Le sabbie bituminose, tra le fonti energetiche peggiori per clima e ambiente, potrebbero attirare 379 miliardi di dollari di investimenti da qui al 2025. Capitali che potrebbero certamente essere investiti più saggiamente, spiega un report del WWF. Un esercizio teorico che fa riflettere.
Un crimine contro il pianeta e un grande spreco di denaro. Con le riserve, secondo molti, già in fase di esaurimento e il prezzo del barile destinato inevitabilmente ad aumentare (Qualenergia.it – “Inizia la decade del picco petrolifero?"), i grandi del petrolio continuano a scommettere sulle sabbie bituminose, tra i prodotti petroliferi quello con il peggior bilancio in termini di emissioni e l’impatto ambientale più devastante. Centinaia di miliardi di dollari che potrebbero essere spesi in modo più lungimirante.
Solo in Canada, da qui al 2025, si parla di investimenti nelle sabbie per 379 miliardi di dollari. Una cifra che, se non fosse usata per rincorrere il petrolio sulla sua ultima sporca spiaggia, sarebbe sufficiente a compiere passi fondamentali per la decarbonizzazione dell’economia mondiale, come la realizzazione del progetto Desertec per il solare a concentrazione in Nord Africa o l’elettrificazione dei trasporti in Europa. Sono i conti e le ipotesi fatti dal WWF nell’ultimo rapporto sulla questione.
Dalle sabbie bituminose attualmente si ricavano 1,3 milioni di barili al giorno (bpd). Le stime per il futuro sono di poter arrivare fino a 6,2 milioni bpd. Per raggiungere i 4 milioni bpd, secondo il Canadian Energy Research Institute, servirebbero da qui al 2025 investimenti per 379 mld $. Soldi che le grandi del petrolio sembrano intenzionate ad investire: in prima linea nell’affare delle sabbie Shell e BP. Ma anche la nostra Eni sta puntando a grandi investimenti su questa fonte in Congo (Qualenergia.it – “Investimenti discutibili dell’Eni in Congo”).
Se realizzati, questi progetti si tradurrebbero in un’impennata della CO2: un barile di petrolio dalle sabbie, per via del laborioso processo di estrazione e raffinazione, comporta il triplo delle emissioni rispetto a uno di greggio convenzionale. Se metà delle riserve provate di sabbie in Canada (174 miliardi di barili) fossero sfruttate entro il 2050 - calcola il WWF - questo si tradurrebbe in emissioni per 50 miliardi di tonnellate di CO2: 290 volte le emissioni annuali del settore elettrico britannico. Un pessimo affare per il pianeta anche senza contare gli altri devastanti impatti ambientali di questa forma di estrazione, che nell’Alberta al posto della foresta boreale sta lasciando un deserto punteggiato di laghi tossici (Qualenergia.it – “L’ultima spiaggia del petrolio”).
L’opportunità, anche dal punto di vista economico, degli investimenti in questa fonte sporca d’altra parte è oggetto dei dubbi anche di molti azionisti delle stesse grandi società petrolifere (Qualenergia.it – “Le sabbie bituminose non piacciono agli azionisti Shell”). E se questi soldi fossero spesi diversamente? Gli investimenti che si potrebbero fare sono molti. I 379 miliardi che potrebbero andare alle sabbie ad esempio - si legge nel report - sarebbero sufficienti, come detto, a finanziare completamente il progetto Desertec, che prevede la costruzione di centrali di solare a concentrazione nei deserti nordafricani per arrivare a fornire al 2050 fino al 15% dell’elettricità europea (Qualenergia.it - "Desertec, l'elettricità solare in Europa già dal 2015?").
Oppure potrebbero essere usati per convertire all’elettricità la mobilità europea: con quei soldi – calcola il WWF – si potrebbero realizzare nel continente 93 milioni di punti di ricarica. per veicoli elettrici. Ma nel campo dell’energia, investimenti più intelligenti non mancano certo: con 379 mld $ si potrebbe rivoluzionare il sistema energetico del Regno Unito o fare interventi di riqualificazione energetica per 10mila sterline l’una su ognuna delle 25 milioni di case britanniche. E se si investissero in una fonte più pulita e con maggiori potenzialità come l’eolico?
Ma con i soldi da destinare alle sabbie bituminose, continua il report, si potrebbe fare molto anche per quegli obiettivi di sviluppo che nel 2000 all’Onu 189 nazioni si sono impegnate a raggiungere entro il 2015, i cosiddetti “Millennium Development Goals”, come dimezzare la povertà estrema, fermare la diffusione dell’HIV e promuovere l’educazione universale. Con 379 mld $ - sottolinea il WWF – si potrebbe fornire istruzione primaria ad ogni bambino nel mondo entro il 2015 e dimezzare il numero di chi non ha adeguato accesso ad acqua e cure sanitarie.
Insomma, sarebbero un’infinità le spese più intelligenti rispetto ad investire in una fonte energetica vecchia, che condannerebbe il pianeta al disastro climatico e la cui redditività economica è a rischio qualora si arrivasse a dare un prezzo adeguato alla CO2 a livello mondiale. L’esercizio teorico che il WWF fa nel suo studio ci fa rendere conto ancora una volta di come questo sistema economico porti a scelte spesso miopi e suicide e che potrebbero benissimo essere evitate. Ma anche questo è il libero mercato.
(Qualenergia.it)
meno male ke eravamo in crisi.............................!!
RispondiElimina