Sono italiane le tre donne che all'Ospedale Spallanzani di Roma, prime in Europa, hanno isolato il corona virus che sta mietendo vittime. In Cina ci erano già riusciti ma non l'avevano fatto uscire dal Paese e non avevano condiviso i dati in loro possesso.
Maria Rosaria Capobianchi, 67 anni, di Procida, è la coordinatrice del team quasi interamente rosa che ha stanato l’agente infettivo. «Quando lo abbiamo visto al microscopio e abbiamo capito che era proprio lui, in reparto ci sono stati salti di gioia», ricorda l’annuncio in notturna delle colleghe Francesca Colavita e Concetta Castilletti, presenti nel laboratorio di massima sicurezza dello Spallanzani, nel momento in cui il microrganismo importato dalla Cina si è rivelato. Il 2019-nCov, preso dal paziente cinese tuttora ricoverato in ospedale, ha cominciato a replicarsi velocemente e si è dimostrato capace di danneggiare le cellule aggredite, alterandone la forma. La prova schiacciante che fosse proprio lui il grande ricercato.
Maria Rosaria dirige da 20 anni il laboratorio di virologia dell’istituto nazionale per le malattie infettive. Altri venti ne ha passati china sui banconi dell’università la Sapienza dove ha imparato a diventare una virologa «artigiana». Laureata in genetica umana, specializzata in virologia, decise di trasferirsi a Roma per realizzare i sogni di ricercatrice.
Concetta Castilletti, 56 anni, due figli. Come responsabile del laboratorio virus emergenti, Concetta ha vissuto l’esperienza della Sars, Ebola, pandemia da H1N1 (la cosiddetta influenza suina), del brasiliano Zika e della Chikungunya, il virus trasportato dalla zanzara che due estati fa ha imperversato anche a Roma.
La più giovane è Francesca Colavita, 30 anni, in squadra da quattro, molisana di Campobasso. Durante l’epidemia di Ebola è partita diverse volte per la Liberia e la Sierra Leone, dove il virus della febbre emorragica ha colpito duramente.
Era lei di turno quando il coronavirus si è infine lasciato isolare: «Che emozione».
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