Se abitaste in un Paese del Medio Oriente o in una zona dell’Africa dove bisogna camminare per diversi chilometri per trovarla e riempire qualche secchio, avreste già la risposta. Ma vivete dove si dà per scontata l’acqua aprendo semplicemente il rubinetto, quindi forse non vi rendete conto di quanta ne vada sprecata.
Solo per bere, lavarsi, cucinare, pulire piatti e pavimenti, usare la lavatrice e annaffiare le piante, ogni italiano ne consuma in media circa 250 litri ogni giorno, più o meno l’equivalente di due vasche da bagno piene. Nella classifica mondiale del consumo d’acqua per usi domestici soltanto statunitensi e canadesi fanno peggio degli italiani.
Eppure faremmo bene a evitare gli sprechi perché sempre più spesso, durante l’estate e soprattutto nelle regioni meridionali del Paese, qualche comune resta all’asciutto e l’acqua deve essere razionata in alcuni momenti della giornata. Bisogna anche considerare la grande quantità del prezioso liquido che viene persa prima ancora di arrivare al rubinetto. Secondo l’ultimo censimento delle risorse idriche dell’Istituto Nazionale di Statistica i tubi dei nostri acquedotti sono cosi vecchi e fatiscenti che perdono quasi la metà dell’acqua che trasportano. Un incredibile spreco di cui si conosce la portata, ma sul quale non si interviene perché non si trovano mai i modi per migliorare la situazione, anche a causa di politici e amministratori poco sensibili, che pensano all’acqua come a una risorsa inesauribile. Ma si sbagliano. L’utilizzo di grosse quantità per l’agricoltura, l’allevamentoe l'industria, gli sprechi dovuti al nostro stile di vita e agli acquedotti colabrodo, sommati ai cambiamenti climatici, che stanno modificando la quantità di precipitazioni (pioggia e neve) che cade sulle regioni tradizionalmente ricche d’acqua, come quelle alpine, iniziano a causare un impatto negativo sulla disponibilità idrica.
E se queste informazioni non fossero sufficienti a spiegare perché l’acqua e l’oro del futuro, potrebbero aiutate i dati delle Nazioni Unite: nel mondo quasi un miliardo di persone non ha in casa l’acqua potabile e oltre due miliardi e mezzo non hanno servizi igienici adeguati, condizioni che provocano la diffusione di infezioni pericolose. D’altro canto la popolazione mondiale aumenta a un ritmo vertiginoso e i bisogni, soprattutto di cibo, stanno esplodendo. Ogni dieci litri consumati sul Pianeta sette sono utilizzati per irrigare i campi. Oggi serve così tanta acqua per fare crescere i vegetali, per mantenere gli allevamenti intensivi di animali, ma anche per produrre energia idroelettrica, che è prassi comune prelevarla in modo indiscriminato dai fiumi e dai laghi…
Ne sanno qualcosa dalle parti del lago d’Aral, in Asia centrale, che è diventato uno degli esempi più eclatanti di come l’uomo possa provocare disastri ambientali. Nel 1950 era il quarto lago più grande del mondo e uno dei principali centri per la produzione di caviale, poi i sovietici cominciarono a deviare l'acqua dei suoi fiumi immissari per irrigare immensi campi di cotone e in breve il lago cominciò a prosciugarsi. In sessant’anni la linea di costa è arretrata di centinaia di chilometri e oggi la superficie del lago è ridotta a un fazzoletto grande un decimo rispetto al passato. Ma non basta. Sono scomparsi quasi tutti i pesci e, di conseguenza, decine di migliaia di pescatori hanno perso il lavoro e sono stati costretti a emigrare. Una sorte peggiore è toccata alla fauna che abitava il lago. Per finire, i sali e i pesticidi che erano stati riversati nelle sue acque si sono depositati sul , fondo, ormai asciutto, creando un ambiente malsano e invivibile. Questo del lago d’Aral è un esempio-limite, ma è importante perché fa capire come l’uomo non possa permettersi di considerare l’acqua un bene scontato.
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