A differenza di gas e petrolio, la distribuzione geografica dell’uranio è piuttosto articolata. Attualmente ci sono miniere attive in 20 Paesi. I maggiori produttori sono Kazakistan, Canada e Australia che insieme contribuiscono al 65% della produzione globale. Seguono Namibia, Russia, Niger, Uzbekistan e Stati Uniti.
Ma se è vero che l’uranio è “sparpagliato” in diverse parti del globo, le miniere sono controllate da un piccolo gruppo di società: una decina di multinazionali, con in testa la francese Areva.
Anche in Italia c’è una miniera: è a Novazza, minuscola frazione di Valgoglio tra la provincia di Bergamo e quella di Sondrio. La scoprì mezzo secolo fa l’Eni, ma dopo il referendum anti nucleare del 1987 fu chiusa.
Nel 2006 la Metex, una società australiana, fece domanda alla Regione Lombardia per ottenere la concessione ad estrarre l’uranio. Il piano prevedeva di ricavare circa 1.300 tonnellate di ossido di uranio l’anno, poca cosa se si pensa che nel 2013, nella miniera più produttiva del mondo, quella del fiume McArthur, in Canada, sono state estratte 7.744 tonnellate di uranio grezzo. Ma alla fine la Lombardia disse no.
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