I QR code furono inventati nel 1994 in Giappone, perché
Toyota aveva bisogno di un sistema semplice e veloce per tracciare e tenere
sotto controllo i pezzi di automobili che si muovevano nella sua catena di
montaggio. L’azienda chiese quindi alla Denso Wave, che si occupava e ancora si
occupa di sistemi integrati, di pensare a qualcosa che potesse essere più
semplice, più veloce e più potente dei codici a barre monodimensionali
sviluppati negli anni Cinquanta da alcuni studenti statunitensi e dopo
successivi perfezionamenti usati nei negozi di tutto il mondo.
I QR code sono un’evoluzione dei codici a barre perché in
uno spazio simile possono contenere molte più informazioni. Le linee verticali
di un codice a barre bidimensionale possono sostituire giusto qualche decina di
cifre o caratteri. Nella maggior parte dei QR code ci sono tre quadrati sugli
angoli, il cui scopo è aiutare la fotocamera ad allinearsi con l’immagine. Un
quarto quadrato, un po’ più accentrato sull’ultimo angolo, aiuta poi la
fotocamera a capire la grandezza dell’immagine e l’angolazione da cui la si sta
inquadrando. Tutti gli altri quadratini più piccoli fanno invece qualcosa di
simile a quello che le barre verticali fanno nei codici a barre: contengono
cioè le informazioni necessarie a aprire un determinato link. I QR code possono
arrivare a contenere fino a un massimo di circa 3 KB di dati.
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