L'impennata dei prezzi globali di cibo è dovuta in primo
luogo alla pandemia da Covid: i vari lockdown hanno interrotto i collegamenti
internazionali a cui si si è aggiunto il rincaro dei combustibili fossili, che
ha ricadute molto concrete sull'industria alimentare. L’industria
agro-alimentare fa ampio uso di combustibili fossili per la produzione di
fertilizzanti, la lavorazione e il trasporto dei prodotti finali.
Inoltre l'invasione dell'Ucraina ha peggiorato la
situazione. Da un lato l'occupazione del Paese da parte della Russia causa una
scarsità diretta di prodotti alimentari: nel 2019 l'Ucraina produceva il 9%
delle esportazioni mondiali di grano, il 16% di quelle di mais, il 10%
dell'orzo e il 40% dell'olio di girasole. Dall'altro il conflitto ha fatto
crescere ulteriormente i costi dei combustibili fossili, provocando un rincaro
indiretto del cibo.
Il tutto è avvenuto con molti Paesi già indebitati per la difficile
situazione seguente la pandemia. Le ripercussioni peggiori si vedono al momento
in Repubblica Democratica del Congo, Afghanistan, Etiopia e Yemen, ma la crisi
riguarda anche le famiglie a basso reddito dei Paesi più ricchi.
La crisi potrebbe protrarsi per anni. L'Ucraina ha ancora da
parte scorte significative di grano e olio di girasole, ma con i porti sul Mar
Nero controllati dalla Russia è impossibile esportarle nel resto del mondo. Se non
si liberano i silos occupati da queste derrate non ce ne sarà abbastanza per
conservare il nuovo raccolto. Inoltre c’è l'aumento dei prezzi dei
fertilizzanti, i cui prezzi erano in ascesa già dal 2020 e di cui Russia e Ucraina
sono grandi esportatori: il loro prezzo è triplicato rispetto a prima della
covid.
Come se non bastasse, gli eventi climatici estremi hanno
avuto un duro impatto sui raccolti: in Cina, le forti piogge potrebbero aver reso
il raccolto di grano di quest'anno il peggiore che si ricordi; Australia e
Sudafrica sono state alle prese con le alluvioni, gli USA con la siccità, India
e Pakistan con ondate di calore da record.
Cosa possiamo fare? Alcune azioni che si possono
intraprendere da subito sono utilizzare i terreni disponibili per produrre cibo
e non biocarburanti; ridurre il consumo di carne (in modo che i terreni adibiti
alla produzione di mangime possano ospitare raccolti per alimentazione umana)
e, per i Paesi che ne hanno in abbondanza, vendere alcune delle scorte di
grano, aumentando così la disponibilità di cibo sul mercato.