Queste particelle inquinanti sono oggetto di una crescente attenzione e considerate tra le principali responsabili dell'inquinamento delle acque. Ogni anno si stima che vengano abbandonati in mare oltre 8 milioni di tonnellate di rifiuti plastici che si deteriorano, frammentano entrando nella catena alimentare. Studi scientifici hanno dimostrato che diverse specie di pesci, tra cui i molluschi e i frutti di mare, presentano tracce di nano e microplastiche al loro interno.
I rifiuti, trascinati dalle correnti, si raggruppano fino a formare delle vere e proprie isole galleggianti che si estendono per un totale di 700.000 kilometri quadrati sulla superficie dell’Oceano Pacifico. Le particelle più piccole vengono ingerite dai pesci e rischiano di contaminare l'intera catena alimentare fino ad arrivare sulle nostre tavole.
Recenti studi hanno inoltre dimostrato che l'acqua in bottiglia sia contaminata da nanoplastiche. Ma le particelle di plastica che deglutiamo dalla bottiglietta di minerale potrebbero essere molte più di quanto si pensasse. È quanto suggerisce un nuovo studio americano che ha analizzato le nanoplastiche oltre alle già studiate microplastiche: in un litro d’acqua sono state trovate fino a 300 mila nanoparticelle.
Sono particelle in PET, la plastica delle bottigliette, che probabilmente contamina l'acqua quando le bottiglie sono strizzate o sottoposte a calore, o mentre si svita il tappo. Ma spesso si trova poliammide, un tipo di nylon usato per i filtri per purificare l'acqua prima dell'imbottigliamento. Anche se la massa totale delle nanoplastiche individuate è assai inferiore a quelle delle microplastiche già conosciute, le piccole dimensioni consentono loro di passare le membrane del nostro corpo ed “entrare in circolo”.
Invertire la rotta e ridurre il consumo quotidiano di plastica è quindi una necessità per salvaguardare la vita sul pianeta e la salute e il benessere dei suoi abitanti.
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