Il termine PM2.5 si riferisce alle polveri sottili, ossia le
particelle sospese nell'aria, aventi dimensioni minori o uguali a 2,5 micron (1
micron - simbolo µm - corrisponde a un millesimo di millimetro). Queste polveri
sottili si riconoscono perché sono quelle che tipicamente riducono la
visibilità dell'aria e causano una specie di nebbiolina diffusa se presenti in
concentrazioni elevate, quello che chiamiamo comunemente smog.
L'effetto di queste polveri sottili sulla salute è
particolarmente preoccupante perché hanno dimensioni tali da penetrare
facilmente nelle vie respiratorie profonde e da lì nella circolazione
sanguigna. L'esposizione al PM2.5 è stata collegata a un aumento di ricoveri
per patologie respiratorie e cardiovascolari, di asma e bronchiti croniche, di
tumori ai polmoni, ma anche a patologie apparentemente poco collegate come
basso peso alla nascita, effetti sulla salute mentale, diabete, ridotta
fertilità. Le fonti del particolato sono per lo più gli scarichi dei veicoli,
degli impianti industriali, del riscaldamento, e i fumi degli incendi boschivi.
L'analisi ha rivelato che negli ultimi due decenni le
concentrazioni annuali di PM2.5 in Europa e Nord America sono diminuite, mentre
sono aumentate in Asia meridionale, Australia, Nuova Zelanda, America Latina e
Caraibi. La ricerca fornisce un quadro
più chiaro (e sconfortante) della situazione globale dell'aria che respiriamo.
Secondo l'OMS, quasi l'80% dei decessi legati al PM2.5 potrebbe essere evitato
nel mondo se gli attuali livelli di inquinamento atmosferico fossero ridotti
entro i limiti dettati dall’OMS.
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