L’Africa, per l’ennesima volta, sta diventando terra di conquista per le aziende occidentali. I nuovi colonialisti sono i produttori di biocarburanti (per sapere cosa sono clicca qui), che in Africa possono trovare vaste distese di terra a costi bassi o nulli e abbondante manodopera a buon mercato.
I governi di Tanzania, Ghana, Malawi, Namibia e molti altri stanno concedendo gratuitamente l’utilizzo di migliaia di ettari di terra ad aziende europee e americane in cambio di investimenti che possano portare strade, scuole, ospedali e cibo in una delle regioni più povere del mondo. Il solo Mozambico ha reso disponibili 11 milioni di ettari per la produzione di olio di palma e canna da zucchero da trasformare in carburante ecologico.
Ma le conseguenze di questo eco business sono drammatiche: secondo Il Ghana Environmental Protection Agency, solo nel Ghana 2600 ettari di bosco sono stati tagliati per far posto alle nuove coltivazioni, soprattutto canna da zucchero, che oltretutto necessita di moltissima acqua.
Non solo: "L'espansione dei biocarburanti che sta trasformando le foreste e la vegetazione naturale in colture energetiche sottrae terreno agricolo alle coltivazioni per uso alimentare, oltre a aumentare i conflitti con le popolazioni locali sulla proprietà terra", dichiara Mariann Bassey, di Friends of the Earth della Nigeria.
Ma secondo i sostenitori dei biocarburanti proprio l’importazione in Africa di queste colture potrebbe salvare il continente dalla fame, grazie allo sviluppo di un agricoltura moderna e alla realizzazione delle infrastrutture per l’irrigazione.
Nella foto: carri trasportano le canne da zucchero verso gli impianti che le trasformeranno in biocarburante.
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