Solo nel 2009, a più di mezzo secolo dalla sua morte, il governo britannico espresse il proprio rammarico per il trattamento riservato a Turing e furono poi necessari altri quattro anni prima che la regina Elisabetta riconoscesse il suo importante contributo per il progresso e la pace, soprattutto in un periodo drammatico come quello della Seconda guerra mondiale.
Turing fu infatti uno dei protagonisti delle decodifica dei messaggi realizzati con Enigma, la macchina sviluppata dai nazisti per comunicare in codice e organizzare gli attacchi soprattutto contro i sottomarini degli Alleati, come raccontato nel film The Imitation Game. Ma il contributo più grande di Turing fu nello studio e nelle riflessioni intorno al rapporto tra gli esseri umani e le macchine, in un periodo in cui l’informatica per come la intendiamo oggi era agli albori e gli scenari in cui i computer avrebbero risolto molti dei nostri problemi sembravano ancora da fantascienza.
Turing era affascinato dalla possibilità che un giorno le macchine potessero diventare sofisticate al punto da sembrare umane. Illustrò l’idea in un articolo pubblicato nel 1950 sulla rivista accademica Mind, descrivendo un esperimento per mettere alla prova un sistema artificiale in una conversazione tra esseri umani. Turing si domandava: “Le macchine possono pensare?”». Nel corso del tempo sarebbero state elaborate varie versioni del test noto come “Test di Turing”. Nel test una persona pone domande e valuta le risposte, senza poter vedere se la risposta viene data da una persona o da una macchina.
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