Le persone tendono a resistere ai cambiamenti, anche quando sono necessari. Questa resistenza si manifesta in conflitti tra ciclisti e automobilisti, distratti dalle vere cause, come la dipendenza dall’auto. In Italia ci sono quasi 40 milioni di auto, e gli incidenti stradali causano ogni anno migliaia di morti e feriti. Tuttavia, il dibattito spesso minimizza le responsabilità degli automobilisti e punta il dito contro i ciclisti.
Un altro problema è il linguaggio: espressioni come “auto investe ciclista” deresponsabilizzano chi guida, mentre la narrazione mediatica tende a colpevolizzare i ciclisti. Per cambiare, servono non solo piste ciclabili, ma una nuova mentalità che metta al centro le persone, non i mezzi che usano. Londra, per esempio, ha iniziato a parlare di “persone che usano la bici” o “persone che guidano”, evitando di creare conflitti tra categorie.
Le abitudini possono cambiare, come dimostra Amsterdam, che negli anni ’70 era piena di traffico, ma oggi è una città a misura di bicicletta. Il cambiamento richiede nuove infrastrutture, scelte politiche coraggiose e un diverso modo di comunicare, per costruire città più vivibili e sostenibili per tutti.
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