mercoledì 24 marzo 2021

Ecosia, il motore di ricerca che pianta alberi


I motori di ricerca sono quei siti da cui partiamo per fare le ricerche su internet. A volte pensiamo ce ne sia solo uno: infatti Google è il motore usato per oltre il 90% delle ricerche che vengono fatte ogni giorno nel mondo.  Il rimanente 10% del mercato ser lo contendono Bing della Microsoft (3%) e altri motori poco conosciuti.   Pensate che il secondo motore, Bing della Microsoft, si piazza al secondo posto con il 3% del mercato.  Il "traffico" rimanente se lo dividono alcuni siti poco conosciuti, ma non per questo meno interessanti. 

I motori di ricerca vivono sulla pubblicità. Ecosia è nata in Germania nel 2009 e con gli incassi finora ha piantato oltre 122 milioni di alberi in tutto il mondo. Ogni volta che qualcuno clicca su uno degli avvisi pubblicitari presentati vicino ai risultati, Ecosia incassa qualche centesimo. L’azienda investe l’80% dei suoi profitti nella piantumazione di alberi in diverse aree del mondo. Secondo i calcoli della società, per finanziare la messa a dimora di un albero bastano in media 45 ricerche: un numero che molti raggiungono in un solo giorno, o addirittura in poche ore.

Attualmente, gli utilizzatori di Ecosia nel mondo sono più o meno 8 milioni, per la maggior parte europei (tedeschi, francesi e britannici in testa). Ma stanno aumentando rapidamente anche negli Stati Uniti, in parte grazie alle iniziative di alcuni gruppi di studenti: per esempio quelli della Ohio State University, che hanno lanciato un progetto per chiedere di far installare Ecosia come motore di ricerca di default su tutti i computer dell’ateneo.

I progetti finanziati nel mondo sono in 15 diverse aree del mondo: dall’Etiopia al Ghana, dalla Spagna all’Indonesia. In ciascuno di questi luoghi, Ecosia lavora a stretto contatto con partner locali in modo da accelerare i processi decisionali, e pubblica regolarmente sia gli aggiornamenti sullo stato dei progetti che rapporti finanziari mensili che illustrano come vengono investiti i guadagni. Inoltre, per assicurarsi che gli alberi rimangano effettivamente dove sono stati collocati, Ecosia ha uno staff che visita regolarmente i siti e utilizza immagini satellitari per monitorare le aree coinvolte.

L’idea di Ecosia è venuta a Christian Kroll, studente di Economia con una passione per i computer, dopo alcuni viaggi in Asia alla ricerca di modelli di business che avessero un impatto sociale positivo, e un soggiorno in Sudamerica che lo ha spinto a impegnarsi per la riforestazione e la riduzione delle emissioni di anidride carbonica in atmosfera.

All’impegno nella piantumazione di alberi Ecosia affianca quello sull’utilizzo di fonti rinnovabili. Di recente ha annunciato di aver completato la costruzione di un secondo impianto solare di proprietà, grazie al quale è in grado di produrre energia rinnovabile in quantità maggiore di quella utilizzata dai data center di Microsoft per far funzionare il motore di ricerca.

Anche dal punto di vista della privacy, la compagnia ha deciso di adottare gli standard più rigorosi: Ecosia non utilizza strumenti di tracciamento di terze parti come Google Analytics, rende anonime tutte le ricerche entro una settimana, non crea profili degli utenti in base ai loro click e soprattutto non vende dati a società pubblicitarie.

mercoledì 17 marzo 2021

Laura Dekker: la conoscete?

Questa è la storia di Laura Dekker. E' la velista più giovane che abbia mai fatto il giro del mondo in solitaria. E' diventata famosa per aver fatto il giro del globo a soli 14 anni. Ha scritto un libro ed è uscito un film con la sua storia, ha lasciato la scuola e vive in Nuova Zelanda.

Era il 2014, Laura aveva 14 anni e un sogno: fare il giro del mondo in barca a vela. L'aveva già fatto, da piccola, con il padre e la madre. Laura è nata su una barca a vela. Realizzare questo sogno non è stato facile. I Servizi Sociali per i Minori in Olanda non erano d'accordo (come dar loro torto): troppo giovane, troppo pericoloso, a quell’età si va a scuola e non in giro in barca a vela da soli. Dopo una snervante battaglia legale è riuscita a salpare da Gibilterra il 21 agosto 2010, coprendo 27.000 miglia nautiche (cioè la bellezza di 50.000 km) in 518 giorni, un anno e mezzo. 

Il documentario uscito in america racconta la storia di Laura  usandole immagini che Laura stessa ha girato con una videocamera in alto mare sulla sua vela di nome Guppy e durante le soste alle isole Galapagos, nella Polinesia francese, in Australia e in Sudafrica. Laura gira i video di quello che si prepara da mangiare  e dice: “i ravioli non sono adatti al mare in burrasca”, dei delfini che l’accompagnano per un po’ e delle riparazioni alla barca. E' evidente che Laura ha delle capacità speciali per la sua età che fanno sì che riesca ad affrontare questo viaggio. Il 21 gennaio 2012 all’età di 16 anni conclude la sua lunga traversata, raggiungendo il porto dell’isola di S. Maarten, nei Caraibi.

Oggi Laura ha 21 anni e vive sulla sua barca ancorata ancorata vicino a Whangarei in Nuova Zelanda. Dice di trovarsi megluio con ragazzi più grandi lei, dice “I ragazzi della mia età hanno interessi diversi dai miei la scuola, uscire e divertirsi. Preferisco le persone più grandi di me”. Pur non avendo il diploma superiore, dopo una serie di test, è stata accettata in un’università neozelandese. 







domenica 14 marzo 2021

Dipendenza da internet

Secondo alcuni studi almeno 2 iscritti ai Social (Facebook, Istagram, …) su 10 ne sono dipendenti e 4 su 10 possono diventare dipendenti da internet senza rendersene conto. La dipendenza da internet si sta diffondendo come una epidemia. Sono sempre meno rari i casi di licenziamento dal lavoro per dipendenza da Facebook: 6 aziende su 10 in Italia hanno introdotto limitazioni a internet.

Nell'adolescenza le dipendenze più frequenti sono dai giochi e dai social. La dipendenza da tecnologia può essere sviluppata con sintomi come scarsa attenzione allo studio, mancanza di slancio nelle relazioni interpersonali, ma può anche provocare disturbi fisici e psicologici: mal di testa, disturbi visivi, alterazioni dell'umore, ansia, disturbi del sonno possono essere dei campanelli d'allarme.

Di solito chi dice e ripete “smetto quando voglio” non riesce mai a farlo da solo e quando vuole, e anzi rimanda di volta in volta, convinto della propria affermazione. È una questione psicologica finché non c'è bisogno di un serio e specializzato aiuto. I segnali del “buco nero" sono evidenti agli altri, ma non al soggetto stesso: si dedica meno o pochissimo tempo alla famiglia o agli amici di sempre, non si dice la verità e comincia il castello di bugie, ci si dimentica degli impegni importanti, non si dorme la notte, ci si irrita facilmente. 

È “social” ciò che implica la condivisione, l'apertura, la trasparenza, il poterlo raccontare ad altri, la costruzione di qualcosa di bello e utile. Il contrario è "a-social”, quando non riusciamo più a fare altro nella vita o non dargli importanza al punto da dedicare ore e ore alla navigazione, rubandole ai doveri e alle gioie.

Come rendersi conto di essere social o a-social? Chi è già a-social, o molto vicino, non se ne accorge, anzi afferma il contrario, ma chi gli sta vicino se ne accorge e ha il dovere di avvisarlo, svegliarlo dall’incubo, dirlo ad altri, ai genitori.

Prevenire è meglio che curare. Cosa possiamo fare?

lunedì 8 marzo 2021

Internet sta consumando troppa energia

Ci pensiamo raramente ma internet consuma un’impressionante quantità di energia. Secondo un recente studio le tecnologie digitali sono responsabili del 4% delle emissioni di gas serra e potrebbe raddoppiare già entro il 2025. Nel suo complesso, internet è responsabile di circa il 7% del consumo energetico globale e cresce dell’8% ogni anno.

Il problema, ovviamente, è che la quantità di dati che circola sulla rete cresce continuamente e con il 5G che sta per arrivare andrà anche peggio.  Una quantità immensa di dati, fotografie, i video di YouTube, musica su Spotify e i film su Netflix continuano ad aumentare in definizione e qualità, facendo crescere il traffico sulla rete e quindi l’energia consumata da internet. Il solo streaming di video ha consumato nel 2018 come la Spagna. Con il tasso di crescita previsto, si stima che internet potrebbe consumare un quinto di tutta l’elettricità mondiale già nel 2030.

In poche parole, internet non è ecologicamente sostenibile. E mentre le foreste in Amazzonia e in Siberia bruciano e i ghiacci dell’Artico si sciolgono, l’impatto della rete su un pianeta provato dalla crisi climatica non può più essere sottovalutato.

I giganteschi data center in cui sono conservati buona parte dei dati che corrono su internet hanno bisogno di essere costantemente raffreddati. Un enorme dispendio di energie che contribuisce all’aumento delle temperature, che a sua volta rende necessario impiegare ancora più elettricità per mantenere i computer al fresco. Una prima soluzione è ovvia: costruire i data center solo in luoghi freddi. Alcuni ricercatori hanno per esempio proposto di situare i nuovi centri in Groenlandia, dove il ricorso all’aria condizionata sarebbe minimo e l’energia idroelettrica è abbondante.

La strada da seguire passa anche dalla “sobrietà digitale”. Prima di tutto nostra: dobbiamo cominciare a pensare che passare ore a guardare video, mandare messaggi inutili,  ha un suo impatto sul pianeta. Poi le società che operano su internet dovrebbero impegnarsi a rendere i loro prodotti più efficienti: per esempio se voglio ascoltare musica su YouTube oggi non posso scegliere di spegnere il video. Perché non permetterlo? Allo stesso modo, Facebook potrebbe ridurre il suo consumo energetico evitando che i video promozionali partano in automatico e Netflix potrebbe incoraggiare i suoi utenti a non guardare i film o le serie tv sempre in alta definizione, riducendo notevolmente il traffico dati e quindi l’energia necessaria ad alimentare la piattaforma.

mercoledì 3 marzo 2021

Arrivano le torri eoliche fatte in legno


La prima pala eolica con la base in legno è stata installata in Svezia, vicino a Göteborg, aprendo la strada a un'innovazione che potrebbe un giorno diventare lo standard del settore. Le torri delle pale eoliche sono generalmente in acciaio e trasportare queste torri, lunghe un centinaio di metri, dalla fabbrica ai parchi eolici non è un'impresa facile.

Ora la società svedese Modvion sta tentando di risolvere il problema con la realizzazione di torri in legno anziché in acciaio. Il legno, oltre a essere un materiale rinnovabile, è molto più leggero dell'acciaio e una torre di legno lamellare può essere trasportata a pezzi.

È un grande passo avanti che apre la strada alla prossima generazione di turbine eoliche. Il legno lamellare consente di costruire torri più alte perchè costtuite da più moduli. La facilità di trasporto comporta un grande vantaggio economico, poiché per il trasferimento di torri intere lunghe ormai quasi 100 metri e con un diametro di base di 4,5 metri  dalla fabbrica al luogo d'installazione bisogna richiedere un permesso speciale con costi notevoli.

La modularità consente di costruire, trasportare e installare più facilmente torri più alte, che generano più elettricità. Una turbina montata su una torre alta 140 metri, ad esempio, può generare il 33% di elettricità in più rispetto alla stessa turbina su una torre alta 80 metri. Realizzare torri in legno è molto più sostenibile, perché gli alberi da cui proviene il legname crescendo hanno assorbito CO2.