mercoledì 29 ottobre 2014

Storia del metro, l'unità di misura che unì l'Italia

Tese, miglia, piedi, canne, palmi, linee, pollici... Bastava porre la domanda «Quant'è lungo?» e subito si scatenava un putiferio di misure diverse. Eh si, le equivalenze non erano affatto semplici, all'epoca in cui il metro non c'era: ciò che a Milano era alto 30 once, per esempio, a Napoli poteva misurare (mettiamo i numeri a caso) 4 palmi: e alla fine chi ci capiva era davvero bravo.
Persino le unità di misura con lo stesso nome potevano cambiare di valore a seconda del luogo: in Lombardia il trabucco aveva ben 22 lunghezze diverse e il braccio di Forli risultava di 26 centimetri più esteso che a Piacenza.
Un gran pasticcio durato fino a 150 anni fa, perché il sistema metrico, nato a Parigi con la rivoluzione francese, viene esportato in Italia da Napoleone ma ci mette qualche decennio a imporsi. Il metodo è comodo, però non è facile cambiare vecchissime abitudini: più o meno come è avvenuto a noi quando siamo passati dalla lira all'euro, anzi di più, perché una volta solo pochi andavano a scuola e fare complicati calcoli era impossibile alla maggioranza.
Insomma, prima che il metro venga ufficialmente adottato dal nostro Paese, bisogna attendere che l'Italia si unisca e a Roma si faccia una legge per cui gli altri sistemi sono aboliti. Il passaggio avviene il 1° gennaio 1863: da quel giorno in poi, palmi e piedi restano solo nei proverbi e si misura in metri. Finalmente l'Italia è unita: anche nelle misure.

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