lunedì 28 febbraio 2011

Cinquant'anni di FRECCE TRICOLORE

index.jpegLa Pattuglia acrobatica nazionale (Pan) compie quest’anno i suoi primi cinquant’anni di attività. La Pan, conosciuta dai più con il suggestivo nome di Frecce tricolori , F-86 E Sabre giunsero all’aeroporto di Rivolto (Udine) e alle 17.30 del pomeriggio si presentarono, come si legge in una cronaca del tempo, «con un magnifico 'imperiale' e con un 'looping centrale' disegnato nel cielo con la perfezione di un cesellatore». Prima di questa data ogni aerobrigata annoverava fra i suoi reparti una propria pattuglia acrobatica. La prima della nostra aviazione era nata nel 1930 presso la scuola di Campoformido (Udine) e a partire dal 1950 altre pattuglie si erano costituite presso i vari Reparti di Caccia della nostra aeronautica militare. I loro nomi sono entrati ormai nella storia: 'Cavallino Rampante', 'Getti Tonanti', 'Tigri Bianche', 'Diavoli Rossi', 'Lancieri Neri'. A ciascuno di essi sono legate imprese e acrobazie e sicuramente una delle più suggestive è legata ai 'Getti Tonanti' quando, in occasione delle Olimpiadi romane del 1960, sorvolarono Roma disegnando in cielo i cinque cerchi colorati della bandiera olimpica. Già l’anno prima i 'Lancieri Neri' si erano esibiti con successo in Persia davanti allo scià e furono proprio questi trionfi che convinsero l’Aeronautica a istituire a Rivolto la prima Pattuglia Acrobatica Nazionale, una sorta di 'nazionale' dell’acrobazia aerea italiana affidata al comando del maggiore Mario Squarcina. I velivoli erano sei, ma nel giro di poco sarebbero diventati dieci, nove in formazione più un 'solista', un team che detiene ancora oggi il record di pattuglia acrobatica più numerosa del mondo.

La nostra Pan si esibì ufficialmente per la prima volta il 1° maggio 1961 sull’aeroporto di Trento durante una manifestazione organizzata dal locale Aeroclub. In quell’occasione i velivoli misero in mostra la nuova 'livrea' dei Sabre. Il colore blu, le parti inferiori delle ali e dei timoni che riportavano i colori della bandiera nazionale e il disegno stilizzato di una freccia sulla fusoliera avrebbero contribuito a creare per questa pattuglia il nome 'Frecce tricolori'. Purtroppo due giorni dopo la manifestazione le 'Frecce' nel corso di un’esercitazione registrarono il primo tragico incidente. Durante il rientro alla base due aerei entrarono in collisione e mentre il tenente Gianni Pinato riuscì a salvarsi col paracadute, il capitano Massimo Scala, primo 'leader' della formazione, perse la vita. L’incidente avrebbe potuto causare la fine delle 'Frecce', ma il generale Aldo Remondino, che di lì a poco sarebbe stato nominato Capo di Stato Maggiore dell’Aeronautica Militare, incitò comunque la Pan a continuare la propria attività e già alla fine di maggio le 'Frecce tricolori' partirono per la loro prima esibizione all’estero sull’aeroporto di Strasburgo. Coi loro caratteristici fumi colorati le 'Frecce' disegnano in cielo un tricolore lungo 5 chilometri e per questa particolare manifestazione detengono il record della bandiera nazionale più lunga del mondo.

Il 1 settembre del 2009 Tripoli festeggiò i quarant’anni di Gheddafi al potere e per l’occasione vennero invitate anche le nostre 'Frecce Tricolori' alle quali, però, fu chiesto di disegnare in cielo solo una fumata verde, perché il verde è il colore della bandiera della Libia. Ma il colonnello Massimo Tammaro fu irremovibile e fece presente al governo di Tripoli che essendo il simbolo dell’Italia le Frecce avrebbero disegnato il nostro tricolore come fanno in qualsiasi parte del mondo. Seguirono momenti di tensione e si giunse quasi a un incidente diplomatico, ma alla fine, grazie anche all’appoggio del governo italiano, le 'Frecce' disegnarono sul cielo di Tripoli un enorme tricolore come «segno di amicizia verso il popolo della Libia».

Fra le numerose esibizioni della nostra pattuglia acrobatica va ricordato anche lo spot girato sopra la pista di Rivolto, che pubblicizzava le Olimpiadi invernali di Torino del 2006, con le 'Frecce' che disegnavano i cerchi olimpici con sotto un Tricolore. Una data importante della storia delle 'Frecce' è il 3 settembre del 1995, quando sulla pista di Rivolto, in occasione del VI Raduno piloti delle pattuglie acrobatiche, la nostra pattuglia concluse i suoi 25 minuti di esibizione con una chiusura spettacolare davanti a 300 mila persone. Al termine dell’esibizione, infatti, mentre i nove velivoli stendono in cielo il Tricolore e il solista attraversa i fumi colorati, gli altoparlanti da terra diffusero la voce di Luciano Pavarotti con il 'Vincerò' della Turandot di Puccini. Pavarotti si disse onorato per quella scelta e ai funerali del tenore, quando dal duomo di Modena uscì il feretro, le 'Frecce Tricolori' vollero tributargli un ultimo omaggio stendendo nel cielo il tricolore.

Le 'Frecce tricolori', definite «punta di diamante della nostra Aeronautica militare e vanto dell’Italia nel mondo», festeggiano i loro cinquant’anni insieme ai 150 anni dell’unità nazionale, una coincidenza davvero significativa per questa pattuglia divenuta ormai un simbolo dell’italianità. nacque infatti il 1 marzo 1961 quando sei potenti aviogetti

domenica 27 febbraio 2011

La storia dei Cornflakes

Corn Flakes.jpgLa storia dei fratelli John Harvey e William Keith Kellogg parte da una piccola cittadina del Michigan, Battle Creek, dove, nel 1866, il movimento religioso degli Avventisti del Settimo Giorno aveva fondato il Western Health Reform Institute.
Seguendo le orme del padre, John Harvey aderì a tale credo, che predicava una dieta rigorosamente vegetariana. Si laureò in Medicina nel 1875 e dall'anno successivo iniziò a lavorare come medico presso il centro di cura di Battle Creek, che lui stesso ribattezzò Sanitarium.

Le sue conoscenze mediche e le opinioni in materia religiosa lo portarono a elaborare diete molto rigorose, a base esclusivamente di legumi, frutta e soprattutto cereali. Nel frattempo anche Will Keith aveva trovato impiego nella stessa struttura, occupandosi però di questioni burocratiche.

Un giorno del 1894 i due fratelli erano intenti a cuocere del grano per i propri pazienti, quando un imprevisto li costrinse ad abbandonare la cucina; al loro ritorno notarono che il grano, rimasto troppo tempo sul fuoco, era diventato eccessivamente molle; provarono comunque a schiacciarlo sotto i rulli che usavano per ricavare sfoglie sottili, ritenute più adatte ai pazienti.

Ottenuti dei piccoli fiocchi, li tostarono e li somministrarono ai pazienti perché leggeri e ad alta digeribilità. Presto però si accorsero che, oltre a essere salutari, i fiochi che avevano preparato per caso erano anche buonissimi. Quattro anni dopo provarono a cuocere alla stessa maniera il mais: nacquero i cornflakes.

I fratelli cominciarono a vendere per posta i propri cereali, fondando la Sanitarium Food Company nel 1901. L'accordo, però, durò poco: Will Keith. che aveva maggiore fiuto per gli affari, volle aggiungere zucchero ai fiocchi di mais per renderli più appetibili al grande pubblico; John Harvey, fermo nella volontà di rispettare i dogmi della sua religione, non ne volle sentir parlare.

Nel 1906 Will Keith fondò la sua azienda, ia Battle Creek Toasted Corn Flake Company e nel 1909 cominciò a vendere i cornflakes con un regalo per chi comprava almeno due confezioni. L'azienda divenne rapidamente un impero che gli fece guadagnare un'immensa fortuna. John Harvey, invece, rimase sempre fedele ai rigidi princìpi del suo credo, e per qualche anno tentò addirittura di ostacolare le vendite del fratello, ma inutilmente.

giovedì 24 febbraio 2011

Tutti promossi (in Austria)

bimbi-a-scuola.jpgIl ministro dell’Istruzione pubblica austriaco, Claudia Schmied, ha annunciato per il prossimo anno una riforma consistente del sistema scolastico nazionale che prevede l’abolizione della bocciatura. Il ministro intende così modificare un sistema di istruzione che si sta dimostrando inadeguato: i quindicenni austriaci ai test dell’esame europeo Studio Pisa che misura le abilità e la preparazione degli studenti di diversi Paesi, si sono piazzati agli ultimi posti. L’idea è di introdurre corsi di recupero che rimpiazzino la drastica bocciatura. Ma una buona scuola si misura sulla possibilità di bocciare o non bocciare?

Prima di parlare di bocciatura o non bocciatura, dobbiamo chiederci: che cos’è oggi la scuola? Che cosa ci aspettiamo dalle persone che vi insegnano? Chi sono i bambini e i ragazzi che la frequentano? La scuola non è un recinto nel quale i maestri si rinchiudono con i bambini, i professori con i ragazzi, come in un mondo a parte: la scuola è lo specchio della nostra società perché in un edificio scolastico entra ciò che di buono e di cattivo sta intorno a noi.

Ma la scuola dev’essere il fiore all’occhiello di un Paese e gli insegnanti le persone delle quali essere più orgogliosi: bisogna che li sosteniamo tutti affinché possano svolgere bene il loro lavoro. Dobbiamo ricordare che i bambini e i ragazzi che entrano in un’aula scolastica hanno imparato a conoscere sin da piccolissimi il mondo che li circonda. Si sono già fatti un’idea di come vivono le persone e hanno cominciato a immaginarsi un futuro. Che cosa vedono intorno a loro? A quali comportamenti assistono andando per strada, a bordo di un’auto, in un centro commerciale, guardando la televisione? A scuola portano idee, emozioni, ansie, dubbi. A scuola trovano adulti che vivono le loro stesse esperienze con figli, fratelli, sorelle. Adulti che vogliono insegnare non solo un comportamento più giusto ma anche quante forme prende la cultura per una persona che vuole essere completa: attraverso una poesia, un romanzo, uno strumento elettronico, un mezzo di comunicazione.

Gli insegnanti sono adulti che hanno il compito di dire a un ragazzo che ha una lunga storia alle spalle, e che se oggi è così com’è, è grazie a quello che hanno fatto le generazioni che lo hanno preceduto. La scuola prepara il futuro di una nazione ma tutta la collettività è responsabile dell’educazione e dell’istruzione di un Paese: è interesse di tutti, e non solo degli insegnanti, che i bambini e i ragazzi studino con passione e severità e guardino con fiducia al loro avvenire.

Quando questo avverrà, si potrà parlare seriamente di bocciatura o non bocciatura. E tuttavia non aspettiamo che siano sempre gli altri a cominciare. I bambini e i ragazzi sono i primi a dover fare la loro parte. Devono sapere che impegnarsi nello studio è un titolo di onore, non una vergogna.

martedì 22 febbraio 2011

Van Gogh e il giallo del giallo

van-gogh-vincent-girasoli-ca-1888.jpgRubare i colori alla natura, al sole, alla neve, alle foglie, ai fiori, al grano per far risplendere i quadri e renderli più veri. Chi guardava i dipinti doveva prima di tutto sentire il calore del sole e farsi abbagliare dalla sua luce: per questo Vincent Van Gogh, e tanti altri artisti suoi colleghi, si precipitarono nelle botteghe che vendevano tubetti portentosi, pieni di colori sgargianti al punto giusto. Soprattutto il giallo. E l’effetto fu immediato: i famosi Girasoli dipinti del pittore olandese sembravano lì per essere raccolti. Ma succedeva alla fine dell’Ottocento.

Ora ci si è accorti che qualcosa li fa appassire. I petali stanno diventando ocra e nel giro di una decina d’anni, del giallo sole non resterà traccia, al suo posto sorgerà il marrone. Tutto per colpa del cromo, la sostanza chimica usata per far brillare il colore: a forza di stare alla luce, proprio quella che voleva imitare, pian piano si spegne. Lo hanno scoperto gli scienziati del Consiglio nazionale delle ricerche insieme ai chimici dell’università di Perugia e di altri tre atenei europei. Per non danneggiare le opere di Van Gogh, sono andati a prendere i tubetti originali rimasti nello studio di un pittore belga vissuto nella stessa epoca di Vincent e li hanno fatti invecchiare a forza mettendoli sotto una lampada solare, la stessa che quando finisce sopra la nostra pelle la fa abbronzare. Cinquecento ore dopo il giallo era diventato color cioccolata.

A questo punto i ricercatori del Cnr si sono rivolti al direttore del museo di Amsterdam, dove è raccolta la maggior parte delle opere di Van Gogh, chiedendo il permesso di prelevare un pizzico di colore da due quadri, le «Rive della Senna» e la «Veduta di Arles con iris» dipinti l’uno nel 1887 e l’altro l’anno dopo. Rifatto l’esperimento, il risultato non è cambiato. Il cromo, la stessa sostanza che fa luccicare anche forbici e vassoi, non sopporta la luce. E quando s’impasta nei colori fa appassire i fiori.

lunedì 21 febbraio 2011

Aspetto il bus senza fumare

manifesto-fumo.jpgLa severità sul fumo piace ai cittadini: non hanno battuto ciglio – e, anzi, approvano – gli abitanti di Budapest, in Ungheria, di fronte alle nuove regole che impediscono di fumare anche alla fermata degli autobus. Per i fumatori è un classico: nell’attesa del mezzo pubblico si accendono una sigaretta, inquinando l’attesa dei non fumatori e lasciando sull’asfalto i mozziconi.

Far rispettare la legge sarà compito dei vigili urbani che sorveglieranno le pensiline degli autobus con l’apposito blocchetto per le multe: i trasgressori dovranno sborsare fino a 50 mila fiorini, l’equivalente di circa 185 euro.

sabato 19 febbraio 2011

Fotovoltaico nella terra del petrolio

 

sci.jpgIl sultanato di Oman, (siamo nella terra del petrolio) ha commissionato ad una compagnia indiana per le energie rinnovabili, un impianto fotovoltaico  da 200 MW.

La prima cosa che ho pensato è stata: ma che diavolo ci devono illuminare? In Oman si produce anche petrolio e gas. Ma evidentemente non basta. O non basterà. Le peculiarità del sultanato dell’Oman sono: tanto petrolio e interessi turistici.

Dunque si è proceduto dalla fine degli anni ‘90 a metà 2000 alla costruzione di tantissimi alberghi extralusso, destinati ai ricchi europei. L’edilizia è frutto degli enormi guadagni derivati dal petrolio ovviamente. Si vive con i condizionatori a palla e si importa tutto per sostenere i ristoranti, i centri commerciali immensi, le piste da sci (sì in pieno deserto ci sono anche quelle). I campi da golf verdissimi costano enormi quantità di energia: l’acqua dolce è rara e si deve desalinizzare quella del mare. I posti sono belli e le attrezzature superbe. E anche se il petrolio non manca certo, viene però da chiedersi come si pensa di sostenere tali infrastrutture nel corso dei decenni.

Ma oggi si inizia a pompare meno greggio. Ecco correre in soccorso il sole. Ma perchè i ricchi arabi non puntano a costruire centrali nucleari? Perchè richiedono quanto meno una decina di anni per la costruzione, prima di essere accese. L’impianto fotovoltaico, invece, viene installato in un paio di anni e produce immediatamente energia. Che non sarà il petrolio ma che più o meno dovrebbe garantire la sussistenza di questo immenso parco giochi per ricchi adulti.

Dunque, il picco è più vicino di quanto ci possiamo immaginare e presto assisteremo alla galoppata del prezzo del petrolio?

 

mercoledì 16 febbraio 2011

2011 Anno della Chimica

chimica_colori.jpgLa chimica è l’arte di trasformare la materia e fabbricare materiali e prodotti nuovi, perciò una scienza alla quale tutte le altre sono direttamente e strettamente legate. E si comprende il perché. La chimica studia i 'mattoni' fondamentali della realtà che ci circonda. Delle varie sostanze, naturali e artificiali, organiche e inorganiche, questa disciplina conosce le proprietà, la composizione, il modo di reagire. Il suo è un immenso potere, che però può sfuggire di mano. Accade quando da una reazione chimica in cui sono entrati in gioco ingredienti ben conosciuti salta fuori, del tutto inatteso, un ospite sgradito che può rivelarsi pericoloso per l’uomo e per l’ambiente.

Oggi può ancora accadere, anche se è più difficile. Il 2011 è stato proclamato dall’Onu Anno internazionale della chimica. L’obiettivo è far conoscere tutte le conquiste tecnologiche che si devono a questa scienza e le nuove tendenze che in essa si stanno affermando, tra cui la cosiddetta Green Chemistry o 'chimica verde'. Si vuole eliminare per sempre la possibilità che Chimica diventi sinonimo di 'veleno'. Una chimica pulita, cioè a misura d’uomo, è indispensabile: questa scienza ha un peso straordinario nella vita dell’uomo. Ciò che non esiste già in natura è frutto di una sintesi chimica. Dalla benzina alla plastica, dai prodotti alimentari ai farmaci, dall’edilizia ai computer. Senza la chimica non potremmo mangiare, vestirci, lavorare, curarci, viaggiare, e neanche conoscere le regole che governano la vita. Per rendersi conto del ruolo della chimica, sarebbe fatica improba stilare l’elenco di tutti i settori in cui entra. Si fa prima a individuare quelli in cui è assente (ma ce n’è qualcuno veramente?)

Il 2011, anno dedicato a questa scienza dalle Nazioni Unite, porta in sé un significato forte. Per la diffusione che ha e per la grande esperienza acquisita, toccherà alla chimica affrontare le principali sfide ed emergenze che oggi il mondo si trova davanti. Cresce la domanda di alimenti. I suoli sono aridi e poco fertili. Il capestro energetico frena le attività produttive perché condiziona duramente il prezzo del prodotto finale. Solo la chimica può sperimentare nuove fonti che non creano gas serra, e intanto ridurre i costi dell’energia migliorando l’efficienza e abbassando gli sprechi, Fino al 20% del benzene rilevato nei centri urbani evapora durante le fasi di stoccaggio, trasporto e rifornimento. La chimica può aiutare efficacemente le economie stressate dalle ricorrenti crisi. Offrire alla popolazione dei Paesi in via di sviluppo un modello di alimentazione sana, nutriente e di gusto. Difendere e preservare il patrimonio mondiale di beni culturali. (La minaccia viene da un ambiente inquinato che attenta alla salute delle opere d’arte: quello esterno perché l’acidità atmosferica trasforma in gesso il marmo dei monumenti, quello indoor perché i musei affollati diventano un rischio micidiale per tanti capolavori). E, dal momento che il turismo di massa non può essere fermato, solo la chimica può escogitare rimedi sufficienti. Cento anni dopo il Nobel per la chimica a Marie Curie, le Nazioni Unite, nell’ambito del decennio 2005-2014 dedicato allo sviluppo sostenibile, celebrano questa scienza che ha contribuito notevolmente al benessere materiale dell’umanità. e ora ha il compito di preservare le risorse naturali del Pianeta. La chimica diventa «il tutore della qualità della vita», ruolo che non contraddice la sua funzione conoscitiva, fondamentale per la comprensione del mondo e dell’Universo.

martedì 15 febbraio 2011

Anidride carbonica per la prima volta in calo nel mondo

CO2.jpgImpercettibilmente meglio, ma il segnale è incoraggiante e dà la misura di come le iniziative tese al miglioramento della qualità dell’atmosfera stiano portando i primi timidissimi risultati, seppure con una buona mano da parte della crisi economica. Cominciamo allora da un dato che sembra insignificante: 0,1 per cento. Di tanto sono state abbattute le emissioni globali di anidride carbonica nell’aria nei dodici mesi del 2009 rispetto all’anno precedente. È la prima volta da quando è iniziata l’era industriale che il fenomeno della concentrazione di CO2 subisce una battuta d’arresto, il che fa supporre che il picco di impennata dei cosiddetti gas serra (anidride carbonica in primo luogo) sia stato raggiunto.

L’inversione di marcia è possibile, anzi è in atto. I gas serra sono indicati come i principali responsabili del riscaldamento globale. Finiti nel mirino della comunità scientifica internazionale già da decenni, diventati faticosamente – e tardivamente – oggetto di attenzione da parte del mondo della politica e della grande industria, dovevano essere tagliati del 5,2 per cento rispetto ai livelli del 1990. Un traguardo da conseguire entro il 2012 stando agli impegni assunti dai 160 Paesi firmatari del Protocollo di Kyoto del dicembre 1997.

Obiettivo clamorosamente mancato, se ancora al summit mondiale di Copenaghen del 2009 la Cina, potenza economica emergente, si metteva di traverso rispetto all’adozione di misure più incisive. Al vertice messicano di Cancun, lo scorso dicembre, Pechino è sembrata però disponibile a ragionare con un’ottica diversa, forse anche per trarre vantaggi della massiccia azione intrapresa nello sviluppo delle energie rinnovabili. La conferenza di Cancun, definita da alcuni un parziale successo e da altri un mezzo fallimento, si è data obiettivi di larga massima, un abbattimento delle emissioni planetarie compreso tra il 25 e il 40 per cento entro il 2020. Il tutto rispetto ai dati del 1990, già vecchi di 20 anni, il che ha portato vari movimenti ambientalisti a parlare di accordo bufala. Fatto sta che, vertici a parte, una piccolissima riduzione dei livelli di CO2 nell’aria che respiriamo c’è stata. La mappa redatta dall’US Energy Information Administration non lascia dubbi.

L’atmosfera terrestre conterrebbe al momento 3 milioni di mega tonnellate (una mega tonnellata equivale a un milione di tonnellate) di anidride carbonica, di cui 6mila mega tonnellate derivanti dall’attività umana. Ma proprio la ricerca di fonte Usa che registra le emissioni del 2009 nei 217 Paesi del Pianeta mostra come la geografia dell’inquinamento sia profondamente mutata negli ultimi anni. Il record mondiale di produzione di CO2 è saldamente detenuto dalla Cina, che ha spodestato gli Usa, nel 2008 in vetta alla graduatoria. La Cina in realtà supera l’intero Nord America (l’area Nafta, Messico, Stati Uniti e Canada) così come supera l’Eurasia, vale a dire l’Europa e i Paesi della defunta Urss. Insomma, grazie all’apporto cinese (7.711 milioni di tonnellate, più 13,3 per cento) e a quello indiano (1.602 milioni di tonnellate, più 11,7 per cento) l’Asia e l’Oceania pompano più anidride carbonica di quanto non facciano Usa, Eurasia ed Africa messe insieme. Si assiste così ad un fatto paradossale solo in apparenza: nonostante Europa e Nord America, con le loro economie pur sempre molto solide, abbiano ridotto le emissioni nella medesima misura (meno 6,9 per cento) il mondo le contenute appena di quel misero 0,1 per cento. Un’inezia, anche se non era mai capitato. Se si vuole tirare una conclusione, appare evidente che senza un massiccio contributo di contenimento della CO2 da parte dei Paesi un tempo definiti emergenti, ma ora chiarimenti emersi, sarà difficile migliorare il tasso di discesa del principale gas serra. A meno di comprimere in maniera intollerabile le economie dei Paesi di più antico sviluppo. I nostri Paesi, insomma.

Qualche riflessione sull’Italia, infine. Con un abbattimento pari al 9,3 per cento, siamo stati nel 2009 il quarto Paese al mondo più virtuoso per riduzione di CO2. (Giappone meno 9,7, Canada meno 9,6, Ucraina meno 28,2). Peggio di noi (hanno tagliano percentualmente meno emissioni) figurano nell’ordine Messico, Sud Africa, Indonesia, Australia, Corea del Sud, Canada, Cina, Usa, Russia, Germania, Regno Unito, Brasile, Giappone, Iran, Arabbia Saudita. Ci segue invece a ruota, più virtuosa, la Francia. Che, guarda caso, può contare massicciamente sul nucleare.

Il futuro per l’Italia e per l’Europa è comunque tutto da giocare. Un altro passo italiano si avrà il primo marzo, quando l’Enel inaugurerà nella centrale a carbone di Brindisi il primo impianto sperimentale in Italia – e tra i primi in Europa – di cattura della CO2. Le emissioni saranno ridotte di circa 10 milioni di metri cubi al giorno. La tecnologia, in un secondo momento, verrà usata per la centrale di Porto Tolle, a Rovigo, quando questa sarà convertita a carbone (oggi va a olio combustibile). A livello comunitario c’era un impegno basato sulla regola dei tre 20: entro il 2020 ridurre le emissioni del 20 per cento e portare al 20 per cento l’utilizzo di fonti energetiche rinnovabili. Una bella sfida. Ma qualcuno se ne ricorda?

(Avvenire)

lunedì 14 febbraio 2011

Chi ha scoperto la penicillina?

vincenzo tiberio.gifIl 12 febbraio 1941 guariva il primo paziente curato con l’antibiotico. La scoperta attribuita ad Alexander Fleming in realtà era già stata realizzata da Vincenzo Tiberio.

Chi ha scoperto la penicillina?

Alexander Fleming, naturalmente, che nel 1945 per la sua intuizione si guadagnò il premio Nobel. Esattamente settant’anni fa, il 12 febbraio 1941, grazie alla penicillina, guariva il primo paziente, un soldato la cui ferita si era infettata: la setticemia si risolse nel giro di ventiquattr’ore.

Sì, la penicillina è una scoperta di Alexander Fleming. Risposta giusta. Ma anche ingiusta. Ingiusta nei confronti di Vincenzo Tiberio, un medico molisano che già nel 1895 scrisse per gli Annali di Igiene Sperimentale – all’epoca una rivista di grande prestigio – un articolo intitolato: «Sugli estratti di alcune muffe». Poche pagine per spiegare i risultati delle ricerche di Tiberio: «Appare chiaro – vi si legge – che nella sostanza cellulare delle muffe esaminate sono contenuti principi solubili in acqua forniti di azione battericida».

Salta all’occhio che le osservazioni del medico italiano arrivarono oltre trent’anni prima che un altro scritto, questa volta a firma di Alexander Fleming, riportasse le stesse osservazioni e le stesse conclusioni, nel 1928. Ma se a Fleming sarebbero toccati gli onori e la gloria,Tiberio sperimentò solo la diffidenza o l’indifferenza della comunità scientifica dei suoi tempi: i suoi colleghi liquidarono la relazione da lui sottolineata tra la presenza di muffe e la morte dei batteri come una banale coincidenza.

«Primo nella scienza, postumo nella fama» si legge sulla targa di marmo che fa bella mostra di sé sulla facciata della casa dove il medico abitò, a Sepino, in provincia di Campobasso. Anche se scontento e deluso – al punto da lasciare l’Istituto d’Igiene per arruolarsi in Marina – Tiberio non abbandonò mai la sua passione per la scienza. Racconta suo nipote, Giulio Capone, anche lui medico, che dietro una foto della moglie Amalia,Tiberio scrisse a mo’ di dedica: «Lunga e difficile è la via della ricerca ma alla base di tutto c’è l’amore».

domenica 13 febbraio 2011

Usa: se fumi non ti assumo

fumo.pngSempre più dura in Usa la vita dei fumatori, che ora corrono il rischio di restare disoccupati.

Molti ospedali e strutture sanitarie stanno limitando o addirittura bloccando le assunzioni di personale che fuma, con l'obiettivo dì ridurre i costi per le malattie dei dipendenti, che al fumo sono connesse.

Questo è solo l'ultimo segnale: da tempo le sigarette in Usa sono considerate come la droga e ormai chi offre impieghi chiede in modo specifico la non dipendenza dal fumo.

sabato 12 febbraio 2011

Thomas Edison

Edison.jpgGoogle ha festeggiato l'anniversario della nascita di Thomas Edison, poliedrico inventore americano, nato nell'Ohio l'11 febbraio 1847. Solo pochi giorni fa avevamo parlato di Jules Verne, il romanziere per ragazzi che nei suoi libri aveva "profetizzato" alcune tecnologie che sono alla base delle moderne auto a basso impatto ambientale. Se Verne riuscì solo ad immaginarle, Edison era arrivato ad un progetto concreto.

Tra i tanti brevetti del genio americano, oltre alla lampadina, c'è anche quello relativo ad un veicolo elettrico, che era stato realizzato in forma di prototipo ma rimase abbandonato in un garage di Londra per quasi 100 anni (solo recentemente è stato restaurato e rimesso in funzione). L'incredibile studio portò alla realizzazione della prima auto elettrica spinta da un motore da 30 watt e capace di raggiungere i 40 km/h, con un'autonomia di circa 170 km. Gli ambiziosi piani di Edison prevedevano la realizzazione di batterie che avessero una vita di oltre 30 anni, montate su carrozze elettriche che venivano messe a punto in laboratorio insieme ad alcuni scienziati europei.

Il progetto non vide mai un futuro industriale per via dei grossi costi di produzione troppo elevati e per uno strano incontro avvenuto niente di meno con Henry Ford, l'inventore dell'automobile moderna. Il giovane Ford convinse Edison di avere tra le mani "una cosa vincente da portare avanti"; si trattava del motore a scoppio, caratterizzato da costi molto più contenuti, oltre ad essere più leggero ed efficiente del propulsore elettrico di Edison.

Incredibilmente dopo quasi un secolo l'invenzione di Edison sta per scalzare quella di Ford, anche se senza l'aiuto di entrambi non potremmo avere nessuna delle attuali tecnologie usate sulle automobili. Sicuramente questa storia ci insegna che la vera innovazione trae benefici e conoscenza dal passato, e senza di esso non potrebbe esserci futuro.

(motori.it)

giovedì 10 febbraio 2011

Grafene da Nobel

grafene.gifIl premio Nobel per la fisica quest'anno è andato a due russi, Andre Geim e Konstantin Novoselov, che nel 2004 hanno scoperto un materiale giudicato "impossibile": il grafene.

Si tratta di un foglio di carbonio che ha solo due dimensioni, larghezza e profondità: lo spessore, quasi inesistente, è di un solo atomo. Gli atomi sono disposti a esagono, come le celle di un alveare. Tanto per avere un'idea, occorrono tre milioni di strati di grafene per raggiungere un millimetro di spessore.

A che cosa serve questo materiale trasparente e cento volte più forte dell'acciaio? Essendo un conduttore elettrico e termico eccezionale e avendo una flessibilità straordinaria, potrà avere molti usi. Intanto rimpiazzerà il silicio nell'informatica (sono già in produzione schemi ultrasottili per cellulari e computer), poi si potranno realizzare sensori biologici da impiantare più facilmente nei nostri organismi e batterie più potenti. I nuovi componenti elettronici potranno essere inseriti nei tessuti dei vestiti senza essere danneggiati. E permetteranno di realizzare sofisticate generazioni di touchscreen.

«Il grafene è la plastica del futuro», ha spiegato Geim (52 anni) al comitato Nobel E ha aggiunto: «Difficile immaginare tutte le applicazioni: aerei, sateliti, auto, pannelli solari, tv, la vita intera può essere rivoluzionata».

Lui e Novoselov (36 anni) sono nati in Russsia ma hanno fatto la loro scoperta all'università di Manchester in Inghilterra, dove entrambi  lavorano e vivono.

Sono partiti da un pozzetto di grafite preso da una matita e una striscia di nastro adesivo.

Spiegazioni teoriche sulla possibilità di ottenere il grafene erano apparse addirittura nel 1947 ma nessuno sinora era riuscito a metterle in pratica.
Nel 2000 Geim aveva vinto anche la versione ironica del premio, l'Ig-Nobel assegnato negli Usa alle ricerche più strampalate: era riuscito a far volare una rana in un campo magnetico a dimostrazione che la scienza non è necessario sia noiosa per essere buona.

martedì 8 febbraio 2011

Per me è proprio Dio che ha creato il mondo

zichichi.jpg«Per me è proprio Dio che ha creato il mondo».

Parla Antonino Zichichi, siciliano di 81 anni, uno dei padri della fisica nucleare, tra i più illustri scienziati del mondo. Non basterebbe una pagina per elencare tutti gli incarichi di alta responsabilità che ha ricoperto. Ora, nel suo laboratorio del Cern di Zurigo sta indagando sull'"universo subnucleare". Dice: «Sono su una navicella che gira nello spazio e nel tempo e studio com'era il mondo un decimo di miliardesimo di secondo dopo il big bang».

E com'era, professore?
Non lo sa nessuno. Certo era completamente diverso da quello attuale: niente neutroni, protoni ed elettroni, né stelle e galassie. Era pieno di particene che non abbiamo ancora trovato.

E oggi sta andando verso il baratro, come hanno concluso gli scienziati riuniti a Erice dopo aver censito 63 emergenze planetarie?

Nessun baratro, lo sono ottimista e dico che le emergenze planetarie sono il risultato della violenza politica ed economica. Ma se siamo sopravvissuti al pericolo di saltare in aria - Usa e Urss avevano 60 mila bombe atomiche - possiamo riuscire a debellare le emergenze di tutti i tipi.

Lei è favorevole alle centrali nucleari?

Sì, ma a patto che la tecnologia sia affidata alla vera grande scienza e a persone qualificate, non ai raccomandati e agli stupidi.

Nessun contrasto tra scienza e fede?

Confermo, secondo me è proprio Dio che ha creato il mondo. C'è una logica che regge l'universo e se c'è una logica deve esserci un autore di tale logica.

Google celebra Jules Verne

verne.jpgOggi Goggle celebra Jules Verne, romanziere ispirato dal progresso tecnologico, inventore di trame avveniristiche ed anticipatrici, Jules Verne nasce l'8 febbraio 1828 a Nantes.
Nel 1839, all'insaputa della famiglia, s'imbarca come mozzo su una nave in partenza per le Indie ma viene ripreso dal padre al primo scalo. Il ragazzo dice di essere partito per portare una collana di corallo a sua cugina ma ai rimproveri del padre risponde che non viaggerà più che in sogno.

Nel 1844 si iscrive al liceo di Nantes e dopo la maturità è avviato agli studi giuridici. E' l'epoca dei primi tentativi letterari di Verne: alcuni sonetti e una tragedia in versi di cui non è rimasta traccia.
Tre anni dopo il giovane Jules si reca a Parigi per il suo primo esame di diritto e l'anno seguente, è il 1848, scrive un'altra opera drammatica che legge a una ristretta cerchia di amici di Nantes.
Il teatro polarizza gli interessi di Verne e il teatro è Parigi. Riesce quindi ad ottenere il benestare paterno per continuare gli studi nella capitale, dove arriva il 12 novembre 1848.

Si installa in un appartamento con un altro studente di Nantes: i due sono avidi di esperienze, ma essendo continuamente al verde sono costretti ad indossare lo stesso abito da sera a serate alterne.
Nel 1849 conosce Dumas padre che gli consente di rappresentare una commedia in versi nel suo teatro. E' un buon esordio per il giovane che riscuote i consensi della critica.
Jules non dimentica il diritto e l'anno dopo si laurea. Il padre lo vorrebbe avvocato, ma il giovane gli oppone un netto rifiuto: la sola carriera adatta a lui è quella letteraria.

Nel 1852 pubblica su una rivista il primo romanzo avventuroso, "Un viaggio in pallone", e nello stesso anno diventa segretario di Edmond Sevestedel, direttore del Teatro Lirico, che gli permette di rappresentare nel 1853 un'operetta lirica di cui Verne ha scritto il libretto in collaborazione con un amico.

Nel 1857 si sposa ed entra in Borsa come socio di un agente di cambio. Questa tranquillità finanziaria gli permette di intraprendere i primi viaggi: nel 1859 visita l'Inghilterra e la Scozia e due anni dopo la Scandinavia.

Siamo ormai agli inizi della vera carriera letteraria di Verne: nel 1862 presenta all'editore Hetzel "Cinque settimane in pallone" e firma con lui un contratto ventennale. Il romanzo diventa un best-seller e Verne può abbandonare la Borsa. Due anni dopo arriva "Viaggio al centro della terra" e nel 1865 "Dalla terra alla luna", pubblicato quest'ultimo sul serissimo "Giornale dei dibattiti".

Il successo è enorme: grandi e piccoli, ragazzi e adulti, tutti leggono i romanzi di Jules Verne che arriveranno nel corso della sua lunga carriera al considerevole numero di ottanta, molti dei quali tutt'oggi sono capolavori immortali.
Tra i più famosi citiamo: "Ventimila leghe sotto i mari" (1869), "Il giro del mondo in ottanta giorni" (1873), "L'isola misteriosa" (1874), "Michele Strogoff" (1876), "I cinquecento milioni della Begum" (1879).

Dopo i suoi primi successi nel 1866 Verne affitta una casa in una cittadina sull'estuario della Somme. Compra anche il suo primo battello e con questo comincia a navigare nel canale della Manica e lungo la Senna.

Nel 1867 si imbarca per gli Stati Uniti col fratello Paul sul Great Eastern, grande battello a vapore adibito alla posa del cavo telefonico transatlantico.
Al ritorno inizierà a scrivere il già citato capolavoro "Ventimila leghe sotto i mari". Nel 1870-71 Verne partecipa alla guerra franco-prussiana come guardacoste, ma ciò non gli impedisce di scrivere: quando l'editore Hetzel riprenderà la sua attività avrà davanti a sè quattro nuovi libri.

Il periodo che va dal 1872 al 1889 è forse il migliore della sua vita e della sua carriera artistica: lo scrittore dà un grande ballo in maschera ad Amiens (1877) in cui il suo amico fotografo-astronauta Nadar, che gli servì da modello per la figura di Michael Ardan (Ardan è l'anagramma di Nadar), esce dalla navicella di "Dalla terra alla luna" nel bel mezzo della festa; sempre in quest'epoca (1878) conosce Aristid Brinad, studente al liceo di Nantes.

Ormai ricchissimo per la fortuna dei suoi libri in tutto il mondo, Verne ha i mezzi per conoscere direttamente i luoghi che ha descritto per informazione indiretta o ricreati con la sua fantasia. Compra uno yacht lussuoso, il Saint-Michel II, su cui si danno convegno i gaudenti di mezza Europa e viaggia a lungo nei mari del Nord, nel Mediterraneo, nelle isole dell'Atlantico.

Un giovane la cui identità è tuttora incerta (c'è chi vuole si tratti di un nipote diseredato) tenta di ucciderlo con due colpi di rivoltella nel 1886. L'anziano scrittore cerca in ogni modo di mettere a tacere lo scandalo, ancora oggi poco chiaro. L'attentatore fu frettolosamente rinchiuso in un manicomio.
Dopo quest'incidente Jules Verne, rimasto ferito, si abbandona alla sedentarietà: si ritira definitivamente ad Amiens dove viene eletto consigliere municipale (1889).
Morirà ad Amiens il 24 Marzo 1905.

domenica 6 febbraio 2011

Ecco come funziona

ecco.jpgCosa leggere?

Joèl e Clément Lebeaume
Ecco come funziona!
Editoriale Scienza, € 19,90

Telefonino e lettore Mp3, frigorifero e mountain bike sono alcuni dei tanti oggetti che usiamo ogni giorno. Ma come funzionano? Lo svelano la prof. Perfecta e il prof. Sotutto a due curiosi ragazzini, Lina e Teo, in modo simpatico, chiaro e rigoroso.

250 tra strumenti, apparecchi e macchine vengono "sezionati" con spiegazioni, aneddoti, illustrazioni, diagrammi dettagliati in pagine coloratissime.

sabato 5 febbraio 2011

Corso di cinese salva la scuola

scuola-aperta_articolo.jpgA Orta San Giulio, milleduecento abitanti in provincia di Novara, da qualche giorno i bambini di prima elementare parlano cinese. O meglio per ora studiano il cinese, dopo l’inglese e lo spagnolo, grazie a insegnanti di madrelingua.

L’iniziativa è nata per necessità, grazie al coinvolgimento di tutti i cittadini e del Comune che insieme sono riusciti così a impedire la chiusura della scuola elementare. Con fantasia e volontà hanno architettato un programma ricco e vivace di attività didattiche – servizio di pre e post scuola, lezioni di nuoto, vela e canottaggio – che hanno attirato un buona fetta di bambini dei paesi vicini.

Le iscrizioni si sono moltiplicate e dunque è stato raggiunto il numero necessario a tenere in vita la prima classe anche per quest’anno. L’intraprendenza di Orta ha però scatenato il malcontento delle scuole dei dintorni che temono, a loro volta, di aver perso troppi alunni.

2 ruote meglio di 4

Gia.jpgIl prof. Eco e Gia alle prese con il traffico: le auto sono una grande causa di inquinamento ma si sta correndo ai ripari con motori elettrici, veicoli a idrogeno, biocarburanti.

Gia: Prof. Eco, hai sentito parlare della coda i automobili di 100 km che si è creata in Cina l'estate scorsa, durata un mese? La macchina dovrebbe essere il mezzo più comodo per gli spostamenti delle persone, com'è potuto accadere?

Prof. Eco: Il mega ingorgo capitato in Cina è quasi da record, ma rappresenta bene l'attuale situazione della mobilità. Ogni mattina nelle grandi città, e sempre più spesso anche nei piccoli centri abitati, milioni di automobili, per la maggior parte con il solo guidatore, creano lunghi serpenti che avanzano molto lentamente.

Già: Hai ragione. Anche quando ascoltiamo le informazioni radio sul traffico, le strade dove avvengono rallentamenti o code sono sempre le stesse. L'identica cosa avviene nei periodi estivi e durante i weekend. È questo che s'intende per mobilità?

Prof. Eco: Persone e merci sono in movimento. In un mondo in cui tutto cambia rapidamente anche la mobilità, negli ultimi decenni, è cambiata: le merci provengono da posti sempre più lontani, le persone percorrono lunghe distanze per raggiungere il posto di lavoro o fare la spesa. Tutto questo provoca un aumento dell'inquinamento.

Già: Certo le auto vecchie inquinano molto, ma i nuovi modelli sono più ecologici? E quanto contribuisce la mobilità all'inquinamento?

Prof. Eco: Per circa il 25%. Quando, in uno lei nostri prossimi incontri, affronteremo il "problema inquinamento" ti darò maggiori informazioni. Le automobili oggi in commercio inquinano sicuramente meno di un tempo (un mezzo degli anni Sessanta inquinava centinaia di volte di più), ma allo stesso tempo sono incredibilmente aumentate!

Già: A scuola ci hanno parlato di nuove tecnologie: automobili a idrogeno, motori elettrici, biocarburanti. Saranno queste le soluzioni del futuro?

Prof. Eco: Le tecnologie che hai elencato sono sicuramente interessanti, ma bisogna fare delle precisazioni. Le auto a idrogeno sono quasi pronte alla diffusione di massa. Hanno però delle limitazioni, dovute alla difficoltà di distribuire il carburante come avviene per la normale benzina. I veicoli elettrici esistono da tanti anni, non sono veloci come quelli tradizionali (questo è un aspetto positivo) e hanno una limitata autonomia (questo è un aspetto negativo),ma sono in continuo miglioramento. Per quanto riguarda i biocarburanti, con piccole modifiche, possono essere usati direttamente sulle attuali automobili e non inquinano molto.

Già: II biocarburante potrebbe risolvere il problema dell'inquinamento?

Prof. Eco: Anche i biocarburanti hanno delle controindicazioni, perché derivano dai vegetali e dai cereali. Produrli significa utilizzare "cibo" per far funzionare automobili; in un mondo in cui milioni di persone muoiono di fame, forse non è una scelta proprio etica. Inoltre, usare i biocarburanti per tutti i mezzi di trasporto vorrebbe dire aumentare i terreni agricoli dedicati a questo tipo di colture, sottraendo aree alle altre coltivazioni o alle foreste. Occorre quindi produrre biocarburanti aiutando i Paesi più poveri e rispettando la direttiva della Fao "no food for fuel", ossia nessuna coltura alimentare per produrre energia. E interessante il "progetto Jatropha": si serve di una pianta non commestibile con un ottimo rendimento. Comunque, ammesso che si diffonda una tecnologia completamente "pulita", il problema del traffico sarebbe risolto o aumenterebbe?

Già: Prof. Eco, ogni volta ci fornisce tante informazioni interessanti ed io mi sento piccola davanti a queste grandi problematiche. Non ho ancora la patente, i miei genitori mi hanno sempre portato in auto a scuola, a danza... Cosa posso fare?

Prof. Eco: Come sempre le azioni personali sono importanti: fare le scale invece di utilizzare l'ascensore, andare a scuola a piedi, servirsi di negozi vicino a casa. Altre azioni dipendono dall'amministrazione comunale in cui vivi, per esempio aumentare il numero di piste ciclabili, organizzare il "piedibus", migliorare i mezzi pubblici. Anche gli adulti possono contribuire: quando si fa un viaggio si può usare il treno, inquina meno ed è più sicuro. Molti lavori moderni si basano sull'utilizzo del computer, si può quindi pensare di lavorare da casa (home-office) evitando inutili viaggi e riservando più tempo per la famiglia. Su questi argomenti la sensibilità sta crescendo e va continuamente stimolata.

(MondoEerre)

 

 

 

venerdì 4 febbraio 2011

Giornata bianca in tutta sicurezza

sci.jpgI consigli valgono per i più piccoli ma non andrebbero sottovaluti neppure dagli adulti perché presentarsi sulle piste con le gambe un po’ allenate e le spalle sciolte, programmare un’alimentazione corretta e pensare a proteggersi la testa con il casco sono regole d’oro che valgono per tutti.

Lo sci è divertimento ma prima ancora è uno sport: offre grandi benefici ma, va da sé, comporta anche qualche rischio. Che è bene prevenire con intelligenza e qualche precauzione. A partire da quelle più semplici. Crema solare ad alta protezione per evitare le scottature, per esempio.

Per il resto montagna e sport fanno bene agli allergici e non hanno controindicazioni per chi ha problemi renali. Soprattutto, considerando che un’ora di salite e discese sulle piste fanno consumare almeno 300 calorie, la buona notizia tocca i bambini sovrappeso: sciare è vivamente consigliato. E, visto il dispendio energetico, ci si può permettere anche una ghiotta merenda.

giovedì 3 febbraio 2011

Targhe assegnate con una lotteria

Cina-Traffico.jpgA Pechino viaggiare in automobile è questione di fortuna: ce n’è voluta parecchia a 17.600 aspiranti automobilisti per vincere un bel paio di targhe da sfoggiare sulla carrozzeria. A contendersi i numeri di immatricolazione – indispensabili per circolare sulle strade – c’erano 180 mila persone, gran parte delle quali è rimasta a piedi. Le targhe sono state estratte a sorte con una lotteria organizzata presso la sede della Commissione municipale dei Trasporti, trasmessa in diretta alla televisione e su internet.

L’idea è tutt’altro che divertente – per i pechinesi non lo è di sicuro... – ma necessaria: nel corso degli ultimi cinque anni, il numero delle automobili che intasano Pechino è più che raddoppiato e sfiora ormai i cinque milioni, con una media di duemila nuove vetture immatricolate ogni giorno. Nel tentativo di controllare il traffico ormai insostenibile le autorità della capitale cinese hanno deciso che quest’anno consentiranno la registrazione di 240 mila auto e non di più. Poche, considerato che nel 2010 sulle strade della metropoli ne sono arrivate 800 mila. Per scoraggiare l’acquisto di nuove vetture e nel tentativo di diffondere maggiormente l’uso dei mezzi pubblici, il governo di Pechino ha aumentato il costo dei parcheggi e imposto restrizioni e divieti alla circolazione in alcune ore e in certe zone della città.

mercoledì 2 febbraio 2011

L’arte del riciclare i tappi di plastica

tappi-plastica1.jpgNon potete fare a meno di bere acqua e bibite in bottiglie di plastica? Ecco alcune idee per riusare i tappi invece di buttarli nella raccolta differenziata.

Per esempio, bucandoli e passandoci dentro un filo sottile si possono fare collane, braccialetti o portachiavi su cui si possono anche scrivere nomi o altri messaggi.

Grazie al vinavil la plastica si incolla facilmente al legno creando cornici colorate o decorazioni per tavolini o altre superfici.

Se avete davvero molti tappi da usare potete fare una tenda bucandoli, facendo passare un filo da pesca da fissare a un’asticella di legno e ripetendo l’operazione per molte volte fino a coprire la larghezza del vano della porta su cui appenderete la tenda.

In rete si trovano molti siti ricchi di spunti. Per esempio Matrec è la prima banca dati italiana gratuita di ecodesign dedicata ai materiali riciclati e al loro impiego nel mondo della produzione e del design. Non tutto è facilmente riproducibile, ma si possono trovare idee e spunti a cui ispirarsi.

Se invece non vi sentite in vena di creazioni artistiche, sul sito del Centro Mobilità e Sviluppo Reciproco trovate un elenco dei centri a cui potete consegnare i tappi per sostenere un progetto di approvvigionamento idrico in Tanzania.

martedì 1 febbraio 2011

Non ti lascio, Raddoppio!

raddoppio.jpgEcco la bella storia di due bambini scambiati alla nascita con la scoperta dopo un anno. Una vicenda a lieto fine dove le mamme non hanno dovuto rinunciare a nessuno dei loro figli.

I due maschietti sono nati a poche ore di distanza. Quando vengono al mondo i bimbi si assomigliano tutti ed è per questo che le infermiere legano al polso dei neonati un braccialetto con i dati personali. Qualcosa però non deve aver funzionato, nel marzo 2009 all’ospedale di Goiania, una grande città nel centro del Brasile. I due piccoli sono stati scambiati nella culla, finendo ciascuno nelle braccia della madre sbagliata. Nessuno si è accorto di nulla per più di dodici mesi, finché, forse in seguito a qualche sospetto, le due mamme, Queila Fagundes ed Elaine Oliveira, sono state invitate a presentarsi in ospedale con i bambini per l’esame del Dna. I sospetti sono stati confermati e ora bisognava restituire ogni bimbo alla sua famiglia naturale. Fosse facile: pianti e strilli, perché Queila ed Elaine quei bambini li amavano entrambi. Il figlio naturale perché l’avevano partorito, il figlio scambiato perché l’avevano allevato.

Uno strazio che ha trovato eco sulle televisioni brasiliane dove le donne sono state invitate a raccontare la loro storia. La gente si è commossa al pensiero di quelle due mamme costrette a separarsi dal piccolo che per un anno hanno creduto loro figlio. Come risolvere il dramma? La risposta è venuta da due popolari cantanti, Joao Carreiro e Capataz, che hanno acquistato due case l’una accanto all’altra per le due famiglie.

Così le mamme sono diventate vicine di casa e non hanno dovuto separarsi dai figli scambiati. Come in una specie di «lascia o raddoppia», ora ogni mamma ha due bambini e ogni bambino ha due mamme.