Un po’ per gli anni, un po’ per la tecnologia (quattro motori consumano un bel po’ di kerosene) e un po’ per il coronavirus (che ha inferto un duro colpo al trasporto aereo), per il Boeing 747 è arrivato il momento di atterrare ed entrare nei musei della storia dell’aviazione.
Alcuni esemplari resteranno ancora per qualche anno perché efficaci per il trasporto merci o delle alte cariche dello Stato (come i due Air Force One della Casa Bianca) ma ufficialmente il 747 esce di esce di scena a favore di velivoli mediamente più piccoli e che consumano meno.
Al 747 s’inizia a lavorare nel 1965 con l’intenzione di realizzare il più grande velivolo per il trasporto passeggeri mai costruito. L'idea nuova è innalzare la cabina, creando un secondo livello per aumentare lo spazio per i sedili: nasce la gobba sopra la cabina di pilotaggio. Il più grande jet aveva bisogno anche di un’ampia area di lavoro: sorge così lo stabilimento di Everett, nello Stato di Washington, che è ancora oggi l’edificio più voluminoso, lungo mille metri e largo 500.
Il 9 febbraio 1969 il 747 decolla per i primi voli di prova, a gennaio 1970 il volo inaugurale con passeggeri, da New York a Londra. È un trionfo per questo bolide lungo 70 metri e un’apertura alare di 64 in grado di trasportare oltre 500 persone. Da allora ne sono stati realizzati — in diverse versioni — oltre 1.550 esemplari, compresi i 22 che hanno volato con il logo di Alitalia e quello modificato dalla Nasa per trasportare lo Space Shuttle.
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