perché possono cominciare ad intuire le leggi della fisica e della dinamica, sforzandosi di trovare soluzioni ai semplici problemi proposti.

Devo dire, tuttavia, che ha rapito anche me e quindi credo possa divertire anche un pubblico adulto. Questa la descrizione di LucaS:

­Scopo apparentemente semplice del gioco è quello di far raccogliere alla propria pallina rossa tutte le stelline presenti nel livello.

Per far arrivare la palletta dal punto A (partenza) al punto B (stellina, o stelline varie) si possono disegnare cubi, rettangoli, scarabocchi strani e qualsiasi forma anche se… il gioco molto spesso trasforma lo scarabocchio in una forma più regolare.

Se “si accenna” ad un rettangolo stortignaccolo, insomma, Crayhon Physics ne corregge la forma in un rettangolo perfetto e regolare, ma non sempre è un bene per il risultato.

Gli oggetti così creati in punta di matita virtuale diventano immediatamente solidi e “cadono” nel livello dal punto in cui li si disegna grazie ad una forza di gravità simulata, che è proprio la forza da sfruttare per arrivare a collezionare stelline.

Catapulte, ponti sospesi, oggetti per bloccare percorsi, piattaforme per sollevare, palline piccole per contrappesi piccoli, macigni deformi se serve un po di massa: la creazione si fa con la matita, con Crayon Physics! Guardate questo video per farvi un’idea.

Guardate questo video per farvi un’idea.

http://it.youtube.com/watch?v=hDwAAckxOkc

Istruzioni per usare Crayon Physics:

  • Barra Spaziatrice - ricarica il livello
  • Esc - apre il menù
  • Alt + invio - per giocare a schermo intero
  • Alt + F4 - per uscire

Il gioco è distribuito sotto questa licenza Creative Commons, ho preparato una versione con livelli aggiuntivi che può essere scaricata qui.

Non necessita di installazione, basta scompattare l’archivio zip (5.9 mb) e lanciare il file crayon.exe all’interno della cartella (per caricare i livelli aggiuntivi lanciare il file level_pack_01.bat).

Un vero e proprio spensierato ritorno all’infanzia. Da provare!

sabato 29 novembre 2008

Biobottiglia

acquasantanna.gifQuante tonnellate di anidride carbonica vengono immesse nell’atmosfera ogni giorno per produrre qualcosa di totalmente naturale e innocuo, come l’acqua che beviamo? Parecchie, a cominciare dal fatto che la plastica con cui sono fatte le bottiglie di acqua minerale è derivata dalla lavorazione del petrolio. Oggi Fonti di Vinadio, società che produce l’acqua minerale Sant’Anna, commercializza sul mercato italiano la prima bottiglia in materiale plastico di derivazione totalmente naturale, che si ricava dalla fermentazione degli zuccheri di alcune piante anziché dal petrolio.

“L’impiego di risorse annualmente rinnovabili, anziché del petrolio, per produrre questa plastica naturale – spiega in un comunicato l’imprenditore Alberto Bertone, Ceo di Fonti di Vinadio, il primo a credere fermamente nella sperimentazione del nuovo materiale prodotto da Ingeo - riduce la dipendenza dai combustibili fossili. E grazie a processi manifatturieri più sostenibili contribuisce all’abbattimento delle emissioni di anidride carbonica, la causa principale dell’effetto serra. Sostituendo il petrolio con una risorsa rinnovabile di origine vegetale, si impiega il 67 per cento di combustibili fossili in meno rispetto alle plastiche tradizionali”.

Bertone ci aiuta a farci un’idea più chiara con un esempio illuminante. “Se consideriamo 50 milioni di biobottiglie del peso di 27 grammi ciascuna, rispetto alla stessa quantità di bottiglie prodotte in comune PET, risparmiamo 13.600 barili di petrolio, ovvero la stessa quantità di energia che serve a fornire elettricità a 40.000 persone per un intero mese! Inoltre, riduciamo le emissioni di anidride carbonica pari a quelle emesse da 3.000 auto che percorrono in un anno circa 10.000 chilometri ciascuna!”. E il Ceo avverte: “A Vinadio siamo in grado di produrre 50 milioni di bottiglie in una settimana di lavoro. E oggi in Italia si devono smaltire ogni anno oltre 5 miliardi di bottiglie”.

Un bel risparmio per l’ambiente. Che però ci dà anche un’idea a dir poco raccapricciante dell’impatto che l’acqua minerale ha avuto finora sull’ambiente. Alleggerito il peso ambientale degli involucri, rimane il fatto che l’acqua in bottiglia viaggia, in massima parte su gomma, in lungo e in largo per l’Italia e per il mondo, (qui il file pdf di una tabella con qualche calcolo chilometrico fatto da Altraeconomia) creando nel suo percorso emissioni nocive tanto quanto quelle causate dalla produzione di bottiglie in PET. L’acqua del rubinetto, al contrario, arriva a casa nostra a zero impatto e la sua qualità non ha niente da invidiare a quella delle minerali.

martedì 18 novembre 2008

Auto elettrica

pininfarina-b0.jpgL’auto elettrica può essere la svolta del futuro. L’assenza di emissioni di Co2 la renderebbe perfetta per le esigenze ambientali. L’anidride carbonica è infatti la principale causa dell’effetto serra e del riscaldamento globale del pianeta. Su questa situazione le emissioni delle autovetture hanno una certa responsabilità. Il mercato dell’auto si sta orientando sempre più verso veicoli con alimentazione ibrida, propulsori alimentati sia con carburante che elettricamente. Le industrie automobilistiche stanno spingendo verso propulsori elettrici alimentati con batterie al litio. Sì il litio, quello utilizzato per le batterie dei telefonini cellulari che non provoca il così detto effetto memoria. Si tratta di un metallo alcalino presente in alcune rocce che per essere estratto presenta non poche difficoltà. La maggiore concentrazione di litio è presente in Bolivia, dove è stato varato un progetto pilota che prevede la realizzazione di un impianto industriale per l’estrazione. Ma già si stima che il prezzo del prodotto è destinato a salire e che le riserve non saranno sufficienti per la richiesta del mercato automobilistico e che si esauriranno in breve tempo. Per di più gli impianti per la lavorazione del litio producono biossido di zolfo, un gas altamente cancerogeno. La situazione non si presenta rosea; la presenza dell’uomo sulla terra, negli ultimi cento anni, ha favorito gli attuali livelli di concentrazione di gas serra che senza l’intervento antropico sarebbero stati prodotti naturalmente in settemila anni, questo il dato emerso dal Congresso sul Clima, organizzato dall’Universita’ Ca’ Foscari di Venezia. Secondo Vincenzo Pepe di FareAmbiente “bisogna ridurre i consumi per scongiurare una vera e propria recessione ambientale. In Giappone, paese attento alle problematiche ambientali, alla ricerca di nuove fonti energetiche alternative - prosegue Pepe - il livello di attenzione è alto per la crescita di emissioni di Co2. Occorre uno sforzo per salvare il pianeta”. Solo una politica ambientale mirata al risparmio energetico e all’impiego di risorse energetiche rinnovabili può venire incontro alle esigenze dell’umanità.

(fonte l'opinione.it)

giovedì 13 novembre 2008

Chi ha scaldato il pianeta?

Tuttoscienze del 12 nov 2008

visualizza, salva e stampa la pagina

tuttoscienze_antartide_la_terra_e_calda_da_sempre.pdf

La Terra è irrequieta da sempre

In una carota di ghiaccio estratta al Polo Sud, 800mila anni di glaciazioni e “lunghe estati”. Le brusche variazioni di temperatura sono un fenomeno naturale: in passato l’umanità non ha avuto alcun ruolo.

 

carote.jpg

 


mercoledì 5 novembre 2008

Alla conquista del Polo Nord

img218.jpgQuest'estate, per la prima volta, l'Artico è diventato circumnavigatale. Il rapido scioglimento dei ghiacciai ha apertoci mitico "passaggio a Nordovest" e noi ci siamo commossi per gli orsi che annaspavano nelle acque gelide. Ma nel silenzio del Grande Bianco si agitavano avvenimenti più rilevanti. Anche perché il Servizio geologico degli Stati Uniti aveva appena reso noto le conclusioni di una sua dettagliata ricerca: perforando i fondali artici si potrebbero portare alla luce 90 miliardi di barili di olio greggio (oggi nel mondo sono 1.200 miliardi i barili che attendono di essere estratti) e oltre mille miliardi di metri cubi di gas, in 25 aree ben definite. Un immenso tesoro che - facevano osservare i tecnici americani - può diventare facilmente accessibile se è esatta la previsione sui ghiacci artici, destinati a scomparire.

Ancora il petrolio, dunque, pane e veleno dei giorni nostri, che fa girare la ruota e scatena le guerre. Con le risorse energetiche sempre più preziose, è scattata la grande corsa all'oro nero e blu del Polo Nord. Si calcola che un quarto delle riserve mondiali siano ancora intatte sotto quei fondali marini (1,2 milioni di chilometri quadrati). Uno scrigno che racchiude anche diamanti, oro, argento, rame, ferro, platino, carbone e, non ultimo, uranio. Insomma, la nuova frontiera del Ventunesimo Secolo. Sin troppo facile prevedere l'accendersi di una grintosa competizione geopolitica.

A contendersi il tesoro sono i cinque Paesi rivieraschi: Stati Uniti (Alaska) e Russia (Siberia), ovviamente in primo piano, e altre tre nazioni che per ragioni geografiche vantano pari diritto a partecipare alla conquista: Danimarca (per via della Groenlandia), Norvegia e Canada. Una convenzione delle Nazioni Uniti (1982) consente ai Paesi con uno sbocco sul mare di estendere i loro diritti per lo sfruttamento delle risorse naturali, minerarie, energetiche e biologiche, dalle attuali 200 a 350 miglia (un miglio nautico corrisponde a 1,8 chilometri). A una condizione: devono essere presentate le prove scientifiche che le 150 miglia aggiuntive rappresentano effettivamente "il prolungamento naturale della piattaforma continentale".

Da tempo i cinque contendenti hanno rivendicato i confini politici che si affacciano su quel mare. Il nuovo limite è stato posto dove terminano le rocce con le medesime caratteristiche geologiche che affiorano sul continente. Secondo questi Paesi, infatti, le coste attuali non possono essere prese come linea di confine assoluto con il mare, in quanto le acque possono avanzare e retrocedere. Così, per esempio, se tra un secolo si avverassero le previsioni climatiche che vogliono un innalzamento marino di diversi decimetri, alcune nazioni perderebbero una grande quantità di territori.

La Norvegia è stata la prima a presentare la domanda per l'estensione. La Russia ha fatto di più: per annunciare al mondo che il Polo Nord geografico gli appartiene, nel luglio dell'anno scorso ha mandato due batiscafi Mir e un gruppo di scienziati a mappare i fondali e a piantare la bandiera russa metallica a 4 mila metri di profondità, in corrispondenza del polo. È stato anche lasciato un messaggio (con l'orso polare come lago) per le future generazioni. Gesto simbolico? Non soltanto: era anche una ricerca di prove scientifiche per favorire le rivendicazioni di Mosca sull'Artico dinanzi alla commissione Onu. Il Canada si è autoproclamato proprietario dell'Artico sin dagli anni Settanta, la Danimarca considera già Artico la sua Groenlandia e lo stesso fanno gli americani con l'Alaska.

L'Artico ho un'estensione di 14 milioni di Km quadrati, sette volte il Mar Mediterraneo, e raggiunge i 4 mila metri di profondità. Non è mai stato sotto il dominio politico di nessuna nazione, ma ora la contesa si fa aspra. Si moltiplicano le basi militari, le bandiere al vento, in allerta per una "guerra fredda" che può ricominciare.

C'è anche un interesse italiano nell'Artico energetico: l'Eni ha acquisito alcuni giacimenti nel territorio di Jamalo-Nenec (Ynao), la regione che produce le maggiori quantità dì gas del mondo. Ma la caccia al tesoro è riservata ai cinque Paesi che cingono in cerchio il Mar Glaciale Artico. I mutamenti climatici hanno accelerato la loro corsa. Ha detto il ministro degli Esteri danese, Stig Moller: «II ghiaccio si sta sciogliendo e si aprono vie di trasporto e risorse naturali finora inaccessibili».

La sfida non riguarda solo gas e petrolio. II Passaggio a Nord Ovest significa ridurre i giorni di navigazione, collegamenti più veloci tra Atlantico e Pacifico: un viaggio tra due grandi porti come Tokyo e Amburgo sarebbe più corto di 8.600 chilometri.

Nell'Artico la temperatura aumenta a una velocità doppia rispetto al resto del pianeta: vaste aree di permafrost (quelle perennemente coperte dal gelo) si stanno sciogliendo e sia il ghiaccio marino sia quello terrestre sono in rapida riduzione. Fino a pochi anni fa si calcolava che il mare polare sarebbe rimasto privo di ghiaccio nel periodo estivo non prima del 2050, ma le ultime stime indicano l'anno 2013.

(fonte: MondoErre)

 

sabato 25 ottobre 2008

Motore a 4 tempi

1811777033.2.jpgPer i ragazzi di terza, ecco alcuni video che illustrano bene il motore.

Se avete pazienza ad arrivare alla fine del video troverete la parte più interessante sul funzionamento.

Buona visione

 

(Copia e incolla l'url nella barra degli indirizzi del tuo browser)

http://www.youtube.com/watch?v=0EMeQxImNmk

http://it.youtube.com/watch?v=Nq95oaVf_fE

mercoledì 22 ottobre 2008

Storia del petrolio

1821252091.jpgAlla fine del XXVIII secolo il carbone è praticamente l'unico combustibile usato e sul suo uso si era  fondata, nel 1700 e nel 1800, la prima rivoluzione industriale.
Il petrolio viene scoperto soltanto verso la metà dell'800 e la sua richiesta rapidamente aumenta  quando, agli inizi del '900, il motore a scoppio è applicato ai veicoli. L'avvento dell'automobile e quindi del petrolio ha spostato gli equilibri geopolitici mondiali. I giacimenti di petrolio si trovano in alcune aree - America settentrionale, centrale è meridionale, Paesi arabi, Sud-est asiatico, Russia - per lo più diverse da quelle in cui si trovano i grandi giacimenti di carbone. 
La rivoluzione industriale, basata sul carbone, è stata una rivoluzione europea, che ha visto come protagonisti i paesi carboniferi: Germania, Francia, Inghilterra. Con l'era del petrolio, il centro dello sviluppo industriale ed economico passa in America, dove si trovano i pozzi petroliferi (allora) ricchissimi: proprio nel periodo in cui le grandi potenze europee si preparano alla conquista del mondo, queste si trovano ad essere prive della materia prima necessaria ad alimentare i nuovi mezzi di trasporto.

Il primo pozzo petrolifero della storia venne scavato a Titusville, in Pennsylvania, il 27 agosto 1859.   Intuita ben presto l'enorme potenzialità del petrolio, in meno di due anni vengono realizzati oltre 340  pozzi e nel 1870 nasce la prima compagnia petrolifera, la Standard Oil dell'affarista J. D. Rockefeller,destinata a diventare la prima  grande compagnia petrolifera a livello mondiale,l'odierna ESSO.
Sin dall'inizio del secolo scorso, accanto alle forme tradizionali di fonti energetiche, come il carbone e l'energia idroelettrica, il consumo di petrolio, prevalentemente Nord americano, ha cominciato ad affermarsi e a diffondersi. E' in questo periodo che le grandi potenze cominciano a vedere l'Iraq e il Medio Oriente come un immenso giacimento petrolifero su cui mettere le mani: dopo la conferenza internazionale di San Remo, trovano un accordo per la spartizione delle ricchezze petrolifere irachene, già allora considerate di grande valore economico e strategico. L'Italia, però, è esclusa dall'accordo.
Durante la prima Guerra Mondiale si ha una svolta del corso delle vicende quando gli Stati Uniti adottano il carro-armato, alimentato a benzina. I Tedeschi, invece, utilizzano ancora il carbone per le navi, che però si muovono con minor autonomia in quanto si possono rifornire solo in patria. Gli storici dicono che si è trattato della vittoria del petrolio sul carbone.

Negli anni trenta per migliorare le prestazioni delle automobili l'industria petrolifera si impegna nella produzione di benzine ad alto numero di ottano.
Nel 1933 Hitler sale al potere in Germania con un programma che prevede, a breve distanza, una guerra che dovrebbe consentire alla Germania di vendicarsi della sconfitta del 1918. Hitler capisce subito che la guerra richiederebbe un gigantesco impegno industriale anche per rendere autonoma la Germania dalle importazioni di alcune materie strategiche, fra cui il petrolio e la gomma.
In Italia, paese povero di benzina, ma anche di carbone, fin dagli anni '30 viene avviato un programma di produzione di benzina sintetica, sostenuto dal governo fascista; a Bari si costruisce un impianto di raffineria del petrolio. I nomi di alcune fabbriche di benzina sintetica suscitano ricordi terribili perché vi sono stati impiegati, come manodopera, i prigionieri antifascisti ed ebrei, di fatto schiavi, catturati in tutti i paesi d'Europa. Le fabbriche sono sottoposte ai bombardamenti alleati; quella di Leuna, una tra le più grandi, è distrutta il 12 maggio 1944.
Durante la seconda Guerra Mondiale (1939-1945) Hitler invade l'U.R.S.S. per garantirsi il petrolio della Romania, alleata alla Russia, e per impadronirsi dei pozzi di petrolio del Caucaso.
Il Giappone entra in guerra per rendersi autonomo dagli Stati Uniti, dai quali dipende per i rifornimenti petroliferi; tenta dunque di invadere le Indie Olandesi ricche di petrolio.
In risposta a ciò U.S.A. e Gran Bretagna decretano l'embargo: proibiscono i rifornimenti di petrolio al Giappone. In risposta il Giappone attacca la flotta americana a Pearl Harbour, ma non colpisce le scorte di petrolio presenti nell'isola, grazie alle quali ciò che rimane della flotta americana nel Pacifico può essere riattivato.
Nel 1944 i Tedeschi tentano di sconfiggere gli Alleati nelle regioni del Belgio e del Lussemburgo; l'operazione, però, fallisce per mancanza di benzina. In queste zone, d'altro canto, sono collocate migliaia di taniche di benzina affinché gli automezzi americani e inglesi possano rifornirsi continuamente.
Con la Conferenzadi Postdam del 16 luglio 1945, gli Alleati impongono la cessazione di qualsiasi attività nel campo della produzione di benzina sintetica dal carbone.
Sempre nello stesso anno ha inizio la Guerra Fredda segnata da tensioni tra Stati Uniti e Unione Sovietica in Medio Oriente, dove si trovano le più grandi riserve di petrolio.
Nell'aprile del 1949 gli Alleati ordinano lo smantellamento degli impianti, ma in seguito al miglioramento dei rapporti con la Germania, l'ordine viene revocato nel novembre dello stesso anno; gli impianti sono stati così trasformati in raffinerie di petrolio .
Nel 1945 Nasser, nazionalista egiziano divenuto con un colpo di stato Presidente della Repubblica, occupa il canale di Suez e lo nazionalizza. Per la Gran Bretagna e la Francia lasciare il canale non significa solo rinunciare agli enormi profitti che derivano dal pedaggio, ma anche permettere che l'Egitto diventi il guardiano di tutto il traffico di petrolio proveniente dai Paesi Arabi. C'è inoltre il rischio che nella gestione del canale intervenga anche l'Unione Sovietica, fornitrice di armi all'Egitto: ciò potrebbe comportare il blocco dei rifornimenti petroliferi diretti all'Occidente. Nasser esce vincitore dalla crisi grazie all'arma del petrolio: ricatta la Francia e l'Inghilterra che senza petrolio non potrebbero affrontare l'inverno.

Inoltre rispetto al carbone, il petrolio e i sottoprodotti della sua raffinazione erano più pratici da usare e più puliti. Logico quindi che quando cominciò a diffondersi l'elettricità, nella seconda metà del XIX secolo, il petrolio si proponesse come combustibile ideale per produrre il calore necessario ad azionare le turbine a vapore, nelle centrali termoelettriche,  laddove non fosse possibile installare centrali idroelettriche.
La crescita industriale, la diffusione dell'automobile e l'uso dell'elettricità fecero aumentare a dismisura la richiesta di energia in Europa e in USA finchè non ci si rese conto che le riserve mondiali dei combustibili fossili non erano illimitate e prima o poi si sarebbero esaurite. Così iniziò, in particolare dopo la crisi petrolifera del 1973, in seguito alla guerra tra Egitto ed Israele, ad intensificarsi la ricerca di nuove fonti di energia.

Nel Medio Oriente la storia del petrolio comincia negli ultimi decenni dell'Ottocento, con le contese fra tedeschi, russi e inglesi per ottenere concessioni per la ricerca di petrolio dai governi dell'impero Ottomano e della Persia: regioni nelle quali si conosceva già l'esistenza del petrolio liquido.

domenica 12 ottobre 2008

Acqua, problema mondiale

1870492581.jpgLa società mondiale deve cambiare i metodi di gestione delle risorse d’ acqua dolce. Senza cambiamenti la sicurezza idrica, alimentare e energetica di molte regioni del mondo sarà compromessa.

E’ questo il drammatico grido d’ allarme lanciato al 13/mo congresso mondiale svoltosi a Montpellier (Francia) a inizio settembre.

Non se ne è parlato molto eppure questo e’ un argomento importante, di primaria importanza, come e piu’ delle passate olimpiadi di Pechino, come e più dell’ inosservanza dei diritti civili in Cina, come e piu’ della pena di morte ancora in auge in molti Stati.

La carenza di acqua in molte regioni del nostro pianeta e’ infatti molto più drammatica di una guerra (i morti sono numerosi e forse più di quelli in un conflitto), significa poi calpestare i diritti di quelle popolazioni, vuol dire comunque condannare a morte milioni di persone.

Il congresso scientifico, organizzato dall’ Associazione Internazionale delle Risorse d’ Acqua (IWRA), che si svolge qualche mese prima dell’ assemblea mondiale dell’acqua in programma a Istanbul il prossimo marzo, sta evidenziando che la risorsa acqua, per molto tempo considerata inesauribile, è in netta diminuzione e che è necessario intervenire per anticipare i futuri deficit.

L’acqua oggi si fa sempre più rara. Le cause sono molteplici: l’ aumento della temperatura, l’evaporazione dell’ acqua dei fiumi, la diminuzione delle piogge. Inoltre, questi problemi stanno creando ulteriori disparità tra le diverse regioni mondiali, che già sono considerevoli.

Altro importante fattore di riduzione della risorsa è l’inquinamento delle acque urbane , industriali e agricole e la poca attenzione per il loro corretto uso.

La necessità d’acqua e’ poi aumentata per la crescita della popolazione mondiale, soprattutto nelle megalopoli. Ma soprattutto inquieta le aumentate le richieste d’ acqua per assicurare l’alimentazione della popolazione mondiale. Infatti, oggi, e’ pari al 70 per cento il volume di acqua dolce utilizzata nel settore agricolo mondiale.

Inoltre la necessità di ridurre gli effetti dell’ emissione dei gas serra sta spingendo gli Stati a sviluppare risorse alternative, come l’ idroelettrico, per produrre energia, ma le stesse centrali nucleari e termiche hanno necessità di grandi volumi d’acqua per il raffreddamento degli impianti.

Da Montpellier arriva il consiglio di pronte risposte al problema come migliore conoscenza delle risorse, la realizzazione di infrastrutture di conservazione e di trattamento delle acque utilizzate, riduzione dei consumi e dell’ inquinamento, riesame delle politiche agricole, nuovi sistemi di regolazione tra gli utilizzatori che sempre più entrano in conflitto tra loro.

E’ necessario, secondo gli organizzatori del convegno di Montpellier, che le risposte arrivino dai singoli stati, perché le regole devono essere trovate a livello locale.

L’ augurio e’ che i potenti del mondo ascoltino l’ urlo disperato lanciato a Montpellier prima che sia catastrofe.   

venerdì 3 ottobre 2008

Eolico off shore

Impianto eolico offshore
Il Regno Unito vara il parco eolico off shore più grande del Mondo. L'attenzione del megaprogetto verso l'ambiente è tale che gli ideatori hanno convinto anche le associazioni ambientaliste
Parliamo di eolico. Mentre nel nostro paese ci si divide sull’utilizzo di questa, e altre rinnovabili, la Gran Bretagna sembra fare sul serio. Sorgerà , infatti, alle fonti del Tamigi la più grande centrale eolica off shore del Pianeta che sarà in grado di soddisfare i bisogni elettrici di circa 750 mila persone.
La centrale, il cui progetto definitivo è in attesa di approvazione, sarà situata a 20 km al largo della costa del Kent, davanti alla foce del Tamigi.
I numeri danno la misura del progetto. L’area complessiva interessata dalla centrale è di 245 km2, nella quale troveranno posto 270 turbine dell’altezza ognuna di 100 metri. La potenza complessiva dell’impianto sarà di 1.000 MW, come una centrale nucleare di grande taglia e l’investimento complessivo è di 2,1 miliardi di euro, interamente assicurati da un consorzio tra i quali spicca una delle aziende protagoniste dell’economia fossile: la Shell.
Una volta a regime la centrale potrebbe da sola fornire energia elettrica pulita per il 10% del target fissato dal Governo di Londra: portare entro il 2011 il contributo delle fonti rinnovabili a un 10% della produzione elettrica nazionale complessiva. Come sempre, quando si parla d’energia, e in special modo di rinnovabili, sono inevitabili le polemiche. Da un lato si schierano contro al progetto il Porto di Londra, il quale ritiene che la struttura rappresenti un pericolo per le navi e la Società reale britannica per la protezione degli uccelli, la quale afferma: «Siamo preoccupati per l'estensione del progetto che minaccia una popolazione di uccelli (Strolaga e Colimbo) protetta a livello internazionale perché a rischio di estinzione. Un'area di minori dimensioni sarebbe certamente meglio per le popolazioni di uccelli della zona».

Non tutte le associazioni impegnate nella difesa dell’ambiente sono dello stesso parere. «Il cambiamento climatico è oggi il maggiore problema per il Pianeta. – ha affermato Tony Juniper, direttore di Friends of the Earth - Progetti come quello della centrale eolica London Array sono esattamente le vie di sviluppo che dovrebbero essere intraprese urgentemente per risolvere il problema e contribuiscono al raggiungimento degli obiettivi di riduzione di anidride carbonica».
Anche Green Peace sostiene il progetto. «La Gran Bretagna possiede le migliori risorse eoliche in Europa – afferma Stephen Tindale, direttore esecutivo di Green Peace UK – e l’impianto London Array rappresenta il maggior passo fatto verso un impiego massiccio delle risorse eoliche, cosa che aumenterà il contributo della Gran Bretagna nella lotta ai cambiamenti climatici».

Attenzione al territorio
A giudicare dalle informazioni presenti sul sito di London Array, i costruttori del nuovo impianto stanno facendo un lavoro accurato verso gli stakeholder. Tutte le categorie interessate, dai pescatori, agli abitanti dei paesi interessati, passando per i gestori del traffico navale e aereo sono coinvolti in un processo partecipato di soluzione dei problemi rappresentati dalla centrale.
L’inizio della costruzione della centrale sembra far entrare in una nuova fase quella che è una delle rinnovabili più promettenti: l’eolico off-shore.
La scarsa visibilità dalla costa, che è stata assicurata dai progettisti dell’impianto, dovrebbe spazzare via le polemiche sull’impatto paesaggistico e l’avvio di un progetto di tali proporzioni significa che sono stati superati i problemi logistici e tecnologici che tradizionalmente ostacolavano l’eolico off-shore. Incertezza sulla taglia delle turbine. I progettisti prevedono l’installazione di rotori della potenza compresa tra i 3 e i 7 MW. Si tratta di un dubbio comprensibile. Il progresso delle tecnologie applicative nel settore dell’eolico, infatti, è continuo. All’inizio dell’anno in Germania è stato installato il primo rotore da 5 MW, taglia che dovrebbe diventare uno standard, mentre sono allo stato avanzato le sperimentazioni dei rotori da 7 MW.
Buone notizie sul fronte della riduzione dei gas serra. Il risparmio annuo di CO2 dovrebbe essere di 1,9 milioni di tonnellate l’anno, ma ci si aspettano abbattimenti anche su emissioni come 26mila tonnellate di SO2 e 8mila tonnellate di NOx. Kyoto e l’ambiente ringraziano.

giovedì 25 settembre 2008

LEGO

1966548189.pngNel 1958 - cinquant’anni fa -  moriva il fondatore di LEGO, Oleg Kirk Christansen.

La storia di LEGO parte dalla Danimarca, negli anni 30. Christansen era un semplice falegname di  Billund: dopo il periodo della depressione del 1929, scelse di abbandonare la costruzione di mobili e accessori per passare ai giocattoli. Solo poco prima del 1950 l'azienda abbandonò il legno per passare alla plastica, la cui produzione assumeva sempre maggiore rilievo via via che le vendite aumentavano.

Perché è stato chiamato LEGO? Si tratta di due parole danesi, LEg e GOdt che in danese vuol dire "giocare bene".  Nel 1958  venne scelta l'attuale conformazione, con l'attacco tipico del Lego, costituito da un cilindretto che si incastra a pressione tra quattro bottoncini rotondi, permettendo così ai mattoni di collegarsi solidamente l'un l'altro.

I "pezzi" disponibili per le costruzioni oggi sono di quasi 2500 tipi diversi. Dal 1963 per la loro realizzazione venne abbandonato l’acetato di cellulosa è impiegato l'ABS (acrilonitrile-butadiene-stirene), una delle espressioni più pregiate, inalterabili e affidabili della plastica. I mattoncini di allora si incastrano ancora perfettamente con quelli prodotti oggi: non hanno perso il colore, hanno mantenuto la forma, sono inattaccabili dagli acidi. Per ottenere le costruzioni formate da elementi perfettamente allineati, come ben sa chi lo ha usato, l'ABS viene fuso in stampi calibrati di elevata qualità, con tolleranza degna di ben altri settori di mercato: solo 1 millesimo di millimetro. Ciò consente alle costruzioni di avere quell'aspetto "perfetto" e quell'incastro sempre uguale anche dopo anni di impiego; una delle doti, questa, che ha sempre distinto il LEGO dai suoi concorrenti.

Il 7 giugno 1968 fu creato il Parco Legoland a Billund (la città di Christansen), con elaborati modellini di città in miniatura interamente costruiti con i mattoncini LEGO. Il parco di 12.000 metri quadrati ebbe nel primo anno 625.000 visitatori e nei vent'anni successivi crebbe di dimensioni fino a diventare otto volte la grandezza originale, e raggiungere la media di circa un milione di visitatori l'anno. Nel 1970 la LEGO occupava oltre 900 dipendenti ed era la più grande azienda europea di giocattoli. Nel 1992, usando prodotti LEGO, furono stabiliti due record nel Guinness dei primati: un castello composto da 400.000 mattoncini di 4,45  metri x  5,22  costruito e pubblicizzato dalla televisione svedese ed una ferrovia lunga 545 metri, con tre locomotive.

venerdì 19 settembre 2008

Il prof che ha stracciato la domanda di pensione

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Sul quotidiano Avvenire di oggi trovo questa bella storia. Non posso non raccontarvela: è un collega di tecnologia, di quelli che non mollano davanti alle difficoltà. E poi ritrovo una certa omonimia ...

Il modulo per chiedere la pensione era gi pronto da mesi. Trentasei anni di onorato servizio, ventitrè dei quali spesi come insegnante di sostegno fiancheggiando casi difficili nelle scuole di Livorno. La sua carriera era arrivata al capolinea. Poi la partecipazione a un raduno di cinquemila insegnanti promosso da Comunione e liberazione a Milano: una raffica di testimonianze di colleghi che raccontavano le fatiche e le soddisfazioni dell’educare. Gente motivata, desiderosa di combattere ancora nella trincea della scuola, di dare un contributo alla crescita di tanti giovani che si affacciano alla vita.
Ho capito che non potevo mollare proprio adesso, quando l’emergenza educativa si fa sempre più pressante. Non solo per aiutare i ragazzi, ma proprio per me. Cosa c’è di più bello che veder fiorire quello che hai coltivato? Cosa c’è di più vero che comunicare ciò che sei attraverso la materia che insegni, e far rinascere uno sguardo positivo sulla vita in mezzo a tanto cinismo e a tanta negatività? Insomma, come si fa a smettere, se il bello viene adesso?.
E così il professor Pierluigi Giovannetti ha stracciato la domanda di pensione e ne ha compilata un’altra, chiedendo il trasferimento dal ruolo di sostegno a quello di tecnologia, la sua materia. E in questi giorni si è ributtato nella mischia, in una scuola media di Livorno, con un po’ di timore per tornare in campo aperto – insegnerà a 140 studenti in 6 classi), lui che era abituato a seguirne 2 o 3 all’anno – mitigato dalla certezza che lo scopo vale il rischio. 'Del resto l’educazione ha sempre in suna buona dose di rischio: tu proponi, i ragazzi devono mettere in gioco la loro libertà per dire sì alla tua proposta.
E anche nella mia materia, tecnologia, può passare un messaggio educativo'. Cioè? 'I libri di tecnologia parlano dei bisogni dell’uomo: la casa, i vestiti, il cibo, l’energia, i trasporti. Ma il bisogno dell’uomo è qualcosa che passa attraverso queste contingenze e insieme le trascende. L’uomo ha bisogno di Qualcosa di più, ha bisogno di sentirsi amato. Quando lo racconto ai miei ragazzi, capisco che è quello di cui hanno bisogno anche loro, come me, come tutti. E allora insegnare diventa un’esperienza di umanità senza paragoni.
Per questo ho deciso di non mollare: perchè il bello comincia adesso.

Cosa ne pensate? Sono tutti così i vostri prof?

lunedì 15 settembre 2008

Grande Fiera d'Estate, il presidente Costa parla di energia

1375081234.jpgIn occasione dell'inaugurazione della 33° Grande Fiera d'Estate di Cuneo è intervenuto anche il presidente della Provincia, Raffaele Costa che ha colto l'occasione per approfondire i temi legati all'ambiente ed energia, in particolare alle energie alternative, derivanti da fonti cosiddette sostenibili.

”L’Unione europea – ha detto Costa - sta dicendo agli Stati membri, ai cittadini e alle aziende di casa nostra, a tutti noi, che entro il 2020 bisognerà fare tre cose: aumentare fino al 20% la produzione di energia da fonti rinnovabili; ridurre del 20% le emissioni di anidride carbonica in atmosfera e, da ultimo, avere un beneficio di un ulteriore 20% dal risparmio energetico. Un triplice obiettivo ambizioso, che chiama in causa tutti, attività produttive e istituzioni.

La Provincia di Cuneo – ha precisato Costa - approverà entro l’anno in corso il Piano energetico provinciale: lo farà, ovviamente, non senza averne condiviso linee guida e prospettive con tutte le associazioni di categoria. Nel frattempo, molto lavoro è stato fatto, molto lavoro si sta facendo proprio per avere una fotografia della situazione nel suo complesso e nella sua dinamica”. La situazione presenta aspetti critici, come evidenziato poche settimane fa in occasione dell’Assemblea Annuale di Confindustria Cuneo.

Il consumo energetico annuale della Granda è stato nel 2006 pari a 4.788 gigawattora. Erano 3.203 ancora nel 1995: + 80% in undici anni, secondo un trend che trova riscontro anche nelle dinamiche nazionali. Il consumo procapite dei cuneesi è peraltro sensibilmente più alto: 8.500 kilowattora/anno a fronte 5.800 della media nazionale, segno inequivocabile di una notevole vivacità economica. In effetti, l’industria pesa per il 71% sul totale dei consumi, mentre l’agricoltura supera di poco il 3%, il terziario si ferma al 13%, la medesima percentuale sulla quale si attestano le utenze domestiche.

In base a dati forniti da Terna SpA, la produzione di energia del Cuneese, perlopiù mediante impianti di cogenerazione e idroelettrico, copre appena il 66% dei fabbisogni. Il restante 34 dipende dall’importazione di energia prodotta altrove, perlopiù in Francia.  “Molte risposte – ha aggiunto Costa - devono venire da un nuovo piano energetico nazionale, al quale il Governo sta lavorando e che dovrà farsi carico di scelte importanti. Come Provincia, il nostro Piano Energetico farà propri gli obiettivi comunitari: maggiore sfruttamento delle fonti rinnovabili, riduzione dei consumi energetici, riduzione delle emissioni inquinanti. Per quanto riguarda l’energia termica e quella derivante da biomasse, il dato da cui parte la Granda sulle rinnovabili è tutt’altro che trascurabile: oltre il 17% dell’energia prodotta deriva da fonti rinnovabili, a un passo dall’obiettivo citato dell’Unione europea, una situazione lusinghiera rispetto alla situazione nazionale”.

Altri dati incoraggianti: il fotovoltaico sta avendo una grande impennata: nel 2006 la produzione elettrica da fotovoltaico non arrivava ad una potenza di picco complessiva di 500 kilowattora, nel 2007 superava i 1.500 (più 400 per cento) e per il 2008 supererà i 2.500.

lunedì 8 settembre 2008

Giornata mondiale dell'alfabetizzazione

544522846.jpgOggi per noi è il primo giorno di scuola a differenza della maggioranza delle scuole italiane che iniziano lunedì 15 settembre. Ma oggi, per felice coincidenza, si celebra nel mondo, su iniziativa dell’ONU,  la Giornata internazionale dell’alfabetizzazione. Vi propongo il messaggio del direttore dell’UNESCO, ossia l’organizzazione delle Nazioni Unite che si occupa dell’educazione, la scienza e la cultura.

Malgrado si sia giunti ormai a metà del Decennio delle Nazioni Unite per l’alfabetizzazione, inaugurato nel 2003, un quinto dei giovani e degli adulti di età superiore ai 15 anni non possiede le abilità più elementari richieste per leggere un cartello stradale, un libro per bambini, una carta geografica, un giornale, i nomi su una scheda elettorale o le istruzioni su una confezione di medicinali. In un mondo dove la conoscenza e la tecnologia giocano un ruolo sempre più importante, 744 milioni di adulti sono analfabeti – una cifra vertiginosa. Siamo molto lontani dal nostro obiettivo di ridurre della metà il numero degli analfabeti nel mondo da ora al 2015. Anche se i tassi di alfabetizzazione sono aumentati, il numero assoluto di analfabeti è cresciuto in alcune regioni a causa della crescita della popolazione. Si tratta di una vera e propria minaccia per lo sviluppo umano.

Quest’anno, la Giornata internazionale dell’alfabetizzazione mette l’accento sui legami tra l’alfabetizzazione e la sanità. Non si può infatti pretendere di dare una risposta adeguata alle serie preoccupazioni attuali concernenti la sanità se non si accorda una posizione centrale all’alfabetizzazione nelle politiche e nelle strategie in materia di sanità pubblica: questo perché una persona analfabeta rischiapiù di altri di avere problemi di salute e sarà meno incline a chiedere l’aiuto dei medici per se stessa, la sua famiglia o la sua comunità. Quasi 10 milioni di bambini muoiono prima dei 5 anni di vita, generalmente a causa di malattie infettive che potrebbero essere evitate, e i figli di famiglie povere sono quelli che hanno le minori probabilità di essere curati in caso di grave malattia. Il rischio di contrarre lamalaria, che ogni anno costa la vita a un milione di persone, cresce considerevolmente tra le popolazionianalfabete, dato che il tasso di alfabetizzazione ha un impatto diretto sui comportamenti che favorisconola salute. Le donne che hanno continuato a frequentare la scuola dopo le elementari hanno opportunitàcinque volte maggiori rispetto alle donne analfabete di essere informate sullo HIV e sull’AIDS.

L’UNESCO interviene attivamente per incoraggiare i paesi ad adottare politiche che affrontino la questione dell’alfabetizzazione in maniera esplicita e che traggano profitto dal lavoro già validamentecondotto, spesso con il sostegno attivo della società civile. Tuttavia, questo non è che un primo passo verso il cambiamento. E’ perciò essenziale che i paesiincrementino i finanziamenti per l’alfabetizzazione, e che i donatori accordino a essa un ruolo più importante all’interno dei loro progetti di sostegno. E’ assolutamente necessario moltiplicare i programmi di apprendimento per i giovani e gli adulti, migliorarne la qualità e creare un ambiente alfabetizzato il più possibile stimolante, dove individui di ogni età siano incoraggiati a sviluppare e utilizzare le competenze appena acquisite.

La sfida che ci attende è una nostra responsabilità collettiva.

mercoledì 3 settembre 2008

Google va all'attacco di Microsoft

1705327034.jpgMettete un monopolista contro l’altro, in settori di mercato talmente simili ed estesi da finire con l’avvilupparsi in una sola, colossale entità. Ciascuno dei due contendenti non si limiterà alla difesa del proprio impero marcando i confini col filo spinato: c’è un istinto che li spinge a partire all’attacco per sconfinare, creare scompiglio nel business altrui e mettere in discussione la supremazia del rivale. Tra Microsoft e Google sta andando esattamente così: alla prima non basta dominare nei programmi-base che fanno 'girare' i computer e li proiettano su Internet, così come l’altra non si accontenta più di spadroneggiare nel settore dei motori di ricerca, indispensabili per reperire informazioni nel Web. Entrambe da tempo hanno sbaragliato di fatto ogni forma di vera concorrenza accaparrandosi i tre quarti delle rispettive torte di mercato. Ma tra questi due protagonisti incontrastati dell’era tecnologica non­ è più pensabile la coesistenza da buoni vicini in una società sempre più largamente mediatizzata, che si è ormai resa dipendente dalla rete digitale al punto da non poter prescindere dalla navigazione online e dai sofwtare che la rendono possibile. Un buon 'browser' per navigare in rete (programma quasi sempre fornito da Microsoft, con le varie versioni di Explorer) e un motore di ricerca per trovare ciò che serve (quello di Google, nella gran parte dei casi) sono strumenti indispensabili per chiunque accenda l’interruttore di un computer, fatta salva l’attiva pattuglia di intenditori che usano programmi come Linux. Ma quando su Internet convergono informazioni che mescolano il testo e le immagini, il video con la musica, la grafica tridimensionale con un’interazione sempre più estrema – come accade oggi –, l’accesso alle profondità della rete e l’esplorazione di quel che vi brulica si confondono sino a trasformarsi in una sola attività complessa. Un invito a darsi battaglia per il dominio del Web, in pratica. Ed è ­la storia cui stiamo assistendo da alcuni mesi, puntata dopo puntata. L’ultima­ notizia di ieri. All’offensiva sferrata – peraltro invano – dall’azienda di Bill Gates per strappare a Google il primato della ricerca (tentando di acquistare Yahoo, secondo motore di ricerca) ha risposto infatti la società creata dalla coppia Sergey Brin & Larry Page (Google) con una mossa solo a prima vista sorprendente. Lanciando Chrome, il programma per navigare su Internet destinato a disturbare il primato di Microsoft, Google ieri ha messo in campo assai più che un competitore di Explorer: l’allegro marchio multicolore del motore di ricerca più cliccato del mondo ormai gareggia infatti per notorietà globale con la Coca-Cola, e ogni novità annunciata dall’azienda californiana finisce con l’imporsi per la forza dei numeri e del marketing. La stessa strategia sin qui usata da Microsoft, che è riuscita a spuntarla quasi senza combattere nel settore dei programmi per l’accesso al Web grazie al suo primato assoluto nei sistemi operativi (da Windows al più recente Vista), senza i quali – si può dire – un computer nemmeno si accende. Chi compra un Pc trova il pacchetto di Microsoft già installato, un fatto che­ è già costato a Gates più di una costosa grana con le autorità antitrust. Ora Google segue la stessa strada, sospinta quasi per inerzia dall’enorme forza acquisita nella parte informatizzata del globo.­ Senza di me dove vai? sembrano dirci entrambi gli aspiranti monopolisti di Internet, sgomitando con crescente ostilità. Un duello nel quale si giocano cifre imponenti, e una fetta della nostra libertà di comunicare. Chrome lancia la sfida a Explorer. Un nuovo capitolo della battaglia tra due monopolisti che si insidiano nei rispettivi mercati (Avvenire)

Chi vuole scaricare il nuovo browser per navigare in internet lo trova: http://www.google.com/chrome

sabato 30 agosto 2008

Uniamo le energie

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Il 23 e 24 maggio scorsi la Regione Piemonte ha indetto un importante convegno sull'energia. Lo scopo era quello di fare il punto sulla situazione energetica del Piemonte e prendere con serietà gli impegni proposti dall'Unione Europea. Vi propongo il manifesto (semplificato in alcuni passaggi).

L’energia è indispensabile alla vita degli uomini, è un diritto che deve essere garantito a tutti: a chi si affaccia oggi a nuove opportunità di sviluppo e a chi ne è ancora escluso. La sua produzione, consumo e distribuzione è però oggi fonte d’ingiustizie, conflitti, ragione di povertà e di disagio sociale.

Produrla, usarla e distribuirla con intelligenza, non sprecarla, è innanzitutto un fatto di equità e giustizia verso l’ambiente e verso l’umanità, quella più giovane e povera in particolare.

Finora così non è stato. In poco più di 150 anni abbiamo consumato un patrimonio naturale, il petrolio e i combustibili fossili, accumulato in un lento processo naturale durato centinaia di migliaia di anni. Lo abbiamo concentrato in poche mani, con gravi rischi per la pace sul pianeta.

Così non può più essere. Dobbiamo cambiare, far venir meno le ragioni di tanti conflitti, cominciare a renderci indipendenti dal petrolio. Tutti insieme, unendo le nostre forze. Per condividere un benessere sobrio ma distribuito in modo più equo; per costruire un sistema in cui il consumo delle risorse naturali, della terra e dell’energia sia commisurato alla capacità del pianeta di rigenerare risorse che non sono infinite.

Questo scenario futuro che contiene rischi e preoccupazioni porta in sé grandi opportunità. La conoscenza, la tecnologia, la ricerca ci forniscono un grande aiuto, ci aprono straordinarie occasioni di creare nuovo valore e ricchezza, nuove imprese e lavoro, rispettando delicati equilibri ambientali che una volta alterati è impossibile ricostruire.

Oggi è possibile pensare di passare da un mondo in cui pochi producono e dettano regole e prezzi, a un modello di rete diffusa, di democrazia dell’energia, in cui ciascuno di noi preleva e produce al tempo stesso.

Ma la scienza da sola non è sufficiente. Per ridurre la nostra dipendenza dal petrolio occorre un impegno collettivo straordinario, quotidiano, fatto di comportamenti, regole, strumenti coerenti con questa sfida epocale.

Il Piemonte ha deciso di raccogliere questa sfida, investendo sulle energie rinnovabili, sul risparmio e le tecnologie sostenibili per assicurare un futuro ai nostri figli, per non consumare risorse inutilmente, ma anzi per cogliere le possibilità che questa sfida apre, con un impegno corale di tutti, dell’intera collettività.

Un impegno, articolato in dieci punti, che ciascuno di noi prende da qui al 2020:

  1. a condividere concretamente gli obiettivi fissati dall’Unione europea: + 20% di produzione da fonti rinnovabili, - 20% di emissione di gas serra, + 20% di risparmio energetico, +10% di  biocarburanti ricavati non da fonti alimentari, ma da cellulosa e residui legnosi, mantenere i boschi produce energia e fa bene ai boschi;
  2. a prendere le nostre decisioni considerando attentamente gli effetti che produrranno sul clima e il consumo di energia;
  3. a scrivere regole semplici e trasparenti per promuovere le fonti energetiche rinnovabili e il risparmio energetico, per rimuovere le barriere burocratiche che spesso causano ritardi e difficoltà nell’adozione di soluzioni energeticamente efficienti;
  4. a progettare le nostre case e i luoghi di lavoro con criteri nuovi, per autoprodurre calore ed energia, per il risparmio dell’energia, dell’acqua, dei materiali in un equilibrio capace di garantire ai cittadini comfort, qualità e rispetto ambientale;
  5. a promuovere processi di lavorazione a basso contenuto di energia, sostenendo la ricerca e favorendo il risparmio e l’autoproduzione energetica nei luoghi di produzione;
  6. a promuovere l’uso dei mezzi pubblici di trasporto, e di veicoli non inquinanti, ad alta efficienza energetica e che sfruttano fonti rinnovabili, migliorando le reti infrastrutturali, sviluppando l’uso dei tram, dei treni, delle metropolitane;
  7. a sostenere la produzione agricola piemontese attenta ai valori e alle risorse ambientali; a favorire i prodotti locali e di stagione riducendo costi e impatto ambientali del trasporto dei prodotti agricoli da un punto all’altro del mondo;
  8. a far si che i produttori di energia da fonti tradizionali s'impegnino a convertire una quota pari al 20% della loro produzione globale;
  9. a sostenere la scuola, l’università, il mondo educativo in generale perché è lì che si costruisce una diversa consapevolezza collettiva, fin dai primi anni della scuola elementare, per crescere i nostri giovani in una cultura energeticamente più sobria razionale e giusta; a sviluppare una formazione tecnica dei lavoratori e delle imprese improntata allo sfruttamento delle energie rinnovabili e del risparmio energetico;
  10. ridurre il divario energetico che punisce i più poveri e svantaggiati e dare possibilità a tutti di prelevare e immettere energia attraverso una rete aperta e diffusa in cui tutti possiamo essere consumatori e produttori al tempo stesso.

Uniamo le energie perché ciò accada. FACCIAMOLO TUTTI, facciamolo adesso.

 

mercoledì 27 agosto 2008

Storia della Pixar

642536753.jpgPer continuare la rassegna iniziata con Nokia, Apple, mi sembra interessante parlarvi della Pixar, (stai tranquillo Giacomo racconteremo anche la storia di Windows e del suo fondatore Bill Gates).

Chi di voi non ha visto un film Pixar?

Ricorderete (chi non l’ha ancora fatto legga prima la storia di Apple) dopo il divorzio da Apple negli anni ‘80, Steve Jobs fondò una azienda da mettere in concorrenza con la stessa Apple e soprattutto IBM, la NeXT. L’avventura NeXT, partita con investimenti faraonici e prospettive importanti, si rivelò un totale fallimento commerciale, arrivando a vendere solo poche decine di migliaia di calcolatori l’anno.
Buona parte della “colpa” del fallimento fu proprio di Steve Jobs: già, lo stesso che oggi sembra trasformare in oro tutto ciò su cui posa gli occhi (iPod, iPhone), e della sua sostanziale inesperienza nella gestione “globale” di una grande azienda, pur fatte salve le sue doti di “visionario”, dal momento che molti prodotti NeXT sono alla base degli attuali successi di Cupertino.

Quello che pochi sanno è che, parallelamente alla fondazione di NeXT, Steve Jobs aveva rilevato dal regista George Lucas il reparto di animazione computerizzata, trasformato in una società indipendente sotto il nome, appunto, di Pixar.
Nella visione di Steve, Pixar doveva affiancarsi all’amata NeXT nello sviluppo di tecnologie innovative nel campo del trattamento di immagini, soprattutto in ambito medico ed accademico.
Inutile dire che quel settore si rivelò molto poco produttivo, trasformando la Pixar in una enorme trappola mangia-soldi, molti dei quali erano risparmi personali di Jobs.

Un po’ per fortuna, un po’ per la caparbietà degli uomini di Pixar, John Lasseter in testa, l’azienda si è buttata nella produzione di cortometraggi animati, suscitando l’attenzione di Disney che decise di investire per far produrre a Pixar lungometraggi animati al computer.

Tutti i lungometraggi della Pixar sono stati realizzati in collaborazione con la Walt Disney Pictures. Entrambe le compagnie hanno siglato un affare da 10 anni e 5 film, nei quali le due compagnie si dividono i costi di produzione ed i profitti, con la Disney che riceve il 12,5% del reddito ed i diritti del film (compresi quelli per il merchandising, ossia tutti i gadget che accompagnano l’uscita di un film). L'accordo si è rivelato molto fruttuoso per entrambe le aziende, ed i lungometraggi della Pixar hanno ottenuto molto più successo di quelli d'animazione propri della Disney.

I primi cinque lungometraggi della Pixar hanno incassato più di 2,5 miliardi di dollari, rendendola, film dopo film, la casa di produzione più di successo di tutti i tempi. Nonostante questo, Disney e Pixar non si sono mai amati.

All'inizio del 2004, in realtà, ci fu un tentativo di rinnovo del patto. Per il nuovo affare, la Pixar, forte della posizione di superiorità garantitasi nel tempo, avrebbe voluto lasciare alla Disney solo la distribuzione dei film e tenersi tutto il resto. L'offerta non fu, come ci si aspettava, accettata dalla Disney, e quindi non ci fu accordo.

Nel 2005 la Disney iniziò a produrre propri film in CGI (computer grafica), il primo dei quali è stato Chicken Little - Amici per le penne, ma con risultati scarsi e poco successo.

Nel 2006 la Disney acquista la Pixar, con un'operazione da 7,4 miliardi di dollari (contro i 10 milioni pagati da Jobs nel 1986, cioè 740 volte tanto), diventando così il più grande studio d'animazione del mondo; Steve Jobs entra nel consiglio di amministrazione della Disney e ne è attualmente il più grande azionista individuale.

I più famosi film Diney-Pixar:

  • Toy Story
  • A Bug's Life
  • Toy Story 2
  • Monsters & Co.
  • Alla ricerca di Nemo
  • Gli Incredibili
  • Cars - Motori ruggenti
  • Ratatouille

sabato 23 agosto 2008

Pininfarina

605419307.jpg7 agosto 2008: la famiglia Pininfarina è colpita da un grave lutto. Andrea Pininfarina, presidente e amministratore delegato della storica carrozzeria torinese, muore sul colpo in un incidente stradale alle porte di Torino. E’ un marito, un papà di tre figli che muore a 51 anni. Ma che cos’è la Pininfarina?

E’ una delle più importanti aziende italiane nel settore delle carrozzerie per automobili. Nasce a Torino il 22 maggio 1930 sotto il nome di Società anonima Carrozzeria da Battista Farina, chiamato Pinin Farina.

L'azienda sorge come una piccola attività artigianale dedita alla costruzione di carrozzerie su ordinazione di facoltosi clienti privati. In particolare fino alla metà del '900 la società si fece conoscere per la costruzione artigianale e in piccola serie di carrozzerie particolari progettate su meccaniche dell'Alfa Romeo, della Lancia e della FIAT.

In seguito alla seconda guerra mondiale Pininfarina concepì il suo primo grande successo mondiale presentando nel 1947 la Cisitalia 202, prima autovettura ad essere esposta al MOMA (il Museo d’Arte Moderna) di New York.

In seguito a questo successo la sua fama accrebbe a dismisura abbattendo le barriere nazionali.

Negli anni '50 inizia la vera e propria trasformazione da struttura artigianale ad una vera realtà industriale. Inizia la collaborazione con la Peugeot ed alla fine degli anni 50 il grande salto con l'importante commessa per conto della Alfa Romeo di 27.000 Giulietta Spider.

Nel 1961 l'azienda passa sotto la direzione di Sergio, figlio del fondatore, designer anch'egli di fama mondiale.

Il decennio 1960-1970 risulta essere quello più proficuo per quanto riguarda la creazione di modelli molti dei quali definiti "leggendari" come: l'Alfa Romeo Spider "Duetto", la Dino 246 e le Fiat "124 Sport Spider" e "Dino Spider".

Nel 1967 la Pininfarina si trasferisce negli stabilimenti di Grugliasco e qui per volere di Sergio Pininfarina si inizia ad investire pesantemente in innovazione e ricerca tecnologica: prima con la creazione del Centro di Calcolo e Disegno e, in seguito, con la costruzione di una galleria del vento in scala naturale, la prima in Italia per le autovetture e una delle poche allora esistenti al mondo. I risultati di questi sforzi sono: la Ferrari Daytona, la 308 GTB, la 365 e la 400i, la Fiat 130 Coupé, la Lancia Beta Montecarlo e le Lancia Gamma Berlina e Coupé.

Intorno al 1980 dalla produzione di sole carrozzerie su telai di altri, l'azienda inizia a produrre intere vetture tra le prime prodotte ricordiamo: la Fiat Campagnola e l'Alfa Romeo 33 Giardinetta. Sempre in questi anni iniziò a stringere rapporti con costruttori internazionali del calibro di Honda e Jaguar.

Nel 1986 l'azienda intraprende l'importante salto: la quotazione in borsa.

In questi anni il gruppo realizza importanti lavori per la Ferrari: Ferrari Testarossa, Ferrari GTO e F40; l'Alfa Romeo: Alfa Romeo Spider, Alfa Romeo 164; La Fiat: Fiat Fiorino, Lancia Thema, Fiat Coupé; Peugeot: Peugeot 205 Cabriolet, le serie x05 e alcune x06. stringe inoltre importanti accordi industriali con Daewoo, Cadillac, Bentley e Mitsubishi.

Agli inizi del nuovo millennio l'impronta del design Pininfarina è riconoscibile nei seguenti modelli: la Hyundai Matrix, Ferrari 575M Maranello, Ferrari Enzo e il modello unico la Ferrari P4/5, Mitsubishi Pajero Pinin, Alfa Romeo GTV. A anche la Nuova Punto è Pininfarina.

Oggi l'azienda è costituita da quattro stabilimenti: il centro di verniciatura e lastroferratura di Grugliasco (TO), il centro di ricerca e sviluppo di Cambiano (TO), l'impianto di San Giorgio Canavese (TO) e Bairo (TO).

Attualmente il gruppo è impegnato nella produzione dei modelli: Alfa Romeo Brera, Alfa Romeo Spider, Ford Focus Coupé-Cabriolet, Mitsubishi Colt CZC, Volvo C70; ed ha realizzato il design di auto come: Ferrari 599 GTB Fiorano, Maserati Quattroporte automatica, Maserati GranTurismo, Ferrari 612 Scaglietti.

Nel maggio 2006 Andrea Pininfarina diviene anche presidente del gruppo.

Nel 2006 la Pininfarina disegna la Torcia e il tripode dei Giochi Olimpici Invernali di Torino 2006.

Negli ultimi anni la società Pininfarina ha iniziato un'importante e ambiziosa collaborazione con il gruppo del finanziere francese Vincent Bollorè per la produzione di macchine elettriche. Le auto saranno prodotte a partire dal 2010 e saranno vendute in Europa, Stati Uniti e Giappone. L'obiettivo iniziale sarà di costruirne 2.000 unità l'anno per poi arrivare a pieno ritmo a 15.000 per il 2013-2014. La vettura dovrebbe costare intorno a 15.000 euro e garantire con una carica di 5 ore delle batterie un' autonomia di 250 km.