Oggi si celebra l’anniversario della morte di Fausto Coppi: cinquant'anni non hanno scalfito il mito. Il grande Airone - così veniva chiamato - chiuse le ali il 2 gennaio 1960, all'età di 40 anni. Se ne andava il 'campionissimo', il volto del ciclismo italiano nell'epoca d'oro della bicicletta. Era un atleta completo e capace di raggiungere il top su ogni terreno: passista e scalatore di altissimo livello, era capace di recitare un ruolo di primo piano anche in volata. Con queste caratteristiche, poteva aspirare al successo nelle corse a tappe e in quelle di un giorno, nei grandi giri e nelle classiche.
Il suo palmares lascia poco spazio alle discussioni: cinque edizioni del Giro d'Italia (1940, 1947, 1949, 1952 e 1953) e due trionfi al Tour de France (1949 e 1952) sono le “perle” di una bacheca che comprende anche tre vittorie alla Milano-Sanremo (1946, 1948 e 1949), e i successi alla Parigi-Roubaix e alla Freccia Vallone nel 1950. Coppi si laureò anche campione del mondo nel 1953 e lasciò il segno anche in pista. Nel 1947 e nel 1949 conquistò il titolo iridato nell'inseguimento. Con 45,798 km, invece, fu primatista dell'ora dal 1942 al 1956. Una serie impressionante di risultati, ottenuti grazie ad un talento immenso e a qualità atletiche straordinarie.
Il sipario ha cominciato a scendere nel 1959. A dicembre Coppi partecipò a una corsa organizzata nell'Alto Volta per celebrare l'indipendenza del paese africano. Lì si ammalò di malaria. Il 29 dicembre, in Italia, le condizioni peggiorarono rapidamente con una febbre altissima. Il ricovero all'ospedale di si rivelò inutile. Le terapie disposte dai medici non sortirono effetto. Alle 8.45 del 2 gennaio 1960, la morte. Aveva solo quarant'anni e mezzo. Da quel momento, sarebbe entrato nel mito dello sport mondiale.
A celebrare il mito di Coppi è soprattutto Castellania, il paese sulle colline alessandrine dove nacque. Un omaggio al più grande ciclista di tutti i tempi è in programma oggi nella chiesetta accanto al mausoleo in cui l'Airone è sepolto insieme al fratello Serse, anche lui ciclista morto prematuramente in un incidente stradale durante il Giro del Piemonte del 1951. Non sono pochi i ciclisti che hanno deposto in questi giorni fiori davanti al busto di Coppi. Tra questi, c’era anche il bacio commosso di un suo ex gregario. I francesi hanno portato in una teca la terra dell’Izoard e del Galibier, i trentini hanno deposto la ghiaia del Pordoi, i toscani la terra dell’Abetone.
Il Campionissimo riservato e instancabile che vinse cinque Giri D'Italia e due Tour de France, viene celebrato anche in diversi libri. Nessuno sportivo ha infatti avuto tante pubblicazioni.
La figura del campionissimo rimane indelebile nella memoria collettiva del nostro paese (e non solo) per quello che ha rappresentato, oltre che per le sue mirabolanti imprese sportive, anche per la sua vita travagliata, conclusa prematuramente da una morte insensata di cui gli italiani non vogliono ancora darsi pace.
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