domenica 30 gennaio 2011

Quanto inquina uno spazzolino da denti?

spazz.jpgI ricercatori adorano gli Stati Uniti. Negli Stati Uniti c’è una ricerca su tutto. Anche sull’impatto ambientale degli spazzolini da denti. Fondamentali per l’igiene orale, gli spazzolini sono fatti soprattutto di polipropilene. Cioè plastica.

Il Franklin Associates for the Plastics Division of the American Chemistry Council ha fatto due conti per arrivare a capire le emissioni di CO2, altri gas serra e gas inquinanti derivanti dalla produzione di uno spazzolino, partendo dal dato di 1.343 kg di inquinanti rilasciati in atmosfera per ogni tonnellata di polipropilene prodotto.

Siccome ogni spazzolino pesa in media 25 grammi, facendo due conti emette 34 grammi di gas serra (calcoli americani, gli americani adorano fare i calcoli). Moltiplicate adesso il dato per il numero di spazzolini che ogni abitante utilizza in un anno e per il numero degli abitanti e avrete dati poco felici per l’ambiente anche perché, come ben ricorderete, la stragrande maggioranza degli spazzolini è fatto di plastica non riciclata e non riciclabile.

Io il calcolo per l'Italia l'ho fatto: almeno 2 tonnellate di inquinanti per tutti gli spazzolini degli italiani. Ma uno spazzolino non dura 1 anno: quanti ne faccciamo andare in 1 anno?

E quella vecchia, bella, idea di cambiare solo la testina con le setole e tenere il manico (come per i rasoi da barba)? Perchè non funziona? perchè non producono spazzolini di questo tipo?

sabato 29 gennaio 2011

L'automobile compie 125 anni

B11SD65.jpgL'automobile compie 125. Era il 29 gennaio 1886 quando il si­lenzio della campagna tedesca venne rotto dal "rombo" della prima auto mai prodotta prima. A guidare quello che era poco più di un triciciclo è Karl Benz. La velocità: 16 chilometri l'ora. Ma solamente due anni dopo la stessa moglie di Benz, Bertha Ringer, con i figli Richard ed Eugene, viaggiò da Mannheim, sede della ditta Benz, a Pforzheim: 45 chilometri, con soste dai droghieri nei diversi paesi lungo il tragitto, per pro­curarsi la benzina necessaria ad alimentare il motore.

Tra l'altro proprio a Benz, af­fermano gli storici, si deve l'in­venzione del nome "benzina" (in tedesco "benzin") attribuito al carburante utilizzato per le auto. Il brevetto depositato da Benz nel gennaio 1886 a Berlino si chiamava Benz Patent-Motorwagen, cioè "Brevetto Benz di un veicolo a motore", o an­che più semplicemente "Velo-ciped", un triciclo spinto da un motore monocilindrico a ben­zina di 954 cc con meno di 1 Cv di potenza

Quel giorno nacque l'automobile. Lo sviluppo però lo si de­ve, negli stessi anni ad un altro ingegnere tedesco: Gottlieb Daimler. La sua sarà la prima vettura a quattro ruote e con l'aiuto del tecnico Wilhelm Maybach, avrà un vero motore, a 4 cilindri. È la nascita anche di un grande marchio dell'auto. Daimler sceglie come simbolo una stella a tre punte: da accordo con un imprenditore france­se uscì il nome Mercedes (il nome della figlia dell'imprenditore). Pochi anni do­po ci fu il "matrimonio" indu­striale con Benz: nacque la Mercedes-Benz.

 

martedì 25 gennaio 2011

NEGOZI SPRECONI, CHIUDETE QUELLA PORTA!

zara.JPGLa porta del negozio aperta anche quando l'impianto di riscaldamento è in funzione. Una cattiva abitudine che, a quanto pare, è abbastanza diffusa tra i commercianti italiani. L'allarme arriva da Legambiente, che bacchetta i “negozianti spreconi”, colpevoli di tenere le porte aperte per invogliare i clienti ad entrare. Uno spreco di energia che si ripercuote non solo sull'ambiente e sul clima, ma anche, secondo gli ambientalisti, sulle tasche dei cittadini. «I negozi spreconi oltre che i polmoni penalizzano anche il portafogli – ha dichiarato Andrea Poggio, vicedirettore dell'associazione – Tutta l'energia sprecata da questi negozi ce la faranno pagare sul prezzo di vendita della merce: quindi tenere le porte aperte è un pessimo segnale verso l'acquirente oltre che un danno per la salute».

La denuncia di Legambiente si ispira alla campagna “Closethedoor”, lanciata in Inghilterra proprio per sensibilizzare i commercianti contro lo spreco di energia. I negozi britannici che aderiscono all'iniziativa possono esporre un adesivo sulla porta chiusa, in cui si spiega ai clienti che si tratta di un accorgimento per risparmiare energia. La campagna “Closethedoor” ha già dato risultati incoraggianti. Secondo una ricerca della Cambridge University, infatti, nei negozi inglesi che tengono la porta chiusa quando il riscaldamento è in funzione c'è stata una riduzione del consumo energetico fino al 50%. Complessivamente, i commercianti virtuosi permettono di evitare ogni anno l'emissione in atmosfera di 10 tonnellate di CO2, equivalenti a 3 voli di andata e ritorno da Londra a Hong Kong.

In attesa che anche in Italia venga lanciata una iniziativa simile, Legambiente ha pubblicato le foto dei negozi spreconi e le notizie sulla campagna sul sito www.vivinconstile.org. L'associazione invita anche i cittadini a inviare altre foto di “negozi spreconi” all'indirizzo viviconstile@legambiente.org. (Foto Legambiente)

domenica 23 gennaio 2011

Enigma di famiglia

001.jpegUn uomo guarda con attenzione una foto, poi esclama: "Io non ho fratelli o sorelle, ma il padre di quest'uomo è il figlio di mio padre".
Chi è colui che è ritratto nella fotografia?

venerdì 21 gennaio 2011

Una corsa di centocinquanta giorni

Pitti-e-Ceseracciu-150-maratonine-per-festeggiare-lUnita-dItalia.jpgCorrere poco più di ventun chilometri al giorno, da qui al 2 giugno, per festeggiare l’Unità. E magari essere affiancati per alcuni tratti dai ragazzi delle scuole della Valle d’Aosta che hanno dato una mano a individuare luoghi e memorie d’epoca. Per poi fermarsi con loro davanti al simbolo ritrovato e farsi raccontare la sua storia. È l’impresa che un vigile e un commerciante della regione alpina stanno compiendo per festeggiare in 150 giorni i 150 anni dell’Unità. La corsa è partita a inizio mese da piazza IV novembre a Pont-Saint-Martin. Inoltre Maurizio Pitti e Francesco Ceseracciu, che contano di macinare 3164 chilometri in tutto, non faranno nulla per passare inosservati. Anzi, correndo su e giù lungo le strade di Hone, Bard, Donnas e Pont Saint Martin «sventoleranno» fieri la loro esclusiva maglietta, ovviamente tricolore.

mercoledì 19 gennaio 2011

Micropolveri

micropolveri.jpgI ricercatori americani della Cornell University hanno recentemente pubblicato uno studio secondo cui il nostro pianeta sarebbe ben due volte più polveroso rispetto a quanto non lo fosse cento anni fa. Per arrivare a questa conclusione sono stati compiuti numerosi test specifici sul tasso di deposito della polvere nel corso del tempo in differenti ambienti acquatici e terrestri.

C’è da preoccuparsi per quanto emerso? Purtroppo come spesso accade per queste ricerche su ampia scala, anche in questo caso c’è molta incertezza sulle possibili ripercussioni al pianeta; nonostante ciò i ricercatori americani si starebbero orientando su due ipotesi ovvero sul fatto che potrebbero esistere effetti sia sulla temperatura globale che sulla desertificazione.

Si è infatti abbastanza concordi nel concludere che l’elevata presenza di pulviscolo, data la sua capacità di fungere da schermo alle radiazioni solari, nell’ultimo secolo si sarebbe rivelata un’efficace contromisura al riscaldamento globale; in sostanza si è convinti che senza questo fenomeno la temperatura media globale sarebbe potuta essere addirittura più alta rispetto all’attuale. La seconda ipotesi invece riguarda la diminuzione delle precipitazioni vista la capacità della polvere di influenzare la formazione delle nubi; si è quindi abbastanza certi che l’aumento delle aree desertiche e la diminuzione delle piogge nel pianeta possano essere eventi riconducibili al manifestarsi del fenomeno.

Nell'immagine potete vedere la nostra Pianura Padana. In quanto a livelli di inquinamento sta un buona compagnia con le aree più inquinate del pianeta (l'area metropolitana di new York, i Paesi Bassi ma soprattutto la Cina più industrializzata). La nebbiolina che vedete non è vera nebbia e nemmeno nuvole ma micropolveri che si estendono fin sull'Adriatico.

martedì 18 gennaio 2011

Petrolio nell'artico

PutinaprelarticoalletrivelleBp.jpgIl gigante russo del petrolio e del gas naturale Rosneft e quello britannico Bp hanno siglato un accordo da 16 miliardi di euro che ha per oggetto l’Artico. Sotto i ghiacci del Polo Nord ci sono immense riserve di idrocarburi, ma sono difficili e costose da sfruttare.

Lo stesso Artico, poi, è al centro di una controversia internazionale tra Usa, Canada, Norvegia, Russia e Danimarca per la definizione dei suoi confini. Ecco, allora, che l’alleanza russo-britannica ha anche un sapore tutto politico: Vladimir Putin cerca alleati che appoggino le sue mire sulle risorse artiche.

In questo accordo Bp (che qualche mese fa ha dovuto vendere mezzo giacimento polare in Alaska, per pagare i danni della marea nera) ci mette la tecnologia, mentre Rosneft ci mette i giacimenti. Sarà molto più difficile per gli ambientalisti, ora, contrastare le trivellazioni nell’artico.

Le polemiche già abbondano, visto l’impatto ambientale dell’industria del petrolio su una zona così “pura” e delicata come quella del Polo Nord. Celebre il caso di Biancaneve, un giacimento norvegese sull’isola di Melkoya dove da pochi anni è arrivato il più grande impianto di liquefazione di gas d’Europa. I cittadini dell’isola già l’anno ribattezzato “Cenerentola”: da quando c’è l’impianto il villaggio è pieno di fuligine…

mercoledì 12 gennaio 2011

Nucleare SI, nucleare NO

Nucleare-simpson.jpgL'ipotesi di riaprire centrali nucleari in Italia, dopo la chiusura con referendum del 1987, continua ad infiammare i dibattiti, fra politici, tecnici o anche fra semplici cittadini. I problemi che si intrecciano sono molti: l'inquinamento atmosferico provocato  dai combustibili fossili, oggi al primo posto nella produzione di energia elettrica, l'esaurimento dei combustibili fosssili, prima il petrolio, poi il gas (carbone ce n'è ancora molto ma è molto inquinante); le scorie radiottive, cioè il materiale di scarto della fissione nucleare, cosa farne, dove metterle. Perchè la Francia ha oltre 50 centrali e noi siamo così timorosi? Ma i rischi saranno veramente così alti? L'energia prodotta con il nucleare costa di più o di meno? Quanto uranio ci rimane? Cinquant'anni, cent'anni?

Ascoltate qui la trasmissione radiofonica fra Chicco (Francesco) Testa, che nel 1987 ai tempi del referendum lavorò molto contro il nucleare e oggi si dichiara ambientalista nuclearista (dice, meglio il nucleare dei combustibili fossili) ee mario Tozzi, il geologo di molti di voi ricorderanno come conduttore del programma televisivo sui tempi ambientali GAIA, IL PIANETA CHE VIVE.

domenica 9 gennaio 2011

Stand by, quanto ci costi?

stand_by.jpgHo letto con una certa curiosità la nuova guida europea (leggetela anche voi e fatela leggere ai vostri genitori) sui consumi dello stand by alla cui stesura ha collaborato anche il Politecnico di Milano. Nel documento, pubblicato pochi giorni fa, sono stati testati e quantificati i consumi degli elettrodomestici in modalità spento e stand by e raccolte le migliori pratiche per evitare gli sprechi energetici. Uno dei dati più curiosi è quello delle console da gioco che in modalità stand by arriverebbero a consumare quanto lo stesso apparecchio in funzione; X-Box e Playstation 3 assorbirebbero infatti praticamente la stessa energia sia quando sono in funzione che inattivi, consumando ben cinque volte di più di un frigorifero efficiente.

Ciò significa che lasciare questi apparecchi sempre in modalità stand-by, calcolando un costo di 0,15 euro a kWh, potrebbe comportare una spesa di circa 250 euro l’anno. Anche l’Wifi, emerge dalla guida, sarebbe fra quegli apparecchi che con lo stand-by arriva a consumi altissimi. Gli stessi Pc non sono da meno: lasciare il computer acceso 24 ore al giorno potrebbe arrivare a costare ben 130 euro l’anno, con un costo ben più salato se si lasciano accese eventuali casse e monitor.

Dall’indagine emerge che risolvere il problema si presenta impresa non di facile risoluzione, considerando che, nonostante vi siano norme europee che regolano la produzione di apparecchiature e i rispettivi consumi, sono ancora troppi i prodotti in commercio che non le rispettano. Insomma sta un po’ a noi fare in modo che consumi apparentemente innocui non ci diano brutte sorprese con la bolletta elettrica.