mercoledì 29 luglio 2009

Bill Gates chiude il profilo su Facebook

GATES--140x180.JPGDiecimila richieste di amici­zia. Troppe, anche per uno che ha trascorso gran parte della sua vita davanti allo schermo di un computer. E che grazie alle nuove tecnolo­gie ha accumulato una enor­me fortuna. Ma a tutto c’è un limite e così, alla fine, Bill Ga­tes ha deciso di dire basta a Facebook. Il fondatore della Microsoft ha chiuso il pro­prio profilo sul popolarissi­mo social network. Il moti­vo? «Mi sono reso conto che si trattava di un’enorme per­dita di tempo» ha spiegato. La lista di contatti «in attesa di approvazione» era diventa­ta troppo lunga: impossibile distinguere i veri amici dagli sconosciuti, dai semplici fan o dagli scocciatori. Tutti lì a chiedere di entrare nella ristretta cerchia di contatti di Bill. «Era diventato ingestibile, alla fine ho dovuto rinunciare » ha ammesso Gates. Un clic sul tasto «disattiva account » e la sua pagina perso­nale - che a quanto pare con­tava poco più di cento amici ­è sparita dalla Rete.

«La rivoluzione informati­ca è stata di enorme benefi­cio » ha spiegato Gates a Nuo­va Delhi, dove si trovava per ricevere il premio 'Indira Gandhi for Peace Disarma­ment and Development' asse­gnato alla sua fondazione umanitaria, la 'Bill and Melin­da Gates Foundation' (la cui pagina su Facebook resta co­munque attiva). «Ma se non stiamo attenti - ha aggiunto subito dopo - le tecnologie possono trasformarsi in una perdita di tempo». Altro che semplificare la vita: tra amici­zie, gruppi, foto da taggare, video da linkare, eventi a cui partecipare e messaggi in ba­checa il rischio è quello di tra­scorrere un mucchio di ore davanti alla tastiera del pc. Un lusso che nemmeno un ti­po come Gates può permet­tersi. Il popolo del 'Sesto Conti­nente' ha perso dunque uno dei suoi cittadini più illustri. Ma quella di Bill Gates non è una scelta isolata. Facebook continua a crescere a ritmo impressionante, tanto che a metà luglio ha superato i 250 milioni di utenti: un successo che al momento non conosce crisi. Eppure non mancano gli iscritti che, stanchi o delu­si, hanno deciso di abbando­nare il social network, o pro­mettono di farlo presto.

Su In­ternet si moltiplicano i grup­pi degli scontenti: da 'Goo­dbye Facebook' a 'quelli stufi di Facebook'. E se in ogni caso i vip che utilizzano i social network per mantenere i contatti con i fan sono sempre più numero­si (la coppia Demi Moo­re- Ashton Kutcher è attivissi­ma su Twitter), non manca­no altri esempi celebri tra quelli che si sono 'pentiti'. Tanto per fare qualche nome di casa nostra, a metà aprile era stata Daria Bignardi ad an­nunciare sul proprio blog la decisione di abbandonare Fa­cebook. «Non sono fatta per amare a metà - aveva scritto la conduttrice - o tutto o nien­te, la vita impone già abba­stanza compromessi. Ma con 4.959 amici e 7.096 in attesa di essere accettati, capite che mi sta venendo l’angoscia?». Fatte le debite proporzioni, anche lei era alle prese con lo stesso problema di Bill. Nicco­lò Ammaniti ha deciso di 'sui­cidarsi' da Facebook, come si dice in gergo, dopo soli due mesi di permanenza: «È an­che uno strumento interes­sante - aveva spiegato tempo fa - ma per uno come me che vive di fronte al computer al­la fine si rivelava una distra­zione enorme». Un altro che ha abbandonato Facebook è la iena Paolo Kessisoglu: «Non mi ha preso - ha raccon­tato - perché è un mezzo che assicura la quantità e non la qualità».

(il corriere della sera)

lunedì 27 luglio 2009

Wernher von Braun e la conquista dello spazio

von braun nasa.jpgLa circostanza del''anniversario dello sbarco dell'uomo sulla Luna - 20 luglio 1969 - mi sembra propizia per conoscere almeno un po' la storia dell'uomo che con le sue ricerche ha reso possibile all'uomo l'avventura nello spazio.

La storia di uno dei padri della tecnica moderna e una delle avventure più affascinanti dell'umanità —la conquista dello spazio— hanno avuto inizio con i giochi e i sogni di un bambino di una famiglia di nobili origini della Germania Orientale : Wernher von Braun. Wernher Magnus Maximilian von Braun nacque il 23 marzo 1912 a Wirsitz, , figlio del barone Magnus Freiherr e di Emmy von Quistorp.

Nel 1963 così raccontava la sua infanzia e la nascita della sua vocazione professionale: “Quando avevo 12 anni rimasi affascinato dagli incredibili record di velocità stabiliti da Max Valier e Fritz von Opel. Così tentai il mio primo esperimento pratico di razzo. Assomigliò al tentativo compiuto nel 1500 da un cinese di nome Wan Hoo.” Wan Hoo voleva essere il primo uomo ad andare sulla Luna e per fare ciò legò ad una sedia 47 razzi; purtroppo il coraggioso Wan Hoo scomparve in una esplosione di fiamme e di fumo… Il giovane von Braun attaccò una dozzina di missili ad un carretto giocattolo che però “mancandogli il coraggio e la determinazione di WanHoo” era senza pilota. Il carretto partì per una folle corsa attraverso le vie principali della sua città, “lasciando una scia di fuoco come una cometa”, e si schiantò con uno scoppio fragoroso. “Gli agenti della polizia che arrivarono tardi per l'inizio del mio esperimento, ma in tempo per il gran finale, non furono certo riconoscenti. Mi presero subito in custodia. Fortunatamente, non c'erano feriti e fui consegnato al Ministro dell'Agricoltura (mio padre).”

Successivamente, von Braun frequentò le scuole a Berlino e in questo periodo crebbe in lui la passione per l'astronomia e per i viaggi spaziali. Lesse Die Rakete zu den Planetenräumen (Il razzo nello spazio interplanetario) di Hermann Oberth, ma poiché il libro è pieno di formule matematiche e fisiche il giovane von Braun si chiese: “Come posso capire quello che quest'uomo sta dicendo?”. I suoi studi di matematica e fisica erano ancora piuttosto scarsi perché, a quanto pare, era in quel tempo troppo impegnato a costruire macchine riciclando pezzi di vecchie auto. Così per capire Oberth, von Braun decise di impegnarsi di più nelle materie scientifiche.

La madre alimentò nel giovane queste inclinazioni. “Per la Cresima , non ricevetti, come tutti i miei compagni luterani, il primo paio di pantaloni lunghi e un bell'orologio da polso, ma un telescopio. Mia madre pensava che fosse il regalo migliore.” Prima di andare a letto, per circa un'ora o due, il piccolo Wernher osservava le stelle con il telescopio, appassionandosi sempre più all'astronomia. Le letture di J. Verne ed H.G. Wells fecero il resto, mettendo le ali ai sogni di Von Braun che si convinse sempre di più della possibilità dell'esplorazione spaziale.

Nel 1929 aderì alla Società tedesca per i viaggi spaziali e con questo gruppo cominciarono i primi esperimenti sui razzi, che attirarono ben presto l'attenzione di molti scienziati, nonché della commissione tecnica del Reichswehr, l'esercito tedesco. Il primo Novembre 1932 iniziò a lavorare per l'esercitò tedesco sotto la guida di Walter Dornberger. Nello stesso anno si diplomò in ingegneria aeronautica presso l'Istituto Tecnico di Berlino. Due anni più tardi completò il dottorato in fisica con una tesi sui problemi teorici e applicativi della propulsione a razzo a combustibile liquido intitolata Konstruktive, theoretische und experimentelle Beiträge zu dem Problem der Flüssigkeitsrakete (Osservazioni costruttive e sperimentali intorno al problema della propulsione a razzo con combustibile liquido) che venne classificata come geheime Kommandosache (oggetto strategico segreto) e quindi non venne pubblicata.

Nel 1933 Hitler prese il potere in Germania e nello stesso anno von Braun ottenne il brevetto di pilota. Nel dicembre del 1934 il gruppo di Von Braun lanciò, dall'isola di Borkum, due razzi Aggregat-2, soprannominato “Max und Moritz” dal nome di due personaggi dei fumetti tedeschi, che arrivano a 2,5 chilometri di altezza.

Nel 1935 entrò nel gruppo di ricerca missilistica dell'esercito a seguito della chiusura da parte di Göbbels della Società tedesca per i viaggi spaziali. Nel 1936 il gruppo di ingegneri guidato da von Braun abbandonò il sito di Kummersdorf e si trasferì a Peenemünde, località sul Baltico. Nel 1937 von Braun assunse la direzione della nuova base e al suo gruppo venne affidata la realizzazione dei primi missili a media gittata, a combustibile liquido e con esplosivo convenzionale (V-1,V-2). Il primo volo di una V-2 fu dell'ottobre del 1942. Queste armi (circa 6000 esemplari di V-2) furono poi impegnate per bombardare Inghilterra e Belgio.

Nel 1945 il 2 maggio von Braun e Dornberger si arresero agli Alleati e insieme a circa 120 persone, tra tecnici ed ingegneri, furono trasferiti prima a Fort Bliss, in Texas, poi a White Sands nel New Mexico.

Il primo marzo del 1947 sposò, nella locale chiesa luterana, Maria von Quistop una cugina di secondo grado. La prima figlia, Iris, nacque l'anno seguente. Nel 1950 si stabilì a Huntsville, presso il Redstone Arsenal in Alabama e divenne direttore tecnico del programma dell'esercito per le armi balistiche, carica che mantenne sino al 1956. In questo periodo sviluppò il missile balistico a medio raggio Reditone (con propulsione a ossigeno liquido e miscela di acqua-alcol), fondamentalmente una evoluzione diretta del V-2.

Nel 1952 presentò il primo progetto per l'esplorazione di Marte e un progetto per una stazione orbitante di 75 metri di diametro sulla rivista Collier's . Nello stesso anno nacque la seconda figlia Margrit e pubblicò Across the Space Frontier (New York: Viking Press). In questo periodo collaborò con Walt Disney per tre serie televisive sull'esplorazione dello spazio, allo scopo di far conoscere i viaggi spaziali al grande pubblico.

Nel 1953 uscirono I suoi volumi Conquest of the Moon ( New York : Viking Press), Man on the Moon ( London : Sidgwick and Jackson ), e Mars Project ( Urbana : University of Illinois Press ). Nel 1955 divenne cittadino statunitense e l'anno successivo pubblicò Exploration of Mars (New York: Viking Press). Nel 1960 pubblicò First Men to the Moon ( New York : Holt, Rinehart and Winston) e nel 1966 History of Rocketry and Space Travel ( New York : Crowell)

Il 31 gennaio del 1958 il gruppo di von Braun aveva frattanto lanciato l'Explorer I, il primo satellite statunitense, con un missile della classe Juno I (razzi a quattro stadi). Il 3 marzo 1959 un vettore della classe Juno II lanciò la sonda Pioneer IV, che per prima aggirò la Luna. Il 29 luglio nasce la NASA , National Astronautics and Space Administration. Un anno dopo diventerà direttore del centro NASA di Redstone, carica che ricoprì fino al febbraio 1970. Nel febbraio del 1960 venne collaudato con successo il missile a due stadi a combustibile solido Pershing e infine, nel luglio del 1969 il Saturno V, sviluppato dal gruppo di von Braun, portò in orbita l'Apollo 11, missione che condusse al primo allunaggio umano sul nostro satellite. Tra il 1969 e il 1971 vettori dello stesso tipo porteranno 12 astronauti sulla Luna.

Nel 1970 von Braun divenne Deputy associate administrator della NASA, trasferendosi a Washington. Ma solo due anni più tardi, nel 1972, lasciò la NASA per “incompatibilità di ideali”, divenendo vicepresidente della Fairchild Industries, carica dalla quale si ritirò al termine del 1976. Nel 1975 aveva fondato il National Space Institute, associazione privata per la sensibilizzazione del pubblico sulle attività spaziali. Muore il 16 giugno 1977 ad Alexandria, in Virginia, per un tumore allo stomaco.

La vita di von Braun fu tutta dedicata alla realizzazione di un sogno: sviluppare la tecnologia necessaria a permettere all'uomo di fare i viaggi nello spazio. Le inclinazioni nate nella prima infanzia si svilupparono attraverso diverse esperienze e scelte a volte discutibili. Il 22 giugno 1977, durante la cerimonia commemorativa alla Washington's National Cathedral, il presidente degli Stati Uniti Carter ricordò von Braun come “ un uomo dalle chiare visioni […]. Non solo per il popolo americano ma tutto il mondo ha avuto vantaggi dal suo lavoro.”

Va anche sottolineato che la sua chiara visione nelle scelte tecnologiche fu sempre accompagnata da un'altrettanto chiara visione di fede. Dopo che gli astronauti fecero il loro ritorno sulla Terra un giornalista chiese a von Braun: “Dr. von Braun che cosa ha pensato dopo avere dato il suo “si” finale una settimana fa?”. La sua risposta fu: “Ho detto in silenzio la preghiera del Signore”. Luterano convinto, nei suoi interventi e in diverse lettere parlò più volte delle sue convinzioni religiose. “Per me, l'idea di una creazione non è concepibile senza invocare la necessità del disegno. Non si può essere esposti alla legge e all'ordine dell'universo senza concludere che deve esserci un disegno e uno scopo dietro tutto.” Il suo pensiero sul rapporto tra scienza e fede è semplice: “Per me la scienza e la religione sono due finestre di una casa, attraverso le quali noi vediamo la realtà del Creatore e le leggi che si manifestano nelle sue creature”, affermò in una occasione. In un articolo, dopo aver osservato che in natura nulla scompare senza traccia e che la natura non conosce l'estinzione ma tutto trasforma, concluse: “Tutto quello che la scienza mi ha insegnato —e continua ad insegnarmi— rafforza la mia credenza nella continuazione della nostra esistenza spirituale dopo la morte.”

È interessante prendere atto che l'umanità ha fatto un passo enorme nella conoscenza dell'universo in cui vive, e ha potuto per la prima volta mettere piede su un corpo celeste diverso dalla pianeta Terra, grazie ai sogni e alle monellerie di un uomo che nella sua esistenza ha saputo mantenere vive la capacità di stupirsi e di credere nell'opera creatrice di Dio.

venerdì 17 luglio 2009

Legambiente: Comuni Ricicloni 2009

MWSnap134.jpgOgni anno Comuni Ricicloni, la classifica di Legambiente, ci restituisce un’immagine dell’Italia più attiva, più forte, ogni anno con molte sorprese positive.

Quest’anno per diventare Comune Riciclone bisognava aver superato la soglia del 45% di raccolta differenziata, che altro non è che l’obiettivo del Testo Unico (la legge sui rifiuti) per il 2008. Non solo. Per i comuni sotto i 10.000 abitanti delle regioni del Nord Italia era necessario raggiungere il 55%.

Alcuni potevano pensare che avremmo premiato meno Comuni. Così non è stato: sono quasi 1300 quest’anno i Comuni che ricevono l’attestato, per la precisione 1280, 200 in più rispetto allo scorso anno.

Ben due terzi dei comuni veneti sono ricicloni, un risultato che tiene a lunga distanza gli antagonisti lombardi che rimangono su risultati più contenuti incalzati dal Friuli e dal Piemonte (siamo quarti, non male).

E’ nella classifica dei Comuni oltre i 10.000 abitanti che risulta più evidente la supremazia veneta e in particolare della provincia di Treviso che nelle prime 15 posizioni vanta ben 13 comuni. Tra i piccoli comuni, invece, nelle prime trenta posizioni troviamo ben 29 realtà del nord est dislocate tra Veneto e Trentino Alto Adige.

Da sottolineare positivamente l’avanzata delle e la Sardegna che pur non guadagnando primi posti, ottiene un premio come Regione, segnali evidenti che la politica di incentivi e disincentivi adottata dalla Regione Sardegna sta dando i risultati attesi, visto che è passata dal 3% di raccolta differenziata del 2002 al 38% a fine 2008.

Sono, per contro, anche troppo evidenti alcune assenze: Liguria, Molise e Puglia stanno “annegando” nelle discariche e ancora sono veramente rari i comuni che ci stanno provando.

Analizzando le graduatorie dei ricicloni del sud, che sono 131, emerge che gli esempi di buona gestione sono fondamentalmente distribuiti in due regioni: Campania (115 ricicloni, di cui la metà in provincia di Salerno) e Sardegna (45).

I capoluoghi ricicloni sono in totale 20 di cui 19 nel nord Italia. Ben 6 sono distribuiti in Piemonte, 4 in Lombardia e 4 nel Veneto che, anche nelle grandi città confermano la diffusione di buoni servizi di gestione dei rifiuti.

La sorpresa delle sorprese però è data da Salerno. Città capoluogo, in Campania!!! Comune Riciclone al 45%. L’unico capoluogo a esserlo in tutta l’Italia del centro-sud. Dimostrazione che dall’emergenza si può uscire, che i modi per farlo ci sono.

La gestione dei rifiuti a livello consortile (più comuni riuniti – il nostro consorzio è CSEA) conferma la validità di sistemi di raccolta e servizi uniformi su ampie aree di territorio. Oltre la metà dei ricicloni gode del servizio offerto da un consorzio e i circa 6,3 milioni di abitanti che ne beneficiano sono tutti residenti nel nord Italia, di cui la metà nel nord est.

Complessivamente, i cittadini che hanno contribuito ai risultati di Comuni Ricicloni 2009 sono più di 10 milioni, il 18% della popolazione italiana.

Un’altra sorpresa: con il semplice gesto di differenziare i rifiuti, questi 10 milioni di cittadini hanno evitato l’immissione in atmosfera di circa 1 milione di tonnellate di CO2.

sintesi dossier_2009 comuni ricicloni.pdf

 

 

mercoledì 15 luglio 2009

Energia eolica, è scontro

eolico.jpgÈ polemica sull'energia eolica. Da una parte, Coldiretti, Amici della Terra, Italia Nostra e altre sigle denunciano che "la speculazione dell'eolico fa strage di aquile"; dall'altra, i produttori di energia rinnovabile respingono " le accuse senza fondamento diffuse oggi da alcune associazioni che vedono nell'energia dal vento un elemento di devastazione del paesaggio nazionale", mentre Legambiente ribadisce che l'eolico serve e commenta le posizioni dei contrari come "assurdità senza senso nell'interesse delle lobby del carbone e del nucleare". Dura presa di posizione da Greenpeace Italia, ISES Italia e Kyoto Club: "Chi attacca l'eolico non vuole salvare il clima".

L'occasione è rappresentata da un incontro convocato da Coldiretti e da una rete di associazioni contrarie all'eolico e per le quali " "è purtroppo assai facile prevedere che nel giro di pochi anni assisteremo alla scomparsa pressoché totale dall' intero Appennino e dalla Sicilia, dell'aquila reale, dell'aquila del Bonelli, del grifone, del capovaccaio, del nibbio reale, nonché ad una forte diminuzione di molte altre, tra cui diversi migratori". La denuncia è che le aree montane e collinari di pregio siano tutte investite da "qualche progetto di costruzione di centrali eoliche di tipo industriale con aerogeneratori alti 100-150 metri e più e pale rotanti lunghe diverse decine di metri".

Secondo quanto ha detto Coldiretti durante l'incontro dal titolo "La speculazione dell'eolico - palazzinari dell'energia", "lo sviluppo dell'energia eolica ha già trasformato in deserto un territorio grande quanto una autostrada di oltre 10mila chilometri inibito alla coltivazione e al pascolo per far spazio alle aree di rispetto di piu' di 3600 torri eoliche presenti in Italia, che si è classificata nel 2008 al sesto posto nel mondo con una potenza eolica istallata di 3750 MW in aumento del 35 per cento in un anno".

Non ci sta l'Associazione Produttori Energia da Fonti Rinnovabili (APER) per la quale "sono sempre di più i pregiudizi che si accumulano intorno all'energia eolica, accusata immotivatamente di essere il peggior nemico dell'ambiente", e proposta come un danno per il paesaggio e uno spreco di denaro. "Bisognerebbe ricordare a questi signori - commenta Roberto Longo, presidente di APER - che l'eolico da solo produce oltre 6 TWh di energia pulita, apporto che non si può certo definire ininfluente e che, al contrario, riveste un'importanza chiave nel raggiungimento dei livelli minimi di produzione di energia rinnovabile, per soddisfare gli obblighi recentemente imposti dalle direttive comunitarie e come già accade in altri paesi (Spagna, Germania, Danimarca,..) dove l'eolico fornisce già oggi un contributo cospicuo al mix energetico".

"A nostro avviso - prosegue - l'unico pericolo per il nostro paesaggio e per il nostro futuro è l'atteggiamento miope e preconcetto di quei soggetti il cui impegno è volto unicamente a creare disinformazione e comitati del no, ostacolando l'utilizzo intelligente delle nostre risorse naturali, accettato e sviluppato ovunque, ma in eterno ritardo da noi".

Dura anche la posizione di Legambiente, schierata a deciso sostegno dell'energia eolica: "Coloro che boicottano lo sviluppo dell'eolico non fanno l'interesse del Paese né quello dell'ambiente - afferma l'associazione - Piuttosto sembrano agire per quello delle lobby del carbone e del nucleare, fonti che non aiuteranno certo l'Italia a ridurre inquinamento e CO2 e a rispettare gli impegni presi nello lotta al mutamento climatico".

"E' stupefacente - continua l'associazione ambientalista - che, mentre in tutto il mondo ci si confronta sui cambiamenti climatici per capire le conseguenze di un aumento delle temperature dovuto alla crescita dei gas serra e si cerca di trovare un accordo internazionale che impegni i Governi a ridurre le emissioni e a condividere tecnologie e soluzioni, qualcuno in Italia faccia la guerra all'eolico, praticamente la fonte che a livello mondiale è in maggiore e costante crescita (+22% di crescita annua) e che in molti Paesi europei è già un pezzo importante degli approvvigionamenti elettrici come in Danimarca ( 20%), Spagna (12%), Portogallo (9%) e Germania (7%)".

Secondo Legambiente, che cita dati Terna, la produzione di eolico in Italia è aumentata del 12,3% sul 2008, mentre per quanto riguarda la tutela del paesaggio "le norme regionali già in vigore impediscono la realizzazione d'impianti eolici in larga parte delle aree vincolate, cosa che non viene fatta con altrettanta attenzione nel caso di progetti di autostrade, centrali elettriche da fonti fossili, consumo di suolo e cave".

L'associazione annuncia che continuerà il suo impegno a favore dell'eolico e di una sua forte diffusione compatibile con l'ambiente e il paesaggio italiano. "Intanto - conclude - festeggiamo una notizia arrivata proprio in questi giorni: in Italia si è superata la soglia di 4000MW, sono esattamente 4067, in circa 250 Comuni italiani su 8 mila".

"Chi attacca l'eolico non vuole salvare il clima": questo quanto ribadiscono in un comunicato congiunto Greenpeace Italia, ISES Italia e Kyoto Club nei confronti delle associazioni che "attaccano in modo pretestuoso e privo di fondamento l'energia eolica". "Gli obiettivi europei al 2020 prevedono, per il settore elettrico in Italia, un incremento della produzione da fonti rinnovabili di 50-54 TWh (miliardi di kWh) - affermano le associazioni - Il potenziale dell'eolico al 2020, limitato dai criteri ambientali definiti da un protocollo tra produttori e associazioni ambientaliste, è di 16 GW per una produzione totale di 27 TWh. In sostanza, circa metà dell'obiettivo al 2020 si può coprire con l'eolico".

"L'eolico non produce emissioni, non produce scorie e non determina modifiche irreversibili del paesaggio. Attaccare l'eolico significa di fatto attaccare gli obiettivi europei e non aver capito che il cambiamento del clima è l'emergenza ambientale del secolo - commenta Giuseppe Onufrio, direttore di Greenpeace Italia - L'atteggiamento antieolico preconcetto e infondato è ambientalmente inaccettabile mentre la casa brucia, a causa del riscaldamento globale, qualcuno anziché portare l'acqua per spegnere il fuoco si preoccupa se qualche goccia casca sul tappeto".

Tu che da che parte stai?

venerdì 10 luglio 2009

Gli italiani spendono per farmaci il doppio di frutta e verdura

frutta.JPGPer le medicine gli italiani spendono quasi il doppio rispetto alla frutta e verdura il cui consumo potrebbe sicuramente favorire un minor ricorso ai farmaci secondo l'antico proverbio.

E' quanto afferma l'Associazione dei Coltivatori diretti nel commentare il rapporto dell'Istituto Superiore di Sanita' e dell'Agenzia italiana del farmaco dal quale emerge che la spesa farmaceutica totale è stata di 24,4 miliardi di euro.

Si tratta, sottolinea la Coldiretti, di un valore che è quasi il doppio della spesa per frutta e verdura fresche e per ortaggi surgelati delle famiglie italiane (14 miliardi), con un calo dell'acquisto medio per nucleo familiare del 3,1 per cento (378,7 chili per famiglia) mentre l'uso di medicine è cresciuto del 4,9 per cento nello stesso anno.

Tra i farmaci di maggior consumo ci sono peraltro quelli per le patologie relative al sistema cardiovascolare, gastrointestinale e a quello del sistema nervoso centrale sul quale la corretta alimentazione ha un impatto determinante.

Un risultato che è confermato dai recenti studi scientifici dai quali emerge che la dieta mediterranea contrasta problemi cardiocircolatori, diabete, ipertensione e l'infarto e riduce la mortalita' del 9 per cento.

sabato 4 luglio 2009

Il ritorno di Lady Liberty

00 statua libertà.jpgPer i newyorchesi è parte della città, un pezzo del suo orgoglio. Per l’America intera è invece il simbolo della libertà. Ecco perché la riapertura della Statua della Libertà oggi, nel giorno che celebra la festa dell’Indipendenza degli Stati Uniti, ha un sapore particolare. Dopo l’11 settembre la Statua è diventata uno dei bersagli dei terroristi. Venne chiusa subito dopo gli attacchi dei kamikaze di al-Qaeda nel 2001. E Liberty Island, l’isolotto dove sorge la maestosa costruzione, rimase vietata ai visitatori fino al 3 agosto del 2004. Poi lentamente le misure di sicurezza si allentarono. E via via furono aperti, seppur con il contagocce, la terrazza panoramica, il museo e l’area di Fort Wood. Ma da oggi la Statua della Libertà tornerà agli antichi splendori. Sarà aperta al pubblico ogni zona. Accesso totale sì, ma anche tanta sicurezza. Metal detector, ranger che vigilano sui movimenti dei turisti e visite fino alla sommità in gruppi di massimo 30 persone alla volta e sotto l’attento controllo delle guardie. D’altra parte, la riapertura della Statua per la Libertà rappresenta per l’America una svolta.
Significa chiudere con l’era della paura cominciata l’11 settembre. Libertà e sicurezza nella New York di oggi (e in tutta America) vanno quindi a braccetto.
Ma ora la Statua con un braccio proteso in aria e la dichiarazione d’indipendenza sotto l’altro, tornerà a salutare i visitatori e a dare il benvenuto a chi arriva in America.


Gli anni li compie il 28 ottobre. E quest’anno saranno ben 123. Tanti ne sono passati da quando la Francia regalò la Statua della Libertà agli Stati Uniti in ricordo dell’amicizia sbocciata tra i due Paesi durante la Rivoluzione americana del 1776. La Statua venne costruita in Francia, ideata dalla scultore Frederic Auguste Bartholdi che si avvalse anche della consulenza di Alexandre Gustave Eiffel (l’architetto della celebre torre nel cuore di Parigi). Realizzata nel 1884, arrivò al porto di New York smontata in 350 pezzi, a bordo di una fregata francese, la «Isere» nel luglio del 1885. E il 28 ottobre del 1886 avvenne l’inaugurazione alla presenza del presidente americano Grover Cleveland. La Statua fu montata sopra un basamento di granito su un isolotto a sud di Manhattan. Il 15 ottobre del 1924 diventò ufficialmente un monumento nazionale e qualche anno più tardi finì sotto la giurisdizione del National Park Service. Poco prima di compiere il secolo di vita la Statua fu restaurata. I lavori costarono 87 milioni di dollari. Ma il 5 luglio del 1986 la torcia ricominciò a «brillare» giusto in tempo per i festeggiamenti per il centenario.

E’ alta 93 metri da terra alla punta della fiaccola e 46 metri dalla superficie del piedistallo alla punta della fiaccola, che svetta all’entrata del porto del fiume Hudson. La statua rappresenta una donna con una lunga toga, corona in testa e una fiaccola in mano mentre nell’altra mano ha un libro con incisa la data del 4 luglio 1776, «Independence Day».
Infine ai piedi ci sono un paio di catene spezzate (simbolo della liberazione dal potere) e in testa Lady Liberty porta una corona le cui sette punte rappresentano i sette mari. Nella corona poi ci sono 25 finestre che simboleggiano le gemme trovate sulla terra e i raggi del cielo che irradiano il mondo. La Statua pesa 27 mila tonnellate, 31 sono le tonnellate di rame usate, 125 invece l’acciaio.