Le dighe di solito migliorano la vita con l'energia elettrica e l'acqua per irrigare i campi. Ma in molti casi, se non vengono realizzate con il rispetto della natura e il consenso delle popolazioni interessate, portano devastazioni e povertà. Indios di mezzo mondo combattono da anni contro le multinazionali che stanno mutilando le loro terre. Ora una diga rischia di prosciugare il lago africano dove risalirebbero le origini dell'uomo.
Accade in Kenya, al confine tra Etiopia e Sudan, sul lago che una volta si chiamava Rodolfo e ora Turkana e si estende, lungo e stretto, per 8600 km quadrati.
Il nome del grande sbarramento (alto 243 metri) voluto dal governo di Addis Abeba è Gilgel Gibe III. Una volta completato, dovrebbe fornire 1860 megawatt di energia idroelettrica e l'acqua necessaria per irrigare 150 mila ettari di terreno. La diga dovrebbe essere inaugurata prima della fine dell'anno. Però, secondo gli ambientalisti, è a rischio il lago attorno al quale i primi umani si sarebbero eretti sulle due gambe, cominciando a camminare. Per questi motivi storici, è uno di quei luoghi che l'Unesco ha definito "patrimonio dell'umanità", e quindi da salvare.
«Il risultato del progetto sarebbe un altro disastro del tipo Arai», ha scritto l'esperto idrologo Sean Avery in un rapporto pubblicato dall'Università di Oxford, ricordando il più grande lago del mondo prosciugato dai sistemi di irrigazione dell'Urss. Il Turkana, secondo i suoi calcoli, passerebbe da 30 metri di profondità a meno di 10. E cioè si trasformerebbe in due grandi pozze alimentate dai fiumi Orno, Kerio e Turkwel, facendo emergere piccole isole vulcaniche. Il livello di salinità sarebbe tale da non permettere la vita ai pesci, ai coccodrilli e agli ippopotami.
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