mercoledì 11 maggio 2011

Nella follia del traffico

gorilla.jpgL'automobilista che urla, sgomma e rischia la vita nel traffico, guadagna un minuto ogni 40 chilometri: niente. È una delle tante e sorprendenti conclusioni cui è arrivato l'americano Tom Venderbilt, autore di una ricerca che, con il titolo di "Traffic", raccoglie una grande quantità di dati statistici, pareri di antropologi, psicologi, tecnici e assessori alla viabilità. Dopo tre anni di indagini, lo studioso ha concluso che guidare diventa ogni anno più sicuro, ma non per merito nostro. A parità di incidenti corrispondono meno vittime, ma il merito è delle cinture di sicurezza, degli air-bag e dei progressi della medicina d'urgenza, non della prudenza.

"L'anonimato è una potente droga", scrive l'autore. E, dal momento che non sappiamo chi ci taglia la strada, viene facile imprecargli contro. È la mancanza di contatto visivo a farci diventare più idioti, al punto che i piloti delle decappottabili danno meno in escandescenze. Chiusi nell'auto, spiegano gli psicologi, regrediamo all'infanzia e reagiamo gridando, o con quel surrogato dell'urto che è il clacson. La medesima frustrazione ci fa pestare sull'acceleratore. Ancora: la sensazione di superiorità dello stare seduti più in alto, come nei suv, favorisce i crash, che invece diminuiscono se c'è un passeggero a bordo.

Nel 2010 in Italia sono morte oltre 5 mila persone sulle strade e gli incidenti ogni anno costano alla collettività circa 35 miliardi di euro. Nel nostro Paese l'alcol è la causa principale di oltre 4 mila incidenti. E ancora: il tempo medio per andare al lavoro in auto, nel mondo, è di 1 ora e 6 minuti; un'auto resta parcheggiata, in media, il 95% del tempo; negli Stati Uniti l'esame per la patente è una barzelletta: 20 minuti di pratica, rispondi a 20 domande e via. In Gran Bretagna la driving license richiede in media 2,6 tentativi e il risultato è che incidenti e mortalità sono una frazione rispetto agli Usa.

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