È presto per immaginare le nostre città circondate da gigantesche dune di sabbia percorse da carovane di dromedari, ma indubbiamente la situazione è seria. In effetti, fino a 5.000 anni fa anche il deserto del Sahara era un'immensa distesa di boschi, fiumi e laghi. Poi il clima cambiò. Così, lentamente, si trasformò in un luogo polveroso e secco e il silenzio prese il sopravvento su tutto.
Non è detto che il destino dell'Italia sia questo ma è bene sapere che la desertificazione è in progressiva espansione in molte aree del mondo, tanto che ogni anno almeno sei milioni di ettari di terreno perdono la loro fertilità, e il nostro Paese non fa eccezione. Alcuni studi parlano di un terzo del territorio italiano a rischio e che il 5% è già desertificato. Le regioni più interessate sono Basilicata, Campania, Calabria, Sardegna e Sicilia, ma anche territori tradizionalmente umidi e produttivi.
Il processo di desertificazione è causato da una combinazione di fattori: quelli naturali includono l'aumento della temperatura, la scarsità prolungata di piogge (mentre quelle brevi e intense rimuovono il fertile strato superficiale del terreno) e la forte evaporazione, ovvero l'acqua che dalle piante e dai terreno passa all'aria sotto forma di vapore. Ma giocano un ruolo significativo anche la pendenza del terreno (dove questa è maggiore viene trattenuta meno acqua), l'erosione del vento e la salinizzazione delle coste, cioè un accumulo di sale nel suolo, che impedisce la vita delle piante.
A peggiorare la situazione, accelerando il fenomeno, intervengono le cause "umane": l'abbattimento di boschi e foreste toglie al suolo una protezione fondamentale, così come gli incendi, spesso provocati intenzionalmente per creare terreni liberi per l'allevamento o per le costruzioni edilizie. L'agricoltura e i pascoli intensivi lo "spremono" senza dargli la possibilità di rigenerarsi. Infine l'eccessivo prelievo di acqua contribuisce a lasciarlo a bocca asciutta.
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