lunedì 24 giugno 2024

Veltis Arena

Lo stadio AufSchalke Arena di Gelsenkirchen (presso Dortmund in Germania), sponsorizzato dalla birra Veltins (Veltis Arena) ha ospitato la partita Italia-Spagna di Giovedì 20 giugno. Ha una capienza variabile perchè è stata progetta per essere una struttura multifunzionale, infatti, oltre alle partite di calcio può ospitare ogni tipo di manifestazione come concerti, spettacoli, altri eventi sportivi come l’hockey o il pugilato. Può contenere alla massima capienza quasi 80.000 posti per le partite di hockey, 60.000 posti per le partite del campionato tedesco, ridotti a 50.000 per l’Europeo. Possiede caratteristiche molto particolari come il tetto retrattile e il campo scorrevole, progettato per scivolare nel parcheggio esterno fuori dalla struttura e ospitare all’interno altri eventi sportivi o di concerti, di modo che non calpestata l’erba.

Il campo retraibile permette al rettangolo di gioco di uscire letteralmente dallo stadio, dove può essere gestito dai giardinieri ed essere esposto completamente al sole per i tempi più opportuni in modo da avere un’erba naturale sempre perfetta. Al suo posto, quando il campo si trova all’esterno, può essere allestito tutto ciò che si vuole da palchi per spettacoli.

Prato e spogliatoi sono legati da un tunnel che richiama le miniere di carbone, non casualmente i calciatori dello Schalke, la squadra locale,  si chiamano “minatori” e proprio nelle vicinanze, a una profondità di 800 metri, si snodavano i cunicoli di due centri d’estrazione. All’interno dello stadio anche un cubo-video di dimensioni record e una chiesa – c’è un solo altro esempio: il Camp Nou di Barcellona - dove diversi tifosi scelgono di sposarsi o far battezzare i propri figli. Il birrificio Veltins, sponsor dello stadio, ha fatto installare una conduttura di cinque km che raggiunge tutti i chioschi dello stadio, permettendo così di servire birra agli spettatori riducendo il loro movimento nell’impianto.


lunedì 17 giugno 2024

70 anni fa moriva Alan Turing

L’8 giugno di settant’anni fa Alan Turing fu trovato morto nella propria casa di Wilmslow, in Inghilterra, dalla sua governante. Le analisi sul suo corpo portarono alla conclusione che uno dei più brillanti pionieri dell’informatica fosse morto il giorno prima – il 7 giugno – a causa di un avvelenamento da cianuro. Turing morì dopo un periodo di grandi difficoltà, definito dalle leggi dell’epoca un criminale per la propria omosessualità, dopo aver dato un contributo fondamentale all’informatica e allo sviluppo del concetto di “intelligenza artificiale”.

Solo nel 2009, a più di mezzo secolo dalla sua morte, il governo britannico espresse il proprio rammarico per il trattamento riservato a Turing e furono poi necessari altri quattro anni prima che la regina Elisabetta riconoscesse il suo importante contributo per il progresso e la pace, soprattutto in un periodo drammatico come quello della Seconda guerra mondiale.

Turing fu infatti uno dei protagonisti delle decodifica dei messaggi realizzati con Enigma, la macchina sviluppata dai nazisti per comunicare in codice e organizzare gli attacchi soprattutto contro i sottomarini degli Alleati, come raccontato nel film The Imitation Game. Ma il contributo più grande di Turing fu nello studio e nelle riflessioni intorno al rapporto tra gli esseri umani e le macchine, in un periodo in cui l’informatica per come la intendiamo oggi era agli albori e gli scenari in cui i computer avrebbero risolto molti dei nostri problemi sembravano ancora da fantascienza.

Turing era affascinato dalla possibilità che un giorno le macchine potessero diventare sofisticate al punto da sembrare umane. Illustrò l’idea in un articolo pubblicato nel 1950 sulla rivista accademica Mind, descrivendo un esperimento per mettere alla prova un sistema artificiale in una conversazione tra esseri umani. Turing  si domandava: “Le macchine possono pensare?”».  Nel corso del tempo sarebbero state elaborate varie versioni del test noto come “Test di Turing”. Nel test una persona pone domande e valuta le risposte, senza poter vedere se la risposta viene data da una persona o da una macchina. 


lunedì 10 giugno 2024

Nanoplastiche

Si parla di microplastiche e nanoplastiche (millesimi di millimetro) per indicare piccole particelle di plastica che derivano dalla frammentazione di rifiuti di vario tipo. Bottiglie, flaconi di prodotti cosmetici, capi d'abbigliamento in pile e in tessuti sintetici: tutti questi oggetti di uso quotidiano quando vengono rilasciati nell'ambiente lasciano una scia di piccole e piccolissime particelle.

Queste particelle inquinanti sono oggetto di una crescente attenzione e considerate tra le principali responsabili dell'inquinamento delle acque. Ogni anno si stima che vengano abbandonati in mare oltre 8 milioni di tonnellate di rifiuti plastici che si deteriorano, frammentano  entrando nella catena alimentare. Studi scientifici hanno dimostrato che diverse specie di pesci, tra cui i molluschi e i frutti di mare, presentano tracce di nano e microplastiche al loro interno. 

I rifiuti, trascinati dalle correnti, si raggruppano fino a formare delle vere e proprie isole galleggianti che si estendono per un totale di 700.000 kilometri quadrati sulla superficie dell’Oceano Pacifico. Le particelle più piccole vengono ingerite dai pesci e rischiano di contaminare l'intera catena alimentare fino ad arrivare sulle nostre tavole.

Recenti studi hanno inoltre dimostrato che l'acqua in bottiglia sia contaminata da nanoplastiche. Ma le particelle di plastica che deglutiamo dalla bottiglietta di minerale potrebbero essere molte più di quanto si pensasse. È quanto suggerisce un nuovo studio americano che ha analizzato le nanoplastiche oltre alle già studiate microplastiche: in un litro d’acqua sono state trovate fino a 300 mila nanoparticelle.

Sono particelle in PET, la plastica delle bottigliette, che probabilmente contamina l'acqua quando le bottiglie sono strizzate o sottoposte a calore, o mentre si svita il tappo. Ma spesso si trova poliammide, un tipo di nylon usato per i filtri per  purificare l'acqua prima dell'imbottigliamento. Anche se la massa totale delle nanoplastiche individuate è assai inferiore a quelle delle microplastiche già conosciute, le piccole dimensioni consentono loro di passare le membrane del nostro corpo ed “entrare in circolo”.

Invertire la rotta e ridurre il consumo quotidiano di plastica è quindi una necessità per salvaguardare la vita sul pianeta e la salute e il benessere dei suoi abitanti.


lunedì 3 giugno 2024

Economia lineare - economia circolare

Negli ultimi tempi si sente tanto parlare di “economia circolare”. Ma che cos’è l’economia circolare? Per rispondere a questa domanda dobbiamo partire dalla contrapposta e purtroppo attuale “economia lineare”. L’economia lineare consiste, semplificando, nell’ “usa e getta”. La gran parte degli oggetti che usiamo quotidianamente ha una vita molto breve: li usiamo e, quando non li vogliamo più, li buttiamo via. La loro vita può essere più o meno lunga, ma alla fine la conclusione è sempre la stessa: la pattumiera.

Secondo il modello dell’economia lineare, la vita di ogni prodotto è scandita essenzialmente da cinque tappe: estrazione, produzione, distribuzione, consumo e smaltimento. Questo vuol dire che l’industria estrae le materie prime vergini, le trasforma per produrre beni di consumo utilizzando lavoro ed energia, distribuisce i prodotti al consumatore, il quale, dopo averli utilizzati, procede allo smaltimento degli “scarti” e, quindi, dei prodotti stessi ormai diventati “rifiuti”.

Purtroppo questa vita dei prodotti, nonostante le differenti e ingenti quantità di materie prime vergini utilizzate per la loro produzione, l’energia utilizzata (e anche l’inquinamento prodotto) per la loro realizzazione, è piuttosto breve. Basti pensare che la vita di un bicchiere di plastica può durare anche solo il tempo di un semplice sorso d’acqua!

E’ oggi riconosciuto a livello mondiale che questo impiego delle risorse, unito alla costante crescita demografica, all’aumento dei consumi e all’utilizzo spesso poco efficiente delle risorse, non è più sostenibile. Se questa tendenza dovesse continuare all’attuale ritmo, nel 2050 ci troveremmo ad aver bisogno di due pianeti. Per questo dobbiamo essere tutti capaci di lasciare l’economia lineare e passare ad un altro tipo di economia: l’economia circolare.

L’economia circolare consiste nel conservare il più a lungo possibile il valore dei materiali e dell’energia utilizzati per fabbricare i prodotti, in un’ottica di condivisione, prestito, riparazione, ricondizionamento, ma anche recupero e riutilizzo che portano a “mantenere in vita” i prodotti il più a lungo possibile e a ridurre al minimo la produzione di rifiuti e soprattutto il loro smaltimento in discarica.

L’Unione Europea nel 2018 ha emanato nuove norme che aiutano a produrre meno rifiuti attraverso misure di prevenzione e di responsabilità del produttore al fine di realizzare prodotti più facilmente separabili o differenziabili, misure contro l’obsolescenza programmata dei prodotti, sistemi di cauzione-rimborso per una raccolta più efficiente di prodotti e materiali usati. La riduzione dei rifiuti dovrebbe passare anche da pratiche di “simbiosi industriale”, basate sul presupposto che quello che è scarto per una ditta può essere una risorsa per un’altra azienda.

Una volta che il prodotto ha però terminato la sua funzione, l’economia circolare, in accordo con la gerarchia dei rifiuti, ci chiede di reintrodurre i materiali di cui il bene è composto nel ciclo economico. Così si possono continuamente riutilizzare all’interno del ciclo produttivo generando ulteriore valore.

La strada è lunga, difficile e nuova, ma è necessario percorrerla se vogliamo un mondo sostenibile.