Avete mai provato a viaggiare su una strada non asfaltata, con la polvere che si solleva dietro le ruote? Ricordate il sollievo che si prova quando si torna su una strada decente?
Tale sollievo è oggi possibile perché fra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento vari inventori si sono proposti di migliorare le strade percorse dalle automobili che stavano presentandosi nel mondo come nuovi ammirevoli mezzi di trasporto. L’asfalto è una scoperta italiana.
Si scoprì che varie rocce naturali contenevano una materia catramosa che poteva essere fusa e stesa sulle strade che diventavano adatte al traffico automobilistico. Queste rocce asfaltiche si trovano in Sicilia, nel In Svizzera, nel Canada, negli Stati uniti, e in molti altri paesi. La storia della tecnica di pavimentazione stradale ha avuto molti protagonisti. Gli svizzeri per esempio ricordano con orgoglio un loro concittadino, Ernest Guglielminetti (1862-1943), figlio di emigrati italiani, medico, che a inizio Novecento propose al principe Alberto I di Monaco di “asfaltare” un tratto di lungomare del Principato con una miscela di bitume caldo, ghiaia e sabbia. Guglielminetti non volle brevettare la sua invenzione, fu deriso e soprannominato “Dottor Asfaltò”, anche se col tempo furono riconosciuti i suoi meriti.
Oggi “asfalto” e “bitume” sono termini ben definiti, ma nel secolo passato, la pavimentazione stradale è stata fatta con diversi materiali, alla ricerca di manti stradali lisci, che non usurassero le gomme dei veicoli, che attenuassero il rumore, che resistessero alla pressione dei mezzi di trasporto e alla pioggia, al ghiaccio e al caldo. Per la pavimentazione stradale è stato usato asfalto ricavato dalle rocce naturali, poi catrame residuo della distillazione del carbon fossile, poi il bitume che residua dalla distillazione del petrolio dopo la separazione della benzina, del gasolio e degli oli combustibili.
Il bitume viene miscelato con sabbia, ghiaia, pietrisco e anche con residui di lavorazioni industriali, per esempio residui di gomma. I rivestimenti stradali devono essere di lunga durata e devono assicurare un basso attrito con le ruote in modo da diminuire i consumi di energia e quindi l’inquinamento degli autoveicoli. Da alcuni anni sono stati addirittura inventati dei processi che permettono, quando il rivestimento stradale è usurato, di “strappare via” il manto superficiale che può essere macinato e fuso di nuovo e steso poi su altre strade, una forma di riciclo di molti materiali e di diminuzione dei costi di pavimentazione e manutenzione.
Quando incontrate le squadre addette alla pavimentazione stradale, operai a torso nudo che spargono la miscela calda e la livellano con i rulli compressori, rivolgete un piccolo pensiero all’alto contenuto tecnologico che tale semplice operazione ha in sé. E rivolgete un pensiero anche a quel nostro connazionale emigrato che oggi gli svizzeri ricordano e onorano.
Video: Perché si formano le buche nelle strade?