Il 16 luglio 1965 un capolavoro di ingegneria segnava l’inizio di una nuova era. Dopo la tragedia del 1999 il tunnel è rinato con l’hi tech, dai sensori ai radar.
Tedeschi dell’Est e russi innalzavano muri, mentre italiani e francesi li frantumavano. Cinquant’anni fa, il 16 luglio 1965, i presidenti Saragat e De Gaulle tagliarono il nastro del tunnel stradale più lungo del mondo, il traforo del Monte Bianco. Fu l’inizio di una nuova era in un’Europa che, ieri come oggi, si divideva tra chi blindava confini e chi voleva abbattere le barriere.
L’inizio del sogno fu una galleria lunga 100 metri scavata nel 1946 dal conte torinese e ingegnere Dino Lora Totino su progetto di Vittorio Zignoli, il coronamento arrivò 19 anni più tardi. Da quel giorno di luglio di mezzo secolo fa, sotto il Monte Bianco, sono transitati più di 68 milioni di veicoli. Il tunnel ha cambiato i destini di molti, spostando le direttrici del traffico commerciale tra Nord Europa e Mediterraneo e concentrandole sulle Alpi. A livello di ingegneria fu un capolavoro: gli scavi, durati otto anni, durante i quali si avanzava fino a un massimo di nove metri al giorno, si conclusero il 14 agosto 1962 con la caduta dell’ultimo diaframma, quando si ritrovarono faccia a faccia gli «uomini talpa» italiani e francesi; in una lunghezza complessiva di 11,6 km.
Ci sono 2500 metri di granito dell’Aiguille du Midi sopra le teste degli automobilisti che attraversano il traforo. La scommessa di poter oltrepassare il Monte Bianco in una manciata di minuti anzichè in tre giorni (tanto era il tempo necessario per sconfinare a piedi) è stata vinta a caro prezzo: 17 operai morirono nei lavori di costruzione del tunnel (tre sotto le valanghe). C’è una terza data che ha segnato la storia della galleria: il 24 marzo 1999, quando un Tir belga carico di farina e margarina entrò con un principio d’incendio al motore. Fu una catastrofe: nel rogo morirono 39 persone, decine di camion e auto vennero sciolti da un calore che, nel cuore del tunnel, raggiunse i mille gradi. I vigili del fuoco di entrambi i Paesi impiegarono due giorni prima di spegnere le fiamme. Due anni più tardi, nel cuore del traforo incenerito, si respirava ancora a fatica.
Italia e Francia diedero il via a lavori da 380 milioni di euro per rifare il tunnel e, soprattutto, renderlo invulnerabile: fino ad oggi è stata vinta anche questa scommessa. La galleria, dalla riapertura nel 2002, è un formidabile concentrato di tecnologia: 35 mila punti di controllo, 37 rifugi termici, 120 telecamere, 12 frequenze radio per messaggi in tre lingue, un cavo termometrico dotato di 3860 sensori, 10 radar che misurano la velocità (è stato introdotto il limite dei 70 km/h) e altri 10 che misurano la distanza dei veicoli (mai inferiore ai 150 metri). Tutto ciò per far scorrere senza ostacoli quel fiume di camion e auto che, 365 giorni l’anno e 24 ore su 24, attraversa la montagna più alta d’Europa in 12 minuti.
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