Non sono degli eletti, dei "predestinati" a diventare campioni. Guardiamo le loro famiglie: il padre di Sinner era cuoco, la madre cameriera in un rifugio alpino, il padre di Alcaraz gestiva un locale di kebab, mentre i genitori di Jasmine Paolini avevano un piccolo bar. Il padre di Musetti lavorava in una cava di marmo. Persone impiegate in lavori normalissimi, faticosi, come quelli di tantissime famiglie. Eppure i loro figli oggi sono tra i più forti del mondo. E certo, anche ricchi.
Tu che leggi forse sogni di diventare un tennista o una tennista famosa, o forse vuoi fare l’ingegnere, la fisioterapista, il fotografo, la cuoca, l’insegnante, oppure non lo sai ancora, ed è normalissimo. Ma qualunque sia il tuo sogno ha bisogno di impegno. Non di perfezione: di impegno. La scuola è il primo luogo in cui impari questa cosa, la tua palestra. Non perché ti serva ricordare ogni data o formula, ma perché ti allena al lavoro paziente, alla costanza, alla disciplina di provarci ancora, anche quando non ne hai voglia.
Dietro ogni tennista che alza un trofeo ci sono genitori che lo accompagnavano agli allenamenti, allenatori che credevano in lui, amici che gli dicevano “non mollare”. Nessuno diventa qualcuno senza l’aiuto di qualcun altro. Ma l’energia iniziale, quella che fa partire tutto, deve venire da dentro: da te. Non pensare che il tuo futuro sia deciso da dove sei nato o da che lavoro fanno i tuoi genitori.
Il futuro comincia quando inizi a costruirlo. Un piccolo passo, un tentativo, un esercizio, un gesto che sembra niente. Ma è così che ci si avvicina ai propri sogni: un giorno alla volta, con la testa alta e il cuore acceso.

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