martedì 26 dicembre 2023

La storia di Facebook

All’inizio si chiamava Facemash. In una notte di ottobre del 2003, uno studente di Harvard, un certo Mark Zuckerberg, si siede davanti al computer e guardando l'annuario universitario (elenco con foto degli studenti) ha un'idea: caricare tutti gli studenti online. Chi vi accede può votare la preferita tra due foto che il sistema seleziona casualmente. Nel giro di poche ore Mark riesce ad hackerare i database di Harvard e ad estrarre i nomi e le fotografie di tutti gli studenti.

Nelle prime 4 ore di attività Facemash attirò 450 visitatori e 22.000 click sulle foto. Il sovraccarico di dati mandò in crash i server dell'università e Facemash venne chiuso pochi giorni dopo: Zuckerberg fu accusato di infrazione della sicurezza e di violazione della privacy degli studenti e punito con sei mesi di sospensione. 

Da qui inizia la storia di Facebook. Il successo ottenuto da Facemash convinse il giovane Mark Zuckerberg a proseguire nell'idea di offrire uno strumento agli studenti di Harvard per socializzare. Nel gennaio del 2004, Zuckerberg registra il dominio thefacebook.com e ha inizio la storia del social network più visitato al mondo. Solitamente al nome Facebook viene associato sempre quello di Mark Zuckerberg,  non è l'unico fondatore del social network: fin dall'inizio è stato aiutato da diversi colleghi di Harvard.

Il giovane studente di psicologia con il pallino della programmazione non si dà per vinto. A gennaio del 2004 registra il dominio thefacebook.com e decide di lanciare una nuova rete sociale dedicata al mondo universitario statunitense. Il 4 febbraio 2004 The Facebook apre ufficialmente i battenti alla "popolazione universitaria" di Harvard. Il successo è praticamente immediato: a fine di febbraio più della metà degli studenti iscritti ad Harvard è registrata al servizio, mentre nel marzo 2004 Facebook apre anche agli studenti di Stanford, della Columbia University e edll'Università Yale. Ad aprile il servizio si allarga agli studenti di Boston. Nel giro di poche settimane Facebook apre a tutti gli studenti universitari di Stati Uniti e Canada.

A metà del 2004 Mark Zuckerberg e gli altri soci fondatori decidono di aprire una società, Facebook, Inc., che permettesse loro di gestire al meglio il grande successo che la loro idea sta riscuotendo in tutto il Nord America. Già nel 2005 i primi investitori fiutano l’affare e iniziano a bussare alla porta di Mark Zuckerberg. Facebook esce dal solo mondo universitario e inizia a espandersi anche nel resto del mondo . In Italia è boom di iscrizioni nel 2008: oltre 1 milione di accessi. A gennaio 2011(7 anni dopo l’inizio) la valutazione totale del social raggiunge i 50 miliardi di dollari.

A maggio del 2012 Facebook entra in borsa a Wall Street: nella prima giornata di contrattazioni sono vendute azioni per 16 miliardi di dollari. Mark Zuckerberg, allora poco più che 27enne, si ritrova improvvisamente miliardario.

Facebook inizia a guardarsi intono e a fare acquisti: il primo grande colpo di Zuckeberg e soci risale al 2012, quando acquisisce il social network fotografico per una spesa poco inferiore a 1 miliardo di dollari. Nel 2014 dal suo profilo Facebook, Mark Zuckerberg annuncia che anche WhatsApp, applicazione di messaggistica istantanea, è stata acquisita per 16 miliardi di dollari.


lunedì 18 dicembre 2023

Potremmo produrre da fotovoltaico sui tetti l’energia consumata ogni anno dal settore residenziale?

Uno studio dell’Enea pubblicato a marzo 2023 descrive il potenziale del fotovoltaico in Italia al 2030 e al 2050 impiegando solo le coperture di edifici esistenti, senza la necessità di ulteriore uso del suolo. Soddisfare l’intero fabbisogno elettrico del settore residenziale nazionale richiederebbe di installare pannelli fotovoltaici sul 30% circa della superficie complessiva dei tetti degli edifici ad uso abitativo del nostro Paese, spiegano gli autori. Cioè, dovremmo installare potenza solare su ogni copertura dove ciò sia tecnicamente possibile.

Nel nostro Paese gli edifici ad uso residenziale sono oltre 12 milioni con una superficie complessiva dei tetti di circa 1.490 kmq, di cui il 30% circa, potrebbero avere caratteristiche adeguate all’installazione di moduli fotovoltaici. Lo studio evidenzia come, ipotizzando di occupare interamente questa superficie si potrebbero generare 79 TWh , superiore ai 66 TWh consumato da tutti gli edifici italiani.

In realtà gli scenari “più probabili” che emergono dallo studio dimostrano però che la potenza fotovoltaica installata su tetto entro il 2030 potrebbe arrivare a meno del 10% di questo obiettivo. 

Per promuovere il fotovoltaico sui tetti servirà proporre nuovamente un programma di incentivi come già avvenuto oltre 10 anni fa con l’esordio di questa tecnologia. Per questo è stato definito un nuovo indice che misura il potenziale fotovoltaico di ciascuna regione e che potrebbe essere di supporto per adottare strategie energetiche sempre più efficaci e specifiche per ogni singolo territorio. Si tratta del Regional potential index (RPI), cioè il rapporto tra la potenza fotovoltaica installata e il massimo teorico che potrebbe essere installato.

Secondo lo studio la copertura FV potenziale al 2050 avrebbe significative differenze a livello regionale che rispecchiano grosso modo il livello di industrializzazione raggiunto: le regioni settentrionali raggiungeranno livello di copertura maggiore, mentre nelle regioni del sud un livello inferiore.

Va ricordato che gli edifici residenziali sono responsabili del 30% del fabbisogno energetico complessivo del nostro Paese soprattutto a causa della climatizzazione e delle scarse prestazioni termiche dell’involucro edilizio. Nella categoria dei “piccoli impianti” , cioè quelli caratteristici dei tetti degli edifici, le regioni con più impianti e potenza installata, per questa taglia, sono nell’ordine: Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna (ancora una volta alcune delle regioni più industrializzate).


lunedì 11 dicembre 2023

Com’è possibile che internet sia gratis?

Sta facendo discutere la decisione con la quale l’Autorità per la Privacy ha condannato Facebook al pagamento di quasi 400 milioni di euro per aver creato pubblicità usando i dati personali degli utenti. In pratica si dice che gli utenti dovrebbero poter scegliere se concedere i propri dati per scopi pubblicitari. A tutti è già successo di ricevere pubblicità non casuali, ma su prodotti di nostro interesse: ecco, le informazioni sulla nostra navigazione online sono usate per scopi pubblicitari.

La decisione impone alla nostra attenzione di utenti una questione ormai divenuta evidente: Internet non è gratis e perché funzioni come la conosciamo qualcuno deve pagarla. Chi e come deve essere pagata? Come per qualsiasi altro servizio, a pagare tocca agli utenti anche se fino ad ora abbiamo avuto la sensazione che tutto fosse gratis. In pratica fino ad ora i costi di internet sono stati pagati dalla pubblicità. Nel mondo digitale, tuttavia, l’unica pubblicità che vale è quella distribuita su misura, adattata sulla base di interessi, gusti e propensioni di chi la riceve. Perché questa pubblicità funzioni, naturalmente, è necessario, come si dice in gergo, “profilare i destinatari”  conoscerne abitudini, preferenze e inclinazioni e per farlo è necessario trattare quantità enormi di loro dati personali. È quello che fanno sostanzialmente le grandi società tecnologiche: Google, Facebook, Amazon, … ed è il motivo per cui sono così ricche. Guardano, analizzano, studiano la nostra attività su internet, ci conoscono a fondo, ci inviano pubblicità mirata, che si fanno pagare profumatamente.

L’unico altro modello possibile è: vuoi un servizio? Lo paghi, come paghi il giornale, l’autostrada, l’acqua, la luce, il gas. Fino ad oggi abbiamo avuto l’illusione che non fosse necessario pagare, ci ha spinti ad usare tantissimi servizi immaginandoli gratuiti, se fossero stati a pagamento forse non avremmo iniziato a utilizzarli (parlo sempre di ciò che ci offre internet, informazioni, i social, la navigazione con google maps, una raccolta infinita di immagini e video, …). E in effetti oggi ci sembra strano che qualcuno acquisti ancora il giornale se le notizie le possiamo trovare gratis su internet. 

Abbiamo pagato, senza farci caso, senza accorgercene, senza saperlo o, almeno, senza capirne le implicazioni lasciando che i nostri dati personali fossero raccolti. Naturalmente niente, Internet inclusa, è mai gratis e, come recita una frase ormai divenuta celebre: quando è gratis – o, almeno, quando sembra gratis – il prodotto sei tu.


lunedì 4 dicembre 2023

Perché i PC sono nati in California?

Non è corretto dire che i pc sono nati in California, in realtà sono nati contemporaneamente in più punti (dell’America) ma sicuramente la zona della California che oggi chiamiamo Silicon Valley è stata fin dagli anni ’80 , e ancora oggi, il centro dei più spettacolari progressi tecnologici.  Ci sono diverse ragioni per cui la quest’area del mondo è diventata un centro importante per l'innovazione tecnologica.

La presenza di alcune delle università e istituti di ricerca più prestigiosi al mondo, come la Stanford University e l'University of California, Berkeley. Queste istituzioni hanno svolto un ruolo fondamentale nello sviluppo di nuove tecnologie e idee che hanno contribuito alla nascita dei PC.

La California è storicamente conosciuta per il suo clima di innovazione e imprenditorialità. La mentalità aperta a tutto ciò che è nuovo, la collaborazione tra scienziati, ingegneri e imprenditori e l'accesso a finanziamenti hanno creato un ambiente favorevole alla creazione di nuove tecnologie. La California è comunque lo stato più ricco degli USA e il più facile accesso agli investimenti ha alimentato la crescita delle startup tecnologiche e delle aziende emergenti, inclusi i settori legati ai PC.

La regione della Silicon Valley, situata nella zona sud della Baia di San Francisco in California, è diventata un epicentro mondiale per l'industria tecnologica. Molte aziende pionieristiche nel settore dell'informatica e dell'elettronica sono state fondate nella Silicon Valley, contribuendo così allo sviluppo dei PC . Ad esempio, Hewlett-Packard (HP), fondata da Bill Hewlett e Dave Packard, è stata una delle prime aziende a sviluppare strumenti e apparecchiature per l'informatica. Inoltre, aziende come Intel e Apple sono state fondamentali nello sviluppo dei microprocessori e dei computer personali.