venerdì 19 dicembre 2014

I consumi energetici delle famiglie italiane

Anche quest' anno l'ISTAT ha analizzato il consumi energetici delle famiglie italiane. Ecco, in pillole, cosa è emerso dai dati raccolti:

1. La quasi totalità delle famiglie risiede in abitazioni dotate di impianto di riscaldamento degli ambienti e dell'acqua, mentre i sistemi per il raffrescamento risultano meno diffusi; ne sono in possesso solo 3 famiglie su 10.

2. Sono ampie le differenze territoriali nella diffusione di apparecchiature per il condizionamento: ne risultano dotate solo l'1,5% delle famiglie residenti in Valle d'Aosta e quasi il 50% di quelle che risiedono in Sardegna.

3. Il tipo di impianto più diffuso è l'autonomo, sia per riscaldare gli ambienti (lo utilizzano 66 famiglie su 100), sia per l'acqua calda (74). Gli apparecchi singoli vengono utilizzati più frequentemente nel Mezzogiorno, i centralizzati nel Nord.

4. La principale fonte energetica di alimentazione degli impianti di riscaldamento dell'abitazione e dell'acqua è il metano, utilizzato da oltre il 70% delle famiglie.

5. Nel 2013, le famiglie hanno complessivamente speso per consumi energetici oltre 42 miliardi di euro, con una spesa media per famiglia pari a 1.635 euro.

6. La spesa per consumi energetici delle famiglie è più elevata al Nord e più contenuta nel Mezzogiorno, con un differenziale che supera i 400 euro (30% in più delle spese sostenute nel Mezzogiorno).

7. La spesa media annua cresce in ragione sia del numero dei componenti sia della loro età. Una famiglia monocomponente giovane spende in media circa 650 euro in meno rispetto a una coppia con 3 o più figli.

8. Gli impianti di riscaldamento dell'abitazione restano accesi tutti i giorni durante la stagione invernale per l'87% delle famiglie, con sensibili differenze territoriali (98% a Bolzano e 62% in Sicilia).

9. L'impianto di riscaldamento viene utilizzato, in media, per circa 8 ore al giorno, più nel pomeriggio (quasi 4 ore e mezzo) che non nelle fasce mattutine (2 ore e mezzo circa) o notturne (circa un'ora).

10. Le famiglie residenti al Nord accendono in media due ore in più rispetto a quelle del Centro e tre ore e mezzo in più rispetto a quelle del Mezzogiorno.

11. A distanza di pochi anni dal ritiro dal commercio delle lampadine tradizionali, le lampadine a risparmio energetico rappresentano già quasi i tre quarti delle lampadine utilizzate.

12. Le famiglie dichiarano di aver effettuato investimenti sul fronte del risparmio energetico negli ultimi 5 anni: oltre la metà per ridurre le spese per l'energia elettrica, il 21% per le spese di riscaldamento dell'abitazione, il 15% per il riscaldamento dell'acqua e, infine, il 10% per il condizionamento.

13. Più di una famiglia su cinque fa uso di legna per scopi energetici (consumando 3,2 tonnellate in media all'anno) mentre solo il 4,1% utilizza pellets. Il consumo di legna è più elevato nei comuni montani (oltre il 40% delle famiglie) e in Umbria e Trentino Alto Adige (poco meno di una famiglia su due).

14. La metà delle famiglie che utilizzano legna ricorre (parzialmente o totalmente) all'autoapprovvigionamento. La quercia è il tipo di legname più utilizzato.

QUI IL RAPPORTO COMPLETO

giovedì 18 dicembre 2014

Biocarburanti

L’Africa, per l’ennesima volta, sta diventando terra di conquista per le aziende occidentali. I nuovi colonialisti sono i produttori di biocarburanti (per sapere cosa sono clicca qui), che in Africa possono trovare vaste distese di terra a costi bassi o nulli e abbondante manodopera a buon mercato. 
I governi di Tanzania, Ghana, Malawi, Namibia e molti altri stanno concedendo gratuitamente l’utilizzo di migliaia di ettari di terra ad aziende europee e americane in cambio di investimenti che possano portare strade, scuole, ospedali e cibo in una delle regioni più povere del mondo. Il solo Mozambico ha reso disponibili 11 milioni di ettari per la produzione di olio di palma e canna da zucchero da trasformare in carburante ecologico. 
Ma le conseguenze di questo eco business sono drammatiche: secondo Il Ghana Environmental Protection Agency, solo nel Ghana 2600 ettari di bosco sono stati tagliati per far posto alle nuove coltivazioni, soprattutto canna da zucchero, che oltretutto necessita di moltissima acqua. 
Non solo: "L'espansione dei biocarburanti che sta trasformando le foreste e la vegetazione naturale in colture energetiche sottrae terreno agricolo alle coltivazioni per uso alimentare, oltre a aumentare i conflitti con le popolazioni locali sulla proprietà terra", dichiara Mariann Bassey, di Friends of the Earth della Nigeria. 
Ma secondo i sostenitori dei biocarburanti proprio l’importazione in Africa di queste colture potrebbe salvare il continente dalla fame, grazie allo sviluppo di un agricoltura moderna e alla realizzazione delle infrastrutture per l’irrigazione.
Nella foto: carri trasportano le canne da zucchero verso gli impianti che le trasformeranno in biocarburante.

venerdì 5 dicembre 2014

Una presa al lampione

Uno dei maggiori inconvenienti delle auto elettriche è la macanza di colonninne per la ricarica. Le cose dovrebbero cambiare. I fondatori della start up tedesca Ubitricity hanno avuto l’idea di mettere le prese di ricarica sui lampioni stradali. Da poco è stato lanciato il progetto pilota con prese collocate su 4 lampioni a Berlino in collaborazione con una azienda elettrica. 
La novità tecnica sta nel cavo per la ricarica che consente di collegarsi al lampione con una presa molto facile da utilizzare.
Adesso saranno gli automobilisti a portare il loro cavo eliminando costose tecnologie supplementari per ogni punto di ricarica. Dopo aver autorizzato il pagamento gli automoblisti potranno attaccarsi in modo rapido al lampione prescelto. Tutto molto semplice e rapido.
«Il problema maggiore sta nel fatto che le auto elettriche non si possono ricaricare sempre in uno stesso luogo perchè viaggiano. Devono poter essere ricaricate dove possono parcheggiare, in diversi posti. Non ha senso fare costosi impianti ovunque con tutta la relativa tecnologia. Col nostro sistema basta portarsi la necessaria tecnologia e così si può ricaricare quanto si vuole perchè il contratto per l’alimentazione si applica al cavo”
E’ un’idea semplice usare l’esistente rete elettrica dotando i lampioni di questa opzione.
Stando a Pawlitschek , equipaggiare un lampione del sistema costa dai 300 ai 500 euro. Considerando i costi delle prese per attrezzare una stazione di servizio con ricarica elettrica si viaggerebbe su costi da 10.000. Naturalmente si pensa di adoperare questa tecnologia non solo per i lampioni ma presso i posti in cui si lavora a casa e nei parcheggi sotterranei.

venerdì 28 novembre 2014

La Diga delle Tre Gole

39 miliardi di metri cubi di acqua, 185 metri di altezza, 2309 di lunghezza: sono i numeri che descrivono la Diga delle Tre Gole, l’enorme diga sul fiume Yangtze nella provincia del Hubei, in Cina. Terminata nel 2009, la diga alimenta una centrale idroelettrica dotata di 26 turbine Francis con una potenza complessiva di 18,2 GW. 
L'impianto produce 84,7 TWh di energia, pari al 3% dell’intero fabbisogno cinese (il 25% dell'energia consumata in Italia) ed eviterà l’emissione nell’atmosfera di oltre 50 milioni di tonnellate di CO2 (oggi quasi l’85% dell’energia elettrica cinese viene prodotta dal carbone). 
La realizzazione di questo ciclopico impianto ha però avuto conseguenze pesantissime per l’ambiente: la creazione del bacino ha comportato l’allagamento di oltre 1300 siti archeologici e 116 insediamenti urbani. 1,4 milioni di persone sono state spostate e secondo le autorità cinesi almeno altri 4 milioni dovranno traslocare entro il 2023. 
Non solo: la distruzione degli habitat naturali, l’inquinamento delle acque e il traffico navale comporteranno la distruzione di numerose specie animali e vegetali. La prima vittima di questo processo distruttivo è stato il lipote, un delfino d'acqua dolce che popolava le acque del fiume Yangtze, dichiarato estinto nel 2006. 

mercoledì 26 novembre 2014

Dove si estrae l'uranio?

A differenza di gas e petrolio, la distribuzione geografica dell’uranio è piuttosto articolata. Attualmente  ci sono miniere attive in 20 Paesi. I maggiori produttori sono Kazakistan, Canada e Australia che insieme contribuiscono al 65% della produzione globale. Seguono Namibia, Russia, Niger, Uzbekistan e Stati Uniti.
Ma se è vero che l’uranio è “sparpagliato” in diverse parti del globo, le miniere sono controllate da un piccolo gruppo di società: una decina di multinazionali, con in testa la francese Areva.
Anche in Italia c’è una miniera: è a Novazza, minuscola frazione di Valgoglio tra la provincia di Bergamo e quella di Sondrio. La scoprì mezzo secolo fa l’Eni, ma dopo il referendum anti nucleare del 1987 fu chiusa.
Nel 2006 la Metex, una società australiana, fece domanda alla Regione Lombardia per ottenere la concessione ad estrarre l’uranio. Il piano prevedeva di ricavare circa 1.300 tonnellate di ossido di uranio l’anno, poca cosa se si pensa che nel 2013, nella miniera più produttiva del mondo, quella del fiume McArthur, in Canada, sono state estratte 7.744 tonnellate di uranio grezzo. Ma alla fine la Lombardia disse no.

sabato 22 novembre 2014

Il telegrafo

Nei primi trent'anni della sua vita Samuel Morse fu un artista, soprattutto pittore di ritratti e scultore. Si diplomò nel 1810 al college di Yale e l'anno successivo partì per l'Europa, dove frequentò le lezioni della Royal Academy of Arts di Londra. Una volta tornato negli Stati Uniti nel 1826 fu tra i fondatori - e primo presidente - della National Academy of Design di New York. Nel 1929 tornò in Europa per migliorare la sua preparazione artistica, ma sulla nave che lo riportava in patria ebbe modo di ascoltare a lungo i discorsi di un compagno di viaggio, un dottore di Boston di nome Charles T. Jackson, che gli descrisse numerosi fenomeni di elettromagnetismo.
Affascinato dal modo in cui l'elettricità si propaga, si appassionò e cominciò a pensare a un modo per trasmettere segnali usando un interruttore che inviasse impulsi elettrici intermittenti. Nel 1835 realizzò la sua macchina, e iniziò a collaborare con due amici: Leonard Gale, professore di Scienze all'università di New York, e Alfred Vail, proprietario di una fabbrica per la lavorazione del ferro in New Jersey.
Nel dispositivo di Morse un interruttore posto nella stazione trasmittente apriva e chiudeva il passaggio di corrente lungo un filo collegato alla stazione ricevente. Qui un'elettrocalamita era collegata a una punta scrivente, che tracciava su un foglio di carta tratti più o meno lunghi, a seconda di quanto era stato premuto l'interruttore della stazione trasmittente.
Morse brevettò anche il sistema a punti e linee per trasmettere messaggi e associò ogni singola lettera a un codice punto-linea. Era nato l'universale codice Morse.
La diffusione del telegrafo avvenne rapidamente, spinta dalla decisione del Congresso degli Stati Uniti di stanziare - 30.000 dollari per la costruzione di linea telegrafica fra Washington DC e Baltimora. Il 24 maggio 1844 fu trasmesso il primo messaggio in Morse: dalla Corte Suprema in Campidoglio, a Washington.
Fili del telegrafo vennero stesi ovunque, e già nel 1854 oltre 37.000 km di cavi attraversavano l'America.

giovedì 20 novembre 2014

Il Bosco Verticale di Milano

Il Bosco Verticale di Milano, progettato dall'architetto Stefano Boeri, nel quartiere Porta Nuova, il premio messo in palio ogni anno dal Museo dell'Architettura di Francoforte. Lo rende noto il Politecnico di Milano, dove Boeri è docente di Urban Design. Tra i finalisti del premio internazionale altri grattacieli di Rotterdam, Sydney, Barcellona.
"Il premio che è stato assegnato al Bosco Verticale rappresenta un riconoscimento all'innovazione nell'ambito dell'architettura - ha detto Boeri -. È un invito a pensare all'architettura come un'anticipazione del futuro per ognuno di noi, non solo come l'affermazione di uno stile o di un linguaggio. Il Bosco Verticale è una nuova idea di grattacielo, in cui alberi e umani convivono. È il primo esempio al mondo di una torre che arricchisce di biodiversità vegetale e faunistica la città che lo accoglie".
Il complesso è composto da due torri residenziali di 80 e 112 m di altezza (27 e 19 piani, 113 residenze totali) in grado di ospitare 800 alberi fra i 3 e i 9 metri di altezza, 11.000 fra perenni e tappezzanti, 5.000 arbusti, per un totale di oltre 100 specie diverse.
Il sindaco di Milano ha detto: "Complimenti a Stefano Boeri per l'assegnazione al grattacielo 'Bosco Verticale', da lui progettato. Si tratta di un riconoscimento che premia anche Milano, una città che coniuga la spinta al futuro con la conservazione e la valorizzazione del patrimonio architettonico esistente".

sabato 15 novembre 2014

Tokelau, gli atolli ad energia solare

Si trova in un territorio indipendente della Nuova Zelanda e sarà il primo posto nel mondo a funzionare completamente ad energia solare. 
La nazione ha deciso di sostituire i generatori a gasolio sui suoi tre atolli con 4.032 moduli fotovoltaici, 392 inverter e 1.344 batterie del peso di 250 kg. La nuova struttura sara' in grado di fornire il 150% del fabbisogno elettrico; durante i periodi di copertura nuvolosa prolungata entreranno invece in funzione generatori funzionanti a base di olio di cocco.

giovedì 6 novembre 2014

Sicurezza in bicicletta: pedalare a destra ma non troppo

Il dibattito sulla sicurezza dei ciclisti è sempre acceso. La questione della sicurezza dei ciclisti che in altri Paesi non si pone (provare per credere l’atteggiamento degli automobilisti austriaci in prossimità degli incroci con le piste ciclabili ) in Italia diventa la solita partita accesa.

Per gli automobilisti i ciclisti sono una "specie" molesta che si prende troppe libertà sulle strade, mettendo in pericolo se stessa e gli altri. Uno dei pericoli più frequenti è quello dell’improvvisa apertura della portiera da parte degli automobilisti, ma i rischi sono molti anche se non vi sono auto parcheggiate. Gli esperti di traffico individuano nella scarsa visibilità del ciclista che pedala troppo a destra la causa di molti incidenti. Non si tratta di teorie, ma di una casistica desunta dai verbali degli incidenti.

I quattro tipi di incidente illustrati mostrano in maniera decisamente efficace come molti incidenti possano essere evitati se i ciclisti si posizionano più al centro della corsia.

Caso n° 1. Il ciclista non è visibile perché la sua posizione e elementi urbani ne occultano la vista alle e auto provenienti da destra fino al momento in cui lui non raggiunge l’incrocio.
Caso n° 2. Il ciclista arriva all’incrocio ma è nell’angolo cieco in cui chi procede in senso opposto e deve svoltare a sinistra non può vederlo.
Caso n° 3. Anche in questo caso il ciclista è in un angolo cieco e c’è la possibilità che non sia visibile né naturalmente, né nello specchietto retrovisore, una casistica che diventa estremamente pericolosa quando a svoltare a destra sono camion o veicoli pesanti.
Caso n° 4. Il quarto caso è quello del contatto se l’automobilista non rispetta la distanza di sicurezza. Se si sta più a centro strada, il guidatore dovrà attendere che non vi siano auto in arrivo nel senso opposto e potrà superare la bici sull’apposita corsia.

Uno spostamento più a sinistra favorisce il rallentamento degli automobilisti, ma perché questo comportamento sia possibile ci vuole una diversa cultura da parte degli automobilisti, una piccola rivoluzione culturale che in Italia è in mano soprattutto alle giovani generazioni, quelle dei ciclisti urbani e delle masse critiche, dei bike pride e delle associazioni che si battono per promuovere un concetto piuttosto semplice: la bicicletta non intralcia il traffico ma ne è parte integrante. Il che comporta diritti, ma anche doveri, su tutti quello del rispetto del Codice. Alcuni giorni fa una donna di 88 anni è morta dopo essere stata investita da un ciclista 18enne che procedeva ad alta velocità. L’anziana stava attraversando la strada sulle strisce pedonali e il ragazzo - che sopraggiungeva a forte velocità - è attualmente indagato per omicidio colposo. La questione della sicurezza dei ciclisti include anche quella dei pedoni, la categoria più debole di tutte.

Sport e tecnologia

L'ultima novità arriva dal football americano. I campioni della Nfl (il campionato Usa) indosseranno, sulle spalle, dei sensori grandi come un bottone. Questi offriranno, in tempo reale, informazioni precise (25 segnali al secondo), a partire dalla velocità, dalla posizione in campo e dalla distanza percorsa. Agli allenatori basterà un click per conoscere la forma fisica di ciascun giocatore, e magari rendersi conto se un atleta, dopo uno scontro, stia correndo con più fatica, e sia quindi il caso di sostituirlo.
Grazie ai tablet, poi, i coach potranno disegnare gli schemi di gioco in modo più chiaro, mandando in pensione le classiche lavagnette. Tra un anno verranno rilevati anche altri dati: dal battito cardiaco alla regolarità del respiro.
Che la tecnologia cerchi di rendere gli atleti più forti, lo sappiamo già: dai macchinari per la palestra, fino alle stesse attrezzature sportive (una volta i tennisti avevano pesanti racchette in legno, oggi in fibra di carbonio), il miglioramento è continuo. Ma c'è un settore specifico che si sta affermando in questo periodo, ed è quello dell'analisi dei dati, che non riguarda solo il football americano.
La nazionale di calcio tedesca, prima di vincere la coppa del mondo, ha acquistato un software di ultima generazione. Questo programma permette di studiare sia i dati dei singoli atleti, che i gruppi di giocatori. Il calcio è infatti uno sport di squadra, ed è importante, per esempio, che i difensori siano tra loro non troppo vicini né troppo distanti, e che tutto il reparto mantenga la giusta distanza con i centrocampisti. Insomma, i dati da rilevare sono tanti: ma poi, al di là delle distanze percorse e del battito cardiaco, c'è una cosa che accomuna i campioni: è la classe, e almeno quella, per ora, non si può misurare.

mercoledì 5 novembre 2014

Paura della Matematica?

Matematica bestia nera degli studenti. Non è un luogo comune, ma una realtà ammessa anche da molti adulti che con numeri, problemi, algebra e geometria, oltre a ricordi scolastici negativi, hanno tuttora un conto aperto, anche se attenuato dalle strumentazioni tecnologiche di uso quotidiano.
Dall’avversione per la matematica e dal panico che essa genera si può guarire? A quanto sembra, si direbbe proprio di sì. È quanto sostiene un progetto sperimentale che prenderà il via a Roma nei prossimi giorni.
Si chiama proprio 'Pronto Soccorso Matematica' (Psm), un servizio gratuito, destinato in particolare a studenti fra i 10 e i 14 anni, ma che non tratta di lezioni di matematica, né di un approccio psicologico, ma di un percorso che combatte la paura fornendo a bambini e ragazzi un metodo "su base ingegneristica" per affrontare la paura e per impegnarsi nello studio di questa materia.
L'intero progetto (al quale è annesso anche uno spettacolo teatrale) è un'idea di un ingegnere romano con esperienza professionale, anche all'estero, Aldo Reggiani, convinto che col giusto metodo tutti possono essere bravi studenti in matematica superando le paure del caso.
Fra gli obiettivi del Psm, infatti: far crescere nei ragazzi l'autostima e far comprendere loro che il successo non dipende da doti innati ma dall'impegno.
All'arrivo al Pronto soccorso, il ragazzo viene esaminato da 'dottori' (si tratta di ingegneri) che diagnosticano il problema sulla base di indovinelli matematici e delle performance scolastiche.
Nasce quindi il 'piano' di intervento che vede coinvolti i ragazzi ma anche le famiglie.
Il metodo del Psm si basa su tecniche e strumenti di 'problem solving' e sul teatro. Nel Pronto soccorso non si somministrano farmaci 'miracolosi' ma si disegna un percorso che viene monitorato con grafici.
“C'è una barriera mentale molto diffusa - dichiara il suo ideatore - secondo la quale una persona o è portata per la matematica o per la letteratura, o per la cultura umanistica o per quella scientifica: il vero sapere è organico e bilanciato, arte e scienza, letteratura e matematica, numeri e musica”. “Per superare l'inconscia paura dei numeri, che in Italia ha assunto le dimensioni collettive di una vera e propria emergenza nazionale, un metodo potrebbe essere quello di esporre i giovani, saltuariamente, a piccole dosi sincrone di arte, matematica, musica e poesia, 'mixate' da docenti di grande cultura e grande spirito”.
Il Psm, aperto il sabato mattina in via Prisciano 16, prevede una 'cura' di 10-12 settimane
Per informazioni: www.spettacolidimatematica.it.

martedì 4 novembre 2014

Guida sicura: gli effetti dell'alcol

Gli effetti negativi dell'alcol sulla guida sono ben noti. Esso agisce su diverse funzioni cerebrali (percezione, attenzione, elaborazione, valutazione ecc.), con effetti diversi e strettamente correlati alla quantità di alcol presente nel sangue, cioè al tasso alcolemico.
Il tasso alcolemico si misura in grammi di alcol per litro di sangue; un tasso alcolemico di 1g/litro indica quindi che in ogni litro di sangue del soggetto è presente 1 grammo di alcol puro.
I primi effetti negativi si cominciano a riscontrare già con valori di 0,2 g/litro, ad esempio nella capacità di suddividere l'attenzione tra due o più fonti di informazioni e nell'interazione con la stanchezza; con un tasso di 0,5 g/litro cominciano ad essere compromessi il campo visivo laterale, i tempi di reazione, la resistenza all'abbagliamento, il coordinamento psicomotorio. Con un tasso di 0,8 g/litro i sintomi precedenti si aggravano e viene compromessa anche la capacità di valutazione delle distanze, l'attenzione cala in modo notevole, diminuisce la sensibilità alla luce rossa. Ad un tasso di 1 - 1,2 g/litro i sintomi precedenti si aggravano e compare l'euforia, la visione laterale è fortemente compromessa, come pure la percezione delle distanze e della velocità di movimento degli oggetti. A tassi tra l,5 e 2 g/litro tutti i sintomi precedenti sono in misura esagerata, con la completa sottovalutazione dei pericoli, lo scoordinamento dei movimenti (ad esempio si accelera invece di frenare), reazioni fortemente rallentate. Tutto questo si riflette sui rischi di incidente grave.
Ma come si raggiungono questi valori ? In altre parole, quanto si può bere prima di raggiungere i valori sopra indicati e prima di risentire effetti negativi?

Supponiamo che si tratti di un soggetto del peso di 70 kg il quale, a digiuno ed in breve tempo, beve due lattine di birra ad alta gradazione (7% in volume). Entro mezz'ora i circa 35 g di alcol contenuti nella birra, assorbiti attraverso tubo digerente, stomaco ed intestino, trasportati in circolo dal sangue e diffondendosi nei liquidi cellulari, determinano il valore massimo di alcolemia. In questo caso viene raggiunto il valore di 0,7 g/litro. Tale valore rimane stabile per breve tempo (circa mezz'ora) al suo valore massimo, poi comincia lentamente a decrescere: l'alcol viene metabolizzato per la massima parte (circa il 90%) dal fegato, il resto viene emesso attraverso i polmoni ed i reni. Il ritmo di smaltimento del fegato è costante e l'alcol risulta completamente eliminato nell'arco di 7 ore.

sabato 1 novembre 2014

Atolli sott'acqua, trasloco forzato

Mille hanno già fatto le valigie.Altri trentamila le faranno presto. L'ordine di traslocare è arrivato. E non si tratta solo di cambiare casa, ma di dire addio a tradizioni e ricordi. E la sorte che tocca agli indigeni di etnia GunaYala: dovranno lasciare l'isola di Gartf Sugdup, allargo delle coste di Panama, e trasferirsi sulla terra ferma tra Panama e la Colombia.A breve infatti il loro atollo sarà allagato.
Colpa del cambio climatico: l'aumento della temperatura e il conseguente scioglimento dei ghiacci polari hanno fatto salire il livello del Mar dei Caraibi, ingoiando la terra di Garti e degli altri 360 isolotti vicini.Tra aprile e novembre gli atolli si sono sempre allagati, in parte, per qualche giorno. Ora le inondazioni durano anche mesi. «Il nostro popolo ha sempre vissuto nel mare, di pesca. Ora dobbiamo lasciare le nostra abitazioni, tutto quello che abbiamo costruito. Soprattutto per i più anziani sarà molto difficile», ha spiegato il responsabile indigeno Atencio Lòpez.

mercoledì 29 ottobre 2014

Storia del metro, l'unità di misura che unì l'Italia

Tese, miglia, piedi, canne, palmi, linee, pollici... Bastava porre la domanda «Quant'è lungo?» e subito si scatenava un putiferio di misure diverse. Eh si, le equivalenze non erano affatto semplici, all'epoca in cui il metro non c'era: ciò che a Milano era alto 30 once, per esempio, a Napoli poteva misurare (mettiamo i numeri a caso) 4 palmi: e alla fine chi ci capiva era davvero bravo.
Persino le unità di misura con lo stesso nome potevano cambiare di valore a seconda del luogo: in Lombardia il trabucco aveva ben 22 lunghezze diverse e il braccio di Forli risultava di 26 centimetri più esteso che a Piacenza.
Un gran pasticcio durato fino a 150 anni fa, perché il sistema metrico, nato a Parigi con la rivoluzione francese, viene esportato in Italia da Napoleone ma ci mette qualche decennio a imporsi. Il metodo è comodo, però non è facile cambiare vecchissime abitudini: più o meno come è avvenuto a noi quando siamo passati dalla lira all'euro, anzi di più, perché una volta solo pochi andavano a scuola e fare complicati calcoli era impossibile alla maggioranza.
Insomma, prima che il metro venga ufficialmente adottato dal nostro Paese, bisogna attendere che l'Italia si unisca e a Roma si faccia una legge per cui gli altri sistemi sono aboliti. Il passaggio avviene il 1° gennaio 1863: da quel giorno in poi, palmi e piedi restano solo nei proverbi e si misura in metri. Finalmente l'Italia è unita: anche nelle misure.

venerdì 17 ottobre 2014

Giornata mondiale per l'alimentazione: i biscotti distruggono le foreste

Il 16 ottobre si è celebrata la Giornata mondiale dell'alimentazione, evento voluto dalla FAO per ricordare al mondo che il cibo è un diritto di tutti. Eppure proprio intorno all'alimentazione si sviluppano le più consistenti perdite di risorse del Pianeta: come le foreste rase al suolo per fare spazio alle coltivazioni di palme da olio.
Merendine, biscotti, snack, crackers e crema spalmabile al cioccolato: ci sembra naturale acquistarli tutti i giorni, ci sembra naturale trovarli sugli scaffali del supermercato. Eppure dietro ogni confezione si nasconde una storia terribile di sfruttamento sia delle risorse naturali del Pianeta sia del lavoro dei contadini. Tra gli ingredienti dei prodotti che acquistiamo, in genere prodotti da forno, snack oppure una famosa crema spalmabile al cioccolato c'è anche l'olio di palma, un olio vegetale forse il più usato al mondo, che costituisce una delle cause della deforestazione in atto sul nostro Pianeta.
Le grandi multinazionali del settore agricolo di accaparrano grossi appezzamenti di foreste, abbattute, per fare spazio alle piccole palme che produrranno l'olio così prezioso per l'industria alimentare occidentale.
L'olio di palma si estrae da una particolare palma (Elaeis guineensis) che viene coltivata sopratutto in Indonesia e Malesia e che è la ragione principale della deforestazione del Borneo. Infatti, il 90 per cento dell'olio di palma che si usa in tutto il mondo proviene proprio da questi due Paesi. Fino a poco tempo fa in Indonesia si trovava una delle più grandi foreste del nostro Pianeta.
Se ancora 50 anni fa, l’82% dell’Indonesia era coperta da foreste, già nel 1995 la percentuale era scesa al 52%: e al ritmo attuale, entro il 2020, le foreste indonesiane (tra le maggiori al mondo per estensione insieme a quelle dell’Amazzonia e del bacino del Congo) saranno definitivamente distrutte e con loro andranno perduti anche tutti quei servizi ecosistemici cruciali per la sopravvivenza delle popolazioni locali e della stessa biodiversità.
Se ciascun consumatore avesse la possibilità di attraversare gli scenari desolanti delle foreste che bruciano per far posto alle coltivazioni di olio di palma, se ciascuno di noi affrontasse un viaggio tra i fumi degli incendi che tagliano il respiro e avvolgono perennemente quello che rimane delle foreste del Borneo o di Sumatra, rimarrebbe talmente scioccato da non voler più consumare olio di palma responsabile di tanta distruzione.
Poiché la domanda di prodotti alimentari aumenterà nei prossimi decenni, inevitabilmente aumenterà di conseguenza l'impatto sulle risorse naturali del Pianeta e l’olio di palma è uno degli imputati principali. In attesa che l’industria alimentare faccia la sua parte, riducendo il più possibile il contenuto di olio di palma dei suoi prodotti, sta a noi consumatori scegliere consapevolmente.

martedì 14 ottobre 2014

Nonni digitali

«Internet mi ha salvato la vita». Luigi ha quasi ottant’anni, è vedovo e la sua unica figlia vive dall’altra parte dell’oceano, in Australia. «Quando mia moglie è morta è come se me ne fossi andato anche io. Ero rimasto solo. Poi ho scoperto il computer. Ora tutti i giorni parlo via Skype con i miei nipoti. Ho anche imparato un po’ di inglese». Un “nonno digitale”. Come ce ne sono sempre di più nel nostro Paese. Anche perché, come spiega qualcuno, «la società va verso la informatizzazione. Pure le scelte del Governo sono di portare quanti più servizi online. Certificati, domande, operazioni di vario tipo. Molto ormai si fa su Internet. Gli anziani vogliono sentirsi parte di questa comunità. Sono obbligati a mettersi al passo».  

I dati dell’Istat raccontano che nel 2013, le persone di età compresa tra i 60 e i 64 anni che navigano sul web sono quasi il 37 per cento. Dieci anni fa erano poco più del 12. La stragrande maggioranza usa le nuove tecnologie per comunicare. Per inviare e ricevere email oppure per video-chiamate e conversazioni via social. Molti non vanno più in edicola e hanno abbandonato l’abitudine di sfogliare il giornale di carta a favore del quotidiano digitale. Tanti si affidano ai motori di ricerca per avere informazioni su malattie e acciacchi, effettuano bonifici e controllano che sia arrivata la pensione attraverso gli sportelli online, fanno acquisti, prenotano viaggi e alberghi.  

C’è chi ama leggere gli ebook, anche se il libro tradizionale è ancora di gran lunga preferito, e chi sceglie di raccontarsi. Non più scrivendo i propri pensieri su un diario ma via blog. La signora Giulia di Cerveteri ne gestisce uno che si chiama www.vivereinsalute.blogspot.com. Parla di tradizioni ormai lontane nel tempo, come quella di fare il sapone in casa, e ricorda quanto sia importante l’informatizzazione di chi ha qualche anno in più.  

Già perché l’Italia, su questo punto, è ancora parecchio indietro rispetto al resto d’Europa. «La crescita che c’è stata in questi anni è un dato che non possiamo sottovalutare e si lega anche al fatto che le fasce più alte della popolazione sono sempre più istruite una quota sempre più elevata di popolazione con un altro grado di istruzione. Tuttavia nel nostro Paese l’età rappresenta ancora uno spartiacque tra utenti e non utenti di Internet» spiega Luciana Quattrociocchi, responsabile del Servizio Struttura e dinamica sociale dell’Istat. Molto più che altrove. Le statistiche dell’Eurostat lo confermano: a livello europeo, nel 2013, in media il 45 per cento della fascia 55-74 anni utilizza il web. Noi arranchiamo. 

Cercano di assottigliare il digital divide generazionale i corsi di alfabetizzazione tecnologica rivolti proprio alla terza età. La Fondazione Mondo Digitale li organizza da oltre dieci anni. E in questo tempo sono stati oltre ventimila gli anziani che ne hanno beneficiato. I loro tutor sono bambini e ragazzi delle scuole, dalle elementari in poi: 17mila studenti coinvolti con 1600 insegnanti. «È anche un’occasione per conoscersi e capire che l’altro può essere una risorsa» spiega il professor Alfonso Molina, direttore scientifico della fondazione e docente di Strategie delle Tecnologie all’Università di Edimburgo. Lo stesso ha fatto Telecom tra 2012 e 2013 attraverso il progetto “Navigare insieme” coinvolgendo oltre cento scuole e una decina di grandi associazioni diffuse a livello nazionale. «All’inizio - prosegue Molina - qualcuno ha paura addirittura a toccare il mouse, ma poi si sciolgono e sono loro stessi i primi “profeti” che cercano di convincere amici e conoscenti ad avvicinarsi a loro volta al computer».  

E il futuro? Tutti concordano nel dire che la “digitalizzazione” della terza età non può che continuare.
La tecnologia non solo è sempre più pervasiva ma anche utile per rendere la vita quotidiana un po’ più semplice. «Pensiamo alla possibilità di prenotare le visite mediche online» dice Quattrociocchi. Che non ha dubbi: «Il gap generazionale sull’uso di Internet tra giovani e quanti ormai giovani non sono più è molto rilevante e segna un grave ritardo del nostro Paese. La situazione può solo migliorare, se no l’Italia rischia di restare al palo».

sabato 11 ottobre 2014

Arriva Windows 9 e si chiama Windows 10

Microsoft stupisce tutti, a partire dal nome: il nuovo sistema operativo non si chiama Windows 9, come tutti pensavano, ma Windows 10. Microsoft prende le distanze da Windows 8, addirittura salta una generazione per segnalare chiaramente la distanza che c’è tra Windows 8 (accolto freddamente dal mercato) e il nuovo Windows, il 10 appunto.

Windows10-One: un solo Windows per tutti i dispositivi
Windows 10 girerà sulla più ampia gamma di dispositivi mai vista.
Secondo alcuni avrebbe dovuto chiamarsi “Windows One” e in effetti c’è più di una ragione. Lo slogan portante è “One Windows, one store”: un sistema operativo unico che si adatta ai pc, ai tablet, agli smartphone, alle Tv. Ma le attese maggiori erano per la versione desktop.

Ecco tutte le novità:

  1. Torna il menu start. È forse la prima volta che una vecchia funzione è stata richiesta con un plebiscito popolare. tutti gli utenti desktop la rivolevano e Microsoft lo ha reintrodotto, esattamente come era in Windows 7. Il desktop di Windows è come è sempre stato, ma sotto ci sono grandi novità.
  2. Il menu start personalizzabile. È tornato ma è nuovo, si può ingrandire, rimpicciolire spostare, cambiare di colre per abbinarlo allo sfondo. All’interno il menu ricorda i quadrati dei Windows 8, è nuovo ma familiare.
  3. Nuovo pulsante Task View. Il nuovo pulsante Task View presente sulla Task Bar consente di visualizzare insieme tutte le app e i file aperti, permettendo così un passaggio rapido tra gli elementi e un accesso con un solo tocco ai desktop creati. Per chi ha esperienza su piattaforma Mac ricorda Expose.
  4. Non un desktop, ma tanti desktop. Anziché di avere monti file e app sovrapposti su un singolo desktop, è possibile creare in modo semplice desktop separati e passare dall’uno all’altro per scopi e progetti diversi – per lavoro o per uso personale (o entrambi).
  5. App in formato finestra. Le app del Windows Store ora vengono aperte nello stesso formato dei programmi desktop. È possibile ridimensionarle e spostarle. Hanno una barra di comandi che consente di ingrandire, ridurre a icona e chiudere l’app con un clic. Insomma meno tablet-oriented e più desktop.
  6. Nuove funzionalità Snap. Con il nuovo layout a quadrante, è possibile avere fino a quattro app affiancate sulla stessa schermata. Windows mostra poi le altre app e gli altri programmi in esecuzione per consentire ulteriori affiancamenti ma da anche consigli su come riempire lo spazio disponibile sullo schermo.

Il sistema operativo sarà disponibile nell’autunno del 2015, praticamente tra un anno, ma chi aderisce al Windows Insider programm potrà testare la versione beta per notebook e pc desktop già dal 1 ottobre, più avanti arriveranno quelle per gli altri dispositivi.
Per quanto riguarda i costi dovrebbe essere gratuito per gli utenti che hanno già Windows 8.

martedì 7 ottobre 2014

Che cos'è l'obsolescenza programmata?

E' la produzione di beni di consumo che includono nei loro progetti caratteristiche tali da rendere non più funzionante (obsoleto) un prodotto nei tempi che l'azienda stessa ritiene giusti per provocare un nuovo acquisto dello stesso bene di consumo.

L'azione di programmazione dell'obsolescenza si può realizzare in due modi: mettendo in commercio prodotti di scarsa qualità, per cui il guasto si manifesterà nei tempi voluti e molto facilmente, oppure con la frequente produzione di nuovi modelli dello stesso bene di consumo, sollecitando, tramite campagne di marketing, il desiderio da parte dei consumatori di impossessarsi del nuovo decantato modello.

Esistono esempi di lampadine che possono durare decine di anni che non sono mai entrate in produzione, oppure il caso della causa persa dalla Apple perchè la batteria del suo iPad era programmata per durare 18 mesi poi si guastava e non era sostituibile o il caso delal stampante di una nota marca contenenete un chip programmato per bloccare la stampante dopo 18000 stampe. Molti elettrodomestici o apparati elettronici sono assemblati in modo che l'utilizzatore non sia in grado di aprirli per tentarne una riparazione. In alcuni casi vengono usate viti che richiedono uno speciale strumento al posto del normale cacciavite, oppure gli involucri sono assemblati ad incastro, quindi senza alcuna vite (cosa molto comoda per la produzione che è pure più rapida) e che dunque non sono apribili se non rompendo l'involucro di plastica. La motivazione ufficiale che mi sono sentito dare è che lo fanno "per il bene del consumatore", ovvero per proteggerlo da eventuali scosse o altri rischi cui potrebbe incorrere tentandone personalmente la riparazione! Possiamo constatatare lo stesso fenomeno sui computer: software sempre più complessi ci obbligano a sostituire il pc dopo pochi anni.

Perchè si dovrebbe combattere l'obsolescenza programmata? Primo perchè fa solo gli interessi del produttore, tradendo le aspettative dell'acquirente e facendogli spendere molti più soldi del dovuto. Secondo perchè accelerare i processi di deterioramento, guasti o obsolescenze dei prodotti provoca un enorme crescita di rifiuti, spesso tossici o di difficile smaltimento ed un generale impoverimento delle materie prime del pianeta.

sabato 4 ottobre 2014

Sonnolenza al volante: un killer silenzioso

La sonnolenza alla guida, pur essendo all'origine di molti incidenti, è ancora sottostimata come fattore determinante di rischio. Le statistiche indicano genericamente come prima causa di incidente stradale la “distrazione”, spesso frutto proprio della stanchezza e della sonnolenza del guidatore. Quest'ultima quasi mai viene presa in esame di per sé come “causa”, messa in ombra da fattori più evidenti e misurabili (velocità eccessiva,  situazione meteo, condizioni del veicolo etc.).
L'eccessiva sonnolenza è associata approssimativamente (come causa diretta o concausa) ad un quinto degli incidenti stradali (1 su 5) ed è una delle principali cause di incidenti mortali in autostrada.
Dormire meno di 5 ore per notte aumenta di 4,5 volte la probabilità di avere un incidente stradale.
Stare svegli per 24 ore induce errori alla guida simili a quelli commessi da chi ha livelli di alcool nel sangue uguali o superiori a 1,00 g/l.
Gli incidenti causati dal "colpo di sonno" sono i più gravi, con un elevato rischio di mortalità dovuto alla totale inazione del guidatore, che addormentandosi non ha consapevolezza dell'imminente pericolo.
I pericoli connessi alla sonnolenza aumentano con l'aumentare delle ore trascorse al volante senza pausa; particolarmente a rischio gli autisti professionali e chi percorre lunghi tragitti in auto, soprattutto nelle prime ore del mattino o durante la notte.

martedì 30 settembre 2014

Multe salate per chi getta a terra sigarette e chewing gum

Laddove non arriva l’educazione ecologica ci vuole la legge e visto che in Italia la prima scarseggia, occorre che la politica detti le norme per educare la cittadinanza più refrattaria al rispetto del territorio. Spiagge e marciapiedi, prati e pavimenti potrebbero diventare più puliti grazie a una norma che avrà come obiettivo quello di contrastare l’inquinamento urbano. Chi butterà a terra mozziconi di sigarette o gomme da masticare sarà sanzionabile con multe che potranno variare da 30 a 150 euro.

La norma anti-chewing gum e anti-cicche dovrebbe entrare in vigore a partire dal 10 luglio 2015 e nei prossimi nove mesi, prima di questa data, le varie amministrazioni comunali dovranno provvedere a installare nei parchi, nelle strade e nei luoghi di aggregazione gli appositi contenitori, non solo i cestini ma anche i posaceneri.

La norma va a colmare il vuoto legislativo relativo a una forma di inquinamento da sempre sottovalutata. Soltanto nella città di Roma, infatti, vengono gettati a terra, ogni giorno, 18 milioni di mozziconi di sigaretta e 15mila gomme da masticare; soltanto per la rimozione di queste due sporcizie ritenute “leggere” l’amministrazione capitolina spende (secondo i dati forniti dall’Ama) 5,5 milioni di euro.

lunedì 15 settembre 2014

Compra cicche di sigaretta a 1 cent e libera la spiaggia di Noto dai mozziconi

Gianni Di Pasquale, pensionato di Sortino in Sicilia ha messo in campo una originale quanto efficace iniziativa personale: liberare le spiagge dalle cicche di sigaretta pagandole 1 centesimo. La quota prevista per la giornata di raccolta era di 20 euro.

Ebbene, Gianni Di Pasquale qualche giorno fa è sceso alla spiaggia di Noto e ha messo su un banchetto con sopra i contenitori di vetro e ha affisso su un manifestino la sua proposta:

Liberiamo la nostra spiaggia dai mozziconi. Compro mozziconi di sigarette a un centesimo l’uno, e non è uno scherzo.

L’offerta ha convinto i bagnati che subito sono partiti alla caccia di mozziconi di sigaretta. Vi hanno preso parte non solo i bambini ma anche gli adulti che hanno condiviso il "progetto di Pasquale". I contenitori di vetro si sono riempiti presto e la quota dei 20 euro è stata raggiunta. Ma i bagnanti oramai presi dall'entusiamo hanno continuato a raccogliere cicche iniziando la gara a chi ne portava di più a Pasquale. Ebbene a fine giornata hanno contato 6000 mozziconi di sigaretta raccolti.

Racconta Pasquale a Newsicilia (dove trovate le altre foto dell'epica giornata):

C’è stato un ragazzo che me ne ha consegnati settecento guadagnandosi così sette euro. Il messaggio spero sia stato recepito, soprattutto dai più piccoli. Alcuni genitori hanno “rimborsato” di tasca loro i propri figli, perché il segnale non era quello di guadagnarci economicamente, ma tutelare la salute e dare un messaggio di civiltà.

I mozziconi di sigaretta sono tra i rifiuti più altamente inquinanti e finiscono nei mari dove la degradazione avviene in 5 anni non prima di aver liberato nell'acqua molte sostanze dannose. Proprio le cicche di sigaretta sono tra i rifiuti più presenti proprio nel Mar Mediterraneo e rappresentano tra il 30% e il 40% dell'immondizia che si trova in acqua. Infine si consideri che un fumatore mediamente produce 12 mozziconi di sigaretta al giorno.

Troppo smog, la città di Pechino abbandonerà il carbone entro il 2020


Fra sei anni Pechino dirà addio al carbone. Nel tentativo di combattere gli altissimi livelli di smog, il governo cinese ha annunciato l'intenzione di vietare nella megalopoli l'utilizzo di qualsiasi fonte a carbone entro la fine del 2020. A riportare la notizia è l'agenzia Nuova Cina.

Il dipartimento della Protezione ambientale di Pechino ha pubblicato sul sito ufficiale il suo nuovo piano per un futuro "più sostenibile", secondo il quale la città "dovrebbe dare priorità al gas naturale per il proprio riscaldamento". 

Nel 2012 il carbone rappresentava un quarto del consumo energetico di Pechino e il 22% delle polveri sottili nell'aria della città. Nonostante il nuovo divieto nella capitale, ci si aspetta tuttavia che il consumo di carbone in Cina aumenti nel corso dei prossimi anni.

venerdì 12 settembre 2014

Steve Jobs poco tecnologico in casa: limitava l'uso dell'iPad ai figli

Steve Jobs era un papa' 'poco tecnologico', limitando l'uso delle tecnologie dei suoi figli a casa. A rivelarlo il New York Times citando un'intervista al fondatore della Apple poco dopo il lancio dell'iPad. Per Jobs la cena a tavola in cucina tutti insieme parlando di libri e di altre temi era un 'must' e nessuno durante questo appuntamento ha mai tirato fuori un iPad. I suoi figli - secondo indiscrezioni - non erano dipendenti dai dispositivi tecnologici. 
I limiti imposti da Jobs mostrano una tendenza comune a quella osservata in altri amministratori delegati di societa' tecnologiche, le cui abitazioni non sono un 'computer' con pareti 'touch screen' e i cui figli hanno rigidi orari per l'uso di tecnologie. L'amministratore delegato di Twitter, Dick Costolo, concede ai figli l'uso di gadget tecnologici solo in salotto, per il resto i dispositivi sono banditi dalle altre stanze.

mercoledì 10 settembre 2014

Guerrilla Bike Lane, la rivoluzione delle piste ciclabili fai da te

Se le amministrazioni pubbliche non mantengono le promesse, i cittadini le rivoluzioni le fanno da sé. È successo a Città del Messico: nel 2007 l’amministrazione della capitale messicana aveva promesso di costruire 300 chilometri di piste ciclabili nel giro di cinque anni.

Tre anni fa, però, giunti in prossimità della scadenza, i cittadini hanno potuto constatare come nessuna delle promesse fosse stata mantenuta. Dopo le manifestazioni in piazza, la protesta è diventata fattiva: con vernice, pennelli e rulli, i cittadini di Città del Messico hanno iniziato a disegnare piste ciclabili nelle arterie cittadini. A un ritmo forsennato: 5 chilometri al giorno. Una parte del gruppo si occupava di tracciare i triangoli di precedenza, altri di colorarli di verde, altri si occupavano di scrivere “prioridad” e altri, ancora, della segnaletica verticale.

Mutuando la logica dal guerrilla gardening, i messicani hanno lanciato il Guerrilla Bike Lane: Tempo di realizzazione: otto ore. Costo: 800 euro. Per il resto muscoli e cervello.

Mai un fenomeno del genere aveva interessato una metropoli così popolosa, ma la Guerrilla Bike Lane non è certo una novità: anche se non con questo nome, operazioni del genere furono realizzate in Olanda negli anni Settanta, dopo che l’accesso degli autoveicoli nei centri storici dei Paesi Bassi fece circa 400 vittime minori di 14 anni, nel solo 1971.

Se la tecnica più semplice è la tracciatura della segnaletica orizzontale, ci sono esempi più complessi: un anno fa a Seattle un gruppo denominato Reasonably Polite Seattleites creò una ciclabile in una sola notte attaccando piccoli piloni al terreno con del nastro adesivo. Gli attivisti scrissero al comune di Seattle che, invece di provvedere alla rimozione dei piloni, rese permanente la pista ciclabile. E il fenomeno si è propagato un po' ovunque, Europa compresa, dove la crisi ha rimesso in sella molti giovani e meno giovani.

In Italia, nonostante il fermento di molte città, specialmente nel Nord Italia, il movimento non esiste.

domenica 7 settembre 2014

Addio al sacchetto di plastica

Se ne parla dal 2012 (quando venne approvata la norma che lo poneva fuori legge), ma di fatto si è dovuto attendere fino a oggi perché quel provvedimento passasse dalla teoria alla pratica. Solo oggi, infatti, è stata pubblicata la legge che converte il decreto attuativo contenente non solo l’obbligo, ma anche la sanzione: 2.500 euro minimo per chi continua a utilizzare sacchetti monouso (ma la multa può arrivare fino a 25mila euro).

Alcuni sindaci hanno inviato una lettera (scritta e via mail) a tutti i negozianti del paese. Il sindaco di Sori (Genova) dice: «Ho voluto ricordare loro quello che rischiano in caso di inadempienza, perché molti non erano a conoscenza del decreto – racconta – da parte mia e da parte degli agenti di polizia municipale che sono stati allertati non c’è alcun intento persecutorio. Anzi, tutto il contrario. In questi primi giorni accompagneremo l’applicazione della legge con una campagna di sensibilizzazione. Ma poi arriverà il momento delle sanzioni; diciamo entro un mese. Ovviamente sperando che tutti si siano messi in regola e che nessuno dia più i sacchetti di plastica».

Quelli più a rischio sono i banchi dei mercati. Perché basta fare un giro tra gli ambulanti per scoprire che la stragrande maggioranza hanno ancora l’abitudine di usare il sacchetto non biodegradabile. La precedente fase di confusione, con sacchetti tradizionali addittivati per renderli biodegradabili, non ha aiutato a fare chiarezza. 

Oggi sappiamo che si possono usare solo sacchetti di carta, cartone o Mater B, che è appunto la cosiddetta plastica biodegradabile.

domenica 31 agosto 2014

Guida sicura: l'ABS (Anti Brake-locking System)

L'ABS è un sistema che, in frenata, impedisce il bloccaggio di una ruota mentre le altre ancora girano.
Benché l'idea comune sia che l'ABS "serve per frenare in meno spazio", non è questo il fine principale dell'ABS, anche se effettivamente, in alcune condizioni, si raggiunge anche quel risultato.
Sulle ruote sterzanti, il bloccaggio di una o di entrambe fa sì che esse perdano la capacità di dirigere il veicolo, il quale continua quindi a muoversi nella direzione che aveva in quel momento, senza più la possibilità di compiere manovre elusive rispetto ad un ostacolo (ad esempio un pedone).
Con l'ABS invece, tali manovre diventano possibili in quanto, appena anche una sola delle ruote anteriori si blocca, il sistema provvede a far diminuire la pressione sulla pinza del freno di quella ruota di quel tanto che basta per farle riprendere la rotazione, consentendo quindi allo sterzo di svolgere la sua funzione direzionale.
Ma anche il bloccaggio delle ruote posteriori deve essere evitato perché, oltre a rendere instabile ed imprecisa la traiettoria del veicolo, diminuisce l'efficienza complessiva della frenata, allungando lo spazio necessario per fermarsi.
L'utilità dell'ABS è particolarmente evidente sull'asfalto bagnato: senza di esso, una brusca frenata non blocca il veicolo, ma anzi lo fa partire "a saponetta" in modo incontrollato. 
La presenza dell'ABS su un veicolo è rivelata dalla caratteristica vibrazione del pedale del freno in una frenata a fondo con tutta la forza; è un fenomeno normale, indice dell'entrata in funzione del dispositivo.

giovedì 28 agosto 2014

Guida sicura: il telefono

Una recente ricerca di Ford sulle distrazioni alla guida, condotta su un campione di 7.000 giovani europei nella fascia d’età 18-24, ha certificato che un giovane su 4 ha scattato un “selfie” al volante, (26% gli italiani), mentre addirittura 2 su 4 hanno ammesso di aver più volte scattato foto durante la guida. Un giovane su quattro ‘posta’ o controlla i social network mentre è al volante!

Sempre più spesso si notano tablet posizionati sul volante e utilizzati dal conducente  mentre la traiettoria dei veicoli diventa incerta e pericolosa.  O addirittura motociclisti che mantengono il volante con la mano destra e messaggiano con la sinistra o tengono il cellulare precariamente incastrato tra il casco e l’orecchio. Ricordiamo anche che il divieto vale anche per i conducenti di biciclette e ciclomotori.
L’indiscutibile utilità dei cellulari non va confusa con l’inutile chiacchiericcio che  può essere distensivo su una spiaggia o durante una passeggiata a piedi, ma non va assolutamente tollerato durante la guida. Se si devono fare telefonate urgenti e il cellulare non è dotato di auricolare (che ha un costo risibile) o vivavoce, ci si ferma fuori strada.

Non è dato di sapere quanti siano gli incidenti anche gravi determinati dalla distrazione per l’uso di cellulari, smartphone e tablet alla guida, si sa però che sono in forte crescita gli incidenti senza una causa apparente. Sono circa il 35% le fuoriuscite per sbandamento nei soli incidenti mortali del fine settimana.

Scattare un ‘selfie’ alla guida comporta una distrazione della durata media di 14 secondi, mentre accedere ai social media può deconcentrare il guidatore dalla strada per ben 20 secondi, un tempo nel corso del quale un’auto che procede a 100 km/h percorre la distanza di 5 campi di calcio. Mentre sono 7 i secondi durante i quali si distolgono gli occhi dalla strada per comporre un numero su un telefono cellulare distogliendo gli occhi dalla strada. A 50 km/h si fanno 98 metri al buio. A 100 km/h sono quasi 200 metri. Una follia.

martedì 26 agosto 2014

Guida Sicura: i sistemi di sicurezza attiva

Per sicurezza attiva si intende quell'insieme di dispositivi, sistemi od apparati che dovrebbero impedire il verificarsi di un incidente, con una funzione quindi soprattutto preventiva. Il sistema di sicurezza attiva più importante, a stretto rigore, è il conducente stesso, il cui perfetto "funzionamento" sarebbe la migliore garanzia contro la possibilità di un incidente. In realtà, rientrano nella sicurezza attiva un gran numero di dispositivi presenti sui veicoli, alcuni ben noti come ad esempio:

  • i freni
  • le luci
  • lo sterzo
  • i pneumatici e gli ammortizzatori
  • lo stesso tergicristallo, in determinate condizioni

Secondo la definizione, rientra in questa classe perfino la segnaletica stradale, la cui funzione preventiva (se essa è adeguatamente disposta e tenuta in buone condizioni) è motivo della sua stessa esistenza; anche le strade (se ben progettate, ben realizzate e ben tenute) sarebbero un elemento di sicurezza attiva.
Altri dispositivi o sistemi di sicurezza attiva sono meno noti, meno comuni o ancora sperimentali:
l'ABS (sistema antibloccaggio delle ruote) sistemi anti-collisione
sistemi di comunicazione e di allarme per pericoli od ostacoli
sistemi per la rilevazione delle condizioni del conducente o per la correzione automatica di errori di guida
Quando si tratta di dispositivi montati su veicoli, è possibile che essi abbiano limiti o condizioni di efficacia, che è bene conoscere preventivamente e di cui comunque è opportuno essere coscienti, per non assumere rischi che il dispositivo non è in grado di gestire. In altre parole, la disponibilità di un sistema di sicurezza attiva con elevate caratteristiche di efficacia non può diventare giustificazione per comportamenti o manovre più rischiose. Inoltre, i dispositivi più complessi o tecnologicamente avanzati non mettono al riparo da possibili guasti improvvisi (come succede talvolta nei nostri stessi PC), possono richiedere speciali cure di manutenzione e revisione periodica e devono essere trattati da personale particolarmente esperto.
Per questo motivo, non è consigliabile utilizzare "pezzi di recupero" per la sostituzione di dispositivi di sicurezza attiva a bordo di veicoli, a meno che non siano stati accuratamente revisionati con tecniche appropriate e siano accompagnati da precisa garanzia del revisionatore circa la permanenza delle caratteristiche originali di sicurezza.

lunedì 25 agosto 2014

L'invenzione del bancomat

Luther George Simjian, di Origine armena ma emigrato negli Stati Uniti, è stato uno dei grandi inventori americani, con oltre 200 brevetti al suo attivo. La sua prima invenzione fu la cabina per le foto automatiche, che fu un enorme Successo. Dopo qualche anno pensò di estendere l'idea agli sportelli della banca, ma senza fortuna. A fronte della riluttanza delle banche, Simjian convinse la City Bank di New York, l'attuale Citibank, a condurre un esperimento di sei mesi; al termine dovette ammettere che a utilizzare la sua invenzione furono soltanto «prostitute, biscazzieri e quel tipo di gentaglia che si vergogna di farsi vedere in faccia dal cassiere di una banca», come scrisse più tardi. Non si diede per vinto, però, e continuò a perfezionare l'apparecchio.
Molti anni più tardi, mentre stava facendo un bagno caldo, John Shepherd-Barron, un tecnico scozzese della De La Rue, una delle più importanti aziende al mondo autorizzate a stampare banconote e carte valori, cominciò a pensare a una macchina che gli permettesse di prelevare il suo denaro in qualsiasi parte del mondo senza problemi. L'idea gli era venuta osservando una macchinetta distributrice di bevande presso la sua ditta, e pensò di sostituire la cioccolata calda con le banconote. Presentò l'invenzione alla banca inglese Barclays, che installò il primo dispositivo nella cittadina di Enfield, a nord di Londra. All'epoca non erano ancora state inventate le carte magnetiche, perciò Shepherd-Barron utilizzò speciali assegni impregnati di una sostanza radioattiva, che venivano inseriti nella macchina e validati attraverso l'introduzione di un codice numerico, il PIN (Personal Identification Number). E questa è la seconda grande invenzione di Shepherd-Barron: un codice di 4 cifre, il numero massimo di cifre che la moglie Caroline confessò di poter ricordare.
L'invenzione fu perfezionata a partire dal 1968 negli Stati Uniti da Don Wetzel, che sviluppò la scheda magnetica come la conosciamo oggi.

venerdì 22 agosto 2014

Guida in caso di pioggia

L'aquaplaning indica il galleggiamento del veicolo su uno strato d'acqua raccoltosi sul fondo stradale anche per cause diverse dalla pioggia; davanti allo pneumatico si forma un "cuneo" di acqua che gli intagli sul battistrada non sono più in grado di "pompare" lateralmente, finchè lo pneumatico perde completamente aderenza. Il fenomeno aumenta in proporzione allo spessore dello strato d'acqua, all'usura del battistrada, alla velocità del veicolo. A parità di questi elementi, viene esaltato dalla pressione dello pneumatico inferiore al normale o dalla condizione di veicolo scarico (diminuisce la pressione sul suolo).
La strategia fondamentale (riduzione della velocità, ricalcolo della distanza di sicurezza).
In caso di pioggia occorre procedere guidando con attenzione mantenendo una velocità moderata, evitando brusche accelerazioni, decelerazioni e improvvise sterzate. Si ricorda che in caso di pioggia e di precipitazioni atmosferiche in genere i limiti di velocità sono ridotti a 110 km/h sulle autostrade e 90 km/h sulle strade extraurbane principali. Particolarmente insidiose possono essere le pozzanghere, quando - come spesso accade - non se ne conosce la profondità. Alcuni tratti di strada possono essere seriamente allagati: affrontarli a velocità eccessiva implica la certezza della assoluta ingovernabilità del veicolo. La ridotta aderenza rende necessario aumentare in modo consistente la distanza di sicurezza, dal 20 all' 80% a secondo delle condizioni.
Nelle frenate di emergenza con blocco delle ruote, su terreno bagnato, occorre affrontare un duplice rischio: l'allungamento dello spazio di arresto e la ingovernabilità del veicolo, che non risponde ai comandi dello sterzo.
Entrambi sono il risultato della scarsa aderenza, e possono essere favorevolmente risolti dall'ABS, ma solo entro certi limiti.

lunedì 18 agosto 2014

La persona più pesante ad una maratona

Kelly Gneiting (USA) completò la maratona di Los Angeles nel 2011 quando pesava 181 kg. arrivò al traguardo in 9 ore e 48 minuti.

domenica 17 agosto 2014

Gli alberi più alti

Le sequoie, un tipo di albero a legno dolce, e gli eucalipti, spesso chiamati alberi della gomma, sono le specie di alberi più alte del mondo. Una sequoia del parco statale Prairie Creek Redwoods, in California, USA, è stata ripresa con una fotocamera appesa ai rami più alti della volta della foresta per includere interamente il tronco da circa 15 m. L'immagine finale è prodotta dal montaggio di 84 fotografie. Questa sequoia è alta oltre 91 m, ma diventa piccola rispetto all'aLbero vivente più atto, 'Hyperion", una sequoia (Sequoia sempervirens) del Redwood National Park, California, USA, che risultava alta 115,5 m a una misurazione compiuta nel settembre 2006.

venerdì 15 agosto 2014

Distanza di sicurezza

Fra le componenti principali per guidare un veicolo (anche la bicicletta è un veicolo) in sicurezza c'è la distanza da chi ci precede.
La distanza di sicurezza è la distanza che ogni veicolo deve mantenere da quello che lo precede, per potersi arrestare, quando necessario, senza tamponarlo. Nella valutazione della distanza di sicurezza è importante tenere in considerazione alcuni fattori : la prontezza dei riflessi del conducente; il tipo e lo stato di efficienza del veicolo; la velocità; la visibilità e le condizioni atmosferiche; le condizioni del traffico; la pendenza della strada e le caratteristiche e condizioni del manto stradale e l'entità del carico.
Tenuto conto che al raddoppio della velocità corrisponde uno spazio di frenata quadruplo, è prudente non scendere mai (neanche nella fase iniziale di un sorpasso, quando cioè si inizia ad uscire dalla "scia" del veicolo che precede) al di sotto delle seguenti distanze dal veicolo che precede:
50 km/h              25 metri equivalente alla lunghezza di   2 autobus
90 km/h              40 metri   equivalente alla lunghezza di    2 tir
130 km/h 130 metri      equivalente alla lunghezza di un campo da calcio
Se i freni non sono perfettamente efficienti, i pneumatici sono consumati, il veicolo è molto carico, lo spazio di frenata si allungherà di molto, e sarà quindi necessario aumentare le distanze almeno della metà.
Tali valori non devono essere considerati per la guida in caso di nebbia, quando invece devono valere altre considerazioni.
Una semplice formula da ricordare per calcolare approssimativamente una buona distanza di sicurezza è la seguente: dividere la propria velocità espressa in km/h per 10 ed elevare il risultato al quadrato; il numero risultante è un buon indicatore, in metri, della distanza di sicurezza da mantenere.
Esempio: a 50 km/h si dovrebbe mantenere una distanza di 25 metri.

giovedì 14 agosto 2014

La concentrazione di anidride carbonica

Gli oceani sono "pozzi" naturali di anidride carbonica (biossido di carbonio CO2) presente nell'atmosfera: ne assorbono circa 22 tonnellate al giorno. L'anidride carbonica atmosferica deriva da varie forma naturali, vulcani, respirazione animale, mondo vegetale, ma anche dalle attività dell'uomo (combustione). La concentrazione di CO2 è aumentata a partire dal 1800 in poi, cioè dall'inizio della rivoluzione industriale, con l'utilizzo dei combustibili fossili. In particolare la concentrazione negli anni '50 era di 315 ppm (parti per milione) mentra nel 2011 era passata a 391 ppm. Gli esperti sostengono che la concentrazione limite oltre la quale i cambiamenti climatici risultano irreversibili sia di 400 ppm: ci siamo arrivati.
L'assorbimento di CO2 da parte degli oceani ne sta lentamente modificando il grado di acidità (pH). Attualmente il pH si sta modificando ad una velocità 100 volte superiore rispetto a qualsiasi epoca passata. L'acidità continuarà ad aumentare con cambiamenti negli ecosistemi marini: la posidonia crescerà maggiormente mentre i coralli sarebbero a rischio.

  

mercoledì 13 agosto 2014

I cambiamenti climatici

Il clima della terra è cambiato in passato. Il pianeta ha subito periodi di grandi glaciazioni verificatesi senza lacuna influenza fa parte dell'uomo. Circa 14.600 anni fa, con la fine dell'ultima glaciazione, ci fu un evento catastrofico: il collasso parziale della calotta polare antartica fece innalza il livello dei mari di 20 metri in meno di 500 anni.
Allora non c''erano grandi città sulle coste. Nel 2005, la città di New Orleans negli Stati Uniti fu devastata dall'uragano Katrina, che causò più di 1500 vittime. Un innalzamento del livello del mare di un solo metro causerebbe l'inondazione del 17% del Bangladesh, con decine di migliaia di senzatetto. Alcune nazioni, come le Maldive, scomparirebbero completamente, alcune delle più grandi città del mondo sarebbero distrutte e le acque dolci contaminate.
La temperatura media della terra è aumentata di 0,5°C negli ultimi 100 anni, con riduzione delle calotte polari ma anche dei ghiacciai alpini. Nell'estate del 2007 si è registrata la calotta polare artica (polo nord) più piccola. in Antartide c'è abbastanza ghiaccio da innalzare il livello degli oceani di 60 metri, e il ghiaccio della Groenlandia di altri 7 metri. un recente rapporto prevede un innalzamento a fine secolo di 1,4 metri, con conseguenze già gravissime.