Il gigante russo del petrolio e del gas naturale Rosneft e quello britannico Bp hanno siglato un accordo da 16 miliardi di euro che ha per oggetto l’Artico. Sotto i ghiacci del Polo Nord ci sono immense riserve di idrocarburi, ma sono difficili e costose da sfruttare.
Lo stesso Artico, poi, è al centro di una controversia internazionale tra Usa, Canada, Norvegia, Russia e Danimarca per la definizione dei suoi confini. Ecco, allora, che l’alleanza russo-britannica ha anche un sapore tutto politico: Vladimir Putin cerca alleati che appoggino le sue mire sulle risorse artiche.
In questo accordo Bp (che qualche mese fa ha dovuto vendere mezzo giacimento polare in Alaska, per pagare i danni della marea nera) ci mette la tecnologia, mentre Rosneft ci mette i giacimenti. Sarà molto più difficile per gli ambientalisti, ora, contrastare le trivellazioni nell’artico.
Le polemiche già abbondano, visto l’impatto ambientale dell’industria del petrolio su una zona così “pura” e delicata come quella del Polo Nord. Celebre il caso di Biancaneve, un giacimento norvegese sull’isola di Melkoya dove da pochi anni è arrivato il più grande impianto di liquefazione di gas d’Europa. I cittadini dell’isola già l’anno ribattezzato “Cenerentola”: da quando c’è l’impianto il villaggio è pieno di fuligine…
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