mercoledì 24 febbraio 2010

Senza lucina si risparmia il 10%

standby.jpgL’Autorità per l’energia inizia la crociata contro lo stand-by. Da tempo la modalità d’attesa degli elettrodomestici è nel mirino di ecologisti e, più in generale, degli amanti del risparmio energetico. La soluzione più diffusa, e più consigliata, fino a questo momento è stata la famosa “ciabatta”: tutti gli elettrodomestici collegati ad una presa con interruttore che permette, in un sol colpo, di spegnerli completamente. Ora, però, l’Autorità vuole andare oltre e favorire una soluzione industriale che sa di piccola rivoluzione.

L’idea dell’Autorità per l’energia ha previsto sconti dal 40 al 60% per gli elettrodomestici che faranno a meno dello stand-by. Ma perchè tanto accanimento verso le famose “lucine” rosse o blu degli elettrodomestici? Semplice: perchè quando sono in stand-by gli elettrodomestici consumano poco, ma nel corso della giornata sono più le ore in cui restano in attesa che quelle in cui stanno accesi. Se l’iniziativa avrà successo l’Autorità prevede un risparmio che può arrivare anche al 10% della bolletta elettrica complessiva.

Se avrà successo… ma non è scontato perchè lo stand-by è una modalità amata dal consumatore e che, ormai, è entrata nella quotidianità di tutti. Tanto quanto il telecomando e la poltrona, che con lo stand-by fanno un terzetto formidabile. Ecco, allora, il maxi sconto che dovrebbe servire, in tempi di crisi, ad allettare i consumatori indirizzandoli verso il risparmio energetico. Se tutto andrà bene, quindi, si potrà incrementare la già buona performance della prima trance di incentivi al risparmio che, fino ad oggi, grazie alla sostituzione dei vecchi elettrodomestici ha portato a minori consumi per cinque tonnelate equivalenti di petrolio. Quanto due centrali da 600 MW attive tutto il giorno per un anno.

giovedì 11 febbraio 2010

Calcola il tuo risparmio energetico

uniamo le.jpg
Uniamo le energie, il programma della Regione Piemonte (e dell'Unione Europea) che prevede il 20 - 20 - 20 , 20% di risparmio, 20% di aumento delle rinnovabili, 20% di riduzione delle emissioni, propone un test sul risparmio energetico.

Vuoi partecipare?

http://www.regione.piemonte.it/energia/test-risparmio-energetico.html

mercoledì 10 febbraio 2010

Il futuro dell'Italia è nucleare

nucleare.gifIl primo impianto sarà costruito nel 2013, parola di Claudio Scajola, Ministro dello sviluppo economico: il dove però è ancora un problema, la guerra fratricida tra regioni infatti sembra alle porte.

Ma andiamo con ordine: Il Consiglio dei Ministri oggi ha approvato proprio il decreto legislatico che contiene misure e criteri per stabilire l’ubicazione delle centrali nucleari in Italia, oltre che le norme per la produzione della suddetta energia, quelli per lo stoccaggio dei rifiuti radioattivi e gli incentivi economici che verranno dati alle Regioni ospitanti le strutture:

Ben 11 di queste hanno però impugnato il provvedimento, per vari motivi: primo fra tutti il mancato arrivo dello stesso in Conferenza Unificata Stato-Regioni, non c’è stato quindi un confronto diretto sul tema, questa è la principale contestazione che ha motivato l’impugnazione: questo nonostante il parere positivo del Consiglio di Stato. La lotta è serratissima: Puglia, Campania e Basilicata sono state citate in giudizio dal Governo a causa delle loro leggi Regionali che non permettono la costruzione di centrali nucleari sul territorio di loro competenza. La legge oltrepasserebbe le loro competenze, scavalcando una legge di natura Nazionale.

Dal canto suo il Ministro Scajola ha dichiarato che “Il provvedimento si caratterizza per la trasparenza e il rispetto assoluto della sicurezza delle persone e dell’ambiente. La  produzione di energia elettrica inizierà dal 2020″

La polemica sul “nucleare” è annosa e anche un po’ triste; indipendentemente da chi abbia ragione o torto nel 1987 un referendum popolare abolì la produzione di energia di quel tipo dall’Italia. I cittadini si schierarono dichiaratamente per il no : in specifico i referendum riguardanti la produzione di energia e le centrali nucleari furono 3 e, su una  quota di 29 milioni di votanti decina più decina meno  in due la percentuale favorevoli all’abolizione si attestò sull’80% , nel terzo raggiunse circa il 72 %.

E’ pur vero che si tratta di un referendum di più di 20 anni fa, la tecnologia  durante questo periodo è cambiata totalmente, è diventata più sicura, più evoluta, ma viene da pensare che avrebbero comunque dovuto essere  i cittadini a scegliere per un eventuale cambio d’indirizzo, visto che saranno comunque alcuni di loro a dover convivere con quelli che si annunciano come degli enormi “mostri energetici”. Fa un po’ specie quindi che il Governo non abbia nemmeno lontanamente pensato di indire un referendum confermativo delle sue idee,  forse perchè gli italiani non le avrebbero confermate.

martedì 9 febbraio 2010

Riforma Gelmini per le superiori on line

scuola.jpgInizia on line la campagna infor­mativa sulla riforma delle supe­riori. Sul sito del ministero (http://nuovesuperiori.indire.it/) infat­ti, nella sezione «La riforma della scuola secondaria superiore» non solo viene riproposto il nuovo im­pianto organizzativo, ma per ognu­na delle tre tipologie di istituti sono allegati i documenti che contengo­no i «profili» che ogni indirizzo di studio si propone, i quadri orari, la tabella delle confluenze dei vecchi indirizzi nei nuovi, la corrisponden­za dei titoli di studio, e gli insegna­menti aggiuntivi. Informazioni quanto mai utili al mezzo milione di famiglie che entro il 26 marzo dovrà iscrivere i propri figli al primo anno delle superiori.

Insomma un primo squarcio di luce su una riforma che non tutti conoscono nei contenuti. E dalla lettura dei quadri orari rela­tivi a tutti gli indirizzi dei sei licei si scopre che la geografia non scom­parirà tra le materie di studio, anche se verrà accorpata alla storia nel pri­mo biennio. Una presenza dettata anche dal fatto che fino ai 16 anni, corrispondenti proprio al primo biennio delle superiori, gli studenti sono ancora all’interno dell’obbligo d’istruzione, cioé con l’acquisizione di conoscenze e competenze co­muni.

Le tabelle riportano per ogni indirizzo gli «insegnamenti obbliga­tori per tutti gli studenti», accanto a quelle «obbligatorie per l’indirizzo specifico». Le ore sono espresse con la cifra globale annuale, ma basta di­viderle per le 33 settimane in cui si distende mediamente l’anno scola­stico per scoprire la loro collocazio­ne settimanale.

Altro elemento im­portante è la conferma che italiano, matematica e lingua straniera, ap­paiono come le materie di base su cui la riforma ha deciso di puntare. Accanto ai quadri orari, di grande importanze in questa fase di scelta della scuola superiore sono anche i profili in uscita dai vari indirizzi, cioè i campi nei quali il titolo di studio permetterà uno sbocco lavorativo. Aspetto vitale, non solo per definire il percorso di studio, ma soprattut­to per capire dove indirizzarsi nel fu­turo lavorativo. Profili che saranno sicuramente all’attenzione anche del mondo del lavoro, interessato a conoscere le competenze e le cono­scenze offerte ai futuri diplomati. Chiarezza sugli obiettivi futuri, ma anche sulle confluenze dei vecchi ti­toli di studio in quelli nuovi, soprat­tutto nell’universo dei tecnici e dei professionali.

Buona navigazione onli­ne dentro la riforma.

domenica 7 febbraio 2010

Master sull'ambiente: l'80% di chi li frequenta trova subito lavoro

Libro.jpgDa uno studio risulta che i laureati che decidono di investire la loro preparazione su un master a tematica ambientale (un master è un corso di specilizzazione per i laureati) ha altissime probabilità di trovare un’occupazione. Sarebbe emerso che l’80,6% del campione intervistato risulta essere occupato dopo appena un anno.

I dati sono stati analizzati sulla base dei corsi di perfezionamento a partire dall’anno 2001 sino al 2009. Rimane però, per quel che mi riguarda, un aspetto da sottolineare che non emerge nello studio, ovvero una nota circa il campione di studenti campionati.

Credo che questo sia un aspetto chiave anche perché, per quanto vero che nel decennio appena passato in Italia si è data, seppur lentamente, sempre più importanza alla sfera ambientale, è altrettanto vero che nella realtà tangibile questa è una tematica che viene posta dopo altre. Detto ciò, è comunque interessante, per chi decide intraprendere un corso di perfezionamento di questo tipo, analizzare nel dettaglio i numeri dello studio.

Sembrerebbe infatti, numeri alla mano, che l’80% di chi ha trovato lavoro dopo il percorso formativo non ha atteso più di sei mesi dalla sua conclusione. Ne viene inoltre fuori che l’occupazione trovata è di alto profilo e in buona misura coerente con la formazione realizzata.

Ma lo studio ci dice di più: circa il 58% degli occupati ha raggiunto l’obiettivo di far coincidere il proprio percorso di studi con le aspirazioni professionali ed il lavoro svolto. Insomma soddisfatti e rimborsati.

Il 68% degli occupati avrebbe poi trovato una collocazione rispondente al livello formativo acquisito: il 31% ha quindi un lavoro nell’ambito delle professioni intellettuali, scientifiche e di elevata specializzazione, il 31,7% svolge professioni di tipo tecnico ed il 5,2% è collocato nelle posizioni di legislatore, dirigente, imprenditore.

A dare maggiori garanzie di successo per quanto concerne la collocazione lavorativa sono i master ambientali di II livello con l’85% di occupati. Seguono i master privati con l’83%.

(Ecoblog)

Polveri sottili, polveri assassine

349255589_fc66f1f279.jpgVenti morti al giorno. Quasi 8000 in un anno. Oltre 4,5 miliardi di euro andati in fumo tra assistenza medica e farmaceutica e giornate lavorative perse. Questo il quadro presentato dai Verdi- insieme a Mario Tozzi e Roberto della Seta - nel dossier “Le polveri assassine”, vero banco d’accusa per i politici italiani troppo spesso decisi a non prendere troppo sul serio la questione dell’inquinamento atmosferico nelle nostre città. Eppure, le polveri sottili hanno un costo non trascurabile non solo nel senso della ridotta qualità della vita dei cittadini ma anche per le inevitabili ricadute sul Pil nazionale.

Si legge nel dossier (peraltro in più punti riprendendo dati dell’OMS):

L’Italia è tra i Paesi europei in cui si registra la maggior percentuale di popolazione urbana esposta ad elevate concentrazioni di sostanze inquinanti: oltre il 90% di polveri sottili e più del 50% di biossido di azoto. Oltre 6.000 ricoveri per problemi cardiovascolari e respiratori e circa 65.000 casi di bronchite acuta e attacchi di asma concentrati in modo particolare tra i giovani, ogni anno.

I maggiori responsabili di tutto ciò, al solito, sono i trasporti privati, troppo spesso utilizzati per percorsi anche inferiori ai 3 Km. Forse una soluzione ci sarebbe: incrementare piste ciclabili e trasporto pubblico, sull’esempio di Londra - il sindaco Jonhson vuole incrementare i viaggi in bicicletta dei londinesi del 400% entro il 2025 grazie alla costruzione di ben 12 cycle superhighways - o Parigi. Eppure, nessuno fa nulla. O si fa troppo poco. Evitando le responsabilità. In fondo, basterebbe destinare gli 8 miliardi di euro stanziati dal governo per la costruzione del Ponte sullo Stretto a opere sulla mobilità sostenibile. Guadagneremmo, secondo le proiezioni dei Verdi, 90 chilometri di metropolitana o 621 chilometri di rete tranviaria, 3.273 tram e 23mila autobus ecologici in più. E molta salute.

(Ecoblog)