Il Gioco da tavolo, è molto di più di semplice svago: rafforza i legami, permette di rielaborare le informazioni, insegna strategie, collaborazione, insegna anche che uno vince e uno perde, e non è scontato saper perdere.
«Pandemic, per esempio, è un gioco di cooperazione, in cui si collabora per sconfiggere una pericolosa epidemia», racconta Francesca Antonacci, docente di Pedagogia del gioco all’Università di Milano. «Da una parte si vede quelle che sono le dinamiche legate ad un contagio, cosa succede quando un’infezione si allarga, si scoprono aspetti delle malattie e, ovviamente, si prende confidenza con parole e argomenti legati alla stretta attualità. Dall’altra ti trovi a padroneggiare la geografia, ad avere il mondo davanti ai tuoi occhi, ad avere la percezione delle differenze tra città grandi e piccole».
«In questi anni va molto di moda la parola “edutainment”, l’intrattenimento educativo», aggiunge Andrea Angiolino, scrittore, giocologo e autore di “Storie di giochi”, edito da Gallucci. «Non ci siamo però inventati nulla: è da secoli che si cerca di trasmettere il sapere attraverso i giochi. Ma non c’è bisogno di creare giochi didattici: già tantissimi titoli hanno effetti pedagogici. Prima ti diverti e poi ti accorgi di aver appreso cose».
Si parte ovviamente dal classici: “Monopoli”, perfetto per sviluppare il pensiero matematico, annusare la statistica e il calcolo delle probabilità e assaggiare i primi rudimenti di economia. Un altro evergreen è “Scarabeo”, con le parole grandi protagoniste: un’occasione per sfogliare il proprio vocabolario personale oppure, concordando un piccolo cambio di regole, un incentivo ad usare il dizionario per andare a caccia di vocaboli ignoti. O ancora, sempre per stare tra i party game più famosi, “Taboo”, che aiuta a comunicare e a farsi capire.
«Non sostituisce il tema d’italiano, ma per stimolare la narrazione e la costruzione di un racconto c’è il formidabile “Story Cubes”, che non a caso tanti docenti hanno adottato anche in classe», aggiunge Angiolino. «E’ un gioco di dadi, ma sulle singole facce al posto dei numeri ci sono dei simboli, che raffigurano gli ingredienti da inserire nella trama. Un generatore infinito di fantasia». «Al di là delle singole informazioni e dell’aspetto “scolastico, il gioco dà una competenza in più: aiuta a stare insieme», sottolinea la professoressa Antonacci. «In famiglia o con gli amici, si impara a stare alle regole, a rispettare i turni, a gestire le frustrazioni, a discutere, a prendere la parola e a darla agli altri. E anche approcciarsi a un gioco è una competenza: leggere e capire il libretto delle istruzioni è un esercizio che implica più abilità. Ed è anche per questo che i genitori dovrebbero regalare anche giochi nuovi, senza puntare sempre e solo ai soliti titoli: gli argomenti dedicati sono tantissimi e le dinamiche proposte sono davvero le più diverse e articolate».
E lo sa bene Angiolino, che di giochi ne ha inventati a decine, passando dai semplici giochi di carta e matita ai più sofisticati e complessi “role play gaming”. «A volte basta una semplice “Battaglia navale” per comprende meglio di una lezione a scuola il funzionamento delle assi cartesiane. Così come ci sono giochi di ruolo che ti immergono dentro a generi letterari o a periodi storici, facendoli vivere dal di dentro. E poi la storia, che la puoi ripercorrere rievocando epiche battaglie con interi plotoni di soldatini o può diventare oggetto di sfida attorno al tavolo, come succede con “Timeline”, agile gioco di carta dove i partecipanti devono riuscire a sistemare correttamente sulla linea del tempo determinati eventi storici».
Per gli appassionati di geografia - o per chi si sente un po’ debole nella materia-– ecco invece “Uppsala”, che mette alla prova le conoscenze sull’esatta posizione delle città, in Italia, in Europa e nel mondo. Nel calendario ludico delle lezioni non può certo mancare l’arte: con “Modern Art” si vestono quindi i panni del curatore museale impegnato nell’aggiudicarsi opere d’arti per potenziare la propria collezione, acquisendo così saperi su quadri e artisti. Con “Imagine” invece si scatena la creatività, risolvendo enigmi a colpi di icone.
Per prendere una boccata d’aria, anche solo per gioco, e avvicinarsi alla comprensione della fotosintesi e del legame tra la vita e la luce del Sole ci si può invece sbizzarrire con la tattica, e gli alberelli, di “Photosynthesis”. «Bisognerebbe frequentare più le ludoteche, ascoltare i consigli degli esperti, entrare nei negozi di giochi con curiosità - conclude l’Antonacci – Basterebbe giocare di più, per capire che il gioco non è tempo perso, ma è tempo che ti cambia e ti completa. Proprio come la scuola».
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